
(AGENPARL) – Tue 10 June 2025 Allegato
Le proiezioni al Modernissimo Verso Il Cinema Ritrovato
Già da lunedì 16 giugno, al Modernissimo e in Piazza Maggiore, c’è un programma di classici e
documentari sulla storia del cinema che ci accompagnano Verso Il Cinema Ritrovato: le proiezioni
al Modernissimo in programma dal 16 al 20 giugno.
Ad aprire il calendario, La grande parata, muto realizzato nel 1925 da King Vidor, accompagnato al
pianoforte da Daniele Furlati e alla batteria da Alice Zecchinelli. Tra le cose in programma, Il tempo
che ci vuole, la vita di Luigi Comencini raccontata dalla Francesca Comencini (che presenterà il film
martedì 17 giugno), Chaos di Coline Serreau, presentato dalla stessa regista (venerdì 20 giugno).
Anche nel periodo dal 30 giugno al 6 luglio ci sarà un calendario ricchissimo di proiezioni al Cinema
Modernissimo: tutti gli appuntamenti al Modernissimo dal 16 al 20 giugno e dal 30 giugno al 6 di luglio
saranno gratuiti per tutti gli accreditati, mentre prevedono un biglietto unico di € 3,50 per chi non sia
accreditato.
Le serate in Piazza Maggiore
Ecco il programma delle serate in Piazza Maggiore:
– lunedì 16 giugno: Le avventure di Pinocchio di Luigi Comencini, presentato da Francesca
Comencini (serata promossa da CAMST);
– martedì 17 giugno: A History of Violence di David Cronenberg (serata promossa da Abruzzese e
Associati);
– mercoledì 18 giugno: Hanno rubato un tram girato e interpretato da Aldo Fabrizi a Bologna nel
1954 (serata promossa da Tper);
– giovedì 19 giugno: Woman of the Year di George Stevens con Katharine Hepburn (serata promossa
da AVIS;
– venerdì 20 giugno: La veirtà su Bébé Donge, tratto da Georges Simenon, diretto nel 1951 da Henri
Decoin e interpretato da Jean Gabin (presenta Nicolas Seydoux, serata promossa da Mare
Termale Bolognese);
– sabato 21 giugno: Incontri ravvicinati del terzo tipo di Steven Spielberg, presentato da Grover
Crisp (serata promossa da Fondazione Golinelli);
– domenica 22 giugno: Tre uomini e una culla (40° anniversario), presentato dalla regista Coline
Serreau;
– lunedì 23 giugno: Qualcuno volò sul nido del cuculo (50° anniversario) di Miloš Forman con Jack
Nicholson, presentato da Cassie Blake e Paul Zaentz (serata promossa da OPIFICIO NEIRAMI);
– martedì 24 giugno: Brazil (40° anniversario), presentato dal regista Terry Gilliam (serata promossa
da MG Bologna by Stefanelli 1952);
– mercoledì 25 giugno: Cinque pezzi facili di Bob Rafelson con Jack Nicholson, presentato da Grover
Crisp (serata promossa da Abruzzese e Associati);
– giovedì 26 giugno: La febbre dell’oro (100° anniversario) di Charlie Chaplin con le musiche
composte dallo stesso Chaplin per la versione sonora del 1942, riadattate e dirette da Timothy
Brock per la versione del 1925, eseguite dall’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna (serata
promossa da Pelliconi);
– venerdì 27 giugno: Sholay – Director’s Cut (50° anniversario) del regista indiano Ramesh Sippy,
presentato da Shehzad Sippy, Ramesh Sippy e Shivendra Singh Dungarpur;
– sabato 28 giugno: Sciopero! di Sergej Ėjzenštejn (100° anniversario), sonorizzato dal vivo da Laura
Agnusdei (sax, elettronica), Jacopo Battaglia (batteria, elettronica), Luca Cavina (basso),
Giuseppe Franchellucci (violoncello), Ramon Moro (tromba), Stefano Pilia (chitarra elettrica,
elettronica) e Paolo Spaccamonti (chitarra elettrica);
– domenica 29 giugno: La zona di interesse, presentato dal regista Jonathan Glazer (serata
promossa da Gruppo Hera);
– lunedì 30 giugno: L’infanzia di un capo, presentato dal regista Brady Corbet;
– martedì 1° luglio: Una separazione, presentato dal regista Asghar Farhadi (serata promossa da
Alce Nero);
mercoledì 2 luglio: Solo gli amanti sopravvivono, presentato dal regista Jim Jarmusch (serata
promossa da Benu Farmacia);
giovedì 3 luglio: Barry Lyndon di Stanley Kubrick (serata promossa da Galletti);
venerdì 4 luglio: Il manoscritto trovato a Saragozza di Wojciech Has;
sabato 5 luglio: The Look of Silence, presentato dal regista Joshua Oppenheimer;
domenica 6 luglio: Viale del tramonto di Billy Wilder.
Tutte le sezioni
Una 39ª edizione che mantiene quello spirito di ricerca nella bellezza del cinema del passato, con
quelle bussole che abbiamo chiamato Macchina del Tempo e Macchina dello Spazio, per aprire le
porte del Paradiso dei Cinefili. Ecco le sezioni, suddivise in 3 grandi gruppi:
1) IL PARADISO DEI CINEFILI
Ritrovati e Restaurati
Anche quest’anno i Cinefili di tutto il mondo potranno divertirsi a scoprire il loro film preferito,
navigando tra le certezze del canone cinematografico, l’ebbrezza della scoperta e i guilty
pleasures del Pratello POP. Tra i classici molte opere giovanili di Maestri, come The Scarlet Drop,
ritrovato in Cile e realizzato da John Ford nel 1918, gli esordi di von Sternberg, Ophüls, Truffaut, Roeg,
Tavernier, Burnett, Mann. Ma anche classici della maturità di Lubitsch, Hitchcock, Wilder, Naruse,
Kubrick, Cronenberg. Vicino ai grandi autori troverete molte sublimi prove d’attrici e attori, come
l’esordio di Jean Seberg in Santa Giovanna di Preminger, l’ineguagliabile Danielle Darrieux di La verità
su Bébé Donge, il magistrale Jack Nicholson di Qualcuno volò sul nido del cuculo e Cinque pezzi facili,
un’inedita Simone Signoret di Les Mauvais Coups… Ritrovati e restaurati è la sezione che più di ogni
altra canta la gloria del lavoro degli archivi e del restauro, che consente di vedere film sconosciuti,
come il sovietico Moi syn (My Son) di Evgenii Cherviakov, il delizioso thriller inglese Strongroom di
Vernon Sewell o i film di Franciszka e Stefan Themerson, coppia di artisti di visionaria modernità, o i
film messicani riportati alla luce dalla Filmoteca Unam. Il colore è una delle chimere che Il Cinema
Ritrovato insegue da trentanove anni, e quest’anno non mancheranno le grandi emozioni: da esempi
assoluti della sperimentazione in Technicolor come Duello al sole di King Vidor e Artisti e modelle di
Frank Tashlin, ai colori di Sholay di Ramesh Sippy, uno dei più grandi successi del cinema indiano, a
quell’impossibile viaggio nelle sbiadite tonalità della memoria che è La clessidra di Wojciech Has. I
confini del canone scricchiolano, e i guilty pleasures del Pratello POP lo confermeranno,
da Arrapaho a Non si sevizia un paperino, forse uno dei migliori film sul meridione italiano, da Café
Flesh di Rinse Dream, geniale film di fantascienza post-atomico pornografico, ai cult della Hammer
sontuosamente restaurati in digitale. La selezione di quest’edizione conferma che la storia del cinema
è materia viva, ma anche che non è la stessa cosa vedere un film sul cellulare o in una sala, proiettato
perfettamente sul grande schermo, visto assieme a un vero pubblico. Le proiezioni del festival sono
tutte da 5 stelle lusso, ed è facile prevedere che saremo tutti in Piazza Maggiore a godere la proiezione
70mm, offerta da Sony Columbia, della versione restaurata di Incontri ravvicinati del terzo tipo.
A cura di Gian Luca Farinelli
Lewis Milestone: Uomini e guerre
Milestone – émigré ebreo-russo – ha fatto da ponte tra il cinema muto e gli spettacoli in 70mm degli
anni Sessanta. Noto per possedere uno stile tra i più distintivi ed eclettici della sua generazione, con
le sue opere popolari e originalissime spaziò dal capolavoro pacifista All Quiet on the Western Front al
musical progressista Hallelujah, I’m a Bum. Per quanto densi, cupi e impegnativi, i suoi film erano
spesso intrisi di arguzia, cameratismo e coraggio, anche quando si confrontavano con le atrocità
collettive del Novecento. Nonostante la sua fama, Milestone sopravvisse con difficoltà alla lista nera
di Hollywood, in seguito alla quale fu costretto ad accettare incarichi mediocri. Questa rassegna, che
presenta nuovi restauri e copie d’archivio e attraversa la sua produzione dal muto al maccartismo, ha
l’obiettivo di recuperare l’arte di un uomo che combatté molte delle battaglie affrontate dall’umanità
nel Ventesimo secolo, dando prova di una saggezza e di una sensibilità poetica capaci ancora oggi di
scuoterci.
A cura di Ehsan Khoshbakht
Katharine Hepburn: femminista, acrobata, amante
Nel corso della sua carriera Katharine Hepburn ha dovuto affrontare alti e bassi: poteva passare, in
rapida successione, da un premio Oscar all’etichetta di ‘veleno per il botteghino’, conseguenza della
sua personalità sempre sorprendente e, a volte, controversa. Indossava i pantaloni ed emanava
un’aura femminista (era figlia di una suffragetta) in un’epoca in cui il mondo non era pronto ad
accettarlo. Il suo accento del New England poteva risultare irritante, ma Hepburn era audace e
controcorrente come poche hanno saputo essere: esilarante, agile, androgina e femminile allo stesso
tempo. Ha attraversato gli schermi per sessantasette anni, registrando un record ancora imbattuto tra
candidature (12) e vittorie (4) agli Oscar come migliore attrice. La sua carriera è stata più varia di
quanto le si attribuisca, ma è soprattutto nelle commedie screwball (di cui c’è un tocco in tutte le sue
migliori interpretazioni) che il talento di Hepburn risplende. Oggi siamo finalmente in grado di
apprezzare appieno questa donna unica, così avanti rispetto al suo tempo.
A cura di Molly Haskell
Prima la vita! Il cinema di Luigi Comencini
Uno dei grandi del cinema italiano, apprezzato dal pubblico e dalla critica, ma senza che il suo nome
finisse davvero nella lista dei massimi, con un’attenzione critica all’altezza. Eppure, pochi registi
come Luigi Comencini possono contare un numero così alto di titoli di grande rilievo in generi così
vari. Etichettato a un certo punto come “regista dei bambini”, in effetti a lui si devono film memorabili
sull’infanzia e su padri e figli: La finestra sul Luna Park, Infanzia, vocazione e prime esperienze di
Giacomo Casanova veneziano, Incompreso, Le avventure di Pinocchio, Voltati Eugenio. Ma
Comencini è stato anche autore di alcuni tra i più bei mélo degli anni ’50 e di alcune tra le più belle
commedie all’italiana. Privo del cinismo di molti registi italiani, il suo sguardo sulla società si fa
sempre più amaro negli anni ’70, da Delitto d’amore a Lo scopone scientifico a L’ingorgo. E forse
proprio questa sua amarezza lo spinge a diventare sempre più un osservatore attento e caldo
dell’infanzia.
A cura di Francesca Comencini e Emiliano Morreale
Coline Serrau, come un pesce senza bicicletta
Prima di diventare attrice, regista, sceneggiatrice, drammaturga e saltimbanco, Coline Serreau studia
organo, musicologia, danza e acrobazia, in particolare trapezio, alla scuola di circo di Annie Fratellini.
Assidua frequentatrice della Cinémathèque française, ha probabilmente assistito alla prima
retrospettiva dedicata a Lubitsch nel 1967. Dal 1969, senza esitare e senza mai lasciarsi incasellare,
Coline Serreau incanta con la sua recitazione, i suoi scritti e le sue regie per il teatro, il cinema e
l’opera. Impertinente e cinica come Diogene, fa della commedia la sua arma di protesta, perché nei
tempi bui l’ironia di Capra e Lubitsch resta lo strumento più efficace per combattere i bassi istinti. Già
nel 1978 Serreau affermava, con lungimiranza: “Mi piace che la gente rida e che si ponga delle
domande. Nel cinema degli uomini ci sono molte correnti, un pensiero nuovo. Io rifiuto un certo tipo di
ghetto e lo dimostrerò. La mia ambizione è pari a quella di qualsiasi uomo. È solo che noi donne
osserviamo la realtà con uno sguardo da colonizzate, molto più sovversivo”.
A cura di Émilie Cauquy e Mariann Lewinsky
Piccolo grande passo: canzoni e società
Quest’anno la sezione si concentra su un genere strettamente associato al formato 16mm: il
documentario musicale, compreso il popolare sottogenere del rockumentary. L’avvento delle
tecniche del direct cinema e il momento di massimo splendore della cultura musicale negli anni
Sessanta portarono alla realizzazione di film che raccontavano le performance e gli stili di vita
frenetici ed edonistici delle star della musica e dei loro entourage. Trattandosi di un’epoca di profondi
cambiamenti culturali, la maggior parte dei documentari su musicisti, concerti e festival superò ben
presto i confini dell’arte: la politica e la critica sociale divennero elementi integranti del genere. La
selezione si muove tra diversi generi musicali, sottolineandone la varietà geografica ed estetica per
esplorare le lotte e i mutamenti in atto tra gli anni Sessanta e gli Ottanta. Il programma include titoli
come Festival (Murray Lerner, sul Newport Folk Festivals), Right On! (Herbert Danska, con i Last
Poets), Wattstax (Mel Stuart, con Isaac Hayes, Albert King, Carla e Rufus Thomas) e The Decline of
Western Civilization (Penelope Spheeris, con i Black Flag, i Circle Jerks, i Germs e gli X).
A cura di Karl Wratschko
2) LA MACCHINA DEL TEMPO
Il secolo del cinema: 1905
Le produzioni cinematografiche del 1905 sono particolarmente significative perché prepararono il
grande balzo che il cinema avrebbe compiuto negli anni successivi. Vennero costruiti studi e scoperti
nuovi talenti, come Albert Capellani e Louis Feuillade. Si respirava un clima di tensione creativa e
sperimentazione. Nello stesso anno, Alice Guy adattò per lo schermo Notre-Dame de Paris. Vi faremo
rivivere il 1905 con una proiezione speciale delle opere di Méliès commentate dal vivo, una rassegna
all’aperto di comiche Pathé proiettate manualmente con apparecchi dell’epoca e la riproposizione di
programmi presentati a Helsinki e in Tunisia nel 1905.
A cura di Mariann Lewinsky e Karl Wratschko
100 anni fa: 1925
Ancora una volta Il Cinema Ritrovato propone una selezione di classici e rarità realizzati o usciti cento
anni fa. Siamo nel 1925, anno del 30° anniversario della nascita del cinema e che vide emergere futuri
autori di prima grandezza come Alfred Hitchcock, Jean Renoir e Josef von Sternberg, di cui
presenteremo i film d’esordio. Accanto a capolavori indiscussi come Sciopero! di Sergei E·jsenštejn
o Il padrone di casa di Carl Theodor Dreyer, la rassegna include opere relativamente meno
conosciute, tutte con accompagnamento musicale dal vivo. La sezione continua a valorizzare in
modo particolare il lavoro delle registe e punta i riflettori sul pioniere del cinema afroamericano,
Oscar Micheaux. Come da tradizione del Cinema Ritrovato, i programmi sono composti da film di
fiction, non fiction, cortometraggi e cinegiornali che ci raccontano la piccola e la grande storia del
1925.
A cura di Oliver Hanley
Documenti e documentari
I documentari sul cinema sono un genere prezioso e complesso, perché bisogna essere capaci di
raccontare un film, un autore, un periodo, usando la lingua del cinema, sfida affatto scontata. La
selezione di quest’anno propone una serie di documentari di straordinario valore, per la qualità e
l’importanza dei documenti e delle testimonianze. Si va dai fluviali ed enciclopedici The Invisible Man,
inedito ritratto di Kubrick dove a parlare sono le persone che più gli erano vicine, a Merchant/Ivory che
esplora la storia di una coppia di artisti che assieme hanno dato vita ad un irripetibile corpus di film,
che ha raccontato la cultura britannica e quella indiana; poi ci sono film più brevi ma non meno
intensi, come i ritratti di Rohmer (svelato come nessuno era mai riuscito a fare prima), Katharine
Hepburn, Gene Kelly, David Lynch, Serguei Paradjanov, Buster Keaton, il ritratto familiare realizzato
da figli e nipoti di Charlie Chaplin e la straordinaria intervista / lezione di cinema a Scorsese che, per