
(AGENPARL) – gio 17 ottobre 2024 Durante la seconda edizione dell’importante evento internazionale, Mama
Industry esplora soluzioni per semplificare la trasformazione digitale
delle piccole e medie imprese.
La complessità delle nuove tecnologie rappresenta una sfida significativa
per le piccole imprese, molte delle quali restano bloccate in modelli
produttivi tradizionali e faticano a comprendere e adottare soluzioni
innovative. Sono questi alcuni dei temi emersi dalla seconda edizione
dell’evento internazionale “Como Lake 2024 – The Great Challenge”,
attraverso la partecipazione di Marco Travaglini e Antonio Bisci,
rispettivamente CEO e Direttore Commerciale di Mama Industry, i quali hanno
preso parte al tavolo di discussione insieme a Danilo Broggi, Presidente
del Centro per la Cultura di Impresa (e Past President della Confapi),
mettendo in evidenza il ruolo chiave dell’intermediazione per le micro,
piccole e medie imprese nella transizione digitale.
«Il tema della tecnologia è molto complesso da mettere a terra» – afferma
Marco Travaglini – «Se per il consumatore finale possiamo trovare strumenti
di intermediazione efficaci, per le imprese questo richiede una competenza
mirata, che sappia anche essere amica del piccolo imprenditore, colmando un
divario spesso enorme tra il loro mondo e quello dell’innovazione».
Le difficoltà riscontrate dai piccoli imprenditori nell’adozione di
strumenti come l’intelligenza artificiale, la cyber security e le query
avanzate sono evidenti. Secondo un’indagine di Confartigianato del 2022,
oltre il 65% delle microimprese italiane ha dichiarato di non avere le
competenze per integrare le nuove tecnologie nei propri processi
produttivi. Inoltre, il rapporto DESI 2023 (Digital Economy and Society
Index) della Commissione Europea colloca l’Italia al 18° posto tra i 27
Paesi membri per livello di digitalizzazione delle piccole e medie imprese,
con solo il 17% delle PMI italiane che utilizza tecnologie avanzate come il
cloud computing, contro una media europea del 41%. Questi dati confermano
l’urgenza di una trasformazione digitale supportata da attori competenti e
strutturati.
Marco Travaglini pone l’accento sulla necessità di un intermediario tra le
imprese del mercato OFF e il mondo dell’innovazione, che permetta di
adottare un approccio accessibile. «Il nostro compito è aiutare queste
piccole imprese a colmare la distanza che le separa dalla tecnologia. Il
grosso salto è quello di non considerare l’innovazione solo come una
questione tecnica, ma anche come un fatto umano, iniziando dal concetto del
cambiamento, perché portare subito la tecnologia a queste imprese le
spaventerebbe» e continua sottolineando l’importanza di fare un lavoro di
semplificazione per aiutare questi imprenditori a entrare nel futuro con
gli strumenti giusti, senza essere sopraffatti dalla complessità attraverso
una forma di intermediazione che deve basarsi su un supporto finalizzato ad
attenuare le distanze e le reticenza tra il mondo della piccola
imprenditoria e quello dell’innovazione.
Un altro dato significativo, infatti, proviene da una ricerca condotta da
Unioncamere e InfoCamere nel 2023, che evidenzia come solo il 29% delle
imprese italiane con meno di 10 dipendenti abbia adottato strategie
digitali avanzate. Questo conferma quanto sia fondamentale un approccio più
scalabile per accompagnare le PMI nel processo di digitalizzazione.
A seguire, anche Danilo Broggi evidenzia la difficoltà dei piccoli
imprenditori nel fare innovazione, partendo da un dato che invita alla
riflessione: «Sapete quante imprese italiane sono iscritte al Registro (su
base volontaria) delle imprese ultracentenarie? Sono circa 2400: imprese
che hanno superato la Prima e la Seconda guerra mondiale, che hanno
superato la Spagnola (ben più mortale del Covid). Come ci sono riusciti?
Hanno innovato sì, ma hanno usato quella che in economia si chiama
“innovazione incrementale”. Che è cosa completamente diversa da quello che
sta succedendo oggi, dove l’innovazione è sempre più “disruptive”».
Broggi sottolinea come, sebbene oggi la sfida richieda un approccio
diverso, «non siamo pronti per affrontare il tema della “disruptive
innovation”. Non siamo pronti culturalmente». Fa quindi riferimento alle
nuove generazioni, che potrebbero essere i protagonisti di questo
cambiamento, ma che, rispetto alle piccole realtà più “attempate”, «hanno
un ecosistema e un contesto che parlano un’altra lingua».
Rimanda poi ai dati sulle PMI, che ci collocano agli ultimi posti in
Europa, sottolineando come l’uso del digitale da parte di queste imprese
non debba essere una risposta occasionale a un bisogno, ma una leva
strategica di sviluppo.