
(AGENPARL) – ven 20 maggio 2022 Piazza Tancredi, 7
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COMUNICATO STAMPA
LA STORIA DEL SALENTO SCRITTA NEI FONDALI DELL’ADRIATICO
TRA SAN CATALDO E LE CESINE, IL PORTO SOMMERSO DELL’ANTICA
LUPIAE
Continua a riemergere dal mare la storia sommersa del Salento. L’Adriatico
conserva nei suoi fondali tesori ancora da scoprire, testimoni dell’ingegno di
popoli che un tempo pianificavano le loro città con fortificazioni, monumenti,
porti e strade. Costruzioni che sembrano cancellate dai secoli ma le cui tracce
sono ancora conservate tra sabbia e acqua salata. Recenti ricerche archeologiche
condotte dal Dipartimento di Beni culturali dell’Università del Salento
hanno riportato in luce un antico molo lungo il tratto di costa tra San Cataldo e Le
Cesine: un ritrovamento che restituisce un disegno nuovo dell’antico scalo
portuale di Lupiae. La scoperta è avvenuta durante le ultime campagne di
ricognizione (2020-2021) condotte sia su terra che sott’acqua, con uso di varie
metodologie e tecnologie (drone, ROV, georadar, fotogrammetria e altro), e
dirette da Rita Auriemma, docente a UniSalento di Archeologia subacquea.
I resti lasciano ipotizzare che al margine dell’area umida dell’oasi naturale
gestita dal WWF, nell’area dell’edificio idrovoro della Riforma agraria, in località
“Posto San Giovanni”, sorgesse un porto che aveva una sua importanza tra la
fine dell’età repubblicana e la prima età imperiale. E che solo successivamente
sia stato costruito, più a nord, a San Cataldo il Porto di Adriano.
A raccontare una “nuova storia” sono diversi elementi emersi durante gli
ultimi studi, approfondendo così le evidenze indagate sino agli anni Novanta. In
quella posizione erano stati già documentati allineamenti murari connessi a
depositi di età romana tardorepubblicana: una struttura nota come “Chiesa
sommersa”, una serie di vasche scavate nella roccia, e un’altra sempre immersa
nel mare, posizionata più a sud.
La cosiddetta “Chiesa sommersa”, che si trova a 150 metri dalla riva, su uno
sperone roccioso che si erge su un fondale di circa 5 metri, mostra una struttura
intagliata nel banco roccioso, ma conserva anche resti di muri realizzati in
conglomerato cementizio. La pianta, rettangolare, si articola in tre grandi
ambienti, anch’essi rettangolari e in parte lacunosi per effetto dell’azione erosiva
del mare, che oggi hanno il fondo a -1/-1.5 metri di profondità. Anche la seconda
struttura è costituita da allineamenti, paralleli e perpendicolari tra loro, di blocchi
in calcarenite locale che si trovano a una profondità media di -3.5 metri e
occupano, per quanto visibile, un’area rettangolare di 24×30 metri, che potrebbe
però estendersi molto di più, poiché alcuni filari di blocchi sembrano continuare
sotto un notevole apporto sabbioso.
Sia la posizione sia le caratteristiche tipologiche e tecniche di entrambe le
strutture mostrano un’evidente affinità con l’imponente fondazione di un molo
scoperta nel 2020 nel corso delle ricerche dirette da Rita Auriemma. Quest’opera
si trova a 15 metri circa dalla costa, in corrispondenza della verosimile riva
antica, sotto il livello del mare: i blocchi alla radice sono alla profondità di meno
di un metro, mentre quelli in testata raggiungono i -3.5 metri. La struttura è
delimitata da due allineamenti paralleli di grossi blocchi parallelepipedi che
costituiscono le due cortine esterne del molo, per una larghezza complessiva di
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circa 8 e una lunghezza di almeno 90 metri, per quanto visibile al momento delle
indagini.
Il corpo della fondazione è realizzato con linee affiancate di blocchi paralleli
che si susseguono e nel tratto più esterno, corrispondente agli ultimi 25 metri,
due file giustapposte di blocchi creano una specie di “spina” centrale, con lo
stesso orientamento di quello generale dell’opera muraria. In alcuni punti si
conservano anche due o più filari sovrapposti, ma la forza disgregatrice del moto
ondoso appare evidente, data l’ampia dispersione dei blocchi in crollo presenti
all’esterno di entrambi i paramenti.
La tecnica di costruzione del molo sembra essere quella tipica delle
strutture di approdo dell’Adriatico e di altre aree del Mediterraneo, soprattutto
orientale, realizzate in opera a cassone o a vespaio, con paramenti in opera
quadrata in filari sovrapposti di grossi blocchi parallelepipedi in calcarenite
locale, solitamente contenenti un nucleo di pietrame vario, talvolta rinforzato con
setti interni per la distribuzione delle spinte. Una particolarità è la presenza di
grandi blocchi parallelepipedi con un lato sagomato a cilindro che si susseguono
a intervalli piuttosto regolari, si ipotizza avessero la funzione di bitte, oramai
evidentemente in crollo.
Sulla base degli elementi finora noti, è possibile ipotizzare che anche il molo
di Posto San Giovanni – Le Cesine possa riferirsi al sistema a cassone lapideo con
riempimento di inerti, sebbene abbia anche una fondazione in opera quadrata
“piena”, che costituisce la base di un possibile riempimento e di eventuali altri
setti trasversali spazzati via dal mare. Non è da escludere, comunque, che la
struttura afferisca alla tecnica edilizia che caratterizza il grande molo di Adriano
che si trova a nord dell’ampia baia di San Cataldo, a cui lo avvicina l’imponente
sviluppo.
Altro elemento particolarmente interessante è la presenza di blocchi lavorati
e di canalette, soprattutto perché la loro posizione rivela chiaramente una
pertinenza strutturale al molo di Posto San Giovanni. Insieme alle altre strutture
sopra ricordate, pertanto, la presenza di questo grande molo configura un
complesso portuale importante, la cui articolazione complessiva è ancora da
precisare, per approfondire la conoscenza della quale sarà necessario un
intervento dedicato. Sono ancora molte le affascinanti ipotesi da verificare,
suggestioni da confermare e domande a cui dare delle risposte. Ma la ricerca non
si ferma, si aspettano nuove indagini per aggiungere nuovi tasselli alla storia
antica del Salento.
Anche di queste scoperte si parlerà dal 3 al 5 giugno 2022, tra Lecce e Porto
Cesareo, nel corso dell’evento finale di UnderwaterMuse – Immersive Underwater
Museum experience for a wider inclusion.
Nelle immagini allegate:
1. veduta aerea da drone della cosiddetta “chiesa sommersa” (forse la
fondazione di un faro?); foto R. Perrone
2. veduta aerea da drone della lunga fondazione del molo, perpendicolare
alla costa, in primo piano; foto R. Perrone
3. la fondazione del molo: i blocchi della cortina settentrionale; foto F.
Zongolo
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4. la fondazione del molo: canalette ricavate in blocchi di calcarenite; foto M.
Buccolieri
Lecce, 20 maggio 2022


