
(AGENPARL) – mer 27 novembre 2024 Padova, 27 novembre 2024
TROVATA LA PULVIS VULCANICA DI VITRUVIO NELLA LAGUNA DI VENEZIA
Ricercatori dell’Università di Padova, in collaborazione con le Università Ca’ Foscari Venezia e di Modena e Reggio Emilia, individuano nella laguna di Venezia tracce di pulvis puteolana, una particolare pomice vulcanica proveniente dai Campi Flegrei che conferiva ai calcestruzzi antichi resistenza e capacità idrauliche eccezionali
Da Canale San Felice nella Laguna di Venezia emerge un particolare materiale da costruzione impiegato come additivo nella produzione del calcestruzzo romano: è quanto ha documentato per la prima volta lo studio Vitruvian binders in Venice: first evidence of Phlegraean pozzolans in an underwater Roman construction in the Venice Lagoon pubblicato sulla rivista «PLoS ONE» e guidato dai Dipartimenti di Beni Culturali e di Geoscienze dell’Università di Padova con la collaborazione dell’Università Ca’ Foscari Venezia e dell’Università di Modena e Reggio Emilia. Lo studio nasce dalle indagini subacquee dell’Università Ca’ Foscari Venezia di una struttura per la conservazione dell’acqua di età romana, risalente al I sec. d.C. e nota come l’antenata del “pozzo alla veneziana”.
Grazie alle analisi di alcuni campioni delle malte con cui era legata e rivestita la struttura, ormai sommersa a più di tre metri di profondità nel tratto nord della laguna veneziana, i ricercatori dell’Università di Padova hanno rilevato la presenza, del tutto inaspettata, di pomice vulcanica proveniente dai Campi Flegrei a Napoli.
Si tratta di un materiale descritto dettagliatamente dagli architetti e trattatisti Vitruvio e Plinio il Vecchio come una polvere (pulvis) dalle straordinarie proprietà, in quanto consentiva alle malte e ai calcestruzzi antichi di solidificare in ambiente anaerobico e persino sott’acqua. Estratta nel territorio attorno all’antica Pozzuoli (Puteoli), gli autori latini ne suggerivano l’uso nella costruzione di infrastrutture portuali realizzate in calcestruzzo gettato direttamente in mare. 1.800 anni prima della scoperta del cemento Portland, la pulvis puteolana conferiva infatti ai calcestruzzi antichi una resistenza eccezionale ai carichi strutturali, agli agenti atmosferici e all’aggressività dell’ambiente sommerso, garantendone una durabilità straordinaria tale da creare, in anni recenti, la rinascita del “mito” del calcestruzzo romano.
«Il nostro è uno studio multidisciplinare, condotto a cavallo tra archeologia, ingegneria dei materiali e geologia, che testimonia innanzitutto la capillare rete di distribuzione della pulvis puteolana, uno tra i materiali da costruzione più performanti e pertanto più ricercati nei mercati del mondo antico – commentano Simone Dilaria, archeologo veneziano, primo autore dello studio e ricercatore del Dipartimento di Beni Culturali dell’Università di Padova con Giulia Ricci e Michele Secco, ricercatrice e docente dell’Ateneo –. Esso svela inoltre connessioni commerciali e culturali tra le diverse regioni del Mediterraneo finora sconosciute e inedite: lontana dall’essere una realtà periferica, la Laguna si pone infatti come hub commerciale strettamente integrato in articolate reti marittime pan-mediterranee circa 1.000 anni prima che Venezia fondasse il suo impero mercantile».
La ricerca è stata resa possibile innanzitutto grazie al rilievo in ambiente subacqueo della particolare struttura idraulica.
«Il pozzo alla veneziana è un’opera idraulica utilizzata già dall’età romana nei territori altoadriatici per la captazione e la conservazione dell’acqua dolce che siamo riusciti a documentare e rilevare sott’acqua anche grazie a innovative tecnologie fotogrammetriche» aggiungono Carlo Beltrame ed Elisa Costa, docente e ricercatrice del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università Ca’ Foscari Venezia e autori delle indagini subacquee effettuate in regime di concessione da parte del Ministero della Cultura, con l’alta sorveglianza della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per il comune di Venezia e Laguna.