
(AGENPARL) – mer 12 luglio 2023 L’impatto della telepsichiatria in Lombardia durante la pandemia
Uno studio epidemiologico coordinato dall’Università Statale di Milano evidenzia
l’implementazione dei servizi di telepsichiatria durante la pandemia, distinguendo la tipologia di
disturbi trattata con maggiore frequenza (disturbi alimentari ed ossessivo-compulsivo) e suggerisce
lo sviluppo di nuove politiche sanitarie volte ad ottimizzare l’erogazione dei servizi di psichiatria. La
pubblicazione su Nature Mental Health.
Milano, 12 luglio 2023. I ricercatori del dipartimento di Scienze della Salute dell’Università Statale
di Milano, in collaborazione con i dipartimenti di Salute Mentale e delle Dipendenze dell’ASST Santi
Paolo e Carlo di Milano e dell’ASST di Lodi, e con la Struttura Salute Mentale, Dipendenze, Disabilità
e Sanità Penitenziaria della Regione Lombardia, hanno pubblicato uno studio su Nature Mental
Health sull’impatto di strumenti di telepsichiatria. Al progetto hanno collaborato anche docenti di
psichiatria dell’Università di Oxford e dei tre poli didattici cittadini della facoltà di Medicina e
Chirurgia dell’Università Statale di Milano.
È stata utilizzata la banca dati di Regione Lombardia dei servizi di salute mentale territoriali per
descrivere la trasformazione degli interventi durante il primo anno pandemico, compresa la
progressiva implementazione della telepsichiatria. Sebbene le implicazioni per la salute mentale
della crisi pandemica siano oggetto di innumerevoli studi, non era infatti ad oggi disponibile una
lettura epidemiologica integrata sulla risposta di un sistema sanitario pubblico esteso come quello
lombardo, che copre un bacino di utenza di 10 milioni circa di persone mediante il lavoro di 36
dipartimenti, distribuiti su 12 province.
Rispetto all’anno precedente, nel primo semestre del 2020 si registrava una riduzione nel numero
complessivo di prestazioni, e le province con un impatto precoce e maggiore della pandemia
mostravano anche un maggior decremento del numero di interventi psichiatrici. Il numero di
prestazioni tornava però rapidamente sovrapponibile a quello dell’anno precedente nel secondo
semestre 2020, quando si osservava una progressiva integrazione della telepsichiatria nella
pratica clinica (sino ad un intervento ogni quattro negli ultimi mesi dell’anno). Questi interventi
erano relativamente più utilizzati con utenti donne per tutte le fasce d’età e le diagnosi; in
generale, si evidenziava poi una progressiva diminuzione degli interventi effettuati da remoto
all’aumentare dell’età, con un nuovo aumento oltre i 65 anni. La telepsichiatria era relativamente
più utilizzata in gruppi di utenti con un impatto complessivo minore sulle risorse dei servizi, quali
disturbi alimentari ed ossessivo-compulsivo, meno in quelli con maggiore impatto, quali ad
esempio i disturbi dello spettro schizofrenico.
I dati internazionali disponibili ad oggi provenivano da singoli siti o da collaborazioni di piccoli gruppi
nel contesto di reti assistenziali meno integrate. Oltre a fornire informazioni specifiche sulla risposta
dei servizi di salute mentale all’emergenza pandemica, lo studio evidenzia i vantaggi in termini di
ricerca dei registri italiani per la salute mentale, che riflettono l’attività di un sistema sanitario
pubblico estesamente distribuito ed accessibile, con una rete di servizi ampiamente sovrapponibili
tra i centri.
“Sebbene le diseguaglianze regionali nell’organizzazione dei servizi e nelle risorse a disposizione
limitino l’estensibilità delle osservazioni, i risultati potranno contribuire allo sviluppo di nuove
politiche sanitarie volte ad ottimizzare l’erogazione dei servizi, a livello nazionale e in contesti
internazionali simili al nostro” conclude Armando D’Agostino, psichiatra dell’Università degli Studi
di Milano e dell’Ospedale San Paolo e coordinatore del lavoro di ricerca.
Nonostante l’emergenza relativa alla salute mentale catalizzata dalla pandemia, l’Italia continua
infatti ad essere uno dei paesi G7 con minori risorse economiche destinate al settore. La mole di
interventi annuali erogati evidenziata dallo studio (circa 1,5 milioni) sembra giustificare un congruo
investimento sulle nuove tecnologie, sulla formazione dei lavoratori e sulla ricerca epidemiologica
su vasta scala relativa ad efficacia degli interventi e soddisfazione di operatori e utenti.