
Nel dibattito istituzionale italiano, il tema delle relazioni tra criminalità organizzata e associazionismo resta tra i più delicati. Negli ultimi anni, la massoneria è stata oggetto di particolare attenzione da parte della Commissione Parlamentare Antimafia, che ha sequestrato elenchi, convocato audizioni e redatto una relazione finale che ha sollevato forti polemiche.
Per fare chiarezza su quanto accaduto e per offrire un punto di vista interno al mondo della massoneria regolare, Agenparl ha intervistato Fabio Venzi, Gran Maestro della Gran Loggia Regolare d’Italia (GLRI). Ne è emersa una testimonianza diretta, articolata e documentata, che punta il dito contro gravi distorsioni istituzionali e mediatiche.
Domanda. Il fenomeno delle “reti” che si muovono in aree grigie – spesso tra potere, affari e criminalità – riguarda solo la massoneria deviata o investe anche forme di associazionismo più ampie?
Fabio Venzi. Come già dichiarai in Commissione Parlamentare Antimafia, negare che ci siano problemi di malaffare legati a commistioni con realtà massoniche sarebbe profondamente stupido, significherebbe negare l’evidenza. Ma se parliamo di “reti” all’interno delle quali può operare il malaffare, allora bisognerebbe analizzare con la stessa attenzione ed acribia utilizzata con la Massoneria anche tutte le altre forme associative presenti sul territorio. Dall’indagine – da me consigliata, ma mai effettuata – si scoprirebbe un dato ‘sociologicamente’ interessante: ossia l’importante e numerosa presenza di iscritti alla Massoneria anche in altre note forme associative. Una commistione che, a mio parere, sarebbe utile approfondire e valutare.
Domanda. In che misura la massoneria regolare, come quella da lei rappresentata, riesce oggi a tutelarsi da eventuali infiltrazioni o derive? E quanto incide il mancato rispetto dei regolamenti interni su questo fronte?
Fabio Venzi. Le Istituzioni massoniche non hanno strumenti conoscitivi tali da potersi tutelare in maniera certa da possibili criticità, soprattutto quando i nuovi iscritti presentano certificati penali immacolati. La tutela può quindi avvenire in due modi: ex post, attraverso Regolamenti che risolvano radicalmente la criticità una volta manifestatasi – come accade nella GLRI con il depennamento automatico – ed evitando una crescita eccessiva in territori notoriamente pervasi dal malaffare.
Domanda. Dopo l’acquisizione degli elenchi degli iscritti da parte della Commissione parlamentare antimafia, cosa è realmente accaduto? Ci può raccontare come si svolsero i fatti e quali furono le conseguenze per la massoneria regolare?
Fabio Venzi. La vicenda, purtroppo, è stata narrata in modo distorto. Fin dall’inizio la nostra posizione è stata collaborativa: in una lettera inviata a tutti i Maestri Venerabili, affermavo l’opportunità dell’inchiesta della Commissione e la necessità di affrontare il tema con serietà. Ho sempre riconosciuto il pericolo di infiltrazioni mafiose nella Massoneria italiana. Tuttavia, la Commissione ha ignorato completamente la mia posizione – chiara, documentata e collaborativa – arrivando a descrivere un atteggiamento negazionista da parte nostra, falsità assoluta.
In realtà, la GLRI ha sempre collaborato, anche fornendo elenchi di logge e, successivamente, manifestando disponibilità a consegnare i nominativi, previo consenso scritto degli associati, come previsto dalla normativa sulla privacy. Richiedemmo solo pochi giorni per completare la raccolta dei consensi. Nonostante ciò, la Guardia di Finanza sequestrò i nostri elenchi e persino il mio computer personale, che nulla aveva a che fare con l’inchiesta. Il documento finale della Commissione contiene gravi errori, omissioni e insinuazioni prive di fondamento, lesive della nostra onorabilità.
Domanda. Non crede che, in parte, la massoneria stia diventando il capro espiatorio di un mondo opaco e ben più esteso?
Fabio Venzi. Ha centrato il punto. La Commissione ha cercato conferme alla propria tesi iniziale, ignorando o forzando le evidenze contrarie. L’indagine avrebbe dovuto ricostruire la verità, invece ha prodotto un documento inquisitorio, capzioso e allusivo. Hanno confuso la nostra obbedienza regolare con realtà spurie e irregolari, travisando persino norme fondamentali in materia di privacy. Ho sempre denunciato queste storture in nome del mio dovere civico, prima ancora che per l’interesse dell’Istituzione che rappresento.
Nel 2019 abbiamo inviato un esposto alla Commissione Antimafia, segnalando gli errori e le omissioni della Relazione. Non abbiamo mai ricevuto risposta, né ci è stato concesso l’accesso agli atti. Il rischio di infiltrazioni mafiose esiste, ma va studiato con metodo, rigore e senza pregiudizi. Se le istituzioni sapranno distinguere, la massoneria regolare sarà loro grata. In caso contrario, sarà solo l’ennesimo esempio di giustizia a senso unico.