
Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha duramente criticato la Francia per il suo atteggiamento nei confronti delle recenti dichiarazioni del presidente russo Vladimir Putin, accusando Parigi di fare “orecchie da mercante” e più in generale l’Europa di essere determinata a prolungare il conflitto in Ucraina.
Le dichiarazioni di Peskov arrivano in risposta al presidente francese Emmanuel Macron, che ieri ha affermato che la pressione occidentale sulla Russia aumenterà nei prossimi otto-dieci giorni per forzare un cessate il fuoco nel conflitto con l’Ucraina.
“Con nostro rammarico, sembra che in Francia non ci sia interesse per le dichiarazioni del presidente Putin,” ha dichiarato Peskov ai giornalisti. “Il presidente ha ribadito più volte che la Russia è pronta ad avviare il processo negoziale senza precondizioni.”
Putin pronto a negoziare, ma da Kiev nessuna risposta
Il Cremlino sottolinea come l’offerta di dialogo da parte della Russia non abbia ancora ricevuto alcuna risposta ufficiale da Kiev. Peskov ha anche ricordato che è stato lo stesso Putin a proporre una tregua per il mese di maggio, proposta anch’essa ignorata dalla leadership ucraina.
“Le dichiarazioni di Macron, che insiste sulla necessità di aumentare la pressione sulla Russia, confermano che l’Europa ha scelto di concentrarsi sulla continuazione della guerra, invece che su un percorso negoziale. È un approccio che riteniamo profondamente deplorevole,” ha aggiunto il portavoce russo.
Il Cremlino: “Noi ancora concentrati su una soluzione pacifica”
Nonostante le accuse rivolte all’Occidente, Peskov ha ribadito che Mosca è ancora orientata verso una soluzione politica del conflitto, accusando le capitali europee di sabotare ogni possibilità di dialogo con le loro posizioni intransigenti.
“Continuiamo a concentrarci sugli sforzi per avviare un processo di pace, ma è evidente che manca una volontà equivalente dall’altro lato,” ha concluso il portavoce.
Il clima tra Mosca e le principali capitali europee resta dunque teso, mentre la guerra in Ucraina entra nel suo quarto anno con una crescente pressione diplomatica, ma con pochi segnali concreti di apertura negoziale.