
(AGENPARL) – Roma 18 maggio 2020 –
Lettera Aperta
Al Ministero della Istruzione
Alla Presidenza del Consiglio dei Ministri
Al Ministero dell’Economia e delle Finanze
Al Presidenza della Repubblica
Alla Corte dei Conti
Al CNEL
Oggetto: Scuola e Decreto rilancio: 1,5 miliardi per soffocare libertà di insegnamento e pluralismo.
Spettabili Enti,
il 13 maggio è stato presentato il decreto licenziato dal Consiglio dei Ministri per il “rilancio” dell’Italia.
464 pagine e 256 articoli, di lettura non semplice, che esprimono l’affanno per la ricerca di strumenti di supporto all’economia ed ai settori più colpiti dal Covid 19.
Verso la fine, all’articolo 221–bis (che segue l’art. 220..), la Scuola. Un pubblico servizio bruscamente interrotto dall’emergenza, una questione sociale dai risvolti dirompenti anche in tema di diritto al lavoro, un affare silenziato, che non coinvolge banche, ma studenti e famiglie.
Una scuola che, ricordiamolo, ha dovuto interrompere, senza preavviso, le lezioni in presenza (termine di specificazione pleonastico, sino a qualche mese fa..); studenti, piccoli e grandi, improvvisamente rinchiusi nelle proprie case per conoscere, insieme ai propri insegnanti, una Didattica a Distanza che necessita di tutti quei dispositivi che, sino al giorno prima, erano considerati uno strumenti di alienazione.
Un problema di entità incalcolabile ed incalcolata, di natura culturale, sociale, sociologica ed economica. Un problema di tale complessità – peraltro derivata o aggravata dalla mancata predisposizione di adeguate misure di monitoraggio del virus – che avrebbe richiesto una tempestiva e concertata predisposizione di programmi ideati da pedagoghi, maestri, psicologi e, solo dopo, da politici ed economisti.
Figure, probabilmente, del tutto assenti, ad eccezione dei politici.
Ritorniamo al decreto. Le misure (circa 1,5 miliardi) si rivolgono, sostanzialmente, alla sola scuola statale e stanziano fondi per gli interventi di sanificazione, di predisposizione delle strutture, di implementazione dei dispositivi necessari alla didattica a distanza. La norma prevede, inoltre, una stabilizzazione dei precari e nuove assunzioni.
Per la scuola Paritaria, che oggi è ancora in attesa di ricevere le contribuzioni previste per gli anni 2019 e 2020, solo qualche spicciolo.
Quale l’effetto di tali interventi sull’Universo scuola?
Partiamo dai numeri e dalle peculiarità di ciascuna risorsa in relazione all’emergenza in essere: la scuola Paritaria gestisce, in spazi solitamente più ampi e strutturati, quasi 900mila studenti; riceve dallo Stato, ma con il ritardo endemico che purtroppo ancora caratterizza la PA, una contribuzione di circa 500 milioni di euro annui pari ad un decimo di quanto costerebbe lo stesso numero di studenti allo Stato (fonte AGIDAE – intervista del 13 maggio 2020), con un risparmio di circa 4,5 miliardi l’anno per le casse pubbliche.
La scuola paritaria non costituisce solo un risparmio per la collettività, ma la garanzia del pluralismo e della libertà di insegnamento e di espressione, proclamata dalla nostra cara Costituzione e valorizzata dalla legge parlamentare 62/00.
La diversità dei due mondi e la necessità della loro coesistenza, ai fini della unitarietà del servizio pubblico-scuola, deve oggi confrontarsi con la questione Covid- 19.
Se si vogliono rifuggire scelte ideologiche che vogliano pericolosamente avocare l’insegnamento nelle mani esclusive dello Stato, occorre individuare le primarie necessità per l’inizio in sicurezza dell’anno scolastico e, se la parola chiave rimarrà quella del distanziamento, certamente occorrerà bandire le classi pollaio. Il che richiederà utilizzo di spazi ampi e, probabilmente, un aumento del numero delle classi e dunque degli insegnanti.
Le contribuzioni utili alle scuole paritarie, stante la impossibilità di incassare le rette nella loro interezza sia per la diminuzione dei servizi resi, sia per le difficoltà delle famiglie, piegate dalla crisi, dovrebbero essere dirette a sostenere la regolare retribuzione degli insegnanti e del personale non docente, mentre l’adeguamento degli spazi, solitamente, dovrebbe richiedere interventi di minore entità rispetto alle scuola statali.
Con le attuali determinazioni governative, in uno con la mancata erogazione dei contributi anno 2019 e 2020 (pari ad 1 mld di fondi dovuti ma non versati) circa il 30 % delle scuole paritarie sarà destinato a chiudere già dal prossimo anno scolastico con un conseguente aumento della spesa pubblica di circa 1,4 miliardi per il prossimo anno ed un ingresso di ulteriori 250 mila studenti da gestire nelle attuali strutture.
Se questi sono i numeri, gli stanziamenti del Governo nel decreto rilancio, esprimono un non-intervento, un esborso inutile e del tutto inefficace, anzi dannoso, che si limita a compensare l’aumento di spesa derivante dalla indotta chiusura di scuole paritarie: un intervento che ha il carattere di una scelta ideologica ed accentratrice dell’istruzione a detrimento diretto e consapevole delle scuole paritarie e della libertà di espressione, senza alcun beneficio a tutela dell’istruzione ed a sostegno dei settori colpiti dall’emergenza Covid-19.
Ciò premesso, si pongono le seguenti domande:
- La destinazione di fondi nella misura di 1,5 miliardi a beneficio della scuola statale e la (sostanziale) esclusione delle scuole non statali, è stata prevista e disposta dopo aver valutato gli effetti a detrimento della scuola paritaria (chiusura di circa il 4mila istituti e perdita stimata di 30.000 posti di lavoro per i soli docenti) ed il conseguente ingresso di nuovi studenti nella scuola statale in una misura di circa 25mila unità? Esiste evidenza di tali valutazioni e di richieste di parere al CNEL?;
- E’ stato valutato l’aumento di spesa per le casse dello Stato, derivante dalla chiusura di circa 4mila istituti di scuola paritaria previsto per settembre e dalla conseguente necessità di gestione, per la scuola statale, di circa 250mila nuovi studenti da collocare, peraltro, in aule sufficientemente ampie per garantire il distanziamento sociale?
- E’ stata compiuta valutazione del rapporto tra aumento occupazionale nella scuola statale (anche per la sola conferma di 8mila precari) e la perdita occupazionale nelle paritarie stimata – per il solo corpo docente – in 30mila unità? Esiste evidenza di tale valutazione?
La scuola non è uno slogan, la scuola non è un’ideologia, la scuola è il nostro futuro.
Lo dichiara l’Avvocato Graziella Brancaccio, Patrocinante in Cassazione del Foro di Roma