
(AGENPARL) – lun 27 febbraio 2023 Bureau de presse
Ufficio stampa
COMUNICATO STAMPA
Aosta, lunedì 27 febbraio 2023
Prorogata sino al 10 aprile 2023 la Mostra
Tina Modotti. La genesi di uno sguardo moderno
L’Assessorato dei Beni culturali, Turismo, Sport e Commercio comunica che la Mostra Tina Modotti. La genesi di uno sguardo moderno, in corso presso il Centro Saint-Bénin di Aosta, rimarrà aperta fino al 10 aprile 2023, considerato il grande interesse riscontrato dal pubblico.
L’esposizione, a cura di Dominique Lora e Héctor Manuel Orozco Velázquez, in collaborazione con Daria Jorioz, dirigente della Struttura Attività espositive e promozione identità culturale della Valle d’Aosta, è dedicata alla celebre fotografa Tina Modotti, che occupa un posto fondamentale nel panorama della fotografia internazionale.
La curatrice introduce così l’esposizione: “Avventurosa, nomade e misteriosa, la personalità artistica di Tina Modotti è permeata da un talento ricco e plurale ma è soprattutto caratterizzata da uno sguardo acuto e lenticolare capace di raggiungere l’essenza dei singoli e delle cose. Donna e artista moderna ante-tempore, la Modotti ha esercitato un’influenza tangibile, decisiva e duratura sullo sviluppo dell’arte fotografica in Messico e a livello internazionale.”
Al Centro Saint-Bénin di Aosta sono esposti più di 100 scatti della fotografa provenienti dalla collezione dell’Istituto Nazionale di Antropologia e Storia (INAH) e dalla Fototeca Nazionale di Città del Messico, con l’intento di ripercorrere le fasi salienti della sua vicenda professionale.
Biglietti: Intero 6 euro, ridotto 4 euro. Ingresso gratuito per i minori di 25 anni.
Mostra inserita nel circuito di Abbonamento Musei.
Orario di apertura: martedì-domenica, dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 18.
Per informazioni:
Regione autonoma Valle d’Aosta
Assessorato Beni culturali, Turismo, Sport e Commercio
Soprintendenza per i beni e le attività culturali
Struttura Attività espositive e promozione identità culturale
Centro Saint-Bénin
Via Festaz 27 – Aosta
[www.regione.vda.it](http://www.regione.vda.it/)
Testo Allegato:
POMPEI, AVVIATI NUOVI SCAVI NELL’AREA CENTRALE DEL SITOL’obiettivo è migliorare la conservazione, rimodulando il fronte di scavo e acquisire nuovi dati archeologiciA Pompei, si sta nuovamente scavando in un’area estesa per circa 3.200 mq, quasi un intero isolato della città antica sepolta nel 79 d.C. dal Vesuvio. Il progetto si inserisce in un più ampio approccio che, sviluppato durante gli anni del Grande Progetto Pompei, mira a rettificare e risolvere i problemi idrogeologici e conservativi dei fronti di scavo, ovvero il confine tra la parte scavata e quella inesplorata della città antica. Quest’ultima ammonta a circa 15 ettari di isolati e case ancora sepolti sotto lapilli e cenere, quasi un terzo dell’abitato antico.L’impostazione del nuovo scavo, ubicato nell’Insula 10 della Regio IX, lungo Via di Nola, è dunque la stessa già attuata nello scavo della regio V durante gli anni 2018-2020 che, sotto la direzione dell’allora direttore, Massimo Osanna, ha visto emergere la casa di Orione, la casa con Giardino e il Themopolium. Oltre a migliorare le condizioni di conservazione e tutela delle strutture millenarie attraverso una sistemazione dei fronti di scavo, da sempre elementi di vulnerabilità a causa della pressione del terreno sui muri antichi e del deflusso delle acque meteoriche, i nuovi scavi si avvalgono dell’impiego delle diverse professionalità dell’archeologia, tra cui archeologi, archeobotanici, vulcanologi numismatici, topografi antichi, oltre ad architetti, ingegneri e geologi, per trarre il massimo di informazioni e dati dalle operazioni di indagine stratigrafica.“Scavare a Pompei è un’enorme responsabilità – dichiara il Direttore del sito, Gabriel Zuchtriegel –. Lo scavo è un’operazione non ripetibile, quello che è scavato lo è per sempre. Perciò bisogna documentare e analizzare bene ogni reperto e tutte le relazioni stratigrafiche e pensare sin da subito a come mettere in sicurezza e restaurare quello che troviamo.”Lo scavo è ancora all’inizio, ma cominciano già ad affiorare le creste murarie dei piani superiori degli edifici antichi, tra cui una casa, trasformata nelle sue ultime fasi in fullonica (lavanderia) e scavata già intorno al 1912, e una casa con forno e cella superiore. Nei livelli ancora più alti, gli archeologi hanno documentato una serie di buche praticate nel terreno in anni forse più recenti e presumibilmente funzionali all’utilizzo agricolo del terreno o forse legati alle attività di cava di lapilli che subì l’area in epoca moderna. Vedute sette-ottocentesche (v. dipinto di Jacob Philipp Hackert in allegato) mostrano come il plateau al di sopra degli scavi fosse adibito a diverse coltivazioni agricole, tra zone boscose e edifici rurali, e serre di agricoltori erano ancora presenti fino al 2015. Un paesaggio, quello storico dei decenni della riscoperta di Pompei, che il Parco vuole valorizzare e raccontare anche attraverso un altro progetto che punta alla riqualificazione delle aree verdi del sito e dei suoi dintorni. Proprio in queste settimane è in corso la procedura di selezione di un partner per la coltivazione dei vigenti del Parco nell’ambito di un partenariato pubblico-privato, che prevede l’ampliamento delle aree coltivate, e in futuro anche la messa a regime di uliveti, frutteti e orti sociali.“La dimensione di una catastrofe si misura anche a seconda della possibilità di dimenticarla, di farla cadere nell’oblio – commenta il direttore – E quel paesaggio di coltivazioni, boschi e pascoli che nasce nei secoli dopo l’eruzione sul sito dell’antica città, è come un piccolo conforto rispetto alla tragedia terribile del 79 d.C. che distrusse l’intera città di Pompei in due giorni. La memoria della tragedia svaniva, la vita tornava. Tant’è vero che dopo l’inizio degli scavi, nel 1748, ci vollero 15 anni per capire che si stava scavando a Pompei e non a Stabia.” ?