
(AGENPARL) – gio 28 aprile 2022 Lussemburgo, 28 aprile 2022
Sentenza nella causa C-86/20
Vina?ství U Kapli?ky
Un attestato emesso dalle autorità di uno Stato terzo sulla conformità di una partita
di vino alle pratiche enologiche dell’Unione non costituisce, di per sé, una prova del
rispetto di tali pratiche per la sua commercializzazione nell’Unione
Se, nonostante il rilascio di tale attestato, dette pratiche non sono state rispettate, l’onere della
prova circa la sussistenza di responsabilità in capo al commerciante non può essere trasferito sulle
autorità degli Stati membri
ceche (CZK) (circa EUR 80 000) all’impresa ceca Vina?ství U Kapli?ky a causa dell’immissione in
circolazione da parte di quest’ultima, nella Repubblica ceca, di partite di vino importate dalla
Moldavia che non erano conformi alle pratiche enologiche dell’Unione.
La Vina?ství U Kapli?ky ha proposto ricorso avverso tale decisione dinanzi alla Corte regionale di
Brno, facendo valere, in particolare, che essa avrebbe dovuto essere esonerata dalla
responsabilità per l’illecito in questione, in quanto le autorità moldave avevano certificato che le
partite di vino interessate erano conformi a tali pratiche.
Il suddetto organo giurisdizionale chiede alla Corte di giustizia se, alla luce del regolamento sui
prodotti agricoli 1, l’attestato rilasciato dalle autorità moldave sia rilevante ai fini della valutazione
della conformità delle partite di vino in questione alle pratiche enologiche summenzionate. Esso
chiede inoltre se, nell’ipotesi in cui emerga che, nonostante il rilascio di un simile attestato, tali
pratiche non sono state rispettate, la normativa ceca che fa gravare sulle autorità nazionali l’onere
di provare la sussistenza di una responsabilità in capo al commerciante per la violazione delle
norme applicabili alla commercializzazione sia compatibile con il regolamento sul finanziamento
della politica agricola comune (PAC) 2.
Con l’odierna sentenza, la Corte constata che l’attestato redatto dalle autorità moldave è destinato
proprio ad essere consegnato alle autorità dello Stato membro di importazione all’atto
dell’espletamento delle formalità doganali necessarie per l’importazione nell’Unione della partita
interessata.
Ciò posto, le pratiche enologiche dell’Unione devono essere rispettate non soltanto ai fini
dell’importazione della partita, ma anche ai fini della sua commercializzazione nell’Unione.
Orbene, se è vero che l’attestato summenzionato presenta una certa rilevanza anche per la
commercializzazione della partita interessata, esso tuttavia non costituisce, di per sé, una
prova del rispetto di dette pratiche a tal fine. Da un lato, infatti, il legislatore dell’Unione non ha
conferito a detto attestato un simile effetto e, dall’altro, la non conformità di una partita di vino alle
pratiche enologiche dell’Unione può risultare da circostanze successive al rilascio dell’attestato, le
quali potrebbero verificarsi, in particolare, nell’ambito del trasporto della partita.
Regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante
organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli e che abroga i regolamenti (CEE) n. 922/72, (CEE) n. 234/79,
(CE) n. 1037/2001 e (CE) n. 1234/2007 del Consiglio (GU 2013, L 347, pag. 671).
Regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, sul finanziamento,
sulla gestione e sul monitoraggio della politica agricola comune e che abroga i regolamenti del Consiglio (CEE)
n. 352/78, (CE) n. 165/94, (CE) n. 2799/98, (CE) n. 814/2000, (CE) n. 1290/2005 e (CE) n. 485/2008 (GU 2013, L 347,
pag. 549, e rettifica in GU 2016, L 130, pag. 13).
http://www.curia.europa.eu
Pertanto, una persona che ha commercializzato partite di vino non conformi alle norme applicabili
alla commercializzazione non può validamente presumere di essersi conformata a tali norme per il
solo fatto di disporre dell’attestato rilasciato dallo Stato terzo di esportazione. Poiché, in forza del
regolamento sul finanziamento della PAC, spetta a tale persona provare, per evitare l’imposizione
delle sanzioni applicabili, di non essere incorsa in responsabilità non rispettando tali norme, una
normativa nazionale che faccia gravare tale onere della prova sulle autorità nazionali non è
compatibile con detto regolamento.
IMPORTANTE: Il rinvio pregiudiziale consente ai giudici degli Stati membri, nell’ambito di una controversia
della quale sono investiti, di interpellare la Corte in merito all’interpretazione del diritto dell’Unione o alla
validità di un atto dell’Unione. La Corte non risolve la controversia nazionale. Spetta al giudice nazionale
risolvere la causa conformemente alla decisione della Corte. Tale decisione vincola egualmente gli altri
giudici nazionali ai quali venga sottoposto un problema simile.
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Il testo integrale della sentenza è pubblicato sul sito CURIA il giorno della pronuncia.