
(AGENPARL) – sab 02 dicembre 2023 Economia: Report Fisac
Cgil, quadro negativo, servono interventi urgenti
Esposito: ‘Contratto bancari oltre inflazione e
redistribuisce produttività’
Roma, 2 dicembre – Bassa crescita, salari reali in contrazione,
inflazione perdurante e lavoro povero. Sono questi i rischi più
evidenti da affrontare nel confronto sindacale e politico. Ed è
sul fronte dei salari, nello specifico nel rinnovo dei
contratti, che è possibile e necessario generare quegli aumenti
in grado di compensare la perdita del potere d’acquisto,
redistribuendo la produttività settoriale, come dimostra il
recente contratto del settore bancario Abi. Sono le
considerazioni contenute nella nota congiunturale dell’Ufficio
Studi e Ricerche della Fisac Cgil.
“Bisogna agire sullo sviluppo e sulla crescita dei salari –
osserva la segretaria generale della Fisac Cgil, Susy Esposito
-, così come è necessario intervenire per scardinare la
resistenza alla diminuzione dei prezzi. Va utilizzata la leva
fiscale come elemento di sviluppo e redistribuzione, mettendo al
centro la lotta all’evasione, elemento fondamentale per la
crescita e la riduzione delle disuguaglianze”.
Se queste sono le ricette, aggiunge Esposito, “il sindacato,
come dimostra il nostro recente contratto del credito, è pronto
a fare la sua parte, ma il governo rimane inerte alle sfide che
abbiamo di fronte, a conferma delle ragioni alla base della
nostra mobilitazione”. La nota dell’Ufficio studi e ricerche
della Fisac Cgil ricostruisce, quindi, il quadro macroeconomico,
globale ed europeo, per poi entrare nel dettaglio su temi quali
inflazione, crescita, tassi e credito, e dai quali emerge una
pressione costante sulle lavoratrici e i lavoratori.
Quadro macroeconomico globale ed europeo – La crescita
economica a livello globale resta debole: “nel 2023 l’incremento
del Pil non dovrebbe superare il 3%, con un ulteriore lieve
arretramento nel 2024 a quota 2,8%”, rileva il report della
Fisac che sul fronte dell’inflazione osserva: “Quella globale
diminuirà costantemente, spinta dal calo dei prezzi
internazionali delle materie prime, ma quella di fondo diminuirà
più gradualmente e, nelle economie avanzate, non tornerà sotto
la soglia psicologica del 2% fino al 2025/2026.
Nella zona euro la crescita reale stimata, ricorda la Fisac
Cgil, “è pari allo 0,7% per il 2023 e all’1% circa per il 2024.
Per quanto riguarda l’inflazione armonizzata, questa dovrebbe
attestarsi nel 2023 intorno al 5,6%, il ritorno al di sotto
della soglia del 2% annuo è previsto soltanto per il 2026. Anche
Eurostat conferma che l’economia in Europa è in ulteriore
rallentamento con ben 9 Paesi su 20 dell’eurozona, dati terzo
trimestre dell’anno, che registrano una riduzione del proprio
Pil mentre l’Italia è ferma a 0”.
Inflazione e salari – L’inflazione nel nostro paese, si
legge nel report dell’Ufficio Studi della Fisac Cgil, “si è
ridotta sensibilmente in particolare grazie alla dinamica dei
prezzi energetici mentre quella ‘core’, ossia l’indice dei
prezzi al consumo al netto di quelli più soggetti a volatilità
(come appunto beni energetici e alimentari) e quindi considerata
più affidabile dell’inflazione generale, ha registrato una
flessione più contenuta (+4,2% annuo)”.
Sul fronte dei salari, spiega la Fisac, “l’incremento è ancora
abbondantemente lontano dal recupero del pieno potere di
acquisto”. Secondo l’Istat la dinamica tendenziale delle
retribuzioni contrattuali continua a mostrare un progressivo
rafforzamento: a giugno 2023 la crescita su base annua è stata
del +3,1% (la più marcata da novembre 2009). “Nonostante il
recente rallentamento dell’inflazione, nei primi sei mesi
dell’anno la distanza tra la dinamica dei prezzi e quella delle
retribuzioni supera ancora i sei punti percentuali”, commenta lo
studio.
Tassi bancari, depositi e prestiti – La trasmissione
dei tassi di riferimento della Banca centrale europea ai tassi
praticati dal sistema bancario nazionale, prosegue il report
della Fisac, “continua la sua dinamica a due velocità: la
remunerazione dei depositi a vista cresce in misura inferiore
rispetto all’incremento dei tassi praticati sui prestiti.
Secondo i dati forniti Abi a ottobre di quest’anno il tasso sui
nuovi prestiti alle famiglie per l’acquisto di abitazioni era
pari al 4,37% (2,05% a giugno 2022), con un incremento di più
del doppio anno su anno. Il tasso medio sui nuovi prestiti alle
società non finanziarie è salito al 5,45% (1,44% a giugno 2022)
circa tre volte il costo dei prestiti dell’analogo periodo del
2022”.
Queste dinamiche, aggiunge il rapporto, “unite al rallentamento
dell’economia e al perdurare di un livello elevato di
inflazione, bassi salari e calo degli investimenti delle
imprese, hanno determinato una brusca frenata delle erogazioni
di finanziamenti per la casa ma anche di prestiti alle società
che hanno preferito utilizzare liquidità esistente per
finanziare il loro circolante. Dai dati rilevati da Crif nei
primi nove mesi del 2023 la domanda di mutui delle famiglie si è
ridotta di quasi il 20% mentre a giugno di quest’anno i nuovi
mutui erogati segnavano ben il -25% (-17,5% le surroghe)”.
Qualità del credito e sofferenze – Il maggior costo
del finanziamento dell’economia, generato dagli aumenti dei
tassi insieme al rallentamento della crescita, si osserva ancora
nel report, “lascia spazio a un aumento delle difficoltà a
rimborsare da parte di famiglie ed imprese: alcuni segnali
preoccupanti, rappresentati da un aumento dello stock di crediti
in sofferenza, che si attesta intorno ai 17,8 miliardi a
settembre 2023, permangono, pur essendo ancora lontani da quanto
si registrava nel settembre 2018 (39,9 mld); essi sono tuttavia
superiori al dato di settembre 2022 (16,1 mld)”.
Considerazioni conclusive – Il contestuale aumento dei
tassi e la perdurante inflazione genera una pressione costante
su lavoratrici e lavoratori, in particolare dipendenti e
pensionati. L’Ocse ricorda che l’Italia è il paese dove si è
registrato il più forte calo dei salari reali rispetto
all’inizio della pandemia (-7% alla fine del 2022) e la discesa
è proseguita nel primo trimestre del 2023 (-7,5% su base annua).
Da questo resoconto, commenta la segretaria generale della Fisac
Cgil, Susy Esposito, “emerge che rinnovare i contratti,
recuperando la perdita del potere di acquisto e redistribuendo
la produttività, è possibile ed è necessario, come abbiamo
dimostrato col rinnovo relativo al settore bancario Abi. Ma
pesano le scelte sbagliate di questo governo, a partire dalla
manovra di bilancio, che continueremo a contrastare, dando
continuità alla nostra mobilitazione per un’altra politica
economica, sociale e contrattuale”, conclude Esposito.
In allegato la nota
congiunturale dell’Ufficio Studi e Ricerche della Fisac Cgil