
(AGENPARL) – sab 01 luglio 2023 Ieri sera, nella sala delle conferenze del palazzo della Regione a Trento si è tenuto l’incontro pubblico intitolato “Dall’infiltrazione all’insediamento mafioso: viaggio alle origini della presenza ndranghetista in Trentino-Alto Adige”, co-organizzato dal Coordinamento Lavoratori Porfido e dal M5S del Trentino. Sul palco il giornalista e direttore di Unimondo Raffaele Crocco, il direttore di Questo Trentino e moderatore della serata Ettore Paris, il vicepresidente della Commissione Antimafia della XVII Legislatura Luigi Gaetti, Walter Ferrari del Coordinamento Lavoro Porfido, i consiglieri regionali del M5S Alex Marini e Diego Nicolini e il collaboratore di giustizia e pentito di ndrangheta Luigi Bonaventura.
Al centro del dibattito il tema della presenza criminale e mafiosa in Trentino-Alto Adige, un fenomeno che, Luigi Bonaventura aveva denunciato già 10 anni fa in un’intervista al mensile Questo Trentino, venendo tacciato di mentire da parte di alti rappresentanti istituzionali:«Io ho incassato perché ho le spalle larghe – ha detto Bonaventura – però sapevo che i fatti mi avrebbero dato ragione e infatti è stato così. La cosa anomala è che se un collaboratore di giustizia fa determinate rivelazioni, di norma viene chiamato in procura a riferire. Nel caso del Trentino io avevo segnalato una serie di problemi e sono stato per così dire “smentito mezzo stampa” da una importante figura istituzionale, secondo la quale in Trentino-Alto Adige andava tutto benissimo e la ndrangheta non c’era. Poi si è visto. In ogni caso è strano, perché la procedura avrebbe dovuto essere di verificare le mie dichiarazioni, che potevo sostanziare tramite fatti, visto che io stesso a suo tempo avevo operato in Trentino. Invece nulla di tutto questo è successo, il che mi pare un’anomalia. La verità è che in Trentino la c’è una cosa che potremmo definire “massondrangheta”, un insieme di persone, professionisti, imprenditori e amministratori che fanno affari illegali senza fare troppo rumore, servendosi della ndrangheta. Io ad esempio nella mia esperienza non sono mai andato a cercare gli imprenditori, sono sempre stati loro a cercare me per chiedermi servizi».
Ricordando la sua esperienza lavorativa in Sicilia negli anni ’80, Raffaele Crocco ha invece sottolineato che le mafie «creano un’atmosfera opprimente nei territori nei quali operano, magari finanziano anche l’economia reale ma costringono le persone a rivolgersi a loro e controllano tutto. Vuoi costruire casa?Bene, ma i mattoni devi prenderli da quell’azienda specifica, le finestre da quell’altra, e così via. E non si può sgarrare. L’unica maniera per combattere e sconfiggere le mafie è la reazione della società civile, altrimenti la politica e la magistratura possono fare molto poco. Attenzione che questa non è una cosa che riguarda solo il sud Italia. Guardiamo al Trentino e, ad esempio, alla proliferazione della grande distribuzione. È logico che una cittadina di 35 mila abitanti come Rovereto abbia più supermercati pro capite di Verona? Mangiano così tanto i roveretani? Oppure alcune di queste realtà servono solo a pulire denaro di provenienza illegale?».
Luigi Gaetti ha invece ricordato la sua esperienza come vicepresidente della Commissione Antimafia e come la ndrangheta operi nei territori del nord Italia:«Non bisogna credere che i soldi delle mafie facciano bene all’economia – ha detto Gaetti -quando ero parlamentare ho promosso degli studi per verificare se ci fossero gli effetti della penetrazione ndranghetista nel mantovano. Numeri alla mano, abbiamo visto che le imprese autoctone chiudevano e venivano soppiantate da nuove imprese di proprietà calabrese. E spesso c’erano problemi, perché queste imprese non pagavano operai e fornitori, o nemmeno gli ex proprietari delle ditte, oltre a fare concorrenza sleale alle imprese oneste. Tutta gente che finiva sul lastrico. Per questo chi opera al di fuori della legalità i territori li impoverisce e distrugge la coesione sociale. In Trentino mi pare che ci siano segnali simili. Proprio per questo serviva e serve un Osservatorio sulla criminalità organizzata come proposto da Marini, in modo da tener monitorati certi fenomeni, studiarli e rendere cosciente la popolazione».
A Walter Ferrari del Coordinamento Lavoratori Porfido è toccato fare il punto sulla situazione a Lona Lases a seguito dell’inchiesta “Perfido”:«In Val di Cembra certi meccanismi erano presenti e attivi sin dagli anni ’80 –ha spiegato Ferrari – tutto era nelle mani dei cavatori e quando a Lona Lases l’amministrazione comunale è sfuggita al loro controllo e ha iniziato a voler rivedere i canoni di concessione eccessivamente generosi nei loro confronti, gli amministratori locali si sono visti bruciare le macchine e hanno preso a ricevere minacce. Quell’esperienza amministrativa è stata fatta finire ma alla fine le cose sono venute a galla con l’inchiesta Perfido. Noi come CLP nella questione ndrangheta ci siamo un po’ inciampati a seguito del brutale pestaggio di un operaio cinese che chiedeva solo di venire pagato per i mesi di lavoro svolti senza vedere il becco di un quattrino. Abbiamo dato una mano a questa persona ed abbiamo aiutato a far uscire la verità. Però i problemi stavano e stanno a monte perché di fatto coi canoni attuali, la Val di Cembra perde 10 milioni di euro all’anno, che sono poi la cifra che dovremmo incassare se i canoni di concessione dell’estrazione del porfido fossero adeguati alla normativa europea e questo perché chi estrae si è fatto le leggi in modo da conseguire il maggior vantaggio possibile. La ndrangheta si è inserita su questo meccanismo, sfruttando gli operai e inserendosi nelle cave, ma i problemi esistevano già prima. In ogni caso una nota positiva c’è. L’ultimo tentativo di presentare una lista elettorale comandata dall’esterno è fallito e sembra che i cittadini di Lona Lases siano stufi di come stanno andando le cose. Speriamo che sia il germoglio di una rinascita sociale e civile. Noi come CLP però continuiamo a chiedere l’istituzione di una commissione d’accesso, perché solo così si potrà fare chiarezza in merito ai danni che gli ndranghetisti possono aver operato all’interno delle nostre istituzioni».
A chiudere l’evento è stato chiamato il consigliere provinciale del M5S Alex Marini:«Dalle tante testimonianze e analisi, alcune anche molto sentite, che abbiamo potuto ascoltare stasera, mi pare che sia uscito chiaro come la ndrangheta in Trentino ci sia eccome. Nella mia esperienza istituzionale ho potuto constatare che a livello politico e sociale ci sia poca consapevolezza e forse anche la volontà di non prendere pienamente coscienza di determinate dinamiche. In questi anni io e Diego Nicolini abbiamo provato in tutte le maniere a tenere alta l’attenzione sui fenomeni delle infiltrazioni mafiose in Trentino. Come ha ben spiegato Bonaventura ancora nel 2013 però, qui siamo forse di fronte a fenomeni che vanno oltre l’infiltrazione e che sono di vera e propria colonizzazione del territorio. Meccanismi che si muovono a livello di corruzione sociale ed economica, fenomeni di ibridazione criminale, con alcuni professionisti, politici e imprenditori che pensano di convivere e di servirsi della ndrangheta. Anche per questo in Trentino se ne parla ancora troppo poco e c’è pochissima consapevolezza dei rischi nella cittadinanza. Come è stato detto però, l’unica maniera per sconfiggere la ndrangheta e tutte le mafie è la reazione di massa dei cittadini, il riscatto morale delle persone che subiscono le dinamiche criminali e mafiose. Senza questo la magistratura può fare molto poco, forse intervenire su fenomeni circoscritti ed evidenti agendo ex post, ma non certo prevenire e risanare le ferite che l’attività e la mentalità criminale stanno causando al tessuto sociale del Trentino»
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Alex Marini (M5S)
Consigliere della Provincia autonoma di Trento
[www.alexmarini.com](https://alexmarinim5s.wordpress.com/)