
BUDAPEST – Il Parlamento ungherese ha approvato in via definitiva la legge che sancisce il ritiro del Paese dalla Corte Penale Internazionale (CPI). La votazione, trasmessa in diretta sul sito web dell’Assemblea nazionale, ha visto oltre due terzi dei legislatori esprimersi a favore del provvedimento, ponendo fine a settimane di dibattito acceso tra le forze politiche.
Il disegno di legge è stato sostenuto compatto dai parlamentari del partito di governo Fidesz-Unione Civica Ungherese, guidato dal Primo Ministro Viktor Orbán, e dai loro alleati del Partito Popolare Cristiano Democratico. Contrari, invece, i partiti liberaldemocratici dell’opposizione, che hanno denunciato la misura come un passo indietro sul fronte dei diritti umani e della giustizia internazionale.
Szijjarto: “La CPI è politicizzata”
Nel presentare la proposta, il ministro degli Esteri Peter Szijjarto ha motivato la decisione affermando che “la Corte penale internazionale si è trasformata in uno strumento politico, sfruttato da alcune nazioni per far avanzare i propri interessi nei conflitti globali”. L’Ungheria, ha aggiunto, “ritiene che né la politica né la geopolitica debbano trovare spazio nelle istituzioni giuridiche internazionali”.
Un ritiro legato al caso Netanyahu
L’iniziativa legislativa è stata annunciata ad aprile, poco dopo la visita del Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu a Budapest. Nel novembre 2023, la CPI aveva emesso un mandato di arresto contro Netanyahu con l’accusa di crimini di guerra e crimini contro l’umanità nei Territori palestinesi. Orbán aveva definito il provvedimento della Corte “vergognoso e oltraggioso”, e aveva promesso una risposta politica “adeguata e decisa”.
Con l’approvazione definitiva della legge, l’Ungheria diventa il primo Paese dell’Unione Europea a ritirarsi dalla CPI, un gesto destinato a provocare un dibattito a livello internazionale sulle implicazioni legali e morali di tale scelta.