
I mercati finanziari internazionali sono stati scossi da forti oscillazioni a causa dell’escalation delle tensioni in Medio Oriente, scaturite dagli attacchi simultanei lanciati da Stati Uniti e Israele contro obiettivi strategici in Iran, tra cui impianti nucleari.
In un primo momento, il petrolio ha registrato un forte rialzo: il Brent è salito del 5,7% toccando quota 81,4 dollari al barile – il livello più alto dal gennaio scorso – mentre il WTI è balzato del 6,2% fino a 78,4 dollari, prima di ritracciare a 75,46 dollari. Tuttavia, in assenza di interruzioni concrete delle forniture, i prezzi hanno perso slancio.
Bob McNally, ex consigliere per l’energia alla Casa Bianca, ha sottolineato che “i mercati stanno trattenendo il fiato”, e che i prezzi continueranno a reagire solo se emergeranno minacce concrete al commercio energetico globale.
A preoccupare gli operatori è anche l’eventuale chiusura dello Stretto di Hormuz, punto nevralgico da cui transita circa il 20% del petrolio mondiale. Sebbene il parlamento iraniano abbia formalmente chiesto la chiusura, la misura richiede il via libera della Guida Suprema Ali Khamenei, e al momento non vi sono segnali concreti di attuazione.
Anche i costi di trasporto sono aumentati bruscamente, segnando un +90%, mentre le compagnie assicurative marittime hanno riscontrato forte volatilità a causa delle continue interferenze GPS, che hanno colpito quasi 1.000 navi al giorno.
Parallelamente, l’oro – tradizionalmente rifugio sicuro nei momenti di crisi – ha perso parte dei guadagni iniziali, passando da un rialzo dello 0,8% a una quotazione di circa 3.360 dollari l’oncia. Il metallo prezioso è stato penalizzato dal rafforzamento del dollaro e dall’aspettativa che i tassi d’interesse resteranno elevati più a lungo, a causa delle nuove pressioni inflazionistiche legate al caro-energia.
Sul fronte geopolitico, nonostante gli attacchi, Teheran non ha ancora risposto con una controffensiva su larga scala. Russia e Cina si sono mantenute su una linea diplomatica silenziosa, mentre i gruppi armati legati all’Iran non hanno innescato ulteriori escalation. Tali fattori hanno in parte limitato l’impatto sui mercati, almeno nel breve termine.
