(AGENPARL) – Roma, 28 maggio 2020 – Ora capisco perché ogni mattina la mia bisnonna di 98 anni, sulla sua sedia impagliata ed una mantellina a fiorami scuri sulle spalle, si sedeva sul suo balconcino quadrato-vista Eolie ed iniziava una dolce litanìa. Ricordo il suo sorriso e la parola “grazie”a chiudere ogni respiro più grosso. Spesso parlava di suo padre, chiamandolo dolcemente dad. Ovviamente: mia nonna è nata in Pennsylvania, nel nord-est degli Stati Uniti. Oggi, se fosse ancora qui con me, sono sicura che faticherei e tanto, per farle capire che nella mia epoca dad non è papà ma una strana parola-rete-imbriglia pescatori e pescato.
Pescatori e pescato: mia nonna questi, invece, li conosceva benissimo. Dovrei precisarti, però, che questi pescatori, cara nonna, non sono quelli che hanno il mare negli occhi -tu ne hai visti tanti- e stringono tra le mani i remi del gozzu o del palàngaru, che al tramonto faranno scivolare sulle acque lucidate dalla cera della lampara abbagliante. No, cara nonna, dad vuol dire solo didattica a distanza. So che mi sorrideresti, allungando il tuo scricchiolante braccio verso il golfo di Lipari; per te quella è la distanza che ti separa dalla tua famiglia. No, cara nonna, lì ci sono le colonne d’Ercole. Altro sorriso e ti faresti solleticare il collo da tutti quei fiori che dipingono la tua mantellina.
Va bene. Un tentativo lo voglio fare per te, cara nonna, per ringraziarti di tutte le volte che mi hai trasformato in regina di Spagna, appena mi sedevo sulle tue ginocchia. Quella, però, è un’altra storia.
Va bene. Riprovo. Io sono a casa; Bettina, Fina, Dora, Nuccio, Neno, Bertu sono a casa anche loro.
Questa è la dad: io faccio lezione e Bettina, Fina, Dora, Nuccio, Neno, Bertu ascoltano attentamente; ciascuno apre il proprio libro e poi scrive sul proprio quaderno. Dad, cara nonna, semplicemente dad. Saltella la mia voce sui 3 brevi ma altisonanti fonemi. Ti vedo, nonna cara, anche i tuoi occhi fanno un guizzo velocissimo ma- se aguzzo il mio sguardo da miope- sì, conosco i segni de l’antica fiamma!; riconosco i bagliori dei remi di Ulisse, che fendono le acque con la sua leggera imbarcazione. Il folle volo! Che volo! Sì, io, invece, sono a casa, cara nonna; Bettina, Fina, Dora, Nuccio, Neno, Bertu sono a casa anche loro.Ti accenno, con la rapidità di un timer che a breve ci taglierà, senza rimorso e pietà alcuna, la connessione, che è tutta colpa del malu, una stranissima piaga che infetta le vie respiratorie e, purtroppo, anche le vie del pensiero. Certo, cara nonna, c’è anche la via colorata della seta -stai accarezzando le tue ampie gonne, ti ho vista- la via profumata del tè ma sono ancora altre storie queste.
“Peggiore ancora del lento male indomo di Totò Merumeni?”, domandi con un’improvvisa aria dispiaciuta. No, nonna cara, si chiama Totò Meni, quello della fuitina, il figlio del nipote di Alfio; ormai sarà diventato anche lui bisnonno, un caro bisnonno come te! E’ bello vederti sorridere ora. E te lo dico.
Aggiungo pure “M’illumino d’immenso”. Socchiudi i tuoi occhi nerissimi, cara nonna. Ecco, forse tu lo stai navigando questo immenso che all’improvviso si è aperto sopra, dentro, attorno a te.
Bettina, Fina, Dora, Nuccio, Neno, Bertu non lo potranno mai attraversare. Tu lo capisci, vero, il perché, cara nonna? Sono a casa. Sgambettano sui tasti del loro computer, per salutare con le loro vocine stanche e gli occhi rabbuiati dai fumi dello schermo, soltanto me, quando allungo verso di loro gli anelli della mia pesante àncora, perché possiamo salpare tutti quanti insieme.
Hai ragione tu, però, cara nonna. “I’ vorrei che tu e Bettina, Fina, Dora, Nuccio, Neno, Bertu ed io fossimo presi per incantamento e messi in un vasel, ch’ad ogni vento per mare andasse al voler vostro e mio”. Non ci sarà alcun incantamento, nonna cara. I loro genitori si allarmerebbero, se questi miei alunni dovessero allontanarsi per “divenir del mondo esperti, e delli vizi umani e del valore”. Quella è una smorfia di disappunto, cara nonna? Credi che l’abbia detto per babbìari? No.
I genitori amano per i loro figli la frescura dei campi estivi, dove si possono esercitare tra le ariette, gustando, durante gli affollati picnic, bocconcini saporiti di materie accuratamente selezionate, innaffiati da voci polifoniche mai da monotone monodie. Questo è Zoom! Join a meeting! Mi lasci parlare, cara nonna. Hai preso un lembo della tua gonna e me lo offri. Vedo il giallo. Il giallo seducente di Van Gogh. La vita che si inebria nella fatica della ricerca e nella gioia della scoperta. Nonostante tutto.Trovare la solarità della vita dentro i tubetti di vernice e mangiarne il colore direttamente da quelli, perché “Che cosa sarebbe la vita se non avessimo il coraggio di correre dei rischi?”. Il giallo dei girasoli, caro Van Gogh. Oggi c’è. Domani non so se ci sarà ancora.