
[lid] Intelligenza artificiale, un mercato da 300 miliardi di dollari. In Italia il 59% delle aziende ne fa uso ma crescono le paure di 4 italiani su 10.
Nell’ultima analisi dell’Unicusano si studiano l’impatto dell’AI nel
quotidiano e le sue applicazioni future, guardando al valore di mercato e
alle conseguenze sui posti di lavoro. Solo in Europa potrebbero divenire
disoccupati circa 15 milioni di lavoratori, 73 milioni in USA.
L’intelligenza artificiale fa paura. Fa paura non soltanto per le (quasi)
infinite applicazioni e i vasti scenari che apre davanti a sé, ma anche per
i risvolti sul tessuto economico e sociale di tutto il mondo. Secondo
l’ultimo studio dell’*Unicusano* – studio per altro condotto in parte
grazie proprio all’AI di *Chat GPT* – il mercato globale tocca oggi i *62,4
miliardi di dollari* per arrivare, entro il 2026, a superare i *300
miliardi* secondo le stime degli analisti. Di questi, solo i *Chatbot* –
come appunto il più famoso Chat GPT – nel 2016 valevano *190,8 milioni* di
dollari facendo registrare negli anni una crescita del *+555%* che entro il
2025 raggiungerà l’ *1,25 miliardi* di dollari.
In questo scenario di forte crescita, l’Italia è fanalino di coda insieme
al Giappone per quanto riguarda i Paesi a forte indice di sviluppo. Anche
se il mercato post-pandemico delle AI è raddoppiato, registrando un *+27%*
e assestandosi su un valore di *380 milioni di euro*, l’Unicusano nel suo
studio evidenzia infatti come campi di applicazione e investimenti delle
aziende siano nel Belpaese molto circoscritti: soltanto *6 aziende su 10*
hanno avviato almeno una progettualità di AI nei settori dei servizi
finanziari, dei trasporti, del retail e dei servizi pubblici. Entro però il
2024 per l’Italia è prevista una crescita del *41,4%* solo in ambito
imprenditoriale. Le aziende che hanno saputo cogliere le potenzialità
dell’AI oggi gli affidano diversi “compiti”: dal risparmio di tempo
nell’espletamento delle attività alla drastica riduzione dei margini di
errore; dall’aumento delle performance a quello delle entrate,
dall’individuazione tempestiva di eventuali problematiche all’elaborazione
e analisi di un’enorme quantità di dati, dal miglioramento dell’esperienza
con il cliente al risparmio di denaro.
Per gli italiani, però, esiste anche un lato oscuro legato allo sviluppo
dell’intelligenza artificiale: il *40%* di loro poco si fida e il timore
più grande tocca la sfera della professione. Il *71% degli italiani*,
secondo una ricerca condotta da Ipsoa e ripresa puntualmente
dall’Unicusano, teme un *impatto negativo sull’occupazione*. A temere di
più sono copywriter, insegnanti, traduttori, ma anche programmatori,
marketer e ricercatori, tutti provenienti da ambiti già toccati dalle più
recenti applicazioni di intelligenza artificiale.
In questo scenario di preoccupazione globale, i timori dei lavoratori
sembrano trovare fondamento nell’indagine dell’Unicusano: per l’ateneo
telematico, infatti, fra poco meno di sette anni l’automazione del lavoro
sarà responsabile della perdita di circa *73 milioni di posti di lavoro
negli Stati e di 15 milioni in Europa*.
Nonostante le perplessità a livello etico-comportamentale e sociale, il
sentiment nei confronti delle AI è comunque positivo, tanto che il *60%*
delle persone sostiene che l’intelligenza artificiale migliorerà la vita in
alcuni ambiti come l’istruzione, l’intrattenimento, l’apprendimento, lo
shopping, i trasporti, l’ambiente.
A sorprendere è invece *l’automotive*, da sempre molto attenta allo
sviluppo tecnologico, alla ricerca di nuove soluzioni e alla “naturale”
inclinazione a esplorare nuove possibilità. In questo caso non ha ancora
sfruttato le potenzialità AI soprattutto perché la legge non consente la
sperimentazione di veicoli a guida automatica con automazione maggiore
della classificazione SAE 2 (veicoli a “guida cooperativa”, con sistemi di
ausilio alla guida). Eppure i campi di applicazione sono davvero tanti:
monitoraggio delle condizioni stradali, nessun intervento umano, abilità
predittive, possibilità di conversare con sistemi di IOT incorporati per
esempio nei semafori o nella carreggiata, riduzione degli incidenti
stradali (il 94% sono oggi dovuti a errori umani).
