
(AGENPARL) – mer 19 ottobre 2022 COMUNE DI URBINO
AMAT
con il contributo di
REGIONE MARCHE
MiCURBINO
TEATRO SANZIO
STAGIONE 2022-23
IN ABBONAMENTO
17 NOVEMBRE
EROS CARPITA, IRIS BARONE, MARCO SFERRUZZA
TEMPO INFAUSTO
FAUSTO COPPI COME METAFORA DEL TEMPO
CESARE INZERILLO
2 DICEMBRE
VITTORIA BELVEDERE, MARIA GRAZIA CUCINOTTA, MICHELA ANDREOZZI
FIGLIE DI EVA
MICHELA ANDREOZZI, VINCENZO ALFIERI, GRAZIA GIARDIELLO
MASSIMILIANO VADO
15 DICEMBRE
MASSIMO DAPPORTO, ANTONELLO FASSARI, SUSANNA MARCOMENI
IL DELITTO DI VIA DELL’ORSINA
EUGÈNE-MARIN LABICHE
ANDRÉE RUTH SHAMMAH
25 GENNAIO
MARIA AMELIA MONTI, MARINA MASSIRONI
IL MARITO INVISIBILE
EDOARDO ERBA
28 FEBBRAIO
ELIO GERMANO, TEHO TEARDO
PARADISO XXXIII
SIMONE FERRARI, LULU HELBAEK
10 MARZO
LINO GUANCIALE, FRANCESCO MONTANARI
L’UOMO PIÙ CRUDELE DEL MONDO
DAVIDE SACCO
30 MARZO
ARTEMIS DANZA
IL BARBIERE DI SIVIGLIA
MONICA CASADEI
GIOACHINO ROSSINI, LUCA VIANINI
ANDAR PER FIABE
8 GENNAIO
TEATRO DELLE APPARIZIONI
IL TENACE SOLDATINO DI PIOMBO
19 MARZO
COMPAGNIA RIBOLLE
CI VUOLE UN FIORE
LE CANZONI DI GIANNI RODARI
TEATROLTRE
16 FEBBRAIO
STEFANO SABELLI
FIGLI DI ABRAMO
SVEIN TINDBERG
GIANLUCA IUMIENTO
16 MARZO
PAOLA GIANNINI, ALESSANDRO BAY ROSSI, GIUSTO CUCCHIARINI
CIRANO DEVE MORIRE
LEONARDO MANZAN, ROCCO PLACIDI / EDMOND ROSTAND
LEONARDO MANZAN
LA CITTÀ IN SCENA
13 GENNAIO
COMPAGNIA DIALETTALE URBINATE A.P.S.
DALLA… IOLANDA
AMLETO SANTORIELLO
24 MARZO
COMPAGNIA DIALETTALE URBINATE A.P.S.
LA MINA VAGANT
PAOLO CAPPELLONI
ANNALISA GENIALI
COMUNICATO STAMPA
Commedie, nuova drammaturgia, grandi interpreti, danza, esperienze del territorio e teatro ragazzi per i tredici appuntamenti che da novembre 2022 a marzo 2023 compongono il corposo cartellone del Teatro Sanzio di Urbino, promosso dal Comune di Urbino con l’AMAT, realizzato con il contributo della Regione Marche e del MiC e articolato nelle consuete sezioni “in abbonamento”, “TeatrOltre”, “Andar per fiabe” e “La città in scena”.
L’inaugurazione della stagione in abbonamento il 17 novembre è con Tempo inFausto, soggetto e regia di Cesare Inzerillo, con Eros Carpita, Iris Barone e Marco Sferruzza. Tempo inFausto prende a riferimento il grande ciclista Fausto Coppi e alcune immagini della sua vita per parlare del tempo, attraverso una storia dal sapore di “dramma pop”. Il 2 dicembre al Teatro Sanzio giunge una commedia tutta al femminile, Figlie di Eva di Michela Andreozzi, Vincenzo Alfieri e Grazia Giardiello, con Maria Grazia Cucinotta, Vittoria Belvedere e Michela Andreozzi per la regia di Massimiliano Vado. Tre donne sull’orlo di una crisi di nervi sono legate allo stesso uomo, un politico spregiudicato. Un po’ Pigmalione, un po’ Club delle prime mogli, un po’ Streghe di Eastwick, Figlie di Eva e? la storia di una solidarietà ma anche della condizione femminile, costretta a stare un passo indietro ma capace, se provocata, di tirare fuori risorse geniali. Una commedia nera, una macchina fatta di trovate, energia, divertimento, Il Delitto di via dell’Orsina in scena il 15 dicembre con protagonisti Massimo Dapporto, Antonello Fassari, Susanna Marcomeni diretti dalla mano sapiente di Andrée Ruth Shammah è uno degli atti unici più conosciuti di Eugène Labiche, padre nobile del vaudeville, talento prolifico e sopraffino capace di svelare, con indiavolate geometrie di equivoci e farse, il ridicolo nascosto sotto i tappeti della buona borghesia. Il Marito Invisibile di Edoardo Erba il 25 gennaio è la prima commedia in videocall, una messinscena innovativa con due grandi attrici come Maria Amelia Monti e Marina Massironi che recitano, sul palco, senza mai guardarsi avvolte da uno sfondo completamente blu. Un’esilarante commedia sulla scomparsa della vita di relazione con le due protagoniste che accompagnano, con la loro personalissima comicità, in un viaggio che dà i brividi per quanto è scottante e attuale. Elio Germano e Teho Teardo sono voce e musica il 28 febbraio di Paradiso XXXIII per dire la bellezza e avvicinarsi al mistero, l’immenso, l’indicibile ricercato da Dante nei versi del XXXIII canto del Paradiso. Dal suono avvincente ed “etterno” germoglia la musica inaudita e imprevedibile del compositore d’avanguardia e scaturisce la regia visionaria e impalpabile di Simone Ferrari e Lulu Helbaek, poeti dello sguardo, capaci di muoversi tra cerimonie olimpiche, teatro e show portando sempre con loro una stilla di magia del Cirque du Soleil. Grazie alla loro esperienza, accade in scena qualcosa di magico e meraviglioso, una contaminazione di linguaggi tecnologici e teatrali. Due grandi attori amati da pubblico e critica, Lino Guanciale e Francesco Montanari, diretti da Davide Sacco, per L’uomo più crudele del mondo al Sanzio il 10 marzo. Una stanza spoglia, in un capannone abbandonato. I rumori della fabbrica fuori e il silenzio totale all’interno. Paul Veres è seduto alla sua scrivania, è l’uomo più crudele del mondo, o almeno questa è la considerazione che la gente ha di lui. In un susseguirsi di serrati dialoghi emergono le personalità dei personaggi e il loro passato, fino a un finale che ribalterà ogni prospettiva. Monica Casadei, eclettica coreografa emiliana, conclude il 30 marzo la stagione in abbonamento con Il barbiere di Siviglia, uno spettacolo immaginato come un “balletto d’azione” e che coinvolge in una contaminazione di linguaggi tutto il corpo creativo di Artemis Danza sulle magnifiche musiche di Gioachino Rossini con le elaborazioni musicali del compositore Luca Vianini.
Due gli appuntamenti per le famiglie della rassegna della provincia di Pesaro e Urbino Andar per fiabe: l’8 gennaio Il tenace soldatino di Piombo di teatrodelleapparizioni/Teatro Accettella e CSS Teatro stabile di innovazione del FVG e il 19 marzo le canzoni di Gianni Rodari risuonano in Ci vuole un fiore di Compagnia Ribolle.
TeatrOltre, il più grande palcoscenico italiano per le più importanti esperienze dei linguaggi contemporanei promosso all’insegna della multidisciplinarietà, fa tappa a Urbino con due appuntamenti. Il 16 febbraio Stefano Sabelli porta in scena Figli di Abramo per la regia di Gianluca Iumiento, un monologo mai banale, una sorta di Mistero Buffo, incentrato sulla vita e la dinastia di Abramo. Il 16 marzo è la volta di Cirano deve morire liberamente ispirato al Cyrano di Rostand, spettacolo vincitore del Bando Biennale College indetto dalla Biennale Teatro di Venezia 2018 che, con la regia di Leonardo Manzan e l’interpretazione di Paola Giannini, Alessandro Bay Rossi e Giusto Cucchiarini, recupera la forza poetica del testo attraverso le rime e il ritmo del rap con musiche originali dal vivo. “Leonardo Manzan – si legge nelle note di Antonio Latella alle motivazioni al Premio della Biennale – ha avuto il coraggio di esporsi e di rischiare. Ha dimostrato di essere pronto ad attraversare quella linea gialla che delimita la zona di sicurezza per andare in zone anche pericolose, mai rassicuranti e ovvie. Al suo coraggio vogliamo aggiungere la nostra scommessa”.
Con la stagione teatrale torna anche La città in scena con un dittico di proposte della Compagnia dialettale urbinate che inizia il 13 gennaio con Dalla… Iolanda per la regia di Amleto Santoriello e prosegue il 24 marzo con La mina vagant di Paolo Cappelloni per la regia di Annalisa Geniali.
IN ABBONAMENTO
17 NOVEMBRE
TEMPO INFAUSTO
FAUSTO COPPI COME
METAFORA DEL TEMPO
soggetto e regia Cesare Inzerillodrammaturgia Loris Seghizzi
con Eros Carpita, Iris Barone, Marco Sferruzza
in scena le sculture di Cesare Inzerillo
Fausto Coppi, le Sartine, Nano con le ali, la Gallina
musiche originali Lello Analfinoscenografie Cesare Inzerillo
luci Loris Seghizzi
costumi Marilena Manzella
produzione Contemplazioni
Fausto Coppi, il campione tra i campioni del ciclismo, uno dei più grandi atleti del Novecento, il Campionissimo, l’Airone, e anche l’uomo fragile. Tempo inFausto non è una biografia del grande ciclista, ma prende a riferimento Coppi e alcune immagini della sua vita per parlare del tempo, attraverso una storia dal sapore di “dramma pop”. Un racconto onirico dentro un immaginario fiabesco, surreale. Una visione contemporanea del passato in costante relazione con il presente. In scena si rappresenta la sospensione del tempo agli anni ‘50, interpretata da quattro personaggi imbalsamati, tre attori e una gallina.
Immaginiamo Fausto Coppi, negli ultimi giorni, quelli in preda alla febbre data dalla malaria, nel coma, dove il tempo è sospeso e parallelo. In quel limbo, Coppi ripercorre le tappe della sua vita. Della sua corsa.
Fausto, in sella alla bicicletta sin da bambino, quando da garzone faceva commissioni per una salumeria di Novi Ligure, vuol fermare il tempo. Lo vuol fare perché si rende conto presto che mentre il tempo passa le persone muoiono, più lui cresce e più velocemente i suoi cari se ne vanno. Il suo corpo, così particolare, esile, storto, non crescerà in modo naturale, perché lui rincorrerà il tempo e alla fine lo supererà, vi si porrà davanti e lo fermerà. Fausto sa bene come fare, perché ha lo strumento: la bicicletta che gli ha regalato suo zio Fausto. Il ragazzino di quindici anni, sogna, immagina, ha trovato lo scopo della sua vita: correre, correre tanto forte fino a imparare a volare. Il ragazzino di 15 anni vola con la fantasia, come è naturale che sia a quell’età, soprattutto se hai un talento naturale che spinge nel tuo corpo e nella tua anima.
Ogni record battuto è un cronometro fermato, è un tempo che viene scritto. E Fausto stabilirà una lista infiniti di record, entrando nella storia, scrivendo la storia dello sport, fermando a quegli anni la storia
del ciclismo e fotografando quel tempo. Il suo tempo. Il nostro tempo. Tempo inFausto. Cesare Inzerillo
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2 DICEMBRE
FIGLIE DI EVA
di Michela Andreozzi e Vincenzo Alfieri con Grazia Giardiello
con Vittoria Belvedere, Maria Grazia Cucinotta, Michela Andreozzie con Massimiliano Vado
regia Massimiliano Vado
scene Mauro Paradiso
costumi Laura Di Marco
la voce di Barbara D’Urso è di Vincenzo De Lucia
si ringrazia Renato Balestra per gli abiti del servizio fotografico
si ringrazia Sandro Ferrone per gli abiti di scena
produzione Marioletta Bideri per Bis Tremila
Figlie di Eva è la storia di un uomo potente, che raggira tre donne, che trovano il modo di vendicarsi. Figlie di Eva è tre storie in una, come sono tre i nomi delle protagoniste: Elvira, Vicky e Antonia. Elvira. Dietro a ogni grande uomo c’è una grande donna, la segretaria. E lei è la Cadillac delle segretarie! Elvira sa, Elvira vede, Elvira risolve. A lei, il Cardinale Richelieu, le fa un baffo. Vicky. Moglie tradita, è una “povera donna di lusso”, sposata per il suo patrimonio. Un po’ ingenua, un po’ scaltra, un po’ colomba, un po’ volpe. Anzi lince, nel senso della pelliccia. Antonia. Prof di latino, emigrata, precaria, ma bellissima! Comunque romantica in attesa del primo amore e di una cattedra. Cosa le lega? Nicola Papaleo. Sindaco disonesto che le mette nei guai tutte e tre per diversi motivi. Le tre, che mal si sopportano, unite da un sano sentimento di vendetta, si coalizzano. Scopo del gioco? Far sì che l’odiato Papaleo non venga rieletto sindaco.
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15 DICEMBRE
IL DELITTO DI
VIA DELL’ORSINA
di Eugène-Marin Labiche
traduzione Andrée Ruth Shammah e Giorgio Melazzi
adattamento e regia Andrée Ruth Shammah
con Massimo Dapporto, Antonello Fassari, Susanna Marcomenie con Marco Balbi, Andrea Soffiantini
Christian Pradella, Luca Cesa-Bianchi
musiche Alessandro Nidi
scene Margherita Palli
costumi Nicoletta Ceccoliniluci Camilla Piccioni
produzione Teatro Franco Parenti, Fondazione Teatro della Toscana
Una commedia nera, una macchina fatta di trovate, energia, divertimento. Il Delitto di via dell’Orsina è uno degli atti unici più conosciuti di Eugène Labiche, padre nobile del vaudeville, talento prolifico e sopraffino capace di svelare, con indiavolate geometrie di equivoci e farse, il ridicolo nascosto sotto i tappeti della buona borghesia.
Due uomini, un ricco nobile ed elegante (Massimo Dapporto) e un proletario rozzo e volgare (Antonello Fassari), si risvegliano nello stesso letto, hanno le mani sporche, le tasche piene di carbone e non ricordano nulla di quanto accaduto la notte precedente. Quando dal giornale apprendono della morte di una giovane carbonaia si convincono di essere stati loro a commettere l’omicidio. Per i due protagonisti, disposti a tutto pur di sfuggire alla colpa e mantenere le apparenze, non resta che far sparire ogni prova. Andrée Ruth Shammah che firma la regia e, assieme a Giorgio Melazzi, l’adattamento, mantiene intatta la struttura della pochade e del gioco indiavolato degli equivoci ma vira al noir seminando inquietudini all’ombra di qualcosa che incombe. La Francia perbenista e ottocentesca di Labiche diventa l’Italia del primo dopoguerra, pre-fascista e conformista. Alcune battute e personaggi sono “rubati” da altri lavori del drammaturgo francese per dare più spessore alle sottotrame e rendere più stratificata la vita che c’è dentro. Un sottile turbamento, fatto di piccole sospensioni, guida gli attori. Clownerie e astrazione beckettiana, il ritmo del vaudeville
e la tradizione del teatro brillante italiano si incontrano in un vaudeville noir che fa ridere e pensare e che con i suoi vorticosi intrecci riesce a raccontarci, in modo non scontato, il disorientamento che stiamo attraversando. Un atto unico che spinge sul gran gioco del teatro e delle sue possibilità, in cui si inseriscono couplets cantati. Una vicenda fatta di tensioni che gioca con i tanti tic di oggi e mette in scena il contrasto tra come vogliamo apparire e come siamo davvero dentro la solitudine che ci attanaglia.
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25 GENNAIO
IL MARITO
INVISIBILE
scritto e diretto da Edoardo Erba
con Maria Amelia Monti, Marina Massironi
scene Luigi Ferrigno
musiche Massimiliano Gagliardi
costumi Nunzia Russo
luci Giuseppe D’Alterio
video Davide Di Nardo, Leonardo Erba
produzione Gli Ipocriti Melina Balsamo
Una videochat fra due amiche cinquantenni, Fiamma (Maria Amelia Monti) e Lorella (Marina Massironi), che non si vedono da tempo. I saluti di rito, qualche chiacchiera, finché Lorella annuncia a sorpresa: mi sono sposata! La cosa sarebbe già straordinaria di per sé, vista la sua proverbiale sfortuna con gli uomini. Ma diventa ancora più incredibile quando lei rivela che il nuovo marito ha … non proprio un difetto, una particolarità: è invisibile. Fiamma teme che l’isolamento abbia prodotto danni irreparabili nella mente dell’amica. Si propone di aiutarla, ma non ha fatto i conti con la fatale, sconcertante, attrazione di noi tutti per l’invisibilità.
Il Marito Invisibile di Edoardo Erba è la prima commedia in videocall. Una messinscena innovativa con le attrici che recitano, sul palco, senza mai guardarsi avvolte da uno sfondo completamente blu; in alto, invece, appaiono in due grandi schermi mentre sono nelle loro case come a dire che la realtà virtuale supera la realtà ordinaria. Un’esilarante commedia sulla scomparsa della nostra vita di relazione con le due protagoniste che ci accompagnano, con la loro personalissima comicità, in un viaggio che dà i brividi per quanto è scottante e attuale.
Nella regia del Marito Invisibile ho voluto creare una realtà virtuale più ricca e articolata della realtà che vediamo sul palco. Le attrici recitano sullo sfondo di un blue screen circondate da una realtà monocromatica, che prende vita e colore solo dal piano della telecamera in su. Sui grandi schermi che sovrastano il palco, invece, le vediamo vivere nelle loro case, piene di oggetti, di luci, di fumo, di colori e di movimento. Il contrasto – funzionale alla storia che la commedia racconta – mette lo spettatore in una situazione nuova. Può guardare le attrici sui grandi schermi, godendosi il loro primo piano o, viceversa, guardarle dal vivo sul palco o, ancora, guardarle un po’ da una parte, un po’ dall’altra, “montando” le immagini come meglio crede.
Benché composto da cinque scene con passaggi di tempo fra l’una e l’altra (cinque atti si sarebbe detto una volta) lo spettacolo non prevede mai il buio. Gli schermi sono sempre attivi, perché quando i personaggi escono di scena, prendono il cellulare e il pubblico vede ingrandito quello che loro vedono sullo schermo del telefono. Ne esce un atto unico dal ritmo incalzante, che cattura lo spettatore dalla prima battuta, senza lasciargli mai la possibilità di distrarsi. Edoardo Erba
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28 FEBBRAIO
PARADISO
XXXIII
di e con Elio Germano e Teho Teardo
drammaturgia Elio Germano
drammaturgia sonora Teho Teardo
con Laura Bisceglia (violoncello) e Ambra Chiara Michelangeli (viola)
regia Simone Ferrari & Lulu Helbaekdisegno luci Pasquale Mari
video artists Sergio Pappalettera e Marino Capitanio
scene design Matteo Oioli
costumi Marina Roberti
commissione di Ravenna Festival
produzione Pierfrancesco Pisani per Infinito Produzioni e Argot Produzioni
in collaborazione con Fondazione Teatro della Toscana
Teatro Franco Parenti, Fondazione Teatro Comunale di Ferrara Claudio Abbado
e Teatro Amintore Galli di Rimini
con il contributo di Regione Toscana
Uno spettacolo divulgativo senza che niente sia spiegato.
Dante Alighieri, nel 33esimo canto del Paradiso, si trova nell’impaccio dell’essere umano che prova a descrivere l’immenso, l’indicibile, prova a raccontare l’irraccontabile.
Questo scarto rispetto alla “somma meraviglia” sarà messo in scena creando un’esperienza unica, quasi fisica per lo spettatore al cospetto dell’immensità.
Elio Germano e Teho Teardo sono voce e musica per dire la bellezza e avvicinarsi al mistero, l’immenso, l’indicibile ricercato da Dante nei versi del XXXIII canto del Paradiso.
Dal suono avvincente ed “etterno” germoglia la musica inaudita e imprevedibile del compositore d’avanguardia e scaturisce la regia visionaria e impalpabile di Simone Ferrari e Lulu Helbaek, poeti dello sguardo, capaci di muoversi tra cerimonie olimpiche, teatro e show portando sempre con loro una stilla di magia del Cirque du Soleil. Grazie alla loro esperienza crossmediale, accadrà qualcosa di magico e meraviglioso di inspiegabile, trascendendo qualsiasi concetto di teatro, concerto o rappresentazione dantesca attraverso una contaminazione di linguaggi tecnologici e teatrali.
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10 MARZO
L’UOMO PIÙ
CRUDELE
DEL MONDO
testo e regia Davide Sacco
con Lino Guanciale, Francesco Montanari
scene Luigi Sacco
luci Andrea Pistoia
produzione Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini, LVF, Teatro Manini di Narni
Una stanza spoglia, in un capannone abbandonato. I rumori della fabbrica fuori e il silenzio totale all’interno.
Paul Veres è seduto alla sua scrivania, è l’uomo più crudele del mondo, o almeno questa è la considerazione che la gente ha di lui. Proprietario della più importante azienda di armi d’Europa, ha fama di uomo schivo e riservato. Davanti a lui un giovane giornalista di una testata locale è stato scelto per intervistarlo, ma la chiacchierata prende subito una strana piega.
“Lei crede ancora che si possa andare avanti dopo questa notte… lei crede che questa vita domani mattina sarà la stessa che viveva prima?” dirà Veres al giornalista. In un susseguirsi di serrati dialoghi emergeranno le personalità dei due personaggi e il loro passato, fino a un finale che ribalterà ogni prospettiva.
Fino a dove può spingersi la crudeltà dell’uomo? Qual è il limite che separa una brava persona da un bestia? A cosa possiamo arrivare se lasciamo prevalere l’istinto sulla ragione? Queste domande mi hanno guidato durante la stesura del testo e, successivamente, nella direzione degli attori. Volevamo che il pubblico fosse costantemente destabilizzato e non avesse certezze, che si calasse insieme ai personaggi in un viaggio in cui il rapporto tra vittima e carnefice è di volta in volta messo in discussione e ribaltato. La “feccia” di cui parlano i protagonisti non è visibile nella scena, fatta essenzialmente di luci fredde e asettiche, ma deve emergere gradualmente fino al finale, in cui speriamo che il titolo dello spettacolo possa diventare nella testa degli spettatori non più un’affermazione ma una domanda per riflettere sulla natura del genere umano. Davide Sacco
IN ABBONAMENTO
30 MARZO
IL BARBIERE
DI SIVIGLIA
coreografia, scene, luci Monica Casadei
musiche Gioachino Rossini
elaborazione musicale e brani originali Luca Vianini
costumi Daniela Usai
assistente alla drammaturgia musicale e costumi Davide Tagliavini
assistenti al coreografo Antonio Bissiri, Vittorio Colella, Teresa Morisanoproduzione Compagnia Artemis Danza
in collaborazione con AMAT e Comune di Pesaro
coproduzione Italian Festival in Bangkok, Festival Orizzonti, Armonie d’Arte Festival
in collaborazione con Rossini Opera Festival e Teatro Comunale di Bologna
si ringrazia A.N.G.E.L.O. Vintage Palace
con il contributo di Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Regione Emilia Romagna Assessorato alla Cultura
In occasione dei centocinquant’anni dalla morte di Gioachino Rossini, Monica Casadei con la Compagnia Artemis Danza affronta uno dei titoli più celebri del maestro pesarese, Il Barbiere di Siviglia. Uno spettacolo che Monica Casadei ha immaginato come un avveniristico “balletto d’azione” e che, come di consueto, coinvolge in una contaminazione di linguaggi tutto il corpo creativo di Artemis, che si arricchisce dei costumi realizzati dall’artista visiva Daniela Usai e delle elaborazioni musicali del compositore Luca Vianini, che si confronta con Rossini.
Ma chi è davvero Figaro? Nella lettura di Monica Casadei Figaro è il prototipo dell’uomo di successo nel mondo di oggi. L’eroe rossiniano diventa l’emblema di chi riesce a soddisfare con efficacia, vivacità e savoir faire le aspettative di una società che impone ogni giorno di raggiungere i propri obiettivi ottimizzando tempi ed energie.
Sul piano coreografico, il personaggio di Figaro si moltiplica nei corpi dell’intera compagnia, dove, senza distinzioni di gender, gli interpreti agiscono con la determinazione, l’energia e il rigore di una squadra speciale: tonici, grintosi e iper-concentrati, la loro danza manipola il tempo e lo spazio senza tregua, tesse e scioglie in continuazione una rete infinita di cambi di direzioni, incroci di traiettorie e intarsi di movimenti. Quasi seguissero le rotte di affollatissime e rumorose highways, i danzatori si districano con lucidità ed energia marziale, ingranaggi sapienti del folle meccanismo del vivere sociale. Ne risulta una performance d’azione, caratterizzata da un’atmosfera sospesa tra un passato-ombra e un presente lampeggiante e frenetico: l’immagine irraggiungibile di un uomo perfetto appare e scompare sotto gli occhi del pubblico per moltiplicarsi nei danzatori e nei loro virtuosismi tecnici. I costumi storici sono il frutto di una collaborazione con il Rossini Opera Festival e con il Teatro Comunale di Bologna, mentre gli abiti sartoriali sono stati realizzati in collaborazione con A.N.G.E.L.O Vintage Palace (Lugo di Romagna), polo di riferimento del vintage in Italia.
ANDAR PER FIABE
8 GENNAIO
IL TENACE
SOLDATINO
DI PIOMBO
UN FILM DA
PALCOSCENICO
da Hans Christian Andersen
un’idea di Fabrizio Pallara
di Valerio Malorni e Fabrizio Pallara
con Valerio Malorni/Francesco Picciotti e Fabrizio Pallara
produzione teatrodelleapparizioni/Teatro Accettella
e CSS Teatro stabile di innovazione del FVG
Eolo Awards 2015 come miglior spettacolo di Teatro di Figura
Spettacolo vincitore del Premio operatori Piccolipalchi 2014/2015
Una stanza, molti giocattoli, una finestra che si affaccia su un esterno immaginario, la pioggia, le luci soffuse di un interno intimo e caldo, per raccontare la storia del soldatino di piombo e della sua ballerina.
La celebre fiaba viene reinterpretata in un gioco in cui gli oggetti prenderanno vita parlando, combattendo, danzando, protagonisti di un film teatrale proiettato su un grande schermo in diretta.
Il set è dunque la stanza dei giochi, il luogo in cui avviene la meraviglia e qui il teatro si mostrerà nel suo farsi al servizio dell’occhio della telecamera che, come il buco della serratura di una porta invisibile, offrirà agli spettatori uno sguardo inedito e privilegiato, per entrare nella storia osservando il piccolo e l’impercettibile. Due piani di azione, due differenti visioni, due linguaggi a confronto, quello teatrale e quello cinematografico, che si sveleranno e si misureranno per unirsi e raccontare una grande storia d’amore.
Uno spettacolo nato per tornare a pancia a terra, come i bambini, con gli occhi vicini, sopra ai giocattoli, quasi ad entrarci dentro, per capire meglio ogni storia. L’esigenza di tornare ad uno sguardo pieno di quella voglia di raccontare: “Facciamo che eravamo…”, così ci siamo ritrovati in quella stanza dei giochi che ognuno di noi ha sognato. Lì tutto è possibile. Valerio Malorni e Fabrizio Pallara
ANDAR PER FIABE
19 MARZO
CI VUOLE
UN FIORE
LE CANZONI
DI GIANNI RODARI
con Alessio Lega, Rocco Marchi, Maurizio Muzzi, Maria Grazia Fiore
Simona Baldeschi, Giusi Salvia, Soledad Flemma, Giuseppe Scavone
regia Michelangelo Ricci
musiche Sergio Endrigo, Virgilio Savona
cantate da Alessio Lega
arrangiate da Rocco Marchi
produzione CircoRibolleLe canzoni di Gianni Rodari portate al successo in un famosissimo disco di Sergio Endrigo, interpretate per la prima volta dal vivo, in uno spettacolo creato nel centesimo anniversario della nascita dell’autore (2020), un viaggio poetico in musica che fa ascoltare le più famose favole e filastrocche del Novecento, fluttuanti tra le bolle.
Grazie agli arrangiamenti originali suonati dal vivo, ai dialoghi scherzosi, alle poesie stimolanti e alla magia sospesa delle bolle di sapone, lo spettacolo si presenta come un trionfo di intelligenza e un’allegra provocazione, quasi un laboratorio di poesia interattivo, con decine di ritornelli ripresi continuamente in coro dal pubblico.
Parole, musica e bolle di sapone, giochi, gag e nonsensi creativi per raccontare ai bambini di ogni età il genio di Rodari, tutta la poetica del maestro più conosciuto d’Italia si ritrova in questo spettacolo, una iniezione di allegria, un inno divertente e liberatorio alla fantasia, una gioia per gli occhi e per le orecchie.
TEATROLTRE
16 FEBBRAIO
FIGLI DI
ABRAMO
di Svein Tindbergtraduzione e regia Gianluca Iumientoadattamento e interpretazione Stefano Sabelli
proiezioni e immagini Kezia Terracciano
musiche dal vivo Luca Ciarla, Giuseppe Moffa
produzione Teatro del Loto di TeatrimolisaniIl monologo è una sorta di Mistero Buffo, incentrato sulla vita e la dinastia di Abramo. Un’opera che si presenta come un diario di viaggio per poi concentrarsi a riscrivere, con ironia e divertimento, la Storia e la legenda del primo Profeta monoteista dell’Umanità. Un viaggio dell’autore a Gerusalemme diventa così occasione per mettersi alla Ricerca dell’Abramo perduto, della sua Storia, della sua Dinastia. Un’opera che racconta conflitti attuali ma che poi si dipana nella lettura comparata, e spesso sorprendente per modernità, dei testi sacri delle tre grandi fedi monoteiste: la Torah, il Vangelo, il Corano.
Un monologo mai banale, affascinando fin dalle prime battute con mille storie e miti che s’intrecciano. Fa rivivere con freschezza, attraverso una affabulazione colta, sorprendente, divertente, una narrazione epica che riesce sempre ad avvincere. Perché alimentata da narrazioni che fanno parte della grande Storia dell’Umanità. Storie e miti che forse ci sembra di aver dimenticato ma che sono fondamento e dna della nostra civiltà.
Figli di Abramo, si addentra all’origine delle tre grandi fedi – ebraismo, cristianesimo e islam – della loro comune origine. Come pure ci racconta di quei territori, fra il Tigre e l’Eufrate, dove si sono sviluppate le prime grandi civiltà e dove tutta la Storia di Abramo, che proveniva da Ur dei Caldei, nell’odierno Iraq, ebbe inizio. Evidenziando come tutti i fedeli delle tre grandi religioni monoteiste rivendichino Abramo come capostipite e patriarca, rimarca pure come, ognuna delle tre confessioni, racconti poi però la Storia di Abramo, ognuna, un po’, pro domo sua.
Il testo lascia intendere che siano state forse proprio le diversa narrazioni, di una storia certamente comune ma con diversi punti di vista, che possono aver alimentato le conflittualità che poi, nei secoli, si sono generate nel nome di Abramo e tra i suoi stessi Figli. Come spesso accade nelle migliori famiglie. Eppure ciò che accomuna ebrei, cristiani e musulmani è qualcosa di più grande e che va ben oltre tali conflitti. È la storia di una florida interazione culturale, intellettuale e spirituale, dove le tre grandi fedi, vivendo vicine l’una all’altra, si sono, in realtà, reciprocamente arricchite.
Realizzare un testo di teatro su uno dei capisaldi della cultura universale può sembrare opera insormontabile. D’altra parte, non è poi così complicato come potrebbe sembrare. Queste sono storie fantastiche! Il mio compito è stato di tesserle insieme per raccontare una bella storia, capace di generare una scintilla di meraviglia negli occhi degli spettatori. Spero perciò che il pubblico esca dallo spettacolo con il sorriso sulle labbra, ma anche con un po’ più di consapevolezza. Abbiamo bisogno di conoscerci meglio, l’uno con l’altro, se vogliamo essere in grado di vivere insieme. No? Svein Tindberg
TEATROLTRE
16 MARZO
CIRANO DEVE
MORIRE
adattamento del Cyrano de Bergerac di Edmond Rostand
di Leonardo Manzan, Rocco Placidi
regia Leonardo Manzan
con Paola Giannini, Alessandro Bay Rossi, Giusto Cucchiarini
musiche originali di Franco Visioli e Alessandro Levrero eseguite dal vivo da Filippo Lilli
luci Simone De Angelis, Paride Donatelli
scene Giuseppe Stellato
costumi Graziella Pepe
produzione La Biennale di Venezia
nell’ambito del progetto Biennale College Teatro – Registi Under 30
con la direzione artistica di Antonio Latella
produzione nuovo allestimento 2022 La Fabbrica dell’Attore – Teatro Vascello, ElledieffeFondazione Teatro della Toscana
Spettacolo vincitore del Bando Biennale College indetto dalla Biennale Teatro di Venezia 2018.
È previsto l’utilizzo di luci stroboscopiche durante lo spettacolo.
Uno spettacolo-concerto al vorticoso ritmo della musica rap per recuperare tutta la forza poetica, la vitalità e l’attualità della poesia di Rostand.
È una riscrittura per tre voci del Cyrano di Bergerac di Edmond Rostand. Uno spettacolo concerto con testi e musiche originali dal vivo che trasforma la poesia di fine’800 in potenti versi rap. Rime taglienti e ritmo indiavolato affrontano in modo implacabile il tema della finzione attraverso il racconto di uno dei più famosi triangoli d’amore della storia del teatro; è la storia di due amici e la donna di cui entrambi si innamorano, sono tre ragazzi proprio come i giovani Paola Giannini, Alessandro Bay Rossi e Giusto Cucchiarini chiamati ad interpretarli sulla scena. Cirano deve morire recupera la forza poetica del testo originale attraverso le rime e il ritmo del rap, scelta necessaria – secondo il regista – non solo per esprimere l’eroismo e la verve polemica del protagonista, ma anche per rendere contemporanea e autentica, quindi fedele a Rostand, la parola d’amore. Leonardo Manzan, romano di origine, milanese di formazione, classe 1992, si è rivelato tra i giovani talenti alla Biennale Teatro di Antonio Latella che così parla di lui nella motivazione del premio che gli è stato assegnato a Venezia: «Manzan ha avuto il coraggio di esporsi e di rischiare. Ha dimostrato di essere pronto ad attraversare quella linea gialla che delimita la zona di sicurezza per andare in zone anche pericolose, mai rassicuranti e ovvie». Nell’affiatato e collaudato team anche Rocco Placidi che ha affiancato il regista nel lavoro drammaturgico.
LA CITTÀ IN SCENA
13 GENNAIO
DALLA…
IOLANDA
24 MARZO
LA MINA
VAGANT
Compagnia dialettale urbinate A.P.S.
DALLA… IOLANDA
tre atti in dialetto urbinate
regia Amleto Santoriello
La scena si svolge in una vecchia locanda gestita dalla bella Iolanda. Ospiti fissi della pensione sono due nobili e accaniti estimatori della locandiera, l’illustrissimo signor Conte di Fonsecca e l’eccellentissimo Marchese di Roccacannuccia. Da qualche giorno si è fermato anche un Cavaliere, accompagnato dal suo servitore, che odia le donne e non concepisce le attenzioni degli altri due signori. La gelosia è preda anche del servitore di Iolanda Fabrizio che rivendica antiche promesse. Gli ospiti della locanda si completano con Ortensia e Betulla due improbabili attrici che si fingono di nobili origini.
Compagnia dialettale urbinate A.P.S.
LA MINA VAGANT
due atti in dialetto urbinate
di Paolo Cappelloni
regia Annalisa Geniali
Enrico ha una florida azienda che gli permette di condurre una vita più che agiata, ma è circondato, ormai da tempo, da tre parassiti che sfruttano le sue possibilità economiche: la moglie Paola pensa solo a fare spese pazze, superflue e vivere in un lusso smodato; Gemma, la cognata, si comporta allo stesso modo; Oreste, il fratello, non ha mai fatto niente in vita sua. Le uniche che lavorano sono le cameriere Maria e Pina. Enrico cerca la salvezza in un passato agricolo, semplice e rustico con la complicità del medico di famiglia.
ABBONAMENTI [7 SPETTACOLI]
dal 5 al 12 novembre
Biglietteria Teatro Sanzio dalle ore 16 alle ore 20
settore A€ 123,00ridotto* € 92,00
settore B€ 92,00ridotto* € 73,00
settore C€ 61,00
BIGLIETTI
Dal 16 novembre vendita biglietti per tutti gli spettacoli
dalle ore 11 alle ore 13 e dalle ore 16 alle ore 20;
nei giorni di spettacolo dalle ore 16 fino ad inizio rappresentazione
lunedì – venerdì dalle ore 10 alle ore 16
vendita online http://www.vivaticket.comcon aggravio del costo in favore del gestore del servizio e non consente di accedere alle categorie di riduzione
ANDAR PER FIABE
Biglietteria Teatro Sanzio, il sabato precedente lo spettacolo
dalle ore 17 alle ore 19, la domenica di spettacolo dalle ore 16
settore A € 20,00ridotto* € 15,00
settore B€ 15,00ridotto* € 12,00
settore C€ 10,00
TEATROLTRE
posto unico numerato10 euro ridotto* 8 euro
LA CITTÀ IN SCENA
settore A € 10,00 | settore B € 8,00 | settore C € 5,00
* fino a 24 anni, studenti e convenzionati vari. Per Il barbiere di Siviglia anche per iscritti scuole danza. Previste riduzioni sui biglietti per possessori Marche Cultura Card e Carta Regionale dello Studente
ANDAR PER FIABE
posto unico numerato€ 8,00 | ridotto € 5,00 [da 4 a 14 anni]
INFORMAZIONI
http://www.vieniaurbino.it
http://www.amatmarche.net
INIZIO SPETTACOLI
ore 21
Andar per fiabe ore 17







