(AGENPARL) – ven 21 aprile 2023 della popolazione ligure, nasce, per volere dell’Ordine
delle Psicologhe e degli Psicologi della Liguria, nell’ambito
dell’evento “I percorsi della resilienza”, organizzato
in occasione della Giornata Nazionale della Psicologia
nell’anno 2022.
La ricerca nasce nell’ambito delle molteplici iniziative che l’Ordine delle Psicologhe e degli
Psicologi della Liguria, dal 2014 ad oggi, ha effettuato per comprendere il fabbisogno
psicologico dei cittadini e delle cittadine liguri e per esplorare la loro percezione del ruolo
che attualmente il professionista psicologo riveste nella società. Conoscere il fabbisogno
sempre più mirato a quelle che sono le esigenze dei/lle propri/e concittadini/e.
È possibile, per avere ulteriori informazioni, fare riferimento a quattro diverse pubblicazioni
effettuate in passato dall’Ordine delle Psicologhe e degli Psicologi della Liguria; ci si riferisce, in
ordine cronologico, alle pubblicazioni dal titolo: “La salute nella popolazione Ligure: il ruolo dello
Psicologo nella promozione del benessere”, “E tu, come stai?”, “La salute in testa” e “Aiutare la
psiche per aiutare la vita”
Nella prima pubblicazione, basata su ricerche di archivio condotte grazie ai dati raccolti dal
Sistema Informativo per la Salute Mentale (SISM) del Ministero della Salute e dall’Azienda Ligure
Sanitaria (A.Li.Sa.), è stato evidenziato come nella popolazione ligure, negli anni 2012-2016,
fosse presente un’incidenza e una prevalenza più alta, rispetto alla media italiana, di alcolismo,
tossicomanie, disturbi dell’umore, disturbi di personalità e sindromi nevrotiche e somatoformi.
Questi dati, relativi ad un maggior malessere rispetto alla media nazionale, erano confermati
anche dai dati raccolti a livello regionale in cui i cittadini intervistati riferivano di aver trascorso
malessere psicologico.
Nella seconda pubblicazione si fa riferimento ad una rilevazione condotta nel 2019 – in epoca
pre-pandemica – sulla popolazione ligure, i cui risultati hanno evidenziato come la metà dei/lle
partecipanti si collocava in un’area di rischio rispetto allo sviluppo di sintomi/disturbi depressivi.
Nella terza pubblicazione vengono descritti i risultati del sondaggio effettuato nell’anno 2020 sulla
popolazione ligure, tra la prima e la seconda ondata pandemica da COVID-19. Nel documento si
evidenzia un
trend
di malessere psicologico in peggioramento: più della metà dei/lle partecipanti
si collocava in un’area di rischio rispetto allo sviluppo di sintomi/disturbi depressivi e quasi un
terzo dei/lle partecipanti manifestava un possibile disturbo da stress post-traumatico legato
sondaggio effettuato nell’anno 2021, sempre sulla popolazione ligure, dove si evidenzia come
due terzi dei/lle partecipanti presentavano un disturbo (o lieve o moderato o grave) ansioso e
depressivo.
Dal 2019 ad oggi, in concomitanza con la Giornata Nazionale della Psicologia (che viene celebrata
ogni anno nel mese di ottobre), è attivo un sistema di monitoraggio, realizzato attraverso un
sondaggio, per rilevare il benessere della popolazione ligure.
Perché monitorare il benessere? Riteniamo che sia un passaggio fondamentale ed indispensabile
per attuare politiche di prevenzione e di cura del benessere psicologico mirate al fabbisogno della
comunità in cui lo/a psicologo/a opera. Ricordiamo che la promozione del benessere psicologico
ha un impatto nel lungo termine sulla salute e sulla spesa pubblica: le stime epidemiologiche ed
economiche condotte dal
Global Burden of Disease
(GBD) evidenziano come il peso dei disturbi
mentali abbia un impatto considerevole, sia sulla salute individuale sia sul benessere sociale
(Arias, Saxena & Verguet, 2022).
Il Global Burden of Disease
collaborano ricercatori
provenienti da 145 diversi paesi.
consultate sul sito dell’Ordine
Il GBDcutilizza come unità di misura del divario di salute il
Disability-adjusted life year (DALY
): 1
DALY corrisponde ad 1 anno di vita in salute perso.
A livello globale, i disturbi mentali sono stati la tredicesima causa principale di DALY nel 1990 e
la settima nel 2019; nel 2019 tra le prime 25 principali cause di DALY la depressione si trovava al
13° posto (GBD, 2019). In Europa i disturbi mentali sono la principale causa di disabilità e la terza
causa principale del carico complessivo di malattia, seconda solo alle malattie cardiovascolari
ed ai tumori (GBD, 2019).
Inoltre, diversi studi longitudinali hanno evidenziato che le persone che vivono un malessere
psicologico hanno una probabilità maggiore di ammalarsi e che chi si ammala di una malattia
nella prognosi della malattia, nei costi della stessa e, a volte, anche nella mortalità (ad esempio,
Goodell, Druss & Reisinger Walker, 2011; Osborn, 2001; Rehm & Shield, 2019). L’Organizzazione
Mondiale della Sanità (OMS) ha affermato che 1 persona su 8 nel mondo soffre di un disturbo
mentale, evidenziando come ciascuno di noi nella propria vita soffre o conosce qualcuno che
soffre o ha sofferto di una condizione di malessere mentale.
Recentemente il
Mind Health Report
(AXA, 2023) ha evidenziato come la popolazione Italiana
sia, tra i 16 Paesi indagati, quella più colpita in termini di benessere mentale: solo il 18% dei/
lle partecipanti riferisce uno stato di benessere mentale, il 56% dei/lle partecipanti si sente
stressato/a, il 48% percepisce uno stato di solitudine. Solo un/a giovane su dodici riporta uno
stato di benessere mentale e il 40% delle partecipanti riferisce di aver subito una forma di
disparità di genere nella propria vita quotidiana. L’indagine evidenzia come il disagio e lo stress
abbiano un impatto anche sulla produttività lavorativa: solo il 15% dei/lle partecipanti riferisce
di sentirsi produttivo/a.
anche in virtù dello stretto legame tra salute mentale e salute pubblica.
di risorse pubbliche: la
London School of Economics
ha evidenziato che ogni euro speso per la
salute psicologica produce un risparmio di 2.5€ in spese pubbliche; tuttavia, attualmente esiste
un gap tra il fabbisogno psicologico e una rete capillare e pubblica che possa rispondere a questo
bisogno, che riteniamo debba essere pertanto conosciuto – e riconosciuto – per poter attuare
politiche volte alla costruzione e all’implementazione della rete di supporto.
General Anxiety Disorder-7
(GAD-7; Spitzer
et al.
, 2006; validazione italiana fornita dalla
self-report
utilizzato per lo
screening
del Disturbo
d’Ansia Generalizzato. I/le partecipanti indicano, su scala di tipo
Likert
a 4 punti (0 = “Mai”;
3 = “Quasi ogni giorno”), con quale frequenza i problemi esposti gli hanno dato fastidio nelle
cut-off
, è possibile
effettuare una categorizzazione clinica in: nessuna gravità, gravità lieve, gravità moderata o
grave;
Three-Item Loneliness Scale
(UCLA-3; Hughes, Waite, Hawkley, & Cacioppo, 2004). Si tratta
di un breve strumento
self-report
che misura il livello di solitudine percepita, fornendo un
punteggio totale della stessa. I/le partecipanti indicano, su una scala di tipo
Likert
a 3 punti (0
= “Quasi mai”; 2 = “Spesso”), con quale frequenza si sono sentiti come descritto dai diversi
La forma breve del
Psychological General Well-Being Index
(PGWB-S; Dupuy, 1984; validazione
italiana di Testa
et al.
, 2016). Il PGWB-S è un questionario
self-report
che misura la qualità
della vita rispetto a sei diverse dimensioni: tre relative al benessere – vitalità, autocontrollo e
benessere percepito – e tre relative al malessere – ansia, umore depresso e preoccupazione
per la propria salute. Nella versione utilizzata, nella forma breve A, i/le partecipanti indicano,
su una scala di tipo
Likert
a 6 punti (i cui ancoraggi cambiano ad ogni domanda), come si sono
sentiti nelle ultime quattro settimane (ad esempio “Nelle ultime quattro settimane, si è sentito
rilassato, tranquillo, oppure si è sentito molto teso, nervoso o agitato?” con scala di risposta da
0 = “Sempre rilassato e tranquillo” a 5 = “Sempre molto teso, nervoso e agitato”);
•
Adjustment Disorder – New Module 20
(ADNM 20; Maercker, Einsle & Kollner, 2015; in corso
di validazione italiana). L’ADNM20 è uno strumento
self-report
che raccoglie informazioni
circa il disturbo dell’adattamento, ossia le risposte sintomatiche e disadattive che gli individui
possono mettere in atto di fronte ad uno o più eventi di vita stressanti. Nella prima parte del
questionario i/le partecipanti selezionano da un elenco di eventi stressanti quali hanno vissuto
che descrivono diversi esiti che gli eventi stressanti possono produrre e viene richiesto
ai/lle partecipanti di indicare, su una scala
Likert
a 4 punti (1 = “Mai”; 4 = “Spesso”), quanto
frequentemente accade loro, inoltre viene richiesto di indicare da quanto accade loro: meno di
un mese, da 1 a 6 mesi, da 6 mesi a 2 anni.
scolarizzazione, provincia di residenza, il vivere o meno da soli/e e l’andare o meno da una/o
psicologa/o in caso di necessità) e sono state poste alcune domande relative al ruolo del/lla
psicologo/a nell’emergenza pandemica, ricalcando uno studio condotto nel periodo del
lockdown
dall’Istituto Piepoli per conto del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi (CNOP, 2020) e già
utilizzate nelle rilevazioni precedenti del 2020 e del 2021.
Figura 1 – Principali caratteristiche del campione
RISULTATI E DISCUSSIONE
Partecipanti
La batteria di questionari è stata compilata in modo anonimo da 1180 cittadine e cittadini liguri
maggiorenni, reclutate/i nella popolazione generale con un campionamento di convenienza (in
campione in analisi).
La maggior parte dei/lle partecipanti dichiara di essere di genere femminile (83,2%), di un’età
compresa da un minimo di 18 ad un massimo di 91 anni (età media = 47.91 ± 14.20), la maggior
parte ha conseguito il diploma di scuola media superiore (anni medi di scolarizzazione = 15.97 ±
3.40, considerando un
range
di anni di scolarizzazione tra i 5 anni della licenza elementare e i 21
anni della scuola di specializzazione/dottorato/master).
Rispetto alla provincia di appartenenza, la maggior parte dei/lle partecipanti risiede nella
provincia di Genova (67.5%) e riferisce uno status socioeconomico percepito medio (6.37 ± 1.37
in una scala da 1 a 10).
Il ruolo della/o psicologa/o
È stato richiesto ai/lle partecipanti: “Se ritenesse di averne bisogno si rivolgerebbe ad uno/a
psicologo/a?” e “Si è mai rivolto ad uno/a psicologo/a in passato?”. La maggior parte dei/lle
partecipanti ha dichiarato che si rivolgerebbero ad uno/a psicologo/a (29%) o di averlo già fatto
in passato (66%).
Figura 2 – “Si è mai rivolta/o o si rivolgerebbe allo/a psicologo/a?” – Confronto 2019-2022
Figura 3 – “In questa fase quanto è importante, secondo lei, che l’assistenza psicologica venga assicurata
dal sistema pubblico?”
Benché si tratti di campioni indipendenti, e quindi non delle/gli stesse/i partecipanti, si evidenzia
una tendenza in crescita rispetto al numero di persone che riferiscono di essersi rivolti/e o che
si rivolgerebbero allo/a psicologo/a.
Sebbene sia importante evidenziare come il nostro campione sia un campione di convenienza
e, pertanto, potrebbe contenere un
legato all’interesse dei/lle partecipanti circa i temi
di carattere psicologico, è riconosciuto come dato a livello nazionale che dopo la pandemia è
aumentata la richiesta di supporto psicologico da parte dei/lle cittadini/e italiani/e.
I dati a supporto non provengono solo dall’aumento della domanda, sostenuta ad esempio dal
Mind Health Report
2023 (AXA, 2023) che evidenzia come il 60% dei/lle cittadini/e italiani/e si
siano rivolti a professionisti/e della salute mentale, ma anche dall’aumento del lavoro stesso
da parte dei/lle professionisti/e. Ad esempio, è stato evidenziato di recente dall’Ente Nazionale
di Previdenza ed Assistenza per gli Psicologi, (ENPAP) un aumento del reddito medio dei/lle
professionisti/e e diversi sondaggi del CNOP evidenziano come, nell’ultimo anno, sia aumentata
del 39% l’attività libera professionale dello/a psicologo/a.
Inoltre, il 96% dei/lle partecipanti (sommando le risposte “molto” e “abbastanza”) ritiene
importante che in questa fase storica l’assistenza psicologica possa essere assicurata dal
sistema pubblico (Figura 3), tendenza sempre stabile dal 2020, anno in cui l’80% del campione
rappresentativo della popolazione italiana aveva fornito la stessa risposta durante il
lockdown
(Istituto Piepoli, 2020).
In Figura 2 è possibile osservare le risposte alla stessa domanda da parte dei partecipanti ai
sondaggi del 2019 (
986), del 2020 (
971) e del 2021 (
630).
L’aumentato disagio non ha, tuttavia, ricevuto un corrispettivo aumento della presa in carico
dell’assistenza pubblica; basti pensare, ad esempio, al Bonus Psicologo per il quale sono state
presentate 395.000 domande dai/lle cittadini/e e che, a causa della limitatezza dei fondi allocati,
ha potuto soddisfarne solo 40.000.
domanda popolare che è stata sollevata dai/lle cittadini/e, ma non è possibile, per il futuro,
limitarsi ad una risposta occasionale e non strutturata. È necessario, infatti, pensare ad una
serie di misure strutturali all’interno del Sistema Sanitario Nazionale (SSN): nel 2021 David
Lazzari, presidente del CNOP sosteneva che l’80% dei bisogni psicologici fondamentali dei/lle
cittadini/e italiani/e non fosse soddisfatto dal SSN, e che, per tale ragione, negli ultimi anni sono
state formulate diverse proposte per dare una risposta da parte del sistema pubblico – non
benessere psicologico.
Sempre a supporto dei dati nazionali, che evidenziano una maggiore richiesta di sostegno
anche nel nostro campione il 94% dei/lle partecipanti (sommando la risposta “molto” e
l’attuale periodo storico (Figura 4).
gestire questo periodo?”
Dal 2020 ad oggi – con il susseguirsi di un aumento della complessità sociale e di crisi mondiali,
del ruolo dello/a psicologo/a nella promozione del benessere e nella promozione della resilienza
individuale.
psicologo/a possa essere attivata in diversi ambiti (ad esempio, nei contesti sanitari, scolastici,
lavorativi). Tutti gli ambiti proposti sono risultati selezionati almeno dal 93% dei/lle partecipanti:
i più selezionati sono stati gli ospedali e i servizi sociali, mentre in crescita rispetto agli anni
medicina generale, ai pediatri di libera scelta e agli studenti (Figura 5).
Anche quest’ultimo dato evidenzia come l’aumentato bisogno e la consapevolezza dell’importanza
del benessere psicologico spingano i/le cittadini/e ad evidenziare come sia importante attuare
una strategia di potenziamento del settore pubblico e privato in diversi contesti: scolastici,
lavorativi, nei contesti sanitari e del
welfare
in generale. Laddove c’è stato un potenziamento dei
contesti, ad esempio nel caso del rafforzamento dell’area della psicologia scolastica, i servizi
attuati hanno raggiunto alti tassi di gradimento (Istituto Piepoli, 2021).
Com’è possibile osservare dalla Figura 5, inizialmente i/le cittadini/e ritenevano di maggiore
importanza che lo/a psicologo/a fosse presente negli ospedali (dove, a seguito dell’emergenza
pandemica, almeno il 20% degli operatori sanitari ha richiesto sostegno psicologico, e dove i/le
cittadini/e hanno dovuto affrontare la malattia e/o la morte propria o dei familiari in completa
solitudine) e nei servizi sociali (che si sono fatti carico delle conseguenze del periodo sui cittadini
più fragili come i minori e gli anziani).
Interessante notare come, ad oggi, venga sempre più riconosciuto il ruolo fondamentale dello/a
Generale (o il Pediatra di Libera Scelta) e l’Infermiere di Comunità nella cura del/la paziente,
lle cittadini/e.
Il monitoraggio sul benessere psicologico
Depressione e ansia
È stato scelto di indagare aspetti relativi al malessere, in particolare la depressione e l’ansia,
poiché meno complessi da indagare rispetto ad altri disturbi psicologici e poiché rappresentano
aspetti sintomatologici trasversali a diversi quadri clinici. Inoltre, gli studi evidenziano come
della pandemia (OECD and European Union, 2022). Considerando l’area della depressione, le
analisi hanno evidenziato che il 67% dei/lle partecipanti (partecipanti totali al PHQ-9
1150)
presenta una sintomatologia depressiva (Figura 6). In particolare, il 54% dei partecipanti si
colloca in una sintomatologia lieve e moderata del disturbo (
625), mentre il 13% (
145) in
una sintomatologia moderatamente grave e grave. I dati confermano i risultati del 2021 (
569),
mostrando però un lieve peggioramento della sintomatologia con percentuali leggermente più
alte nel versante della sintomatologia grave (Figura 6).
Figura 6 – Depressione
Non sono esplicitati nelle
analisi dei dati i risultati la
cui dimensione dell’effetto è
risultato essere trascurabile.
sui modelli di statistica
metodi calcolano quanto
dati che abbiamo effettivamente
osservato nel caso non ci fosse
un effetto – questa probabilità
si chiama p-value. Se il p-value
risultati osservati sono molto
improbabili, a meno che l’effetto
non sia effettivamente presente
(un esempio pratico: ottenere
moneta è molto improbabile,
a meno che non sia truccata);
se il p-value è alto, i risultati
non sono così improbabili (ad
esempio: ottenere 6 teste su
10 lanci di una moneta non è
un risultato così strano, anche
con una moneta non truccata).
Il p-value, però, non ci fornisce
forza dell’effetto che abbiamo
individuato. Questa informazione
ci viene fornita, invece, dall’effect
size (dimensione dell’effetto). Per
questa ragione non sono stati
commentati quei risultati per i
statistica ma una dimensione
dell’effetto trascurabile perché
ritenuti di poca importanza al
avere buoni rapporti con gli altri?”
Inoltre, il questionario richiedeva ai/lle partecipanti di indicare quanto i sintomi depressivi
quotidianità quando la depressione risulta moderatamente grave e grave (Figura 7).
Le analisi dei dati evidenziano una correlazione dalla dimensione dell’effetto debole tra la
sintomatologia depressiva e l’età dei/lle partecipanti (
r = -.
.001) – per cui i/le partecipanti
di età più giovane mostrano una maggiore sintomatologia depressiva – e tra la sintomatologia
depressiva e gli anni di scolarizzazione
(r =
-.13,
.001), per cui i /le partecipanti con minore
scolarizzazione mostrano una maggiore sintomatologia depressiva. Rispetto ai punteggi medi
le partecipanti di genere femminile ottengono punteggi medi più alti al totale dello strumento (
(264.64) = 3.6473,
001,
.11) anche se la dimensione dell’effetto risulti debole.
Seppur le rilevazioni del 2021 e del 2022 siano relative a campioni indipendenti è interessante
notare come vi sia un
trend
in crescita relativamente al malessere psicologico nel versante della
sintomatologia depressiva: nel 2019, utilizzando un altro questionario validato in letteratura, era
emerso come 6 persone su 10 si collocassero in una fascia di rischio per lo sviluppo di una
sintomatologia/disturbo depressivo, mentre nel 2020 si trattava di una persona su 2.
Nel 2021, utilizzando questo test di
screening
è emerso come il 57% dei/lle partecipanti si
collocava in una sintomatologia lieve e moderata di depressione, mentre ad oggi si tratta solo
del 53%; è, inoltre, presente una diminuzione nel versante della sintomatologia lieve, che però
sembra avere il costo di un aumento della sintomatologia moderatamente grave e grave.
Nel 2021 si collocavano nella sintomatologia moderatamente grave e grave il 9% dei/lle
partecipanti contro il 13% del 2022. Rispetto alla sintomatologia lieve e moderata è importante
evidenziare che, seppur non grave, impatta negativamente sulla quotidianità e sulla qualità di
vita di chi ne soffre: sul lavoro, sull’occuparsi della propria casa e sull’avere rapporti con gli altri
lieve e dall’88% di coloro che riferiscono una sintomatologia depressiva moderata).
non sorprende che i/le cittadini/e più giovani possano aver vissuto, negli ultimi anni, un aumento
del disagio. L’OMS ha evidenziato che il suicidio è la seconda causa di morte nei giovani tra i 15
ed i 29 anni; nel 2020 i minori italiani presi in carico in un percorso di psicoterapia erano il 31%.
Inoltre, benché i dati sostengano che il 20% dei giovani soffre di un disturbo mentale in Italia ci
sono, secondo i dati Eurostat, 9 posti riservati alle cure psichiatriche per i giovani ogni 100.000
abitanti.
Per quanto riguarda la sintomatologia depressiva, la letteratura evidenzia come coloro che
si rivolgono alle cure primarie ricevano in più dell’80% dei casi una prescrizione di farmaci
antidepressivi senza alcun altro tipo di intervento psicologico/psicoterapico (Mazzoleni
et al.
2011; Waitzfelder
et al.
, 2018). In Liguria i dati SISM dal 2015 al 2021 (ad oggi ultimo report
pubblicato) evidenziano come in Liguria i tassi di incidenza e prevalenza di depressione siano più
alti del dato nazionale, con un aumento della spesa lorda per gli antidepressivi erogati in regime
farmacologica e psicologica nel ridurre la sintomatologia (la terapia di elezione nel breve periodo
sembra essere la combinazione delle due, Cuijpers
et al.
, 2020), non vi sono dubbi sul fatto che
(Fava, 2002). Secondo la letteratura, pertanto, il farmaco non abbinato ad altri interventi non è
una soluzione oculata in termini di promozione della salute futura.
Inoltre, nel documento conclusivo della
Consensus Conference
sulle terapie psicologiche di ansia
e depressione a cura dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS, 2022, pag. iii), si afferma che “non tutte
le terapie psicologiche vanno raccomandate, ma parte di esse sono sostenute da letteratura
sono raccomandate dalle più autorevoli linee guida; dette terapie sono sottorappresentate
nel sistema sanitario italiano e i pazienti sono indotti a ricorrere al mercato privato con una
discriminazione di censo intollerabile in tema di salute”.
Rispetto alla sintomatologia ansiosa, le analisi hanno evidenziato come la maggior parte dei/
lle partecipanti (partecipanti totali al GAD-7
1162) presenti una sintomatologia ansiosa (il
67%). In particolare, il 55% dei/lle partecipanti si colloca in una sintomatologia considerata lieve
e moderata (
635), mentre il 13% (
147) in una sintomatologia grave. Anche in questo caso,
rispetto ai dati del 2021 (
568), la sintomatologia sembra lievemente peggiorata (Figura 8).
Figura 8 – Ansia
Le analisi dei dati evidenziano una correlazione dalla dimensione dell’effetto debole tra la
sintomatologia ansiosa e l’età dei/lle partecipanti (
-.14,
.001) – per cui i/le partecipanti
più giovani risultano più ansiosi/e – e una correlazione dalla dimensione dell’effetto grande tra
sintomatologia ansiosa e depressiva (
.77,
.001). Rispetto ai punteggi medi le partecipanti
di genere femminile ottengono punteggi medi più alti al totale dello strumento (
t test
(295.35) =
3.2882,
.05,
.10) seppure la dimensione dell’effetto risulti debole.
Anche rispetto all’ansia si ripete quanto emerso per la depressione: nel 2021 solo il 24% dei/lle
partecipanti mostrava una sintomatologia moderata e/o grave, mentre nel 2022 si tratta del 39%.
Questo aumento della sintomatologia ansiosa e depressiva sembrerebbe evidenziare come sia
necessario intervenire con una risposta tempestiva e puntuale prima che i sintomi si aggravino.
Se non individuato ed intercettato, il malessere può degenerare in forme croniche e più gravi.
Inoltre, è importante evidenziare come negli ultimi anni in letteratura si sia data sempre più
importanza alle forme sub-cliniche di ansia e depressione: alcuni studi hanno evidenziato come
le persone che presentano una sintomatologia depressiva sotto-soglia siano più a rischio nello
sviluppare un disturbo depressivo (si veda ad esempio, Cuijpers & Smit, 2004; Fergusson
et al
2005), lo stesso è stato rilevato circa i disturbi d’ansia sotto-soglia (ad esempio, Bosman
et al
2019); inoltre, gli studi evidenziano che il disagio personale, la fatica nell’adattamento, il ricorso
che presenta sintomi sotto-soglia rispetto alla popolazione generale (Haller
et al
., 2014).
L’accesso alle terapie psicologiche, non solo per le persone che manifestano una sintomatologia
moderata e/o grave, è utile sia per la prevenzione di forme più gravi, sia per far fronte al disagio,
ai costi sociali e alle spese sanitarie che queste forme comportano; la terapia d’elezione, per
questo tipo di sintomatologia, è la terapia psicologica (Istituto Superiore di Sanità, 2022).
ansiosa, così come era emerso per la depressione. Una meta-analisi del 2021 (Racine
et al
2021) relativa a 29 studi condotti su 80.879 giovani ha evidenziato come la prevalenza dei sintomi
di depressione e ansia sia – dopo la pandemia – raddoppiata; lo studio ha, inoltre, evidenziato che
soffrire di depressione durante l’infanzia e l’adolescenza possa associarsi da adulti ad una
e puntuale.
Figura 9 – Percezione di solitudine e vivere o meno da soli/e
Solitudine
È stato scelto di indagare la solitudine percepita poiché, nel corso degli anni 2020 e 2021, per
tutelare la popolazione dall’impatto della pandemia sono state introdotte misure preventive
che hanno ridotto i contatti sociali e hanno provocato vissuti di solitudine nelle persone. La
sensazione di solitudine non si riferisce ad un isolamento oggettivo dell’individuo, ossia ad una
mancanza oggettiva di contatti e di relazioni che la persona vive, quanto piuttosto ci si riferisce
alla percezione che le persone hanno rispetto a questo e a quanto si sentono sole ed isolate.
In letteratura questo aspetto è legato al rischio di sviluppare o di peggiorare tutta una serie di
aspetti legati alla propria salute (riduzione del funzionamento del sistema immunitario, malattie
cardiovascolari, disturbi neurocognitivi, depressione, disturbi d’ansia, disturbi del sonno,
aumento della dipendenza da nicotina, alcol e/o sostanze; Holt-Lunstad, Robles & Sbarra, 2017).
Le analisi dei dati hanno evidenziato come la maggior parte dei/lle partecipanti (partecipanti
totali all’UCLA-3
1172) percepisce un basso (58%) o assente (22%) senso di solitudine. Solo
il 20% dei/lle partecipanti percepisce di vivere un grave senso di solitudine (presentando un
punteggio di almeno 4 su 6).
Le analisi dei dati evidenziano una correlazione dalla dimensione dell’effetto debole tra la
solitudine e l’età dei/lle partecipanti (
-.11,
.001) – per cui i/le partecipanti più giovani
riferiscono una maggiore percezione solitudine – mentre si evidenzia una correlazione dalla
dimensione dell’effetto grande con la sintomatologia depressiva (
.54,
.001) e moderata con
la sintomatologia ansiosa (
.47,
.001).
I/le partecipanti che hanno dichiarato di vivere da soli/e ottengono punteggi medi più alti al
totale dello strumento (
t test
(341.84) = 4.7195, p
.05,
.14), seppure la dimensione dell’effetto
risulti debole. In Figura 9 è possibile osservare la distribuzione del vivere o meno soli rispetto
alla percezione di solitudine.
Le analisi evidenziano come 2 persone su 10 percepiscano una grande solitudine e come il vivere
o meno da soli abbia sì un effetto, ma debole, per questa ragione non è possibile considerarla
l’unica condizione – poiché davvero poco impattante – perché una persona si percepisca sola.
Anche in questo caso si evidenzia, seppur con una dimensione dell’effetto debole, una percezione
di solitudine più alta nei/lle giovani; il dato non stupisce se pensiamo che i/le giovani sono tra
coloro su cui più hanno impattato i provvedimenti di isolamento sociale attuati in epoca pandemica.
Si pensi solo che i/le giovanissimi/e adulti/e sono coloro che più tardi sono rientrati/e nella
quotidianità in presenza (le scuole secondarie di secondo grado e le università hanno mantenuto
nel corso di quasi tutto il 2020, ma anche nel 2021, il formato della didattica a distanza e/o della
didattica mista e i luoghi di aggregazione hanno vissuto per lungo tempo chiusure e/o coprifuoco).
Questi risultati non sorprendono e sono in linea con ciò che si poteva ipotizzare: la solitudine e il
malessere mentale, come abbiamo detto in precedenza, sono legate tra loro. Non sorprende che
chi soffre di una sintomatologia depressiva e/o ansiosa si percepisca di umore più depresso o
più in ansia. Anche il legame tra la preoccupazione per la propria salute e gli aspetti depressivi
ed ansiosi è fortemente riconosciuto in letteratura (si veda, ad esempio, la meta-analisi di Alberts
et al
., 2013).
Tabella 1 – Matrice di correlazione, *** = p < .001, r < .10 effetto trascurabile, .10 < r < .30 effetto debole, .30 <
r .50 effetto modera&#x .50;&#x e4.; ff;ä t;&#xto m;&#xoder;¥ t;&#xo, r;&#x 000;to, r .50 effetto grande
Inoltre, non va dimenticato che, ancor prima dell’impatto della pandemia, si assisteva già ad un
fenomeno per il quale le nuove generazioni di giovani adulti risultavano più sole rispetto alle
generazioni precedenti (si veda, ad esempio la meta-analisi condotta da Buecker e colleghi nel
2021 sugli studi effettuati tra il 1976 e il 2019, dove emerge come la frammentazione delle relazioni
sociali, la maggiore mobilità ed i cambiamenti tecnologici hanno avuto un impatto sulla solitudine
dei/lle giovani adulti/e negli ultimi 40 anni). I dati italiani stessi evidenziano come la richiesta
di supporto psicologico sia aumentata dopo la pandemia soprattutto tra le persone di genere
femminile e nei/lle giovani (minorenni e giovani adulti nella fascia dai 18 ai 30 anni). Rispetto
alla relazione tra percezione di isolamento sociale e sintomatologia depressiva e ansiosa, il dato
non stupisce, poiché in letteratura è consolidato il legame tra la solitudine e l’aumento della
prevalenza dei disturbi mentali, in particolare la depressione (si veda, ad esempio, Courtin &
Knapp, 2017) e l’ansia (si veda, ad esempio, Beutel
et al
., 2017).
Qualità della vita
Sono state analizzate le sei sottoscale del PGWB-S che rappresentano sei diverse sfaccettature
della qualità di vita: tre riguardano aspetti relativi al benessere – il benessere percepito, la
capacità di mantenere un
self-control
e il sentimento di vitalità – e tre riguardano aspetti relativi
al malessere – la percezione di un umore ansioso, la percezione di un umore depresso e la
preoccupazione per la propria salute.
Le analisi relative alle sottoscale del PGWB-S hanno evidenziano come alti punteggi di benessere
percepito,
self-control
e vitalità correlano negativamente con la sintomatologia depressiva
e ansiosa e con la percezione di solitudine (Tabella 1). Viceversa, come ci si attendeva, le
sfaccettature del malessere relative agli aspetti di ansia, umore depresso e preoccupazione
per lo stato della propria salute mostrano delle correlazioni positive con la sintomatologia
depressiva, ansiosa ed il senso di solitudine.
Inoltre, nelle scale dello strumento si evidenziano delle correlazioni – seppure deboli – con
l’età e la scala relativa all’ansia (
-.18, p .001), per cui i/le partecipanti più giovani risultano
essere più in ansia; con la scala relativa al
self-control
.20,
.001) e la vitalità (
.12,
.001), per cui i/le partecipanti più giovani risultano più vitali, emotivamente stabili e sicuri/e di
sé. I/le partecipanti che non hanno dichiarato di vivere da soli/e ottengono punteggi medi più
alti nella scala del benessere (t
test
(342.55) = 4.2445,
.001, r = .12), seppure la dimensione
dell’effetto risulti debole; le partecipanti di sesso femminile ottengono punteggi medi più alti nella
scala dell’ansia (
t test
(267.35) = 3.4945,
.001,
.11), seppur con una dimensione dell’effetto
self-control
t test(
261.62) = -3.4287,
.001,
.10), seppur con una dimensione dell’effetto
debole.
sempre in una dimensione dell’effetto debole; rispetto al benessere sembrerebbe essere
protettivo non vivere da soli, seppur – come già evidenziato – non necessariamente chi vive da solo
percepisce un maggiore senso di solitudine. Le persone più giovani manifestano un maggiore
livello di vitalità e di autocontrollo, ma manifestano anche un umore più ansioso, un dato che è in
linea con gli aspetti legati al disturbo d’ansia osservati nel nostro campione ed in generale nella
popolazione di giovani adulti, che sono tra coloro che più stanno chiedendo supporto psicologico
negli ultimi due anni.
Disturbo dell’adattamento
È stato ritenuto utile indagare la presenza dei disturbi di adattamento, considerando il periodo
storico che sta mettendo a dura prova la popolazione: dopo la pandemia, la guerra, la crisi
economica, la crisi energetica e la crisi climatica, l’impressione è quella di un’emergenza che non
Le persone vivono in una condizione permanente di incertezza in un mondo sempre più complesso
ed è necessario intervenire non solo promuovendo la resilienza delle persone e le risorse che
esse possono mettere in atto per avere delle risposte adattive alle avversità, ma anche per
evitare che l’impatto dei fattori stressanti possa esitare in disturbi più gravi.
Ricordiamo anche che i disturbi dell’adattamento non devono essere confusi con il Disturbo
da Stress Post Traumatico, nel quale l’evento viene sperimentato dalla persona in un modo
emotivamente più intenso (si tratta di una situazione per la quale, ad esempio, la persona teme
Lo strumento utilizzato per indagare i disturbi di adattamento ha due diverse parti. Nella prima
parte viene richiesto alle persone se hanno avuto modo di esperire, dalla pandemia ad oggi,
diverse situazioni ritenute dalla letteratura stressanti e che sentono siano state per loro faticose
tempo generalmente limitato).
Ai/lle partecipanti è stato richiesto di indicare le situazioni che hanno vissuto dal marzo 2020
ad oggi e che attualmente (negli ultimi sei mesi) risultano faticose da tollerare. Com’è possibile
osservare dalla Tabella 2, le situazioni stressanti che i /le partecipanti hanno vissuto con
più frequenza sono inerenti alla sfera lavorativa (pressione delle scadenze/gestione del
le situazioni stressanti più selezionate sono inerenti a stress di tipo cronico: questa tipologia di
disturbo dell’adattamento o sintomi moderati o gravi (Maercker
et al
., 2012). Per questa ragione
diviene importante affrontare un lavoro strutturale di promozione del benessere e di strategie
per fronteggiare gli eventi avversi.
Ai/lle partecipanti veniva richiesto di indicare eventuali altre situazioni che avevano vissuto
come stressanti: l’11% dei/lle partecipanti ha fatto questa scelta. Elenchiamo di seguito alcune
problematiche di salute hanno cambiato situazioni abitative), nella salute (malattia non grave,
operazioni, attacchi di panico, infortuni, invalidità propria e/o di familiari), nel versante lavorativo,
restrizioni sociali, le molestie). Si tratta di ulteriori situazioni che possono impattare come eventi
di natura stressogena nella vita delle persone, poiché percepiti come eccedenti le proprie risorse
e che creano disagio, disequilibrio e malessere. Lo stress e l’incontro con gli eventi stressanti è
un’esperienza inevitabile nella vita degli esseri umani (Selye, 1974) e quindi non necessariamente
tutti gli eventi stressanti esitano in un disturbo dell’adattamento: questo avviene quando gli
atto una risposta resiliente a quella situazione avversa (Luthar, Cicchetti & Becker, 2000), ma
sviluppano una risposta comportamentale ed emotiva disadattiva.
Per questa ragione il questionario prevede una seconda parte, nella quale vengono elencati una
serie di elementi sintomatici che caratterizzano il disturbo di adattamento e in cui viene richiesto
ai partecipanti di indicare l’intensità di questi sintomi pensando ai fattori stressanti indicati.
In particolare, i sintomi elencati descrivono diversi aspetti del disturbo: gli aspetti principali
eccessiva con pensieri ricorrenti ed angoscianti per la situazione stressante e le sue conseguenze)
e al fallimento nell’adattamento (comportamenti che interferiscono con il funzionamento
lavorativo e di altre aree importanti nella vita dell’individuo). Vi sono poi aspetti che vengono
considerati criteri secondari nella diagnosi del disturbo e che si riferiscono alla presenza di
Tabella 2 – Percentuale di scelta dei principali eventi stressanti selezionati
Sia nel totale dello strumento relativo al disturbo di adattamento sia in tutte le scale che
rappresentano i diversi aspetti sintomatologici (solo gli aspetti relativi all’ansia fanno eccezione)
si evidenziano correlazioni positive e con una dimensione dell’effetto grande relativamente a
tutti i costrutti sino a qui misurati (sintomatologia depressiva e ansiosa, percezione di solitudine,
aspetti del malessere relativi all’umore ansioso e depresso; Tabella 3).
Viceversa, tra il totale e le scale relative ai disturbi dell’adattamento e agli aspetti relativi ad una
buona qualità della vita (
self-control
, benessere percepito e vitalità) si evidenziano correlazioni
negative e con una dimensione dell’effetto moderata o grande. Pertanto, come ci si attendeva,
c’è una relazione tra i disturbi dell’adattamento ed altri aspetti sintomatologici e di malessere
un maggior benessere psicologico e una migliore qualità di vita.
Tabella 3 – Matrice di correlazione, *** = p < .001, r < .10 effetto trascurabile, .10 < r < .30 effetto debole, .30
r .50 effetto modera&#x .50;&#x e4.; ff;ä t;&#xto m;&#xoder;¥ t;&#xo, r;&#x 000;to, r .50 effetto grande
I dati epidemiologici prima dell’era pandemica indicavano chiaramente come i disturbi
dell’adattamento fossero un’area di intervento importante per promuovere negli individui risorse
a cui attingere per rispondere agli eventi della propria vita in modo funzionale. La prevalenza
del disturbo si assestava prima della pandemia tra il 2% e l’8% in bambini/e e anziani, tra il
12% e il 20% in pazienti con condizioni mediche generali e per il 50% tra coloro che soffrivano
di malattie croniche e/o gravi problemi di salute (Carati & Dell’Erba, 2014). Sebbene vi siano
molte evidenze empiriche che il disturbo di adattamento sia transitorio e con una remissione
spontanea, è altrettanto provato che può portare ad alti tassi di morbilità psichiatrica e di suicidio
(Kryzhanovskaya & Canterbury, 2001).
I dati attuali e nazionali nell’epoca post-pandemica sono però meno rassicuranti sulla prevalenza
del disturbo: nel 2022, i dati diffusi dal CNOP evidenziavano come una persona su quattro
manifestasse disturbi dell’adattamento e che questi dati fossero peggiori nella fascia d’età degli
under
18 anni, in cui i sintomi del disturbo dell’adattamento riguardavano una persona su due
et al
., 2021). Si tratta quindi di un’emergenza alla quale è necessario fare fronte con interventi
strutturali: tuttavia, i servizi al momento non riescono a farsi carico di questo bisogno in modo
(LEA), il CNOP riferisce come nei servizi psichiatrici solo 7 operatori su 100 siano psicologi/he-
psicoterapeuti/e, che solo 6 interventi erogati su 100 siano di tipo psicologico/psicoterapico, e
come i consultori familiari – pensati per fornire un approccio integrato ai problemi della maternità,
dei minorenni e delle coppie – vivano una situazione emergenziale sul piano psicologico poiché in
7 sedi su 10 non ci sono psicologi/he.
Il malessere psicologico dei/lle bambini/e e degli/lle adolescenti
– quella dei/lle minorenni – che nelle rilevazioni precedenti erano mancati, è stato deciso di
indagare anche lo stato di salute dei/lle cittadini/e liguri minorenni. Poiché per la partecipazione
alle rilevazioni delle persone di minore età è necessario il consenso di entrambi i genitori e/o
sguardo ai minori perché gli studi attuali evidenziano che la fascia
under
18 sia stata la fascia
d’età più colpita da questa esposizione continuativa e duratura a eventi stressanti a livello
collettivo. Se prima del 2019 la prevalenza dei disturbi mentali era maggiore tra gli adulti (il
7% della popolazione adulta rispetto al 6% di quella tra i 15 ed i 24 anni), la situazione dopo la
pandemia si è invertita (OECD and European Union, 2022).
Il 29% del totale dei/lle partecipanti (
minorenne; a questi/e partecipanti è stato chiesto di compilare un’ulteriore sezione dell’indagine
dedicata alle persone di minore età. Il 56% dei/lle partecipanti ha dichiarato di avere un/a solo/a
In totale, i dati si riferiscono ad un campione di 463 bambini/e e/o adolescenti di minore età, di
cui il 48% è di genere femminile, mentre l’età varia da un minimo di pochi mesi a un massimo di 17
anni (età media = 9.96 ± 5.2; in Figura 10 le principali caratteristiche del campione).
È stato richiesto ai/lle partecipanti (
265) di indicare se negli ultimi anni si siano rivolti/e ad
bisogno di rivolgersi ad uno/a psicologo/a (Figura 11).
Figura 10 – Principali caratteristiche del campione
La maggior parte dei/lle partecipanti (
era presente uno/a psicologo/a scolastico (49%), ma la maggior parte di essi (41%) ha dichiarato
a giocare sui
device
elettronici.
relazionali (non voler uscire e/o fare attività fuori casa, non voler trascorrere il tempo con uno
dei genitori), disabilità, malattie, bullismo, traumi vissuti prima dell’adozione, disturbi mentali (ad
esempio, disturbo ossessivo compulsivo, disturbo dello spettro autistico, disturbo d’ansia, tic
sportive.
Le principali problematiche riferite appaiono legate, pertanto, alla socializzazione (vengono
utilizzo di dispositivi elettronici, esposizione a situazioni stressanti e/o traumatiche, sintomi
psicologici e psicosomatici. Rispetto agli aspetti relazionali alcuni studi evidenziano come
l’isolamento in epoca pandemica abbia avuto un impatto sulla socialità e sull’esplorazione del
mondo, soprattutto nell’infanzia, e come queste ridotte interazioni possano avere un impatto su
alcune aree dello sviluppo come il linguaggio e altre abilità cognitive (Masek
et al
., 2021).
Un recente comunicato dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS, 2023) evidenzia come 2 adolescenti
su 5 dichiarino che la pandemia ha avuto un effetto negativo sulla propria salute mentale e sulla
propria vita in generale. I dati raccolti nel campione ligure sono abbastanza coerenti con quelli
nazionali: a livello nazionale il 48% degli adolescenti e il 74% delle adolescenti riferisce sintomi
vengono riferiti dai
caregiver
liguri per il 56% dei bambini/e e adolescenti.
Indagini recenti condotte dal CNOP evidenziano come in età adolescenziale tre quarti degli
studenti riferiscano di non essere felici, di non sentirsi sicuri rispetto al proprio futuro ed uno su
quattro pensa di abbandonare la scuola.
Un aspetto interessante è che i
caregiver
che hanno compilato il questionario, pur riconoscendo
Il confronto dei dati nel quadriennio 2019-2022 evidenzia un aumento delle richieste di supporto
da parte della popolazione ligure, aumento che è in linea con il dato nazionale e che farebbe
pensare che le persone abbiano una maggiore consapevolezza della necessità di richiedere
aiuto; il dato, qui, sembra far emergere che non sia stato del tutto abbattuto lo stigma quando si
Il dato appare ancor più dissonante se pensiamo che i/le partecipanti riferiscono che solo 3
bambini su 10 sono stati o sono attualmente presi in carico da un professionista, ma loro stessi
a mantenere l’attenzione. Colpisce anche che 1 genitore su 4 non sappia se nella scuola del/lla
essere ormai superato dai giovani (tanto che i movimenti studenteschi richiedono a gran voce
stima si tratti del 91% degli studenti degli istituti della scuola secondaria di secondo grado e
delle università), ma forse meno dagli adulti. Tuttavia, nel nostro campione, non si evidenziano
differenze di età tra chi si rivolgerebbe ad uno/a psicologo/a in caso di necessità e chi no, e/o tra
chi si è rivolto/a ad uno psicologo/a e chi no.
Sarebbe auspicabile, in futuro, poter condurre uno studio con un campionamento probabilistico
che permetta di poter generalizzare i risultati ottenuti all’intera popolazione ligure. Tuttavia –
seppur in presenza di questo limite – le rilevazioni dell’ultimo quadriennio condotte su campioni
indipendenti sembrano confermare il malessere della popolazione e sono in linea con la letteratura
nazionale ed internazionale sia in tema di aumento del malessere sia in tema di un’aumentata
richiesta di supporto. Dal 2019 – epoca pre-pandemica – ad oggi, le rilevazioni sulla popolazione
ligure evidenziano una situazione di malessere che diviene via via sempre più estesa e sempre
più grave, dati, questi, confermati a livello regionale anche dai report del SISM dal 2015 ad oggi.
Si evidenzia come, ad oggi, 2 partecipanti adulti su 3 presentino una sintomatologia depressiva
ed ansiosa, e come vi sia una correlazione tra questi aspetti sintomatologici e la percezione di
solitudine e la preoccupazione per la propria salute.
Una persona su tre ha vissuto negli ultimi anni almeno uno stress acuto, come la morte di una
persona cara, e diversi tipi di stress cronico (ad esempio, pressione relativa alle scadenze/
i dati evidenziano come l’intensità dei sintomi nelle persone che non riescono a trovare risposte
adattive a livello emotivo e/o comportamentale siano in relazione con la sintomatologia ansiosa,
la depressione e abbiano un impatto sul benessere in generale. Anche rispetto agli
under
18 i
genitori riferiscono diverse problematiche, in particolare nel versante degli aspetti relazionali.
Inoltre, si evidenzia un aumento della richiesta di supporto (2 persone su 3 si sono rivolte ad
e viene evidenziata l’importanza che la professione psicologica riveste in molteplici ambiti, non
solo nella cura della patologia, ma nelle scuole, nei luoghi di lavoro, nelle strutture per anziani,
nell’assistenza domiciliare, a supporto dei Medici di Medicina Generale e dei Pediatri di Libera
scelta e – come quasi la totalità dei partecipanti evidenzia – negli ospedali e nei servizi sociali. La
salute psicologica, pertanto, viene riconosciuta come essenziale, non solo a livello istituzionale
dai LEA, ma anche dai cittadini stessi che vorrebbero fosse garantita a livello pubblico. È
interessante notare come le persone stiano iniziando a comprendere che lo/a psicologo/a
occuparsi del benessere mentale a 360° e, pertanto, debba essere presente sul territorio e nei
diversi contesti di vita.
Recentemente le “Linee di Indirizzo per la funzione della Psicologia nel SSN”, L.176/20, hanno
evidenziato come le attività psicologiche e psicoterapiche siano essenziali e debbano essere
alla portata di tutti, valorizzando un approccio integrato di risposta alla persona, approccio
che si scontra però con una carenza strutturale di dirigenti psicologi nel SSN. Dai rapporti
dell’ISS (2023) emerge come nei consultori nazionali siano presenti 2,28 psicologi su 100.000
abitanti e 2,2 psicologi su 100.000 abitanti nelle strutture ospedaliere: questi numeri sono in
netto contrasto con uno studio che, in epoca pre-pandemica, stimava che per il trattamento dei
disturbi più comuni a livello psicologico, come ansia e depressione, ci fosse un fabbisogno di
1 psicologo/a ogni 1.500 abitanti (Centro per la Ricerca Economica Applicata in Sanità, CREA,
2019).
Già in epoca pre-pandemica il SSN riusciva a garantire l’erogazione della psicoterapia per la cura
di ansia e depressione solo al 20% del fabbisogno stimato (CREA, 2019): gli esperti ritengono che
la stessa percentuale sia presa in carico da altri servizi territoriali e che, per la maggior parte,
l’intervento sia svolto dagli/lle psicologi/he liberi/e professionisti/e (Di Cesare
et al
., 2019).
Inoltre, una recente analisi della Società Italiana di Epidemiologia Psichiatrica (SIEP) evidenzia
come, prima della pandemia, i Dipartimenti di Salute Mentale riuscissero a rispondere a poco più
del 55% del fabbisogno assistenziale, e come nei Centri di Salute Mentale l’attività psicologica e
psicoterapica fosse solo il 6,4% di tutti gli interventi erogati (Starace & Minguzzi, 2021).
Questi dati segnalano una domanda di salute importante a cui non viene garantita una risposta
psicologici e psicoterapeutici, da soli o in associazione al trattamento farmacologico. In
particolare, è importante evidenziare come per le condizioni subcliniche, come ansia e
depressione lieve, vengano consigliate come trattamento di elezione le terapie psicologiche
(NICE 2009, 2011; Thornicroft, 2018).
Questo aspetto appare essenziale anche per ridurre la spesa farmacologica, che al momento è
la risposta preponderante che viene fornita e che pesa sulla nostra regione per un costo di 14
milioni e 472 mila euro, con un rapporto di 195,6 persone trattate su 1000 abitanti, seconda solo
alla Toscana che ne tratta 201,02 su 1000 (Di Cesare
et al.
, 2022b).
I dati raccolti evidenziano come sia necessario un inserimento della psicologia nei servizi di
di Medicina Generale, Pediatra di Libera Scelta ed Infermiere di Comunità), per poter intercettare
il bisogno all’esordio o nelle fasi precoci e per poter rispondere a questo bisogno in modo puntuale
e rapido e fornendo una risposta integrata ai/lle cittadini/e. L’esclusiva risposta medicalizzata o
l’assenza di risposta a problemi a forte componente psicologica, produce un incremento dei costi
sanitari e sociali, come acclarato da molti studi.
Viceversa, una risposta pertinente, integrata e tempestiva risulta fortemente virtuosa dal punto
di vista economico ed in grado di produrre risparmi effettivi, aumentando la sostenibilità del
Sistema; ne è un esempio evidente il progetto “
Improving Access to Psychological Therapie
(IAPT)” attivato dal Governo inglese, che ha coinvolto 6.000 psicoterapeuti per terapie brevi su
circa 600.000 persone, con un risparmio di 272 milioni di sterline nel sistema sanitario pubblico
(Clark, 2018).
L’aumento del malessere psicologico e la diminuzione dei servizi di supporto a cui stiamo
Health for All
”,
ossia di raggiungere condizioni tali da permettere a tutte le persone di vivere in buona salute.
La salute mentale è parte integrante della salute e del benessere ed è sempre più riconosciuta
a livello internazionale la necessità di promuoverla. Se i primi dati in epoca pandemica relativi
all’aumento del malessere potevano far supporre che si trattasse di una risposta contingente
all’emergenza, i dati successivi che via via sono stati raccolti a livello internazionale ci pongono
di fronte ad una situazione di aumentato malessere che deve essere considerata strutturale. Per
questa ragione tale situazione deve essere intercettata, supportata, ma ancor di più compresa
perché l’intervento non si basi solo sulla cura, ma sulla promozione del benessere, potenziando
nei/lle cittadini strumenti e risorse utili per il proprio benessere.
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LA SALUTE
PSICOLOGICA
IN LIGURIA
REPORT
DI RICERCA
SULL’ANNO 2022
Mara Donatella Fiaschi
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