
(AGENPARL) – lun 09 maggio 2022 Carlo Maria Martini, l’uomo della parola
in presa diretta con la città
L’Università Cattolica ha ricordato il Cardinale con le parole dell’arcivescovo Delpini, del sindaco di Milano Sala, del rettore Anelli e di storici che l’hanno conosciuto. Parola, intermediazione e dialogo al centro del suo magistero
Milano, 9 maggio 2022 – Parola, dialogo, intermediazione sono i termini chiave dell’operato del cardinal Carlo Maria Martini, arcivescovo di Milano dal 1980 al 2002. Quei concetti che hanno permeato la sua riflessione in anni difficili a Milano, il periodo del terrorismo e di Mani Pulite, l’uscita dalla Guerra fredda e l’avvento della globalizzazione. Un luogo e un tempo di fermento in cui il Cardinale ha lasciato una traccia indelebile tanto che ciascuno di coloro che l’hanno conosciuto e hanno lavorato con lui parlano addirittura del “mio Martini”.
Un ritratto ricco, profondo, sfaccettato è emerso dai molteplici interventi di storici e testimoni durante il convegno “Carlo Maria Martini: un vescovo e la sua città. Nel decennale della morte” – e a vent’anni dalla fine del suo episcopato – che si è svolto oggi nell’aula Pio XI dell’Università Cattolica a Milano alla presenza di molte personalità istituzionali e diversi storici e testimoni, tra cui Giorgio Del Zanna, Claudia Mazzucato, Gianfranco Bottoni, Virginio Colmegna, Marco Garzonio, Silvia Giacomoni.
Nella Curia milanese tra i ritratti di tutti vescovi della città l’ultimo che appare appeso è quello del cardinal Martini. Il quadro lo ritrae «in toga nera da gesuita che osserva con uno sguardo che è un’indagine penetrante dello spettatore ma è al tempo stesso la proiezione di una evidente domanda interiore». Con queste parole il rettore dell’Ateneo Franco Anelli ha chiuso il suo saluto di apertura del convegno dove ha ricordato la laurea honoris causa che l’Ateneo ha conferito al Cardinale nel 2002 in Scienze dell’educazione a sottolineare il valore da lui attribuito all’educazione come il trarre fuori la conoscenza da sé e dall’altro in un dialogo fatto di domande e risposte reciproche, «un dialogo con la Scrittura, con la Parola che implichi un esercizio intellettuale severo e complesso».
Proprio quel dialogo è la cifra che l’ha caratterizzato anche secondo il sindaco Giuseppe Sala intervenuto al convegno. «Il dialogo è fatica, impegno, volontà di mettere insieme. Lo spirito illuminato della ragione è ciò che ha portato il cardinal Martini ad essere un punto di riferimento importante anche per i non credenti». Il suo contributo culturale e spirituale, il suo rapportarsi agli emarginati e ai poveri, «la sua capacità unica di guardare oltre e individuare le ombre nella società e ha spinto Milano verso l’ideale di una città-comunità basata sulla solidarietà e sulla possibilità di risolvere i problemi insieme» – ha continuato il sindaco. Il sindaco ha ricordato che grazie a lui esiste oggi la Giornata della Memoria e che intestargli una via nel cuore di Milano, insanguinato all’epoca del terrorismo, è un segno di grande speranza di fronte al male.
Parole attualissime ancora oggi di fronte alla guerra. «La risposta al conflitto, tanto più se armato, è nell’intermediazione, quasi in senso fisico, tra coloro che si stanno combattendo, fino ad uccidersi. È una scelta spirituale ma anche un’indicazione concreta, che vale per il credente e per il non credente. Anche in questo caso, il suo magistero è stato profondamente religioso ma anche fortemente civile» – ha dichiarato Agostino Giovagnoli, docente di Storia contemporanea dell’Università Cattolica. «Tutti i discorsi sulla guerra sono anche discorsi di guerra – ha continuato Giovagnoli -. Nessuno è innocente quando ne parla, non esistono contenuti neutri e anche il giudizio morale non è sufficiente. Perché le parole smettano di essere armi occorre svuotarle della violenza che le permea». La soluzione ultima si trova sempre nella Parola di Dio e la preghiera è il luogo dove il credente può raccogliersi scegliendo di stare da una parte senza odiare l’altra. Solo così si potrà diventare, per usare le parole di Papa Francesco, “artigiani di pace”.
L’incisività della proposta pastorale del cardinal Martini è stata ben delineata dall’arcivescovo di Milano Mario Delpini che si è interrogato sulle motivazioni che portano le persone ancora oggi a citare il Cardinale e a riconoscerlo come un punto di riferimento storico. La risposta monsignor Delpini l’ha trovata innanzitutto in tre aspetti: «la sua persona, il consenso e il ruolo hanno interagito così profondamente facendo sì che diventasse una persona autorevole, sino a rendere incisiva anche la sua azione pastorale». A questo si aggiunge la cifra qualificante il suo magistero. «È innegabile riconoscere quanto si concentri continuamente e si alimenti del tema della Scrittura e della Parola di Dio – ha spiegato monsignor Delpini -. In particolare, ha accordato molta fiducia alla parola parlata e ha accentuato il linguaggio dell’insegnamento. Infatti, ha dato vita alla Scuola della Parola come proposta per la formazione dei giovani, e alla Cattedra dei non credenti per dialogare con personalità della cultura contemporanea, credenti e non credenti, sulle sfide del presente».
È evidente l’attitudine “progressista” del Cardinale, «aperta verso le problematiche e le sfide contemporanee come rivelano alcune attenzioni che confermano la sua sapiente lettura del mondo contemporaneo – ha concluso l’arcivescovo -: la sinodalità come metodo e come pratica; l’evoluzione di Milano verso una società plurale, multi-etnica, multi-religiosa, multi- culturale; la destinazione prioritaria alla singola persona».
A ripercorrere storicamente la vita e l’operato del cardinal Martini è stato Andrea Riccardi, storico e presidente Società Dante Alighieri. Fin da ragazzo il filo rosso della sua vita è stata la Bibbia, «una storia di familiarità con le Scritture, con momenti di crisi e “notti oscure”» ha commentato Riccardi che ha poi tracciato il percorso svolto dal Cardinale a partire dal Concilio, «evento di radicale cambiamento». Martini ha abitato tre città: Roma, Milano, Gerusalemme. «Milano è stata la sua vera città. Qui ha avuto una responsabilità pastorale, presa sul serio fino in fondo, ma anche un gran compito di governo e di crescente leadership spirituale in anni difficili, dal terrorismo alla corruzione, alla depressione della città. Non posso non ricordarle (anche perché manifestano la appassionata conoscenza della città): la violenza politica, sociale e la guerra; la solitudine (grande comprensione della condizione degli anziani, dei carcerati, degli ammalati e degli stranieri); la corruzione (la droga, la pornografia, il denaro). Esprimeva anche un ottimismo: “L’uomo, alla fine, non è individuo; è prossimo all’altro uomo; è chiamato ad essere fratello”».
A raccontare il Carlo Maria Martini teologo è stato Pierangelo Sequeri, già preside dell’Istituto Giovanni Paolo II: «Se la teologia si mette alla scuola della Parola di Dio allora rende merito alla predicazione. Questa è stata l’intuizione di Martini». Per Martini la teologia ha avuto il compito di aiutare il credente a pensare perché se pensa all’uomo che riflette sulla propria vita, pensa all’interlocutore reale della Parola di Dio. «La teologia deve tornare a leggere la Bibbia come l’agire di Dio nella storia. Così il canone biblico della Parola si può apprezzare quando viene assunto come matrice di pensiero della teologia, della storia della salvezza e della creazione».
