(AGENPARL) - Roma, 6 Dicembre 2025(AGENPARL) – Sat 06 December 2025 *Capaccio Paestum: l’agonia politica di un’amministrazione che non c’è più*
*Perché Gaetano Paolino insiste a governare senza una maggioranza?*
La seduta sulla mozione di sfiducia ha segnato in modo definitivo la
frattura politica di Capaccio Paestum. Gaetano Paolino è rimasto
formalmente in carica, ma politicamente è nudo: la sua maggioranza non
esiste più, e la città lo sa. Non è stato un voto qualunque, non è stata
una seduta come le altre; è stato il momento in cui le crepe, fino ad
allora sottotraccia, si sono trasformate in un crollo visibile a tutti.
I firmatari della mozione – Angelo Quaglia, Antonio Agresti, Igor
Ciliberti, Maria Rosaria Giuliano, Antonio Mastrandrea, Gianmarco Scairati
ed Eustachio Voza – non rappresentano un’opposizione storica, bensì la
stessa squadra che aveva permesso a Paolino di diventare sindaco. A loro si
è aggiunta Simona Corradino, che ha votato a favore del documento. La loro
scelta racconta più di mille analisi: la rottura nasce dentro il perimetro
politico che aveva sostenuto questa amministrazione. Una ribellione
interna, motivata da ciò che molti di loro hanno letto come un metodo di
governo chiuso, accentrato, incapace di valorizzare la pluralità che aveva
contribuito alla vittoria elettorale. La composizione della giunta, le
decisioni prese senza confronto, la sensazione di essere stati relegati a
comparse: un malessere che si è trasformato in gesto politico.
Di fronte a questa frattura, tre consiglieri – Adele Renna, Pamela Volpe e
Luca Sabatella – hanno invece votato contro la sfiducia, diventando di
fatto l’ultimo baluardo rimasto a Paolino. Una scelta che ha attirato
attenzione e interrogativi: cosa ha spinto questi tre a difendere un
sindaco ormai abbandonato dal suo stesso fronte originario? Nessuna
spiegazione chiara è stata offerta in aula, e questo silenzio non ha fatto
altro che alimentare dubbi e sospetti, più sulla dinamica politica che
sulle persone.
Ma il passaggio più discusso è arrivato dall’opposizione. Perché nel
momento decisivo, quello in cui si sarebbe potuto chiudere un ciclo
amministrativo giunto al tramonto, gran parte dell’opposizione ha scelto di
astenersi. Marianna Ruggiero, Luigi Gino Delli Priscoli, Domenico De Riso,
Carmine Caramante e Fernando Maria Mucciolo hanno preferito non esprimere
né un sì né un no. Le loro astensioni hanno salvato Paolino, impedendo alla
mozione di raggiungere i numeri necessari. Una scelta che ha spiazzato
molti cittadini: per mesi, questi stessi consiglieri avevano criticato
duramente l’amministrazione, alzando toni e contestazioni, eppure al
momento decisivo hanno evitato di assumersi la responsabilità di
determinare la caduta del sindaco.
Tra questi, Carmine Caramante è stato forse il caso più emblematico. In
passato, pubblicamente e senza mezzi termini, aveva definito Paolino – con
un’espressione particolarmente dura – “cap’e lignam”, cioè “testa di
legno”, dipingendolo come una figura politicamente manovrabile e, nelle sue
parole, “creatura di Franco Alfieri”. Una critica aspra, personale, tipica
del confronto politico acceso che ha caratterizzato gli ultimi anni. Ma
arrivati al voto, l’oppositore più tagliente ha preferito astenersi,
contribuendo di fatto a far sopravvivere proprio quel sindaco che aveva
duramente attaccato. Una contraddizione evidente, che ha lasciato molti
perplessi: come si passa da una definizione tanto netta a un gesto che
permette al sindaco di restare al suo posto?
Il risultato complessivo è stato un paradosso politico: sette membri della
maggioranza contro il sindaco, tre membri della maggioranza a sostenerlo, e
un’opposizione che, pur avendo il potere di determinarne la caduta, lo