REGGIO CALABRIA La Corte di Appello di Reggio Calabria (dott.ssa Cinzia Barillà, presidente, e dott.ri Elisabetta Palumbo e Luigi Verrecchione, consiglieri), in accoglimento dell’istanza presentata degli avvocati Antonino Napoli e Maria Carmela Macrì, ha concesso gli arresti domiciliari a Raffaele Petullà recentemente assolto dalla Corte dal reato di associazione a delinquere di stampo mafioso per aver fatto parte, con competenza specifica e quasi esclusiva nel settore delle estorsioni, della locale operante nei comuni di Cinquefrondi, Anoia e nelle località limitrofe, inserita nel mandamento tirrenico della Provincia di Reggio Calabria.
Il giovane cinquefrondese era stato tratto in arresto nell’ambito dell’operazione “Saggio Compagno” in quanto accusato, oltre che di associazione a delinquere di stampo mafioso, anche di estorsione aggravata dal metodo mafioso ai danni dell’imprenditore boschivo Michelangelo Cartolano.
Il compendio indiziario carico di Raffaele Petullà è stato ricavato esclusivamente dalle conversazioni e dalle immagini captate nelle vicinanze e nell’abitazione di Ladini Giuseppe.
Dalle predette immagini emergeva che, sopraggiunto il trattore di Cartolano Michelangelo, condotto dallo Spanò nei pressi dell’abitazione del Ladini, veniva dopo poco affiancato da un’auto dalla quale si vedevano scendere tre soggetti di giovane età, riconosciuti dagli investigatori in Petullà Angelo, Petullà Raffaele cl. ’92 e Sarleti Francesco, i primi due cugini in quanto figli di due sorelle; una volta scesi dal veicolo, si notava chiaramente che i due cugini Petullà iniziavano a discutere animatamente con il conducente del trattore, fino a quando si vedeva Petullà Angelo salire sulla cabina ed aggredire fisicamente lo Spanò, rimasto a bordo del mezzo.
A quel punto Ladini Giuseppe e Valerioti Antonio uscivano dal cancello dell’abitazione e si avvicinavano ai soggetti coinvolti nella discussione, con cui si intrattenevano a parlare; dalla successiva conversazione ambientale captata presso l’abitazione del Ladini emergeva il disappunto del Ladini per la scelta dei Petullà di affrontare lo Spanò innanzi alla sua abitazione; dal tenore del discorso si desumeva che i Petullà avevano contestato allo Spanò di aver abbattuto alcuni alberi di faggio ai quali erano interessati, mentre lo Spanò rivendicava la legittimità del suo comportamento, sostenendo che il suocero si era regolarmente aggiudicato l’appalto per il taglio degli alberi in questione e precisando di avere preventivamente richiesto ed ottenuto il consenso del locale di ‘ndrangheta di Cinquefrondi, nonchè di avere puntualmente “pagato” il benestare concessogli dai cinquefrondesi.
Per il reato di estorsione aggravata Angelo Petullà è stato condannato ad anni sei e mesi quattro di reclusione mentre, come detto, è stato assolto dal reato di associazione a delinquere di stampo mafioso.
Gli avvocati Napoli e Macrì, all’esito della lettura della sentenza, hanno chiesto l’attenuazione della massima misura cautelare con quella degli arresti domiciliari sul presupposto che la sentenza della Corte di Appello costituisce un elemento di novità, avendo assolto l’istante dal reato di 416 bis c.p., per il quale è prevista la presunzione assoluta dell’adeguatezza della custodia carceraria, ed essendo stato condannato per il solo reato di estorsione aggravata dall’art. 7 L. 203/91, per il quale la predetta presunzione non sussiste.
La Corte di Appello, nonostante il parere negativo della Procura Generale, ha ritenuto di accogliere l’istanza di sostituzione della misura cautelare adeguando la posizione di raffaele Petullà a quella del cugino coimputato Angelo Petullà, anch’egli difeso dall’avvocato Napoli, già da tempo ai domiciliari. (News&Com)
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