
[lid] – Sullo stato di salute del Gruppo editoriale Umbria 1819 srl vale la pena ricordare l’interrogazione a risposta in commissione 5-07591 presentata dall’ex onorevole GALGANO Adriana – Lunedì 1 febbraio 2016, seduta n. 559: «GALGANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
«la crisi del quotidiano Giornale dell’Umbria è giunta all’epilogo e la proprietà ha annunciato la messa in liquidazione della testata a partire dal 14 gennaio 2016 con il conseguente licenziamento dei 17 giornalisti e 9 poligrafici»;
«una crisi, quella della testata locale, che ha avuto inizio nell’estate del 2012, sotto la proprietà del gruppo Colaiacovo, quando non furono rinnovati i contratti di tre giornalisti precari e venne dichiarata l’apertura dello stato di crisi perdurato fino al 2015»;
«grande è, quindi, la preoccupazione sia per le vicende legate alla testata sia per una grave crisi che da tempo investe la carta stampata e il sistema radiotelevisivo locale nel suo complesso, crisi che mette a rischio posti di lavoro e il sistema regionale della comunicazione, a danno peraltro del pluralismo dell’informazione e del diritto dei cittadini ad essere informati» (5-07591)».
Pertanto era già nota quindi – anche a livello nazionale – la situazione disastrosa della società Gruppo editoriale Umbria 1819 S.r.l. dal 2012 e l’on. Galgano non fa altro che metterlo agli atti presentando l’interrogazione secondo cui «una crisi, quella della testata locale, che ha avuto inizio nell’estate del 2012, sotto la proprietà del gruppo Colaiacovo, quando non furono rinnovati i contratti di tre giornalisti precari e venne dichiarata l’apertura dello stato di crisi perdurato fino al 2015»;
Emblematico e non da meno indicativo è anche l’articolo pubblicato il 20 gennaio 2016 dal titolo «Giornale dell’Umbria, la liquidazione è una delle pagine più nere per l’imprenditoria umbra» secondo il quale «le difficoltà per il Giornale hanno inizio almeno nell’estate 2012, quando lungo le scale della redazione rotolano le prime tre teste: quelle di tre giornalisti precari contestualmente all’apertura dello stato di crisi». (http://www.umbria24.it/attualita/giornale-dellumbria-la-liquidazione-e-una-delle-pagine-piu-nere-per-limprenditoria-umbra).
Da rilevare che nella Relazione ex articolo 33 L.F. depositata in data 18.05.2017 dal Curatore del fallimento 46/2017 del Gruppo editoriale Umbria 1819 S.r.l. dispone la segretazione da pagina 203 a pagina 214.
Si legge testualmente alla pagina 203 «come già evidenziato nel precedente capitolo la Società, non HA MAI generato risultati positivi di esercizio, e ciò neppure negli anni nei quali era risultata beneficiaria di rilevanti contributi pubblici all’editoria».
«Lo squilibrio economico è risultato nell’immediato evidente a tutti, agli organi amministrativi tempo per tempo succedutisi, ed alle compagini dei soci nel tempo avvicendatesi nel capitale della società. Gli organi amministrativi tempo per tempo in carica, hanno sin dai primi esercizi sociali rilevato le criticità della struttura economica/finanziaria, cercando continuamente di rinvenire soluzioni, anche attraverso asseriti ristrutturazioni, che consentissero un adeguato miglioramento dei risultati economici nel tempo registrati».
Il curatore fallimentare sottolinea che «i medesimi organi amministrativi, tempo per tempo in carica, e ciò almeno sin dall’esercizio 2014, hanno sempre, seppure a volte in modo non esattamente tempestivo, sottoposto ai soci la necessità di procedere al ripianamento delle perdite maturate e quasi sempre per quelle in corso di maturazione».
«I soci parimenti, almeno per quanto relativo agli esercizi sino a quello chiuso al 31 dicembre 2014 e probabilmente, seppur in via indiretta come sopra riferito, per parte dell’esercizio 2015, hanno sempre provveduto all’integrale ripiano delle perdite sofferte. Anche ed almeno sempre sino all’esercizio chiuso al 31 dicembre 2014, gli amministratori tempo per tempo in carica, o meglio e per lo più il Presidente in carica, hanno tentato, pur senza i necessari poteri, senza le dovute preventive delibere, e contravvenendo allo statuto societario, di reperire tra le compagini sociale, i mezzi necessari ad un minimo sostegno della struttura finanziaria, richiedendo l’erogazione, per lo più e di fatto ai soli soci Finanza Editoriale Srl, Financo Srl e TMM, di finanziamenti soci, poi in parte tuttavia agli stessi restituiti contravvenendo alla disposizione di cui 2467 c.c.».
A pagina 211 della Relazione del Curatore fallimentare si legge «come già più volte evidenziato l’Organo amministrativo tempo per tempo in carica provvide almeno sino al 2014 ed in parte per i primi mesi del 2015, seppure a volte in modo non esattamente tempestivo, a sottoporre ai soci la necessità di procedere al ripianamento delle perdite maturate e quasi sempre per quelle in corso di maturazione, anche al di fuori della formale procedura prevista dagli articoli 2482 bis e 2482 ter c.c. ovvero 2447 e seguenti c.c., ovvero 2447 e seguenti c.c. quando applicabili anche alle società di specie».
«Ancora e sempre così come già evidenziato, nel tempo gli Organi Amministrativi succedutisi hanno esperito alcuni tentativi di ristrutturazione dell’azienda, senza tuttavia sortire risultati rilevanti e comunque in grado di modificare in modo duraturo la struttura dei costi, né di dare un impulso risolutivo alla generazione dei ricavi caratteristici, siano essi rappresentanti dalle vendite del prodotto realizzato che dalla cessione di spazi pubblicitari».
Ma vi è di più. Nella relazione fallimentare si chiede che «ai fini della responsabilità degli amministratori e/o soci nella determinazione del dissesto, la Curatela si riporta ai fatti e circostanze sopra esposte per la rilevanza che tali fatti e circostanze dovessero assumere in ordine alle responsabilità stesse» ma di fatto il curatore Faina non ha proceduto alla nomina di un CTU per verificare l’effettivo reperimento di risorse e/o ripianamento delle perdite maturate da parte degli ex soci fino alla nomina del liquidatore Camilloni, ben sapendo che tali aspetti avrebbero potuto riguardare i reati contenuti negli articoli 316-ter e 640-bis c.p, visto il giro di fatturazione inter gruppo e le copie acquistate sempre all’interno delle società del Gruppo (Umbria Televisione S.r.l. e Centro Italia Pubblicità S.r.l).
Altro aspetto che merita approfondimenti è l’informativa di Polizia Giudiziaria (Guardia di Finanza) relativa al procedimento penale n.1348/2016 del 23.08.2018 nella quale a pagina 8 dove si legge testualmente che «per le cause economico/finanziarie che hanno determinato il dissesto della società fallita, il curatore fa riferimento all’evoluzione dei valori di alcuni fondamentali conti di bilancio, depositati presso il competente Registro delle Imprese nonché ai documenti contabili acquisiti, evidenziando che il Gruppo Editoriale Umbria 1819 S.r.l. non ha mai, sin dal primo esercizio, registrato un risultato positivo ma esclusivamente perdite, le quali cumulate per l’intera sua vita di attività, ammontano complessivamente ad euro 7.724.657».
L’informativa della Guardia di Finanza prosegue affermando che «da quanto sopra riportato, al curatore risulta evidente che l’azienda fallita, sin dal suo avvio non era in grado di produrre un risultato positivo di esercizio e non lo è stata neppure nei momenti in cui risultava beneficiaria di rilevanti contributi pubblici (anno 2005 euro 755.909,96 – anno 2006 euro 1.933.672,54 – anno 2007 euro 1.1932.899,07 – anno 2008 euro 1.965.758,36 – anno 2009 euro 1.965.758,36 – anno 2010 euro 1.704.994,50 – anno 2011 euro 1.362.963,54 – anno 2012 1.056.702,45 – anno 2013 euro 913.965,66 – anno 2014 euro 886.616,71 – anno 2015 euro 618.984,67 – fonte sito del Governo) i quali hanno esclusivamente ‘calmierato’ i risultati negativi registrati, così come non è mai stata in grado di raggiungere un adeguato equilibrio finanziario».
Altra nota degna che sarebbe dovuta essere approfondita da parte degli inquirenti è l’esposto presentato da alcuni dipendenti del quotidiano Il Giornale dell’Umbria.
Nell’esposto di legge «per accedere ai fondi pubblici per l’editoriale viene costituita una cooperativa che fa capo a Giambaldo Traversini, Emanuele Mapelli e Giacomo Marinelli (TMM, Transcommunication Media Management), mentre la pubblicità viene affidata a Daniela Garagiola della Centro Italia, nonché moglie dell’amministratore delegato Emanuele Mapelli. Lo sport viene affidato in service ad Infopress (all’iniziale costo di 700mila euro) di Massimo Boccucci. La cooperativa cede al Gruppo editoriale Umbria 1819 il ramo di azienda per pubblicare il giornale e incassa il fondo per l’editoria, il quale viene rigirato a Geu 1819 S.r.l. a copertura delle spese per stipendi, stampa e distribuzione. La struttura viene calibrata sulla quota annuale del contributo per l’editoria, tanto da fare assunzioni e praticanti che in Umbria non si facevano più da tempo. In 13 anni il contributo pubblico si attesta in quasi 20 milioni di euro, coprendo la totalità dei costi di produzione, mentre gli incassi pubblicitari costituiscono una parte minima del bilancio (appena 400mila euro di pubblicità annua pagante, a fronte di un numero molto alto di fatture a scambio merce)».
Inoltre è ai fini della ricostruzione della verità va menzionato il verbale di sommarie informazioni reso dal dottor Camilloni alla Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Roma il giorno 28 ottobre 2017 in merito al procedimento penale nr- 297236/1-1 oggetto P.P. 16454/2017.
Si legge testualmente nelle sommarie informazioni rese dal dottor Camilloni che «con riferimento alla relazione del curatore fallimentare, resa per l’appunto dal dottor Faina agli organi del fallimento Gruppo Editoriale Umbria 1819 srl, ai sensi dell’articolo 33 della legge fallimentare a supporto di quanto ho dichiarato e di quanto evidenziato nella citata delibera assembleare, deposito la relazione ex articolo 33 del curatore Faina da cui il Pubblico Ministero potrà estrapolare le asserite irregolarità che probabilmente porteranno all’incriminazione del reato di bancarotta».
Inoltre – prosegue il dottor Camilloni – «chiedo che il Pubblico Ministero voglia convocare il curatore dottor Faina quale persona informata sui fatti e gli rivolga invito formale di deposito di tutta la documentazione acquisita nell’ambito del fallimento da cui è emerso un buco finanziario di svariati milioni di euro, certamente non riconducibile alla liquidazione dottor Camilloni Luigi. In ordine alle contestazioni che mi vengono mosse deposito apponendone formale sottoscrizione mia specifica relazione diretta al Sost. Proc. Dottor Pisani, nella quale ho esplicitato punto per punto le questioni sopra richiamate».
«In ultimo, al fine di riscontrare la giusta fondatezza, il Pubblico Ministero titolare dell’indagine voglia nominare un perito contabile al fine di accertare la verità e fondatezza incontrovertibile di tutte le contestazioni che sono state mosse al signor Traversini Giambaldo. Atteso che nell’esercizio della mia funzione di liquidatore della Gruppo Editoriale Umbria 1819 srl avevo il dovere istituzionale e obbligo giuridico, pena la correità, di segnalare gli illeciti contabili e amministrativi che erano stati riscontrati in sede di verifica amministrativa della società in ragione della erogazione di ingenti contributi pubblici versati dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento editoria – versati alla Gruppo Editoriale Umbria 1819 S.r.l.».
Tali sommarie informazioni sarebbero dovute essere oggetto di approfondito dallo stesso curatore del fallimento del Gruppo Editoriale Umbria 1819 srl, anche con la nomina di un esperto contabile per segnalare gli illeciti contabili e amministrativi che erano già stati riscontrati in sede di verifica amministrativa della società fallita da parte del dottor Fabio Casasoli e dell’avvocato Francesco Marrocco ed ampiamente illustrati nei due verbali di assemblea della società del Gruppo Editoriale Umbria 1819 in liquidazione rispettivamente del 14 gennaio 2016 e 29 aprile 2016.
Interessante è anche la trasmissione delle annotazioni della Polizia giudiziaria rese da alcuni giornalisti del Giornale dell’Umbria al Nucleo di Polizia Tributaria di Perugia in merito al procedimento penale n. 639/2016 specie nelle due dichiarazioni di Giuseppe Castellini e di Massimo Sbardella.
Giuseppe Castellini alla domanda: nei bilanci societari della Geu 1819 S.r.l. ci sarebbe stata una sottrazione di crediti mediante svalutazione degli stessi. Questi sarebbero riferibili anche al mancato pagamento e quindi al mancato introito da parte della società ceduta, di spese pubblicitarie di società (Centro Italia pubblicità) collegate ad alcuni soci uscenti della Geu 1819 srl. Cosa può riferire in merito? E’ in grado di individuarli? Risponde in questo modo «Non so nulla. Certamente la responsabile della raccolta pubblicità per il Giornale dell’Umbria era Daniela Garagiola, dipendente di Centro Italia Pubblicità e moglie di Emanuele Mapelli».
Massimo Sbardella alla domanda numero tre «Negli ultimi 3 bilanci d’esercizio il Gruppo Editoriale Umbria 1819 srl ha presentato delle perdite rispettivamente di euro 198.475 (2012), 1.003.391 (2013) e 628.821 (2014), ripianate da finanziamenti erogati dai soci. Secondo Lei quali sono state le principali cause risponde «la causa delle perdite deriva da un fortissimo taglio del contributo pubblico che in pochi anni è passato da oltre 2milioni di euro a poco più di 800 mila euro, oltre che un taglio sostanzioso delle pubblicità e la crisi che ha colpito questo specifico settore del mercato. Mi sembra di ricordare che un particolare taglio del contributo pubblico avvenne nel 2013; ecco perché proprio in quell’anno c’è stata una perdita molto più consistente come indicato in bilancio».
Insomma, della serie siccome diminuisce il contributo pubblico, allora aumentano le perdite…(Sic!). Anche su tale situazione il curatore del fallimento ha taciuto.
Nella sua qualità? di creditore, il dottor Camilloni, ha censurato il Comitato dei creditori per una condotta negligente ed imprudente nell’esprimere parere positivo nel mese di aprile 2017 alla transazione con UMBRIA TV e CENTRO ITALIA PUBBLICITA’, svalutando ad euro 18.000 crediti di oltre 500.000 euro.
Il Comitato dei Creditori, infatti, doveva opporsi in quanto tali crediti non potevano essere compensati vigendo, proprio ai sensi dell’art. 67 L.F., comma 1.
Il comportamento negligente del Comitato dei Creditori ha determinato un ammanco nella procedura fallimentare di oltre euro 500.000,00.
Tali decreti erano stati emessi durante la rappresentanza legale del dottor Camilloni come liquidatore con l’avallo del Comitato dei Creditori (Maiorca, Piervittori e Umbria Ufficio 2000 di Maurizio Faina) alla compensazione proposta del Curatore Faina.
Il Comitato dei creditori non ha richiesto alla Curatela la necessità di chiedere euro 320.000 agli ex soci di GEU, come da richiesta di decreto ingiuntivo e come da patto parasociale agli atti della procedura.
Infine, si aggiunge che nella procedura fallimentare non traspare agli atti alcun documento dal quale emerge il conflitto di interessi tra il Dottor Maiorca, che aveva la causa di impugnativa del Licenziamento e la sua appartenenza al Comitato dei Creditori; causa che è stata rigettata dal Tribunale di Perugia anche se la Curatela non si è difesa e non ha rappresentato alcunché? al Giudice ed al Comitato dei Creditori ed all’interno di quest’ultimo il componente Maiorca non ha rinunciato alla carica per l’evidente conflitto di interessi.
Da sottolineare che l’articolo 40 comma 5 della Legge Fallimentare stabilisce che «Il componente del comitato che si trova in conflitto di interessi rispetto all’oggetto della votazione ha il dovere di astenersi dalla votazione.
La norma ha lo scopo di salvaguardare l’indipendenza e la terzietà dell’organo, i cui componenti non possono chiedere di farne parte per tutelare i loro interessi o specifici diritti individuali.
Ad esempio ricorre un conflitto di interesse quando un componente del comitato è portatore, di una determinata decisione, di un interesse esterno e riconducibile alla sua posizione di creditore, per cui egli non può perseguire la difesa degli interessi dei creditori senza sacrificare il proprio personale tornaconto.
Secondo l’articolo 41 comma 7 che richiama l’articolo 22407 comma 1 e 3 del codice civile «i membri del comitato dei creditori: devono svolgere il proprio incarico con la professionalità e la diligenza dettata dalla natura dell’incarico; sono responsabili della verità delle attestazioni; devono conservare il segreto sui fatti e sui documenti di cui hanno conoscenza per ragione del loro ufficio.
La responsabilità del comitato è solidale, sia fra i singoli membri, sia nei confronti del curatore quando l’azione di responsabilità è stata proposta nei confronti di entrambi tali organi.
Per quel che riguarda i danni patrimoniali alla Procedura, non sono stati revocati euro 500.000 che aggiunti al Contributo Pubblico di euro 560.000 avrebbe permesso di pagare la quasi totalità? dei creditori. Non solo, il Comitato dei Creditori, nonostante la lettura della relazione fallimentare e del programma di liquidazione, non ha richiesto alla Curatela di portare in esecuzione il patto parasociale del 27.8.2015 che avrebbe portato nelle casse del Fallimento euro 320.000,00.