
(AGENPARL) – mer 20 settembre 2023 LUCA LOCATELLI. THE CIRCLE.
SOLUZIONI PER UN FUTURO POSSIBILE
LE STORIE
Circa settanta immagini in mostra. Dieci paesi. Diciotto progetti.
Italia – Energia geotermica
Nel 1911, Larderello divenne la sede della prima centrale geotermica al mondo. Nel 1916,
l’impianto era in grado di fornire energia alla zona circostante e alla città di Volterra. Il
distretto geotermico toscano ha una potenza installata di 916megawatt e ospita la
centrale geotermica più grande d’Europa con una potenza installata di 120 megawatt.
Nella regione sono presenti 34 centrali geotermoelettriche (per un totale di 37 gruppi di
produzione), di cui 16 in provincia di Pisa, 9 nella provincia senese e 9 nel territorio di
Grosseto. I circa 6 miliardi di kilowattora prodotti in Toscana, oltre a soddisfare più del
30% del fabbisogno elettrico regionale e a rappresentare il 70% dell’energia rinnovabile
prodotta in Toscana, forniscono calore utile a riscaldare quasi 10.000 utenti residenziali
in 9 comuni geotermici. Tutto questo consente di evitare il consumo di 1,1 milioni di
tonnellate equivalenti di petrolio e l’emissione in atmosfera di 3 megatone di CO2
equivalente, cui si abbina una produzione di calore pari a circa 454 gigawattora, in grado
di evitare l’emissione di altre 121.000 tonnellate di CO2 equivalente. Lo sviluppo
dell’industria geotermica in Toscana è stato tuttavia storicamente osteggiato da una
parte della popolazione e da esperti del settore. Come rilevato dall’Agenzia Regionale di
Sanità della Toscana: “oltre alle emissioni di inquinanti lo sfruttamento geotermico può
accompagnarsi a problemi di subsidenza (abbassamento del suolo), di interferenza con
la sismicità naturale, di interazione con le risorse idrogeologiche, di inquinamento
acustico per i lavoratori degli impianti, nonché alterazioni del paesaggio”. L’esempio
italiano presenta molte problematiche in fatto di sostenibilità ed efficacia che sono
ancora in fase di risoluzione. L’Italia ha un potenziale di energia geotermica estraibile e
sfruttabile che si stima valga tra i 500 milioni e i 10 miliardi di tonnellate di petrolio
equivalente, vale a dire tra i 5800 e i 116.000 terawattora di energia, a fronte di un
fabbisogno annuo di poco superiore ai 300 terawattora.
Italia – Riciclaggio tessile
Tra i tessuti che vengono selezionati, la lana è il tessuto riciclato più comune e di
successo. A Prato l’industria di riciclaggio della lana ha una lunga tradizione. Una legge
dei primi del Novecento che vietava l’importazione di lana grezza ha promosso la nascita
di un distretto in questa piccola città toscana dove oggi decine di aziende selezionano e
riciclano oltre il 15% di tutti i tessuti del mondo, con un valore di mercato di 2,5 miliardi di
dollari.
Sebbene questa procedura avvenga da quasi due secoli, solo negli ultimi anni questi
imprenditori hanno potuto iniziare a dichiarare la natura riciclata della loro lana. Quello
che un tempo era considerato un oggetto di scarto oggi è un tessuto di grande valore.
La lana a disposizione è fibra di bassa qualità, lana sucida, ovvero sporca e grezza,
proveniente dalla tosatura di 7 milioni di pecore italiane.
Un materiale rustico, poco appetibile per il mercato del tessile e dell’abbigliamento,
specie se confrontato con le fibre finissime e pregiate provenienti da Australia e
Argentina. Da queste quasi 9000 tonnellate di lana buttate via (12.000 secondo altre
stime) si possono ottenere più di 5000 tonnellate di fibra.
Dal riutilizzo si possono ricavare qualcosa come 15 milioni di m2 di tessuto, dando vita a
una filiera sostenibile e circolare. Recenti sperimentazioni hanno inoltre dimostrato che
è possibile migliorare le caratteristiche della lana italiana rendendola più morbida.
Italia – Fattoria di insetti
Questa startup torinese si occupa del recupero di scarti alimentari per l’allevamento di
insetti destinati alla produzione di farine proteiche, oli proteici, fertilizzanti e chitina per
l’industria agricola. Il loro modello si basa sulla distribuzione di piccoli allevamenti di
insetti, che sono complessivamente più facili da gestire e più efficienti dal punto di vista
dei costi.
L’obiettivo è creare tecnologie e processi con un minore impatto sul pianeta rispetto ai
modelli concorrenti di allevamento di insetti.
In particolare, hanno brevettato una tecnologia innovativa per l’allevamento della
Hermetia illucens, la mosca soldato nera, sfruttando un processo circolare che genera
un impatto ambientale positivo e misurabile insieme a un ritorno economico per tutte
le parti interessate, come agricoltori, proprietari di impianti di biogas, produttori di rifiuti,
Comuni, industrie di mangimi e chimiche. L’azienda mira a raggiungere diversi obiettivi
dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. Utilizzando energia
termica derivante da impianti di biogas ed energia solare, la startup ha pianificato le sue
attività in una prospettiva di economia circolare basata sul ciclo di vita degli insetti; il
ciclo di produzione riduce fortemente le emissioni di CO2 rispetto ad altre industrie
concorrenti, e inoltre le loro farine di insetti sostituiscono le farine di pesce come
componenti principali per i mangimi animali. La farina proteica è un ingrediente per la
produzione di pasti per diverse specie animali da allevamento, acquacoltura e domestici.
Gli oli proteici sono un ingrediente per diete funzionali che fornisce una fonte di energia
rapida grazie agli alti livelli di acidi grassi a catena media facilmente digeribili,
soprattutto per gli animali più giovani. Il digestato residuo dell’alimentazione degli
insetti è un ammendante organico del suolo, poiché contiene molti nutrienti con un
elevato rapporto N-P-K. La chitina è un biopolimero naturale: flessibile e duro,
degradabile da enzimi specifici. Queste caratteristiche sono molto utili per produrre
suture chirurgiche, bende e anche pelle sintetica.
Italia – Produzione di carta
Attiva dal 1736, questa cartiera ha creato negli anni diversi prodotti innovativi basati sul
principio dell’economia circolare. Ad oggi produce sei diversi tipi di carta da riuso
creativo (up-cycling), tutti certificati FSCTM.
Il primo è stato Alga Carta, brevettato negli anni novanta e realizzato con le alghe che
infestavano la laguna di Venezia. Nel 2012 è stata poi la volta di Crush, una gamma di
carte ecologiche create da scarti agroindustriali (agrumi, cacao, uva, noce di cocco,
ciliegie, lavanda, mais, olive, caffè, kiwi, nocciole e mandorle) che riducono fino al 15% il
fabbisogno di cellulosa proveniente dagli alberi. Nel 2015 è stata lanciata Remake, un
modo per riutilizzare gli scarti dell’industria della pelletteria, che costituiscono il 25% dei
materiali necessari per produrre questa carta. Infine, nel 2019 è stata introdotta la
gamma Refit, che utilizza i residui di produzione dell’industria tessile della lana e del
cotone, che rappresentano il 15% delle materie prime. Oltre a queste si producono Shiro
Echo, una carta riciclata al 100% e di altissima qualità, riciclabile, biodegradabile,
certificata FSCTM Recycled e Tree Free, realizzata interamente con fibre alternative
provenienti da colture annuali. Quest’ultima è composta per il 75% da bambù, una pianta
a crescita rapida, e per il 25% da linter di cotone, un residuo pre-consumo dell’industria
tessile. Le sei carte, parte del “Paper from our Echosystem”, sono prodotte con energia
verde rinnovabile. Sono inoltre a impatto zero grazie alla compensazione delle emissioni
di CO2 inevitabili tramite l’acquisto di crediti di carbonio e l’adesione a specifici progetti
ambientali.
Oltre a utilizzare risorse e residui sostenibili come materie prime, anche il fine vita di
questa collezione rispetta i principi dell’economia circolare, essendo riciclabili e anche
biodegradabili.
Italia – Agricoltura Subacquea
Si tratta del primo esperimento al mondo di agricoltura subacquea, situato a Noli, in
Liguria. Il progetto è nato nel 2012 per ricreare le condizioni ideali di coltivazione del
basilico, essenziale per la preparazione del pesto. Come la maggior parte delle piante, il
basilico ha bisogno di un ambiente soleggiato, di un terreno umido e di una temperatura
costante, condizioni che non esistono in alcune aree del pianeta e che sono difficili da
mantenere anche nei luoghi storicamente più adatti. Ciò è dovuto al cambiamento
climatico, che ha portato nel tempo a una riduzione della produttività agricola.
Il sistema fattoria subacqueo necessita di acqua esterna solo nella fase di avvio, mentre
successivamente diventa autonomo e auto-sostenibile: grazie alla differenza di
temperatura tra l’aria all’interno della biosfera e l’acqua di mare intorno alla struttura,
l’acqua sul fondo della biosfera evapora e si condensa facilmente sulle superfici interne.
La luce solare entra dentro le biosfere attraversando la massa di acqua marina e la
pellicola polimerica che costituisce la cupola. Si sta studiando quanto questi due filtri
possano influenzare la produzione e quali specie vegetali siano adatte a essere coltivate
in questa configurazione. L’agricoltura rappresenta il 70% dell’utilizzo di acqua dolce a
livello mondiale: la gestione dell’acqua è necessaria nella maggior parte delle regioni del
mondo in cui le precipitazioni sono insufficienti o variabili. In sostanza, l’agricoltura
preleva acqua dalle falde acquifere e dalle fonti sotterranee a un ritmo insostenibile.
ll sistema di agricoltura subacquea potrebbe anche ovviare alla problematica dei
pesticidi: l’ecosistema chiuso creato all’interno della biosfera è ben preservato
dall’attacco dei parassiti. Non utilizzare pesticidi significa avere un ambiente ecologico
in stretto contatto con l’acqua di mare, evitando così qualsiasi perturbazione
dell’ecosistema marino. L’agricoltura subacquea ha come obiettivo la creazione di un
sistema che utilizzi le risorse naturali già disponibili in natura. Essa mira a coniugare il
rispetto per l’ambiente e la tecnologia, proponendosi come un’alternativa valida,
autosufficiente e sostenibile all’agricoltura standard.
Italia – Fotosintesi
La fotosintesi è un processo biologico vitale che si verifica nelle piante, nelle alghe e in
alcuni batteri, consentendo loro di convertire l’energia luminosa in energia chimica sotto
forma di glucosio. Questo processo svolge un ruolo cruciale nel sostenere la vita sulla
terra, producendo ossigeno e fornendo una fonte di composti organici per vari
organismi.
Il cuore della fotosintesi è la clorofilla, un pigmento presente nei cloroplasti delle cellule
vegetali. Quando l’energia luminosa del sole raggiunge le molecole di clorofilla, eccita gli
elettroni al loro interno. Questi elettroni eccitati danno il via a una complessa serie di
reazioni chimiche, note come reazioni luce-dipendenti. Il glucosio serve come fonte di
energia per la pianta e viene utilizzato anche per produrre altri importanti composti
organici, come l’amido e la cellulosa.
L’Elodea è una pianta acquatica che è comunemente usata negli esperimenti di biologia
per studiare la fotosintesi. Quando viene messa in acqua, essa continua a svolgere la
fotosintesi, utilizzando l’anidride carbonica disciolta nell’acqua. L’ossigeno è un
sottoprodotto della fotosintesi. Esso si accumula all’interno delle cellule vegetali, in
particolare in strutture specializzate chiamate complessi di evoluzione dell’ossigeno, che
sono coinvolte nelle reazioni dipendenti dalla luce. L’ossigeno si accumula in queste
strutture e forma piccole bolle.
Quando queste bolle piene di ossigeno diventano abbastanza grandi, si staccano dalla
pianta di Elodea e salgono sulla superficie dell’acqua, dove possono essere osservate
come bolle visibili. Il processo di produzione di ossigeno e di formazione di bolle è un
indicatore indiretto dell’attività fotosintetica della pianta di Elodea.
Questo affascinante fenomeno è una dimostrazione visiva del ruolo fondamentale che
la fotosintesi svolge nel sostenere la vita sulla terra
Germania Brownfield Regeneration / Land reuse: 2050 Nuclear Ride
L’SNR-300 era un reattore nucleare veloce refrigerato al sodio situato a Kalkar, nello Stato
della Renania Settentrionale-Vestfalia in Germania. Completato poco prima
dell’esplosione del 1986 a Chernobyl, non è mai entrato in funzione a causa di problemi
di costruzione e delle proteste. Acquisito nel 1995, il sito è stato trasformato in un parco
divertimenti e oggi ospita circa 600.000 visitatori all’anno. Molte delle strutture costruite
per l’impianto sono state integrate nel parco e nelle sue attrazioni, tra cui la torre di
raffreddamento, all’interno della quale sono installate un’altalena e una parete da
arrampicata. Il parco dispone anche di quattro ristoranti, otto bar e sei alberghi.
Germania – Brownfield Regeneration / Land Reuse: Ferropolis
Situata a Gräfenhainichen, tra Wittenberg e Dessau, in Germania, questa ex miniera di
carbone a cielo aperto è stata trasformata in un museo di enormi macchine industriali
risalenti alla metà del XX secolo. Queste macchine possono misurare fino a 30 metri di
altezza e 120 metri di lunghezza e pesare fino a 1980 tonnellate. Il sito è una tappa
dell’itinerario europeo del patrimonio industriale (ERIH).
Oggi il complesso accoglie un museo, un monumento industriale, una scultura in
acciaio, una location per eventi e un parco a tema. La sua politica rigorosa in materia di
smaltimento dei rifiuti obbliga gli organizzatori di eventi a seguire
il più possibile il principio della legge sul riciclaggio e la gestione dei rifiuti. Il sito fa parte
del New European Bauhaus.
Sui tetti degli edifici è installato un impianto solare. Un totale di 2901 m2 è coperto da
pannelli solari di QCells, che producono circa 170.000 kilowatt di elettricità all’anno e
possono coprire il fabbisogno di circa cinquanta famiglie.
Tra gli eventi che si tengono nella struttura vi è ad esempio il più grande festival di
musica elettronica all’aperto della Germania, che consuma 73.000 kilowatt di elettricità
in un solo fine settimana. Grazie all’installazione del tetto solare,
il festival può essere alimentato interamente da energia rinnovabile, che durante il resto
dell’anno viene immessa nella rete elettrica nazionale.
Germania – Riciclaggio tessile
Specializzata nel sorting, o smistamento, dei rifiuti tessili, questa azienda tedesca, tra le
più grandi al mondo nel settore, ricicla tessuti usati dal 1999. Seguendo la gerarchia
internazionale dei rifiuti, che privilegia il riutilizzo rispetto al riciclaggio, indumenti e
scarpe vengono controllati manualmente per dare loro una seconda vita. Gli esperti
ispezionano i tessuti usati in più fasi secondo 400 criteri differenti: ogni capo viene
smistato a mano e classificato in base all’uso successivo. Su un’area grande come 13
campi da calcio, i 750 dipendenti dello stabilimento di Bitterfeld-Wolfen smistano ogni
giorno fino a 200 tonnellate di tessuti e scarpe usati, per un volume annuo di raccolta di
100.000 tonnellate.
L’azienda utilizza anche un sistema automatizzato che tratta 2500 tonnellate di tessuti
l’anno e che punta a risolvere il problema del riciclaggio da fibra a fibra. L’impianto di
riciclaggio meccanico tratta indumenti usati non indossabili, articoli danneggiati e rifiuti
tessili.
Un’intelligenza artificiale riconosce i singoli capi e può selezionarli in base ai materiali o