
(AGENPARL) – Roma, 01 settembre 2022 – Egregio Direttore,
prima di tutto La ringrazio per lo spazio che deciderà se riservare alla mia missiva.
Quella che attualmente viviamo, subiamo e che abbiamo prodotto nessuno escluso, è un’epoca socio antropologica nella quale si avverte tutta l’insostenibile pesantezza del vuoto.
Persino priva di disillusione e di disincanto.
Come sosteneva il filosofo e scrittore Denis de Rougemont nel suo libro “L’Amore e l’Occidente” siamo usciti dal Divertissement.
Pertanto disillusi, catapultati fuori dal gioco, da de-ludo.
Ma persino lui si riferiva ad un gioco serio e virtuoso delegando semplicemente la parola alla licenza lirica.
Come cittadina, giornalista e persona che crede fortemente in una informazione chiara e distinta, per dirla con le parole di Cartesio, che a breve sarà chiamata a svolgere il diritto dovere fra i più importanti sanciti dalla nostra Democrazia, esprimo la mia più profonda inquietudine nei confronti di chi svolge ogni tipo di incarico politico, a qualunque livello, che si permetta di scrivere che attendeva la morte di un essere umano per stappare la sua migliore bottiglia.
Ovviamente quel qualcuno è stato un altro uomo politico.
Chiederei, se fosse possibile ed agli organismi preposti un’auspicabile provvedimento nei confronti della persona in questione cui indirizzo la mia lettera che mi auguro vorrà pubblicare: che venga espulso immediatamente non solo dalla sua formazione politica ma da ogni tipo di carica elettiva pubblica, politica o istituzionale.
Il garbo politico non prevede che si utilizzino termini di una tale miserabilità. La scienza politica è cosa troppo seria per abdicare a valori universali, detta in grande, o semplicemente a far si che fare politica oggi torni sia, indipendentemente dall’attuale esame di realtà, ridursi a gioire per la morte di qualcuno, chiunque esso sia.
Di seguito la mia lettera al Signor Marco Rizzo.
Ringraziandola per l’attenzione porgo distinti saluti
Lettera al signor Marco Rizzo
“Le persone utilizzano la libertà di parola come compensazione per la libertà di pensiero, che usano poco” Soren Kierkegaard
Gent.le Marco Rizzo, sono certa lei sappia che un segretario nazionale di partito (che ha persino l’ambizione di definirsi comunista) qualunque esso sia, indipendentemente dalle persone che rappresenta, abbia doveri politici e finanche morali. Prima nei confronti della politica come scienza e tecnica, come teoria e prassi poi verso la storia.
Chi era comunista ne faceva una ragione di vita, c’è chi lo fa tutt’ora cercando coerenza e sensibilità sociale. C’è ancora chi piange o si commuove dinanzi alla deriva vuotocratica che il nostro Paese ha scelto da tempo. Oltre alla miserabilita’ noumenica di brindare alla morte c’è, pur tuttavia, chi non si arrende e sceglie i luoghi giusti e le parole più adeguate al compito che è stato chiamato ad assolvere anteponendolo a tutto: famiglia, affetti, lavoro. Sottraendo tempo e salute pur di non mancare dove i cittadini l’hanno chiamato ad essere.
Senso delle istituzioni, di etica intrisa di significato e significante assiologico tali da smuovere masse e fiumi.
Conserverò per sempre l’immagine di un signore distinto dalla voce tonante che ha tentato una rivoluzione, tradito e perseguitato da vili uomini che avrebbero ucciso chiunque con quel Golpe. Lui no. Il sovietismo ha resistito a Mikhail Gorbacev nonostante la caduta del muro, nonostante il Golpe, nonostante l’implosione data dalla palingenesi che lui stesso aveva avviato in cerca di un’anelata libertà, oltre i limiti della sua amata Russia. Che probabilmente si sarebbe sgretolata ugualmente ma in modo meno esplosivo. Eltsin lo umilio’ pubblicamente ma non riuscì a vanificare il suo pensiero virtuoso della ricerca della libertà sopra ogni cosa.
Con garbo, pacatezza e generosità ha saputo restare nei cuori e nelle lucide menti di generazioni, compresa la mia. Un uomo che ha tentato di dare maggiore democraticità all’Urss, introducendo leggi importanti e che è stato amato soprattutto fuori dai propri confini. Confini. Se solo l’Europa non fosse stata schiava degli Stati Uniti. Se solo sapessimo non guardare costantemente agli Stati Uniti d’America. Un paese, in minuscolo, senza storia. Ed un paese senza storia è un paese senza memoria. Se solo fosse stato sostenuto, per la sua forse romantica ma concreta lungimiranza, oggi vivremmo altri tempi, meno bui, meno ipocriti e meno intrisi di personalismi e ricerca di visibilità a titolo personale. Oggi, dopo il suo tweet lei appare ovunque se solo si digita il suo nome sui motori di ricerca. Ma sappia che una ricerca non è motore di consenso. Sappia che la semantica esiste prima dei social. Sappia che tutti, domani, ricorderanno il Gigante che è stato Gorbacev e forse, anche se stento a crederci, sovverra’ loro un tweet di qualcuno che ha tentato di trarre visibilità da una morte riuscendo solo, invero, a scrivere (e dunque pensare, in quanto la parola scritta è la pratica manifestazione del pensiero) come uno dei peggiori miseri uomini di cui quasi nessuno ricorda né vuol ricordare i nomi. Perché trattasi neppure di essersi comportato da fascista ma da inetto.
Confidando di incontrarla per argomentate meglio gli spazi e le virgole dello scritto.
Simona Consoni
Bolshoe Spasibo Presidente Gorbacev
Simona Consoni
Giornalista Pubblicista