[lid] Un cittadino di un paese terzo che è affetto da una malattia grave non può
essere allontanato se, in mancanza della terapia adeguata nel paese di
destinazione, rischi di essere esposto ad un aumento rapido, significativo e
irrimediabile del dolore associato a tale malattia
Un cittadino russo che ha contratto, all’età di 16 anni, una rara forma di cancro del sangue è attualmente in cura nei
Paesi Bassi. La sua terapia medica consiste, in particolare, nella somministrazione di cannabis terapeutica a fini
analgesici. L’uso di cannabis terapeutica non è tuttavia autorizzato in Russia.
Tale cittadino ha presentato varie domande d’asilo nei Paesi Bassi, l’ultima delle quali è stata respinta nel 2020, e ha
adito il rechtbank Den Haag (Tribunale dell’Aia) con un ricorso contro la decisione di rimpatrio che è stata adottata
nei suoi confronti. Egli ritiene che debba essergli rilasciato un permesso di soggiorno o che, quantomeno, debba
essergli accordato un rinvio dell’allontanamento in quanto la terapia a base di cannabis terapeutica nei Paesi Bassi è
per lui a tal punto essenziale che non potrebbe più condurre una vita dignitosa se tale terapia fosse interrotta.
Il Tribunale dell’Aia ha deciso di rivolgersi alla Corte per stabilire, in sostanza, se il diritto dell’Unione 1 osti
all’adozione di una decisione di rimpatrio o di un provvedimento di allontanamento in una fattispecie di questo tipo.
Nella sentenza in data odierna, la Corte dichiara, alla luce della propria giurisprudenza e di quella della Corte
europea dei diritti dell’uomo, che il diritto dell’Unione osta a che uno Stato membro adotti una decisione di
rimpatrio o proceda all’allontanamento di un cittadino di un paese terzo, il cui soggiorno è irregolare e che è
affetto da una grave malattia, allorché sussistono gravi e comprovati motivi per ritenere che il rimpatrio di tale
cittadino possa esporlo, a causa dell’indisponibilità di cure adeguate nel paese di destinazione, ad un rischio reale di
un aumento rapido, significativo e irrimediabile del dolore causato dalla sua malattia.
Detta condizione presuppone, in particolare, che sia accertato che nel paese di destinazione non possa essergli
legalmente somministrata l’unica terapia analgesica efficace e che la mancanza di tale terapia lo esporrebbe a un
dolore di tale intensità da essere in contrasto con la dignità umana in quanto potrebbe provocargli disturbi psichici
gravi e irreversibili, o addirittura condurlo al suicidio.
1 Direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati
membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (GU 2008, L 348, pag. 98), in combinato disposto con gli articoli 1 (dignità
umana), 4 (proibizione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti) e l’articolo 19, paragrafo 2 (protezione in caso di
allontanamento) della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
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Per quanto riguarda il criterio di rapidità, la Corte precisa che il diritto dell’Unione osta a che l’aumento del dolore di
un cittadino di un paese terzo, in caso di rimpatrio, debba essere atto a prodursi in un termine predeterminato in
maniera assoluta nel diritto dello Stato membro di cui trattasi. Qualora gli Stati membri fissino un termine,
quest’ultimo deve essere puramente indicativo e non può dispensare l’autorità nazionale competente da un esame
concreto della situazione della persona interessata.
Per quanto riguarda il rispetto della vita privata della persona interessata 2
, di cui fanno parte le terapie mediche di
un cittadino di un paese terzo, anche in caso di soggiorno irregolare, la Corte statuisce che l’autorità nazionale
competente può adottare una decisione di rimpatrio o procedere all’allontanamento di un cittadino di un paese
terzo unicamente dopo aver preso in considerazione le sue condizioni di salute.
Tuttavia, la circostanza che tale persona, in caso di rimpatrio, non potrebbe più disporre delle medesime terapie che
gli sono somministrate nello Stato membro nel cui territorio soggiorna irregolarmente e potrebbe, per tale fatto,
subire conseguenze, segnatamente, sullo sviluppo delle relazioni sociali nel paese di destinazione, non può, di per
sé, essere d’ostacolo all’adozione di una decisione di rimpatrio o di un provvedimento di allontanamento nei suoi
confronti, quando l’assenza di tali terapie nel paese di destinazione non l’esponga ad un rischio reale di trattamenti
inumani o degradanti.
IMPORTANTE: Il rinvio pregiudiziale consente ai giudici degli Stati membri, nell’ambito di una controversia della
quale sono investiti, di interpellare la Corte in merito all’interpretazione del diritto dell’Unione o alla validità di un
atto dell’Unione. La Corte non risolve la controversia nazionale. Spetta al giudice nazionale risolvere la causa
conformemente alla decisione della Corte. Tale decisione vincola egualmente gli altri giudici nazionali ai quali venga
sottoposto un problema simile.
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Il testo integrale della sentenza è pubblicato sul sito CURIA il giorno della pronuncia
Contatto stampa: Cristina Marzagalli (+352) 4303 8575
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2 Ai sensi dell’articolo 7 della Carta.