
(AGENPARL) – lun 11 luglio 2022 Pubblicato il 11/07/2022
N. 05789/2022REG.PROV.COLL.
N. 01592/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1592 del 2022, proposto dal dottor Angelo Spirito, rappresentato e difeso dal professore avvocato Franco Gaetano Scoca, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio legale in Roma, Via Giovanni Paisiello, n. 55- ricorrente
contro
il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM), in persona del Presidente pro tempore, e il Ministero della giustizia, in persona del Ministro pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12
nei confronti
il dottor Pietro Curzio, rappresentato e difeso dai professori avvocati Massimo Luciani e Patrizio Ivo D’Andrea, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del professore avvocato Massimo Luciani in Roma, Lungo Tevere Raffaello Sanzio, n. 9- controinteressato
per l’ottemperanza
della sentenza del Consiglio di Stato, Sezione V, 14 gennaio 2022, n. 268, resa tra le parti
Visti il ricorso per l’ottemperanza ed i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Consiglio Superiore della Magistratura e del Ministero della giustizia;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del dottor Pietro Curzio;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 3 maggio 2022 il consigliere Fabio Franconiero e uditi per le parti i professori avvocati Franco Gaetano Scoca e Patrizio Ivo D’Andrea e gli avvocati dello Stato Marina Russo e Leonello Mariani;
Riconvocata la camera di consiglio in data 11 maggio 2022, ai sensi dell’art. 75, comma 2, cod. proc. amm.;
Estensore il consigliere Daniela Di Carlo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
2. La vicenda trae origine dalla decisione assunta dal Plenum del CSM nella seduta del 15 luglio 2020, con la quale si è deliberato di conferire al controinteressato le funzioni giurisdizionali apicali di legittimità di Primo Presidente della Corte di cassazione.
Il ricorrente ha impugnato la suddetta delibera e ne ha censurato la legittimità sotto svariati profili di violazione di legge ed eccesso di potere.
Con la sentenza n. 4235 del 2021, il TAR per il Lazio, Roma, Sezione I, ha respinto il ricorso.
A quel punto, il ricorrente ha interposto appello.
Con la sentenza del 14 gennaio 2022, n. 268, di cui oggi si chiede l’ottemperanza, il Consiglio di Stato ha accolto l’appello e, in riforma della sentenza di primo grado, il ricorso originario, annullando di conseguenza la delibera impugnata.
3. Nell’instaurare l’odierno giudizio, il ricorrente sostiene che la nuova delibera, assunta dal Plenum del CSM nella seduta del 20 gennaio 2022, non eseguirebbe correttamente la sentenza di appello, ed anzi la eluderebbe.
Secondo la sua prospettazione difensiva, il “manifesto intento elusivo” dell’operato del CSM sarebbe evincibile già sulla base del raffronto della struttura fra la vecchia e la nuova delibera.
Più precisamente, la delibera annullata aveva una struttura singolare: dopo il richiamo ai riferimenti normativi, erano elencati i candidati e si riassumevano per ciascuno di essi “i tratti salienti della carriera professionale”. Subito dopo, ma prima della valutazione comparativa dei candidati, la delibera motivava che il controinteressato “risulta senza dubbio il magistrato più idoneo, per attitudini e merito, al conferimento dell’ufficio messo a concorso”. Seguiva l’esame del fascicolo personale del solo controinteressato: un esame analitico che si estendeva da pagina 6 a pagina 20. Dopodiché, vi era il paragrafo intitolato “Comparazione con gli altri candidati”, in cui si dava atto della recessività del profilo di ciascuno dei predetti candidati rispetto al profilo del controinteressato, e si passava così ad illustrare i titoli del controinteressato, subito dopo “confrontandoli” con quelli di ogni concorrente.
La nuova delibera sarebbe stata redatta, invece, con una tecnica diversa: anziché far precedere la valutazione comparativa dall’illustrazione della carriera professionale del controinteressato, il CSM ha proceduto direttamente alla valutazione comparativa dei due candidati e, “al fine di dare l’apparenza di aver ottemperato alle statuizioni del Consiglio di Stato, ha implementato la motivazione per giustificare la prevalenza del dott. Curzio. Tuttavia – salvo che per i riferimenti alla sentenza n. 268/2022 del Consiglio di Stato e per alcuni emendamenti meramente “stilistici” – le parti della motivazione che sono state aggiunte sono sostanzialmente le medesime che, nella delibera del 15/7/2020, erano contenute nella lunga illustrazione della carriera del controinteressato. In pratica, con un sapiente e malizioso uso della tecnica del “copia/incolla” (adoperata anche per le difese svolte nel giudizio), il CSM ha adottato una delibera che è, nella sostanza, la mera ripetizione della delibera già annullata dal Consiglio di Stato”.
In sostanza, a parere del ricorrente, il CSM avrebbe adottato (anzi, ri-adottato) una delibera che sarebbe la mera ripetizione di quella già annullata dal Consiglio di Stato, semplicemente spostando graficamente l’esposizione dei dati, in maniera tale da fare risultare più, o meglio motivata, la parte giudicata carente ed annullata, ed utilizzando una nuova terminologia, senza, tuttavia, che il senso delle parole sia valso a tramutare in un nuovo giudizio la precedente (annullata) valutazione dei fatti, rimasti anch’essi, nella sostanza, i medesimi.
4. Il ricorrente censura, inoltre, la proposta della Quinta Commissione, in quanto atto presupposto rispetto alla delibera impugnata, dalla quale mutuerebbe le medesime ragioni di nullità, e l’atto di concerto espresso dal Ministro della giustizia sulla ridetta proposta, ritenendolo, anch’esso, affetto da nullità, in quanto il Ministro avrebbe dovuto esprimere un nuovo concerto, anziché limitarsi a rinnovarlo.
5. Il CSM ed il Ministero della giustizia hanno difeso il proprio operato ed hanno chiesto la reiezione del ricorso.
6. Il controinteressato ha anch’esso resistito al ricorso, argomentando circa la sua inammissibilità e, comunque sia, anche in ordine alla sua infondatezza nel merito.
7. In data 29 marzo 2022, il ricorrente ha rinunciato all’istanza cautelare, attesa la prossimità della udienza fissata per la decisione definitiva della causa.
8. Le parti hanno ulteriormente insistito sulle rispettive tesi difensive, mediante il deposito di documenti, memorie integrative e memorie di replica.
9. La causa è stata decisa all’esito della discussione delle parti svoltasi all’udienza del 3 maggio 2022, ed anche a seguito della riconvocazione della camera di consiglio il successivo 11 maggio, ai sensi dell’art. 75, comma 2, cod. proc. amm.
10. La Sezione ritiene che il ricorso non sia fondato e che debba essere, pertanto, respinto.
11. Nel caso in cui sia denunciata, come nel caso di specie, l’elusività del comportamento serbato dall’Amministrazione rispetto alla pronuncia da ottemperare, il giudizio di ottemperanza si svolge attraverso una triplice operazione logico-giuridica, comprensiva delle seguenti fasi:
a) interpretazione del decisum giurisdizionale, al fine di individuare il comportamento doveroso per l’Amministrazione;
b) accertamento del comportamento in effetti tenuto dall’Amministrazione;
c) valutazione della conformità del comportamento tenuto dall’Amministrazione rispetto a quello che la medesima avrebbe dovuto tenere.
12. L’operazione sub a), ossia l’attività di interpretazione del decisum giurisdizionale, si sostanzia anzitutto attraverso la descrizione del contenuto dispositivo dei capi di pronuncia rispetto ai motivi di impugnazione dell’atto, secondo il principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, ma non si esaurisce in essa.
L’attività interpretativa è infatti indirizzata all’individuazione del contenuto precettivo della ‘regola del caso deciso’, con effetto conformativo sulla futura riedizione del potere, che potrà esprimersi senza limitazioni nel tratto lasciato libero dal decisum giurisdizionale, mentre resterà astretta dai vincoli nascenti dalla decisione, ovverossia dalle regole e principi sulla base dei quali il giudice della cognizione ha stabilito che il rapporto giuridico in contestazione fra le parti debba trovare la propria regolazione.
In questo senso, l’attività di interpretazione del decisum è sempre attività di regolazione del rapporto giuridico, perché nel giudizio di cognizione la regula iuris è stabilita, mentre nel giudizio di ottemperanza, quella medesima regola è concretamente applicata.
È noto, a questo proposito, l’indirizzo esegetico, costantemente seguito dalla giurisprudenza amministrativa, secondo cui la dinamicità e relativa flessibilità che caratterizzano la sentenza amministrativa (anche quella non ancora passata in giudicato purché, come nel caso di specie, non sospesa nella sua efficacia esecutiva), nel costante dialogo che la stessa instaura con il successivo esercizio del potere amministrativo, permettono al giudice dell’ottemperanza non solo di completare la decisione con nuove statuizioni integrative della pronuncia, ma anche di specificarne la portata e gli effetti conformativi (ex multis, Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, sentenze del 15 gennaio 2013, n. 2 e del 9 giugno 2016, n. 11, e la giurisprudenza ivi citata).
Il suddetto meccanismo non opera al di fuori del sistema, e cioè in maniera straordinaria e avulsa dalle regole ordinarie che governano il processo di cognizione, ma solo nei limiti in cui sia predicabile la cognizione esecutiva.
La sentenza amministrativa costituisce, infatti, titolo per l’azione esecutiva, non per la prosecuzione del giudizio di cognizione, e il giudizio di cui agli artt. 112 e seguenti del cod. proc. amm. è volto a tradurre in atto le statuizioni già contenute, ancorché implicitamente o prospetticamente, nella sentenza definitiva (o in quella non sospesa nella sua efficacia esecutiva), senza che si possa incidere sui tratti liberi dell’azione amministrativa, lasciati ‘impregiudicati’ dalla decisione, e nei limiti in cui l’ulteriore svolgimento dell’azione sia comunque già desumibile, nei suoi tratti essenziali, dalla sentenza da portare ad esecuzione (fra le tante, Consiglio di Stato, Sezione V, 8 luglio 2021, n. 5196).
13. Sotto il primo profilo, e cioè quello concernente il contenuto dispositivo, la sentenza di cui si lamenta l’inottemperanza è sufficientemente chiara nel descrivere quali siano le eccezioni e le domande accolte, e quali, invece, quelle respinte.
Più in particolare, la sentenza, dopo avere respinto alcune eccezioni preliminari di inammissibilità del gravame sollevate dal controinteressato, ha rigettato anche il primo motivo di appello, ossia il motivo con cui il ricorrente ha lamentato il mancato accoglimento, in primo grado, della censura con cui si contestava l’illegittimità della delibera per la mancanza di una vera e propria valutazione comparativa fra i candidati.
La sentenza ha accolto, invece, il secondo, il terzo ed il quarto motivo di appello, ovverossia le censure con cui si contestavano, rispettivamente:
i) il giudizio di equivalenza espresso dal CSM sui candidati in relazione agli indicatori specifici di cui alle lettere a) e b) dell’art. 21, T.U. Dirigenza;
ii) il giudizio di prevalenza espresso dal CSM sul profilo del controinteressato in relazione agli indicatori specifici di cui alle lettere c) e d) del medesimo T.U.;
iii) l’omessa disamina incrociata degli indicatori specifici.
La sentenza ha assorbito, invece, i rilievi mossi dall’appellante in ordine alla mancata valorizzazione ed erronea qualificazione dei profili riguardanti la propria esperienza, in specie quella di natura ordinamentale ed organizzativa, con la motivazione che il CSM ne aveva dato comunque conto nel paragrafo 4.2 della delibera, e che l’accoglimento dell’appello avrebbe portato alla rieffusione “del potere amministrativo, nel rispetto delle competenze e attribuzioni proprie del Csm, in conformità con le superiori statuizioni”.
14. Va soggiunto che la sentenza ottemperanda è sufficientemente chiara anche per quel che riguarda il secondo profilo, ossia l’enunciazione delle regole precettive sulla base delle quali la futura attività amministrativa dovrà essere riesercitata per regolare il rapporto giuridico in contestazione, essendo state chiaramente e adeguatamente esposte le ragioni, giuridiche e di fatto, che hanno determinato l’accoglimento del ricorso: trattasi, come si vedrà più dettagliatamente nel prosieguo della motivazione, di ragioni che pertengono unicamente al riscontro di carenze e insufficienze della motivazione dell’atto.
14.1. Più in particolare, l’accoglimento del secondo motivo di appello è stato incentrato sulla motivazione che “si appalesa manifestamente irragionevole e difettosamente motivato il giudizio espresso dal Csm in relazione agli indicatori specifici sub lett. a) e b) dell’art. 21 del Testo unico. È infatti palese la (consistente) maggior esperienza del dott. Spirito sul parametro di cui alla lett. a), rispetto al quale la stessa delibera dà conto che mentre l’appellante “svolge funzioni di legittimità da lungo tempo (dal 1996 come applicato e poi dal 2002 come consigliere)”, e dunque “da quasi venticinque anni”, “dal 2016 anche con funzioni direttive”, il dott. Curzio “svolge funzioni di legittimità dal 2007”, cioè “da circa tredici anni”.
Lo stesso è a dirsi per l’indicatore sub lett. b), considerato che l’appellante ha preso parte alle Sezioni Unite “dal 2008 al 2016 [periodo nel corso del quale “ha steso ben 172 sentenze per le Sezioni Unite, dalle quali risultano estratte 103 massime”] e quindi dal 2018 quale Presidente titolare” (avendo anche presieduto il collegio “quale facente funzioni del Primo Presidente” in relazione a 211 provvedimenti), mentre il controinteressato ne è componente “dal marzo 2014 quale consigliere, dal giugno 2016 quale presidente di sezione, e dal gennaio 2018 quale presidente titolare della Sesta sezione civile”, avendo svolto anche “durante l’anno 2019 […] in più occasioni le funzioni di presidente facente funzioni su delega del Primo Presidente”.
La sentenza ha poi proseguito a motivare che “Quanto all’indicatore sub lett. a) non vale infatti limitarsi ad affermare che “il fatto che il dott. Spirito svolga funzioni di legittimità da più tempo del dott. Curzio non appare significativo, in considerazione dell’assoluta padronanza da parte del dott. Curzio delle funzioni di legittimità, attestata da tutte le valutazioni che sottolineano l’eccezionale professionalità dimostrata anche in tali funzioni”, stante l’aspecificità e astrattezza del riferimento, non in grado di fornire spiegazione concreta e circostanziata della ragione per cui esperienze (così consistentemente) diverse possano ritenersi sostanzialmente equivalenti. Lo stesso è a dirsi per l’affermazione della maggior completezza dell’esperienza del dott. Curzio, “avendo inizialmente per oltre un anno svolto funzioni penali, sottoscrivendo importanti sentenze, per poi venire assegnato alla Sezione lavoro e alle Sezioni Unite civili”: il richiamo a “oltre un anno” di funzioni penali – peraltro non estranee all’esperienza complessiva del dott. Spirito – non consente infatti di motivare, da solo, secondo canoni di ragionevolezza e piena intellegibilità, la conclusione di sostanziale equivalenza a fronte di un così considerevole divario quantitativo-temporale nell’esercizio delle funzioni di legittimità. Né vengono del resto forniti altri elementi idonei a sostenere un giudizio di diversa “pregnanza” delle esperienze in comparazione.
Lo stesso è a dirsi rispetto all’indicatore specifico sub lett. b), in relazione al quale – anche al di là del suddetto errore denunciato dall’appellante in ordine alla quantificazione degli anni trascorsi dal dott. Curzio in Sezioni Unite, avendo comunque la stessa amministrazione riconosciuto come l’esperienza dell’appellato ammonti a 4 anni e 10 mesi (cfr. memoria, pag. 22) – sussiste un oggettivo e considerevole divario di fronte al quale la delibera si limita ad affermare che “non pare la differenza temporale particolarmente significativa, considerato che peraltro entrambi hanno svolto in più occasioni con autorevolezza le funzioni di Presidente facente funzioni su delega del Primo Presidente, sottoscrivendo molteplici decisioni”: il che non vale a offrire ragionevole e compiuta spiegazione dell’esito valutativo, finendo invece per sminuire il significato concreto dell’indicatore specifico. In tale contesto, l’oggettiva consistenza dei dati curriculari nei termini suindicati avrebbe richiesto una (ben diversa e) più adeguata motivazione in ordine alle conclusioni raggiunte dal Csm: seppure il dato quantitativo-temporale sul possesso degli indicatori specifici non ha infatti valore assorbente e insuperabile, né implica di per sé alcun automatismo sull’esito valutativo, occorre nondimeno una motivazione ragionevole e adeguata per poter giustificare una conclusione difforme dalle (univoche) emergenze dei dati oggettivi.”.
Alla luce delle suddette argomentazioni, le regulae iuris che si ricavano in via esegetica sono le seguenti:
i) esiste, in fatto, un divario quantitativo-temporale sul possesso degli indicatori specifici di cui alle lettere a) e b), dell’art. 21, T.U. Dirigenza;
b) il divario, in sé, non ha valore assorbente e insuperabile, né implica esiti valutativi automatici e scontati;
c) occorre una motivazione ragionevole ed adeguata, che dia conto sia delle emergenze dei dati oggettivi, sia degli elementi idonei a sostenere un giudizio di diversa “pregnanza” delle esperienze in comparazione.
14.2. L’accoglimento del terzo motivo è stato incentrato, invece, sulla base della non corretta motivazione circa l’applicazione dell’indicatore di cui alla lett. c), dell’art. 21, T.U., in relazione all’attività di spoglio.
In particolare, la sentenza, partendo dalla premessa di fatto per cui “il dottor Spirito dal marzo 1992 al dicembre 1996 è stato destinato, quale magistrato di tribunale, all’Ufficio del Massimario e del Ruolo della Corte di Cassazione, ove è stato addetto al servizio civile”, e che ivi ha svolto un’attività di “cosiddetta fogliettazione (che consisteva nella redazione di una relazione per ognuno dei ricorsi da trattare) per le tre sezioni civili cosiddette generaliste e poi esclusivamente al servizio della Prima sezione civile e alla redazione di relazioni per le Sezioni Unite in ipotesi di contrasto di giurisprudenza, di questioni di massima di particolare importanza e di conflitti di giurisdizione”, venendo poi addetto alla massimazione delle sentenze delle Sezioni Unite e della Prima Sezione civile. La delibera pone in risalto altresì che l’appellante ha successivamente svolto “le funzioni di magistrato d’appello destinato alla Corte di Cassazione [continuando] il servizio presso il Massimario […]”, è giunta alla conclusione che la funzione che il magistrato assolveva in quegli anni presso l’Ufficio del Massimario era tale da ricomprendere, nella sostanza, l’attività di spoglio, “a prescindere dalla formale assegnazione ad un’unità organizzativa a ciò appositamente deputata”.
Anche in questo caso, le regulae iuris che si ricavano dallo sviluppo logico-argomentativo della pronuncia, sono sufficientemente chiare:
i) ai fini dell’indicatore specifico, lo spoglio rileva non come funzione, ma come attività;
ii) l’espletamento dell’attività prevale rispetto alla formale assegnazione ad un’unità organizzativa a ciò appositamente deputata;
iii) occorre una motivazione ragionevole ed adeguata, che dia conto sia delle emergenze dei dati oggettivi, sia degli elementi idonei a sostenere un giudizio di diversa “pregnanza” delle esperienze in comparazione.
14.3. Infine, il quarto motivo di appello è stato accolto sulla base della inadeguata motivazione circa l’applicazione dell’indicatore specifico di cui alla lettera d), dell’art. 21, T.U., in relazione all’attività svolta presso la Sesta Sezione civile della Corte di cassazione.
Partendo, anche in questo caso, da una precisa premessa di fatto, ossia che il giudizio di prevalenza espresso dal CSM si era incentrato sulle peculiarità della Sesta Sezione civile, sia in virtù del ruolo essenziale e strategico che la stessa presenta quale Sezione “filtro”, sia alla luce delle sue caratteristiche organizzative, trattandosi di Sezione articolata in più sottosezioni richiedenti un’attività di raccordo e coordinamento tale da far acquisire una visione d’insieme sull’intero ufficio, la sentenza è giunta alla conclusione che la delibera impugnata esorbitasse dai margini di discrezionalità riconosciuti al CSM, risolvendosi in una preferenza precostituita per l’esperienza maturata presso una specifica Sezione dell’ufficio, in assenza di criteri predeterminati in tal senso dal T.U. Dirigenza, e ben al di là del significato proprio del principio funzionalistico di cui all’art. 25, comma 1, Testo unico. In particolare, secondo la sentenza, “La valutazione espressa finisce infatti per prediligere staticamente (e in termini aprioristici) una Sezione dell’ufficio rispetto alle altre; e sebbene non si possa neppure pervenire ad obliterare tout court – altrettanto acriticamente – la rilevanza dell’attività svolta presso la Sesta Sezione (la quale partecipa comunque all’elaborazione della giurisprudenza di legittimità, oltreché all’individuazione delle questioni da rimettere alle altre sezioni, a prescindere peraltro dal sistema d’assegnazione dei magistrati alla Sezione), la motivazione sostanzialmente incentrata sulla superiorità dell’attività direzionale di una Sezione anziché delle altre non risulta di per sé adeguata a sorreggere il giudizio di prevalenza, e va al di là della opinabilità, e cioè del fisiologico esercizio della discrezionalità spettante all’amministrazione nel quadro degli indicatori previsti dal Testo unico. In tale prospettiva, la motivazione spesa si esaurisce e viene a coincidere invero con un (autonomo e postumo) criterio valutativo – incentrato sulla posizione attitudinale privilegiata riconosciuta all’esercizio delle funzioni direttive in una data Sezione della Corte – privo delle necessarie garanzie di predeterminazione e sorvegliabilità della ponderazione e del nesso fra premesse e risultati conclusivi: il che conduce evidentemente ben oltre la discrezionalità valutativa nell’apprezzamento dell’uno o dell’altro profilo curriculare”.
Anche in questo caso, le regulae iuris per il futuro riesercizio del potere amministrativo sono state adeguatamente enunciate:
i) non è consentito prediligere, staticamente ed in termini aprioristici, una Sezione dell’ufficio rispetto alle altre;
ii) è consentito, invece, motivare circa la struttura, la funzione e le caratteristiche oggettive dell’attività svolta presso le diverse Sezioni che compongono l’ufficio;
iii) la motivazione adeguata a sorreggere il giudizio di prevalenza è quella che ha natura ‘relazionale’, ovverossia quella che rappresenta la sintesi della comparazione fra le attività materialmente svolte presso le Sezioni dell’ufficio, senza cioè che si possa predicare una astratta e precostituita superiorità di un’articolazione funzionale rispetto alle altre, che sono dunque tutte pari ordinate.
15. Le regole conformative appena illustrate torneranno utili quando si affronterà la questione sub c), mentre occorre ora concentrarsi sulla questione sub b), essendo logicamente prioritario stabilire quale sia stato il comportamento in effetti serbato dall’Amministrazione in sede di spontaneo riesercizio del potere.
Ciò implica lo scrutinio del contenuto della nuova delibera assunta dal CSM.
La delibera si apre con l’illustrazione sintetica del percorso professionale del ricorrente e del controinteressato, secondo l’ordine di anzianità nel ruolo, ai sensi della circolare del CSM denominata P-14858-2015 del 28 luglio 2015, recante il nuovo Testo Unico sulla Dirigenza giudiziaria:
Illustra i principi generali della materia, come recati dal ridetto Testo Unico: in particolare, espone i criteri per il conferimento degli incarichi dirigenziali ed i parametri del merito e delle attitudini e, tra questi ultimi, gli indicatori generali e specifici.
Passa a descrivere, separatamente, il percorso professionale dei candidati.
Infine, previa comparazione fra i candidati, conferma i giudizi di equivalenza secondo gli indicatori specifici di cui alle lettere a) e b) dell’art. 21, T.U., nonché i giudizi di prevalenza del controinteressato secondo gli indicatori specifici di cui alle lettere c) e d) del medesimo articolo 21.
Scendendo più nel dettaglio:
15.1. nel confermare l’equivalenza dell’indicatore specifico di cui alla lettera a) “l’adeguato periodo di permanenza nelle funzioni di legittimità almeno protratto per sei anni complessivi anche se non continuativi”), la delibera dà atto sia della circostanza, fattuale, che la delibera annullata aveva motivato che “il fatto che il dott. Spirito svolga funzioni di legittimità da più tempo del dott. Curzio non appare significativo, in considerazione dell’assoluta padronanza da parte del dott. Curzio delle funzioni di legittimità, attestata da tutte le valutazioni che sottolineano l’eccezionale professionalità dimostrata anche in tali funzioni”, sia del fatto che il Consiglio di Stato aveva ritenuto la ridetta motivazione insufficiente a sostenere l’atto impugnato, considerando “manifestamente irragionevole e difettosamente motivato il giudizio espresso dal CSM in relazione all’indicatore specifico di cui alla lett. a) dell’art. 21 TU, perché “l’aspecificità e astrattezza del riferimento, non è in grado di fornire spiegazione concreta e circostanziata della ragione per cui esperienze (così consistentemente) diverse possano ritenersi sostanzialmente equivalenti” e che “il richiamo a “oltre un anno” di funzioni penali – peraltro non estranee all’esperienza complessiva del dott. Spirito – non consente … di motivare, da solo, secondo canoni di ragionevolezza e piena intellegibilità, la conclusione di sostanziale equivalenza a fronte di un così considerevole divario quantitativo-temporale nell’esercizio delle funzioni di legittimità. Né vengono del resto forniti altri elementi idonei a sostenere un giudizio di diversa “pregnanza” delle esperienze in comparazione … In tale contesto, l’oggettiva consistenza dei dati curriculari nei termini suindicati avrebbe richiesto una (ben diversa e) più adeguata motivazione in ordine alle conclusioni raggiunte dal Csm: seppure il dato quantitativo-temporale sul possesso degli indicatori specifici non ha infatti valore assorbente e insuperabile, né implica di per sé alcun automatismo sull’esito valutativo, occorre nondimeno una motivazione ragionevole e adeguata per poter giustificare una conclusione difforme dalle (univoche) emergenze dei dati oggettivi. Tanto in più in un caso, quale quello in esame, in cui l’importanza del posto a concorso, gli eccellenti profili dei candidati in competizione e la indiscutibile rilevanza dei loro curricula impongono – oltre ad un’attenta, accurata e completa ricognizione di tutti gli aspetti della rispettiva carriera, anche attraverso la opportuna comparazione – un particolare obbligo di motivazione, puntuale ed analitico, tale da far emergere in modo quanto più preciso ed esauriente le ragioni della prevalenza di un candidato sull’altro”.
Per superare le ridette insufficienze motivazionali, la delibera motiva circa il fatto che “non si può non evidenziare come entrambi i candidati svolgono eccellentemente funzioni di legittimità da un periodo ben superiore ai sei anni previsti dalla richiamata disposizione e quindi sono egualmente in possesso dell’indicatore specifico.
Il dott. Spirito svolge funzioni di legittimità da quasi venticinque anni, per la precisione dal 1996, inizialmente come magistrato di appello destinato alla Corte di Cassazione con autorizzazione a svolgere attività presso le sezioni per due udienze al mese – continuando a prestare servizio al Massimario -, e quindi dal 2002 quale consigliere, assegnato inizialmente alla prima sezione civile e quindi alla terza sezione civile, dal 2008 anche alle Sezioni unite civili, dal 2016 con funzioni direttive inizialmente come presidente non titolare e dal 2018 come presidente titolare della terza sezione civile, con presidenze anche del collegio tributario. Peraltro, va pure evidenziato come il dott. Spirito dal 1996 al 2002, e quindi per sei anni ha svolto sì funzioni di legittimità, ma come magistrato di appello applicato alle sezioni per due udienze al mese, svolgendo contemporaneamente anche l’attività (di merito) presso l’ufficio del Massimario. Pertanto per sei anni le funzioni di legittimità sono state svolte solo quale applicato e non in via esclusiva, venendo quindi in rilievo per tale periodo un’esperienza con un livello di professionalità inferiore a quello dell’esercizio delle funzioni giurisdizionali di legittimità, e quindi complessivamente meno pregnante di quella sviluppata come consigliere della Corte di Cassazione dal 2002.
Il dott. Curzio vanta funzioni di legittimità per quasi tredici anni, e quindi può far valere un esercizio di funzioni di legittimità significativamente superiore ai sei anni previsti dall’art. 21 lettera a) TU, pari ad oltre il doppio del periodo previsto da tale disposizione. In particolare, svolge funzioni di legittimità dall’ottobre 2007, inizialmente assegnato alla seconda sezione penale, quindi alla sezione lavoro, dal luglio 2010 quale componente della sesta sezione civile con il ruolo dal gennaio 2014 di coordinatore della sottosezione lavoro, dal marzo 2014 anche alle Sezioni unite civili, dal 2016 come Presidente di sezione, inizialmente non titolare e dal 2018 come Presidente di sezione titolare. In tale arco temporale il dott. Curzio ha sviluppato una professionalità di assoluta eccellenza nello svolgimento delle funzioni di legittimità, come evidenziato nel parere attitudinale che sottolinea l'”eccellente preparazione tecnico-professionale sia nel campo del diritto sostanziale che quello processuale”, e di come “l’attività espletata ha costantemente rivelato doti di eccellente preparazione giuridica e particolare propensione allo studio e all’approfondimento scientifico”. Il parere sottolinea peraltro come il dott. Curzio è autore di numerosissime sentenze pubblicate anche in riviste scientifiche, e dopo la nomina a presidente di sezione ha redatto tra le altre ulteriori sentenze di grande rilievo sistematico e nomofilattico, e durante l’anno 2019 ha svolto in più occasioni le funzioni di Presidente facente funzioni su delega del Primo Presidente, sottoscrivendo in tale qualità numerose sentenze delle Sezioni unite civili. Alla Corte di cassazione il dott. Curzio è stato assegnato inizialmente alla seconda sezione penale ove ha prestato servizio per oltre un anno e ha trattato procedimenti di particolare complessità, redigendo numerose sentenze relative a maxi processi di mafia, camorra e ‘ndrangheta. Trasferito poi alla sezione lavoro, anche in tali funzioni il dott. Curzio ha dimostrato un’eccellente professionalità, come dimostrato dal conferimento dopo solo sei anni (nel gennaio 2014) del ruolo di coordinatore della sottosezione lavoro della sesta sezione civile. Pare sufficiente a tal proposito rinviare al rapporto del Presidente titolare della Sezione Lavoro per il conferimento dell’incarico di presidente di sezione, richiamato nella delibera di nomina a Presidente di Sezione, secondo il quale: “Il contributo all’attività della Sezione è dimostrato anche dalla nomina a Coordinatore della Sottosezione, ove ha rivelato un’efficienza provata dai dati statistici. Nelle camere di consiglio il dott. Curzio dà sempre un prezioso contributo di sapienza giuridica, particolarmente nelle materie riguardanti i licenziamenti, il sistema pensionistico e il diritto sindacale: i suoi interventi sono caratterizzati da una capacità persuasiva che deriva dall’attitudine all’approfondimento delle questioni e alla capacità di rivolgersi ai colleghi in modo signorile ed affabile. Notevole è il suo apporto alla formazione dei colleghi, specie quelli di recente nomina a consigliere di cassazione, che egli sa introdurre alle peculiarità del giudizio di legittimità”.
Inoltre, proprio in considerazione dell’eccellente professionalità dimostrata nelle funzioni di legittimità il dott. Curzio, sempre nel 2014, e quindi dopo sei anni di funzioni di legittimità nel settore civile, è stato nominato componente delle Sezioni Unite civili. Sul punto va rilevato come la nomina a componente delle Sezioni Unite avviene all’esito di una procedura concorsuale nella quale assume rilievo l’attitudine, la capacità dimostrata proprio nell’esercizio delle funzioni di legittimità (cfr. da ultimo art. 22 delle tabelle 2020-2022, ma in termini sostanzialmente analoghe le precedenti tabelle).
Ulteriormente, il livello di assoluta eccellenza dimostrato dal dott. Curzio nelle funzioni di legittimità è attestato dalla sua nomina a Presidente di Sezione della Corte di Cassazione nel 2016, dopo (soli) nove anni di esperienza nella legittimità, venendo poi nel 2018 nominato Presidente titolare della Sesta sezione civile e nel marzo 2020 Presidente titolare della Sezione lavoro. Va inoltre sottolineato come in veste di presidente di sezione ha partecipato alla Sezioni unite non solo come presidente titolare, ma anche come presidente non titolare.”.
Conclude, alfine, che “È proprio il carattere di assoluta eccellenza della professionalità del dott. Curzio nelle funzioni di legittimità, attestata non solo nei diversi pareri ma anche proprio dallo sviluppo della carriera nelle funzioni di legittimità, particolarmente rapido nelle sue tappe, che conferma la completa padronanza delle funzioni di legittimità nella sua massima intensità possibile, tale da non potersi ipotizzare alcun ulteriore arricchimento determinato da un ulteriore decorso del tempo. Il che vale a giustificare, appunto, la sua equivalenza con il dott. Spirito, pur a fronte di esperienze temporali così consistentemente diverse. D’altra parte, lo stesso Consiglio di Stato ha affermato che, laddove sia dimostrata “l’assoluta padronanza delle funzioni di legittimità del controinteressato”, si deve escludere che “la minore durata delle funzioni di legittimità svolte corrisponda ad una minore padronanza delle funzioni” (v. C.d.S., sentenza n. 913/2021).
Peraltro sotto il profilo della completezza della esperienza di legittimità, se il dott. Spirito ha sempre svolto funzioni nel solo settore civile, il dott. Curzio per oltre un anno è stato assegnato anche al settore penale, ove come si è detto ha redatto numerose sentenze relative a maxi processi di mafia, camorra e‘ndrangheta. In particolare, ha redatto la sentenza sul clan Mazzarella di Napoli (26 novembre 2008); varie sentenze sulle cosche calabresi e, fra queste, le sentenze a carico di esponenti del clan Polifroni (6 maggio 2008), del clan Morabito (3 luglio 2008), dei fratelli Marcianò Giuseppe ed Alessandro nonché di Crea Domenico ed Antonio più altri associati, relative alla responsabilità per l’omicidio del dott. Fortugno, vice-presidente del Consiglio regionale calabrese. Ha altresì redatto alcune sentenze di particolare rilievo tecnico giuridico, come quella relativa alle conseguenze sulla prescrizione del reato dell’astensione dalle udienze degli avvocati, che ha portato ad un nuovo orientamento della Corte di cassazione, poi adottato anche dalle altre sezioni e dall’ufficio che si occupa dello spoglio (Cass., 12 febbraio 2008, Rosano, in Foro it., 2009, II, 59). Pertanto l’esperienza nelle funzioni penali pur sviluppata per un periodo temporale limitato dal dott. Curzio è stata particolarmente significativa. Considerato il ruolo del Primo Presidente di direzione della Corte di Cassazione nel suo complesso, quindi sia in relazione al settore civile (comprensivo del settore lavoro) che a quello penale, lo sviluppo delle esperienze in entrambi i settori appare significativo proprio l’acquisizione della piena consapevolezza delle funzioni da dirigere nelle sue diverse articolazioni.”.
15.2. La nuova delibera conferma pure l’equivalenza dell’indicatore specifico di cui all’art. 21, lettera b), T.U. Dirigenza (“la partecipazione alle Sezioni Unite”). Nel fare ciò, parte da una specifica premessa di fatto, ossia che “Il Consiglio di Stato ha ritenuto in relazione a tale indicatore come “manifestamente irragionevole e difettosamente motivato il giudizio espresso dal CSM in relazione agli indicatori specifici sub lett. … b) dell’art. 21 TU”, evidenziando come, richiamando le analoghe argomentazioni sviluppate in ordine all’art. 21 lettera a) TU, “Lo stesso è a dirsi rispetto all’indicatore specifico sub lett. b), in relazione al quale …sussiste un oggettivo e considerevole divario di fronte al quale la delibera si limita ad affermare che “non pare la differenza temporale particolarmente significativa, considerato che peraltro entrambi hanno svolto in più occasioni con autorevolezza le funzioni di Presidente facente funzioni su delega del Primo Presidente, sottoscrivendo molteplici decisioni”: il che non vale a offrire ragionevole e compiuta spiegazione dell’esito valutativo, finendo invece per sminuire il significato concreto dell’indicatore specifico. In tale contesto, l’oggettiva consistenza dei dati curriculari nei termini suindicati avrebbe richiesto una (ben diversa e) più adeguata motivazione in ordine alle conclusioni raggiunte dal Csm: seppure il dato quantitativo-temporale sul possesso degli indicatori specifici non ha infatti valore assorbente e insuperabile, né implica di per sé alcun automatismo sull’esito valutativo, occorre nondimeno una motivazione ragionevole e adeguata per poter giustificare una conclusione difforme dalle (univoche) emergenze dei dati oggettivi. Tanto in più in un caso, quale quello in esame, in cui l’importanza del posto a concorso, gli eccellenti profili dei candidati in competizione e la indiscutibile rilevanza dei loro curricula impongono – oltre ad un attenta, accurata e completa ricognizione di tutti gli aspetti della rispettiva carriera, anche attraverso la opportuna comparazione – un particolare obbligo di motivazione, puntuale ed analitico, tale da far emergere in modo quanto più preciso ed esauriente le ragioni della prevalenza di un candidato sull’altro”.
La delibera ripercorre poi le esperienze professionali dei candidati, osservando che “il dott. Spirito è stato componente delle Sezioni unite civili quale consigliere per circa otto anni (dal 2008 al 2016) e dal marzo 2018 ne fa di nuovo parte come Presidente Titolare della Terza Sezione Civile, presiedendo numerose volte il collegio (quale facente funzioni del Primo Presidente), vantando quindi complessivamente un periodo di dieci anni di Sezioni Unite; il dott. Curzio vanta un periodo di circa cinque anni di Sezioni Unite, dal marzo 2014 al settembre 2016 quale consigliere, dal novembre 2017 quale presidente di sezione, prima non titolare e poi dal gennaio 2018 quale presidente titolare della Sesta sezione civile, presiedendo in più occasioni le funzioni di Presidente facente funzioni su delega del Primo Presidente”, per poi concludere che, “Anche in questo caso, come in relazione all’indicatore di cui all’art. 21 lettera a TU, è il carattere di assoluta eccellenza dell’esperienza maturata dal dott. Curzio che conferma il possesso, da parte del medesimo, di quella pienezza di esperienza nella “partecipazione alle Sezioni Unite” che è richiesta come indicatore specifico di attitudine direttiva (anche apicale) di legittimità”, e che ciò, “necessariamente, porta ad un giudizio di equivalenza con il dott. Spirito, pur a fronte di periodi temporali significativamente differenti.”. Più nello specifico, la delibera valorizza l’argomentazione secondo cui “il dott. Curzio, dopo due anni e mezzo di partecipazione alle Sezioni Unite quale consigliere è stato nominato Presidente di Sezione, proprio valutando l’esperienza sviluppata nelle Sezioni Unite (l’art. 21 lettera b TU costituisce indicatore specifico anche per il conferimento delle funzioni direttive di legittimità). Quindi, pur in un periodo temporale di due anni e mezzo, il dott. Curzio ha dimostrato una eccellente professionalità anche alle Sezioni Unite, tanto da venire nominato come Presidente di Sezione. Nella delibera di nomina a Presidente di Sezione si sottolinea come alle Sezioni Unite il dott. Curzio “è stato estensore di numerose sentenze, molte delle quali pubblicate su riviste scientifiche. Tra queste vanno ricordate le sentenze emesse a risoluzione di contrasti: sul concetto di “novità ed indispensabilità” della prova in appello con l’affermazione del “principio di non dispersione della prova” (S.U. 14475/15); sui principi fondamentali che reggono il sistema della “previdenza complementare” (S.U. 477/15); su alcuni principi fondamentali in materia di illeciti disciplinari dei magistrati (S.U. 4953 e 4954 del 2015)”. Inoltre, il dott. Curzio dopo la nomina a Presidente di Sezione, ha partecipato alle Sezioni Unite inizialmente dal novembre 2017 quale Presidente non titolare e quindi dal gennaio 2018 quale Presidente titolare. E sul punto va precisato che mentre tutti i Presidenti titolari compongono di diritto le Sezioni Unite, i semplici consiglieri cessano dall’appartenenza alle sezioni unite una volta nominati presidenti di sezione, potendone far parte come presidenti non titolari solo a seguito di interpello (cfr. art. 18 delle tabelle 2017-2019 vigenti al momento della sua nomina alle Sezioni Unite quale presidente non titolare). Quindi il dott. Curzio, proprio a dimostrazione dell’eccellente professionalità dimostrata alle Sezioni Unite, è stato nominato componente delle Sezioni Unite anche come presidente non titolare (cfr. l’art. 19.7 delle richiamate tabelle prevede come ai fini della nomina del presidente non titolare alle sezioni unite vanno considerati, oltre i requisiti attitudinali per la nomina alle Sezioni unite – fondati innanzitutto sulla spiccata attitudine al giudizio di legittimità -, la pregressa attività di componente delle Sezioni unite e, solo in subordine, l’anzianità di servizio nella funzione e le attività svolte su delega del presidente titolare), mentre il dott. Spirito vanta l’esperienza di partecipazione alle Sezioni Unite unicamente in qualità di presidente titolare (la cui partecipazione è assicurata di diritto, e quindi senza una specifica valutazione dedicata). Inoltre, l’assoluta eccellenza dell’attività svolta dal dott. Curzio (anche) alle Sezioni Unite è messa in evidenza nel parere attitudinale, che sottolinea come “ha redatto, anche dopo la nomina a presidente di sezione, importanti sentenze di grande rilievo sistematico””.
Sulla base di queste considerazioni, conclude che “anche in relazione a tale indicatore è proprio il livello di eccellenza dell’esperienza maturata dal dott. Curzio alle Sezioni Unite, pur nel più breve arco temporale, a dimostrare l’avvenuta acquisizione di una padronanza nella funzione nomofilattica, non suscettibile di ulteriori arricchimenti determinati dal decorso del tempo, e tale da giustificare la sua equivalenza con il dott. Spirito”.
15.3. La delibera conferma la prevalenza del controinteressato anche in relazione all’indicatore specifico di cui all’art. 21, lettera c), T.U. Dirigenza (“l’esperienza maturata all’ufficio spoglio”).
Pure in questo caso, la delibera parte da una precisa premessa di fatto, ovverossia che la sentenza ottemperanda ha statuito che “La stessa delibera dà conto che il dott. Spirito “Dal marzo 1992 al dicembre 1996 è stato destinato, quale magistrato di tribunale, all’Ufficio del Massimario e del Ruolo della Corte di Cassazione, ove è stato addetto al servizio civile”, e che ivi ha svolto un’attività di “cosiddetta fogliettazione (che consisteva nella redazione di una relazione per ognuno dei ricorsi da trattare) per le tre sezioni civili cosiddette generaliste e poi esclusivamente al servizio della Prima sezione civile e alla redazione di relazioni per le Sezioni Unite in ipotesi di contrasto di giurisprudenza, di questioni di massima di particolare importanza e di conflitti di giurisdizione venendo poi addetto alla massimazione delle sentenze delle Sezioni Unite e della Prima Sezione civile. La delibera pone in risalto altresì che l’appellante ha successivamente svolto “le funzioni di magistrato d’appello destinato alla Corte di Cassazione [continuando] il servizio presso il Massimario […]”. Emerge da tale descrizione una cospicua attività svolta dal dott. Spirito, sostanzialmente accostabile a quella di spoglio (cfr. il riferimento alla “fogliettazione” e alle “relazioni” per le Sezioni Unite della Corte), che il Csm trascura in fase di valutazione comparativa in relazione all’indicatore specifico di cui all’art. 21, lett. c). Testo unico”. Alla luce di ciò, la motivazione della delibera in ordine alla valutazione comparata e sull’indicatore specifico sub lett. c). dell’art. 21 del Testo unico – con l’affermazione che il dott. Spirito “non ha pur tuttavia sviluppato concreta attività di esame preliminare dei ricorsi – si appalesa erronea, contraddittoria rispetto alla descrizione preliminare dell’esperienza dell’appellante, o comunque gravemente lacunosa, non fornendo spiegazione delle ragioni di tale assunto, e dunque non valendo a sorreggere ex se le conclusioni comparative accolte”.
La delibera spiega che “le tabelle della Cassazione relativamente al settore civile – risultando entrambi i candidati civilisti – prevedono uno spoglio preliminare effettuato dalla Sesta sezione civile (la cd. Sezione filtro) e uno spoglio sezionale. In particolare, alla sezione sesta, articolata in cinque sottosezioni, è demandata la verifica preliminare prevista dall’art. 376, primo comma, c.p.c.; tutti i ricorsi aventi ad oggetto materie non rientranti nelle competenze delle sezioni unite sono demandati a tale sezioni, che vengono quindi trasmessi ai coordinatori delle sottosezioni che provvedono a trasmetterli ai consiglieri delle sottosezioni; i consiglieri procedono quindi al sommario esame dei fascicoli, all’esito del quale, se ravvisano un’ipotesi di inammissibilità, di manifesta infondatezza o fondatezza del ricorso, redigono la proposta di cui all’art. 380 bis c.p.c., strutturata secondo il modello predisposto dal presidente della sezione, ovvero provvedono alla rimessione alla sezione semplice. Ulteriormente, una volta trasmessi i ricorsi alle singole sezioni, questi sono esaminati dall’ufficio spoglio sezionale, che pone in essere un’attività costituita dalla selezione dei fascicoli, secondo una metodologia (per materia, data di iscrizione, ecc.) individuata dal Presidente titolare, previa consultazione del coordinatore, fermi restando lo spoglio diacronico e la priorità dello spoglio degli affari più risalenti; finalizza la selezione alla formazione di ruoli di udienza omogenei, alla individuazione del contenzioso seriale, di possibili accorpamenti, di questioni con soluzioni giurisprudenziali non univoche, provvedendo anche all’attribuzione di un valore ponderale ai ricorsi. Pertanto per quanto attiene al settore civile, lo spoglio presso il Supremo Collegio ha una duplice portata, quale spoglio preliminare alla VI sezione civile e quale spoglio sezionale, comportando in entrambi i casi un’attività complessa di esame dei fascicoli e di loro valutazione e ragionata selezione, alla sesta sezione ai fini della valutazione dell’inammissibilità o manifesta infondatezza o fondatezza dei ricorsi, alle singole sezioni per l’attribuzione di un peso ponderale e la formazione dei ruoli. Va inoltre ricordato come la VI sesta è stata introdotta con la L. n. 69/2009, mentre in precedenza presso la Corte di Cassazione era stata creata una struttura centralizzata per l’esame preliminare dei ricorsi.”. La delibera osserva pure che “il dott. Curzio ha iniziato l’attività di spoglio dei ricorsi nel 2009, quale componente della “Struttura centralizzata” per lo spoglio dei processi civili, e tale attività è proseguita ininterrottamente dal luglio 2010 quale componente della Sesta Sezione civili, con funzioni, dal gennaio 2014, di Coordinatore della Sottosezione Lavoro, conseguendo ottimi risultati qualitativi e quantitativi; dal gennaio 2018 al marzo 2020 è stato Presidente Titolare della Sesta sezione civile” e che “Il dott. Spirito alla Corte di cassazione quale presidente non titolare ha soltanto coadiuvato il Presidente titolare nella formazione di ruoli di udienza in funzione dello spoglio, oltre ad avere concorso alla ideazione della Sesta sezione civile, venendo subito dopo l’introduzione dell’art. 375 c.p.c. inserito in un gruppo di lavoro per l’attuazione del nuovo rito camerale. Ulteriormente, durante il periodo del Massimario ha svolto un’attività di cosiddetta fogliettazione (che consisteva nella redazione di una relazione per ognuno dei ricorsi da trattare) per le tre sezioni civili cosiddette generaliste e poi esclusivamente al servizio della Prima sezione civile e alla redazione di relazioni per le Sezioni Unite in ipotesi di contrasto di giurisprudenza”. La delibera spiega le ragioni per le quali l’attività di fogliettazione sia accostabile alla funzione di spoglio, senza tuttavia identificarsi con essa: “D’altronde l’attività di fogliettazione si caratterizza per un’attività di preparazione di una relazione dei ricorsi, e quindi in un’attività meramente di studio e preparatoria della decisione, senza tuttavia quell’ulteriore attività di natura valutativa e di selezione dei ricorsi, ai fini delle pronunce di inammissibilità o manifesta fondatezza o infondatezza e della formazione dei ruoli, che caratterizza lo spoglio in senso tecnico”.
Rileva, a questo proposito, che “Per quanto attiene poi alla collaborazione prestata dal dott. Spirito all’organizzazione dell’ufficio in attuazione dell’art. 375 c.p.c. e alla conseguente ideazione di ‘strutture filtro’ che hanno poi condotto all’istituzione della Sesta Sezione Civile, sia all’introduzione, già quando era presidente non titolare della III Sezione, dei nuovi criteri di formazione dei ruoli di udienza, tali esperienze non si sostanziano nel materiale svolgimento di attività di ‘spoglio’, rivelando, eventualmente, valenza attitudinale sotto il diverso profilo delle capacità organizzative” e aggiunge che “anche a voler ricondurre tali attività allo spoglio, tali esperienze appaiono comunque recessive rispetto a quelle del dott. Curzio, che associa una lunga attività di materiale svolgimento dell’attività di spoglio a esperienze anche organizzative di primaria valenza rispetto allo spoglio, prima come coordinatore di una sottosezione sesta sezione civile e poi come titolare della sesta sezione, quindi proprio della sezione spoglio”.
Sulla base di queste considerazioni, conclude che è “alquanto più pregnante l’attività svolta dal dott. Curzio dal 2009 prima come componente della “Struttura centralizzata” per lo spoglio dei processi civili, poi quale componente della Sesta Sezione civili, con funzioni di Coordinatore della Sottosezione Lavoro, e quindi come Presidente Titolare della Sesta sezione civile, che ha quindi ha sviluppato una oltremodo consolidata e pregnante esperienza nello spoglio non solo nel ruolo di consigliere ma anche nel ruolo di coordinamento e direttivo, quest’ultimo proprio quale titolare della sezione demandata allo spoglio”.
15.4. Infine, la delibera conferma la prevalenza del controinteressato in relazione all’indicatore specifico di cui all’art. 21, lettera d), T.U. Dirigenza (“le esperienze e le competenze organizzative maturate nell’esercizio delle funzioni giudiziarie, anche con riferimento alla presidenza di collegi”).
Nel giungere a questa conclusione, la delibera parte dalla premessa secondo cui la sentenza ottemperanda ha statuito che “La motivazione espressa nella delibera esorbita infatti dai margini, di discrezionalità riconosciuti al Csm, risolvendosi in una preferenza precostituita per l’esperienza maturata presso una specifica Sezione dell’ufficio (in specie, la Sesta Sezione civile) in assenza di criteri (predeterminati) in tal senso nell’ambito del Testo unico, e ben al di là del significato proprio del principio funzionalistico di cui all’art. 25, comma 1, Testo unico. La valutazione espressa finisce infatti per prediligere staticamente (e in termini aprioristici) una Sezione dell’ufficio rispetto, alle altre; e sebbene non si possa neppure pervenire ad obliterare tout court – altrettanto acriticamente – la rilevanza dell’attività svolta presso la Sesta Sezione (la quale, partecipa comunque all’elaborazione della giurisprudenza di legittimità, oltreché all’individuazione delle questioni da rimettere alle altre sezioni, a prescindere peraltro dal sistema d’assegnazione dei magistrati alla Sezione), la motivazione sostanzialmente incentrata sulla superiorità dell’attività direzionale di una Sezione anziché delle altre non risulta di per sé adeguata a sorreggere il giudizio di prevalenza, e va al di là della opinabilità, e cioè del fisiologico esercizio della discrezionalità spettante all’amministrazione nel quadro degli indicatori previsti dal Testo unico. In tale prospettiva, la motivazione spesa si esaurisce e viene a coincidere invero con un (autonomo e postumo) criterio valutativo – incentrato sulla posizione attitudinale privilegiata riconosciuta all’esercizio delle funzioni direttive in una data Sezione della Corte – privo delle necessarie garanzie di predeterminazione e sorvegliabilità della ponderazione e del nesso fra premesse e risultati conclusivi: il che conduce evidentemente, ben oltre la discrezionalità valutativa nell’apprezzamento dell’uno o dell’altro profilo, curriculare””.
Illustra poi la circostanza che entrambi i candidati svolgono il ruolo di presidente di sezione dal 2016 e di Presidente titolare dal 2018: “Il dott. Spirito è titolare della Terza Sezione civile, e in tale ruolo si è distinto, come si è dato conto nel parametro delle attitudini (a cui si rinvia), per l’introduzione di una nuova prassi organizzativa nella formazione dei ruoli di udienza definita “metodo progettuale”, che ha portato al raggiungimento del miglior risultato tra le sezioni civili in termini di produttività e di indice di ricambio. Nel profilo del dott. Curzio vi è la titolarità di due Sezioni – la Sesta sezione civile e, più di recente, la Sezione lavoro. Si è dato conto nel parametro delle attitudini di come il dott. Curzio quale Titolare della Sesta sezione civile, si è distinto per l’eccellente capacità di direzione della Sesta sezione, la cd. Sezione filtro, distinguendosi per la capacità di elaborare e adottare moduli organizzativi mirati che hanno ottimizzato la struttura, sia per quanto riguarda l’attività dei magistrati, sia per il funzionamento dei servizi amministrativi, così aumentando sensibilmente la produttività della sezione, e diminuendo al contempo la durata media dei procedimenti. I risultati sono stati raggiunti grazie alla valorizzazione dei contributi individuali (sia dei magistrati che del personale amministrativo) e alla verifica costante dell’andamento complessivo delle attività della Sezione nei rapporti con le altre Sezioni della Corte.”.
Evidenzia pure il fatto che quando il controinteressato ha assunto la titolarità della presidenza della Sezione lavoro, “questo ha coinciso con l’emergenza sanitaria e ha dato prova anche in questa fase delle capacità direttive e organizzative, garantendo, con la collaborazione del dirigente e del personale amministrativo, nel quadro della normativa emergenziale e dei decreti del Primo Presidente, oltre alla sicurezza, il funzionamento dei necessari presidi degli uffici di cancelleria e la preparazione e fissazione di adunanze camerali alla fine del mese di giugno e a luglio.”.
Prosegue, quindi, con la descrizione delle caratteristiche della Terza sezione civile: “A fronte di ciò il dott. Spirito ha diretto la Terza sezione civile della Corte di cassazione, una sezione composta da circa trenta consiglieri, oltre che quattro presidenti di sezione non titolari. Viene quindi in rilievo una sezione con una complessità organizzativa, anche solo quanto a numero di persone da dirigere, non equiparabile alla Sesta sezione diretta dal dott. Curzio (inferiore della metà). Ulteriormente, va evidenziato come la Terza sezione riceve i ricorsi dopo il vaglio preliminare della Sesta sezione civile, dovendo, quindi, gestire organizzativamente un carico di lavoro non paragonabile alla Sesta sezione civile alla quale, come sopra evidenziato, vanno inizialmente tutti i ricorsi nel settore civile. Inoltre anche sotto il profilo del coordinamento organizzativo con le altre sezioni, alquanto più semplici sono i rapporti da gestire, nella fisiologia sostanzialmente con la corrispondente sottosezione della sesta sezione civile. In vero, proprio per la diversa complessità organizzativa delle due sezioni, nella Sesta sezione civile l’aspetto strettamente organizzativo assume quella assoluta centralità, peraltro per il funzionamento dell’intera Corte, che non è rinvenibile nella Terza sezione civile”. Considera, inoltre, che “il dott. Curzio, a differenza del dott. Spirito, ha diretto due sezioni della Corte, inizialmente la Sesta sezione e dal marzo 2020 la Sezione lavoro, vantando quindi complessivamente un’esperienza organizzativa più completa, essendosi confrontato con due strutture organizzative significativamente diverse. È pur vero che l’esperienza del dott. Curzio alla Sezione lavoro è limitata a qualche mese (tenuto conto della data della vacanza), pur tuttavia, dato conto del fatto che viene anche in questo caso una sezione di una certa complessità organizzativa (basti sul punto ricordare come la sezione lavoro è divisa in tre aree distinte per competenze ed è oggetto autonoma regolamentazione tabellare rispetto alle sezioni ordinarie proprio in considerazione della sua complessità), tale esperienza è concisa con la fase della piena emergenza sanitaria da “Covid 19”, e nel parere attitudinale di evidenzia come pur nel periodo di tempo limitato il dott. Curzio ha dato prova di capacità organizzativa, garantendo, con la collaborazione del dirigente e del personale amministrativo, nel quadro della normativa emergenziale e dei decreti del primo presidente, oltre alla sicurezza, il funzionamento dei necessari presidi degli uffici di cancelleria e la preparazione e fissazione di udienze camerali. Peraltro nel parere attitudinale si evidenzia come già prima della nomina a presidente titolare della Sezione lavoro, come presidente della Sezione sesta, ha contribuito significativamente alla riorganizzazione della Sezione lavoro effettuata dal Presidente titolare.”.
Motiva anche in ordine alle ulteriori esperienze organizzative maturate sempre nell’ufficio di legittimità dai candidati: “In particolare, il dott. Curzio già prima di essere nominato Presidente di Sezione ha sviluppato significative competenze organizzative, venendo nel gennaio 2014 nominato come coordinatore della sottosezione lavoro della Sesta sezione civile. Il parere attitudinale evidenzia come anche in tale ruolo ha dimostrato elevata capacità organizzativa, avendo dato impulso al funzionamento della struttura, che ha significativamente incrementato i ritmi di esame e la definizione dei ricorsi assegnati, sottolineando come ha collaborato attivamente alla stesura del documento programmatico di riorganizzazione della Sesta sezione. Quindi sin da tale incarico organizzativo il dott. Curzio si è distinto per la capacità di elaborare efficienti moduli organizzativi, collaborando attivamente alla stesura del Documento programmatico e di riorganizzazione della sezione. A fronte di tale significativa esperienza, le esperienze maturate dal dott. Spirito appaiono ben meno rilevanti. Come si è dato conto il dott. Spirito, oltre ad avere collaborato nell’organizzazione delle sezioni di appartenenza, è stato parte attiva anche nello studio delle riforme del giudizio di Cassazione che hanno portato alle novelle processuali del 2006, 2009 e 2012 e ha partecipato all’organizzazione dell’ufficio nell’attuazione del nuovo art. 375 c.p.c., all’ideazione delle cosiddette strutture come filtro d’ammissibilità del ricorso, nell’istituzione della Sesta sezione civile della Corte di Cassazione. Vengono in rilievo nel profilo del dott. Spirito esperienze di collaborazione senza ruoli di responsabilità organizzativa, a differenza dell’esperienza maturata dal dott. Curzio nel ruolo di coordinatore della sottosezione lavoro della sesta sezione civile. Inoltre se entrambi poi vantano importanti esperienze nel settore informatico, solo il dott. Curzio ha ricoperto presso l’ufficio di legittimità il ruolo di responsabile per l’informatica, incaricato di curare il lavoro di informatizzazione denominato “La scrivania del giudice”. Infine, nelle funzioni di merito, tutti e due vantano l’esercizio di funzioni direttive all’inizio della carriera, quali pretori mandamentali.”.
Sulla base di queste considerazioni, conclude, pertanto, nel senso che “In definitiva la maggiore attitudine direttiva dimostrata dal dott. Curzio nelle funzioni direttive di legittimità e nelle ulteriori esperienze di collaborazione nell’ufficio di legittimità porta ad un giudizio di prevalenza del dott. Curzio in relazione all’indicatore in esame.”.
16. A questo punto, la Sezione ritiene di disporre di tutti gli elementi utili, in fatto e in diritto, per esaminare la questione sub c), ovverossia per stabilire se il comportamento dell’Amministrazione, in sede di riesercizio del potere, sia stato effettivamente conforme alla sentenza di appello, ovvero se ne sia discostato, violando o eludendo le regulae iuris e precettive ivi contenute.
17. La Sezione ritiene che la nuova delibera impugnata sia conforme, secondo i principi della cognizione esecutiva, ai contenuti precettivi della sentenza ottemperanda, in quanto la medesima delibera, pur pervenendo al medesimo esito decisionale di quella annullata, argomenta il rinnovato giudizio in senso coerente e conseguente rispetto alle indicazioni pronunciate, ancorché in modo implicito, nella decisione, e le traduce in atto, nell’immutato quadro fattuale e normativo di riferimento.
Le regole precettive e di giudizio enunciate nel giudizio di cognizione tracciano, infatti, la disciplina futura del rapporto che il giudice, nell’annullare l’atto impugnato, si prefigura attraverso lo sviluppo logico-argomentativo della sentenza, frapponendo degli ostacoli, dunque, non rispetto alla riedizione del medesimo esito decisionale oggetto di annullamento giurisdizionale, ma rispetto al percorso logico-giuridico che nuovamente vi riconduce.
18. Ciò considerato, il primo profilo da esaminare concerne la struttura della delibera, sospettata dal ricorrente di essere essa stessa, anzitutto, elusiva della decisione.
La Sezione ritiene che la doglianza non sia fondata.
Nel giudizio di appello, il ricorrente si è lamentato del mancato accoglimento, da parte del giudice di prime cure, del motivo che censurava la legittimità della delibera per la mancanza di una vera e propria valutazione comparativa fra i candidati, considerato che l’atto impugnato prendeva le mosse dal curriculum del candidato proposto (ossia il controinteressato), e poi riproduceva i profili curriculari degli altri candidati, così falsando di fatto, secondo la sua prospettazione, l’attività di confronto.
La censura è stata respinta dal Consiglio di Stato con la motivazione che “la comparazione eseguita muovendo dal profilo del dott. Curzio non dà luogo ex sé ad alcun profilo d’illegittimità, trattandosi di mera tecnica redazionale in sé non illegittima né pregiudizievole purché sfociante, sul piano sostanziale, in una valutazione comparata dei profili dei candidati adeguata e sufficientemente approfondita”.
Questo specifico capo di pronuncia non ha prodotto alcun effetto conformativo in vista della futura riedizione del potere, trattandosi di pronuncia meramente reiettiva del motivo di gravame e del corrispondente motivo di ricorso originario, e dunque il CSM ben avrebbe potuto, come poi in effetti si è verificato, emanare una delibera rinnovata anche sotto l’aspetto strutturale, oltre che su quello valutativo, essendo rimasto pienamente libero il tratto di azione amministrativa che conduce alla scelta di diversamente articolare, o motivare, la rinnovata decisione.
Peraltro, il ricorrente non avrebbe nemmeno motivo di dolersi, dal punto di vista dell’interesse ad agire, del fatto che il CSM, rieditando il potere, abbia strutturato la delibera proprio nel senso che in origine egli stesso auspicava, ed anzi invocava a fondamento dell’accoglimento del primo motivo di appello.
19. Sotto diverso e autonomo profilo, il ricorrente prospetta che la nuova struttura in cui si è articolata la delibera sarebbe funzionale, con palese intento elusivo, a simulare una nuova decisione, quando in realtà, invece, la stessa ripeterebbe la medesima decisione annullata, dissimulata attraverso l’irrobustimento del profilo personale del controinteressato, derivante dal solo spostamento grafico delle parti che nella delibera annullata erano contenute nella premessa espositiva, anche tramite l’utilizzo di diverse espressioni linguistiche, che riprodurrebbero, in realtà, le medesime circostanze di fatto.
La Sezione ritiene che anche questa doglianza non sia fondata.
Non è dunque corretta sul piano logico, prima ancora che su quello giuridico, la pretesa del ricorrente di derivare da un giudizio annullatorio, fondato esclusivamente su vizi motivazionali dell’atto impugnato, impedimenti, limitazioni o restrizioni in capo all’Amministrazione in ordine alla rivalutazione proprio di quegli elementi e fatti giuridici rilevanti, la cui originaria insufficiente considerazione ha dato luogo al vizio motivazionale che ha determinato, a sua volta, la caducazione dell’atto.
Inoltre, se è vero che l’effetto caducatorio ha riguardato la delibera nel suo complesso, è tuttavia corretto precisare che il sindacato giurisdizionale sulla compiutezza, logicità e ragionevolezza della motivazione, si è svolto in ordine a quella parte specifica della delibera che ha illustrato e argomentato le ragioni giuridiche a sostegno dei giudizi espressi sui candidati.
Del resto, la sentenza non sarebbe potuta andare alla ricerca di altri elementi di fatto desumibili da diverse collocazioni nel corpo nella delibera, né avrebbe potuto esprimere considerazioni diverse in ordine ad elementi già valutati, ma tuttavia suscettibili di essere interpretati in maniera diversa.
Occorre considerare, infatti, che un conto sono i fatti giuridici, e un altro conto sono le valutazioni e le considerazioni che da essi, o sulla base di essi, si possono trarre.
La correttezza delle anzidette considerazioni è avvalorata anche dalla piana lettura del testo della sentenza ottemperanda, ove si afferma che “l’oggettiva consistenza dei dati curriculari nei termini suindicati avrebbe richiesto una (ben diversa e) più adeguata motivazione in ordine alle conclusioni raggiunte dal Csm: seppure il dato quantitativo-temporale sul possesso degli indicatori specifici non ha infatti valore assorbente e insuperabile, né implica di per sé alcun automatismo sull’esito valutativo, occorre nondimeno una motivazione ragionevole e adeguata per poter giustificare una conclusione difforme dalle (univoche) emergenze dei dati oggettivi.
Tanto in più in un caso, quale quello in esame, in cui l’importanza del posto a concorso, gli eccellenti profili dei candidati in competizione e la indiscutibile rilevanza dei loro curricula impongono – oltre all’attenta, accurata e completa ricognizione di tutti gli aspetti della rispettiva carriera, anche attraverso la opportuna comparazione – un particolare obbligo di motivazione, puntuale ed analitico, tale da far emergere in modo quanto più preciso ed esauriente le ragioni
della prevalenza di un candidato sull’altro”.
Inoltre, che “l’accoglimento dell’appello implica la rieffusione del potere amministrativo, nel rispetto delle competenze e attribuzioni proprie del Csm, in conformità con le superiori statuizioni” e che “Va infatti ribadito il principio generale, già affermato dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, che l’annullamento degli atti non esautora il Consiglio Superiore della Magistratura dall’esercizio delle funzioni attribuite dalla Costituzione e dalla legge, in particolare – nel caso di specie – di conferire gli incarichi direttivi degli uffici giudiziari, comportando invece l’obbligo di riprovvedere, tenendo conto degli specifici motivi che hanno determinato l’annullamento, restando pertanto piena (ed esclusiva) la discrezionalità delle valutazioni di merito sulla prevalenza di un candidato rispetto agli altri”.
È evidente, dunque, come il giudice della cognizione non abbia mai enunciato una regola precettiva e di giudizio per orientare il futuro riesercizio dell’azione amministrativa nel senso che l’organo di autogoverno avrebbe potuto/dovuto necessariamente prendere in considerazione elementi, fatti e circostanze nuovi e diversi, per l’innanzi non considerati, bensì, all’esatto opposto, abbia spronato il suddetto organo ad esprimersi con una motivazione “diversa” (cioè “adeguata” e “ragionevole”) proprio sulla medesima realtà materiale già valutata (“l’oggettiva consistenza dei dati curriculari nei termini suindicati”), con “l’obbligo di riprovvedere, tenendo conto degli specifici motivi che hanno determinato l’annullamento”.
In quest’ottica prospettica, la sentenza ottemperanda non si è limitata ad esprimere un principio generale dell’azione amministrativa (ovverossia che i provvedimenti amministrativi debbono essere motivati), ma ha anche indirizzato all’organo di autogoverno una indicazione di metodo, e cioè l’auspicio che, nell’illustrare i contenuti materiali, nel valutarli e nel trarre le conseguenti considerazioni, sia sempre osservata la massima precisione, cura, completezza e oculatezza possibile. Proprio per evitare che collocazioni inadeguate di fatti rilevanti, dalle quali potrebbero derivare, come è accaduto nel caso di specie, illustrazioni incomplete e superficiali delle corrette considerazioni che si sarebbe potuto/dovuto trarre fin dall’inizio, facciano apparire come insussistenti ragioni giuridiche che, invece, sulla base di un giudizio ex post, si è poi scoperto sussistere già ex ante.
A questo specifico proposito, va anche soggiunto che, correttamente, la sentenza ottemperanda ha arretrato il proprio sindacato fino alla soglia della macroscopica illegittimità dell’atto, senza esautorare il CSM dall’esercizio delle funzioni attribuitegli dalla Costituzione e dalla legge, e stabilendo, quale unico limite all’obbligo di riprovvedere, di tenere conto degli specifici motivi che hanno determinato l’annullamento.
È noto, infatti, che, con riguardo alle controversie concernenti il conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi, nemmeno il giudice dell’ottemperanza, il quale pure esercita una giurisdizione estesa al merito, può, in caso di accoglimento del ricorso, ordinare l’attuazione del giudicato secondo le modalità di cui all’art. 114, comma 4, lettere a) e c), cod. proc. amm., in quanto l’art. 17, comma 2, della legge 24 marzo 1958, n. 195 prevede che “La tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo è disciplinata dal codice del processo amministrativo. Per la tutela giurisdizionale nei confronti dei provvedimenti concernenti il conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi si segue, per quanto applicabile, il rito abbreviato disciplinato dall’articolo 119 del codice del processo amministrativo di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104. Nel caso di azione di ottemperanza, il giudice amministrativo, qualora sia accolto il ricorso, ordina l’ottemperanza ed assegna al Consiglio superiore un termine per provvedere. Non si applicano le lettere a) e c) del comma 4 dell’articolo 114 del codice del processo amministrativo di cui al decreto legislativo n. 104 del 2010” (comma così sostituito dall’art. 4 della legge 12 aprile 1990, n. 74, e, successivamente, dall’art. 3, comma 1, dell’Allegato 4 al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, a decorrere dal 16 settembre 2010, e successivamente modificato dall’art. 2, comma 4, del decreto legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114).
La suddetta previsione si pone in linea di continuità con il previgente sistema delle leggi di giustizia amministrativa (art. 27, n. 4, R.D. 26 giugno 1924, n. 1054), secondo cui la ratio della collocazione del giudizio di ottemperanza nell’ambito della giurisdizione di merito trova origine non nella specialità della materia, ma nel principio della necessaria conformazione dell’Amministrazione pubblica al dictum giurisdizionale.
Inoltre, la previsione è in linea di continuità anche rispetto alla giurisprudenza costituzionale (v. sentenze n. 419 e n. 435 del 1995), secondo cui gli atti del CSM sono sindacabili dal giudice amministrativo per vizi di legittimità, malgrado la sua natura di organo di rilevanza costituzionale, nei limiti in cui il contenuto tipico della pronuncia giurisdizionale sia quello di esprimere la volontà concreta della legge (secondo la prospettiva ermeneutica del giudicato quale “normativa per il caso concreto”).
20. A quest’ultimo proposito, prima di esporre i fatti e le considerazioni che depongono per l’infondatezza delle questioni concernenti i giudizi espressi sulla base degli indicatori specifici di cui alle lettere a), b), c) e d), dell’art. 21 T.U. Dirigenza, la Sezione ritiene necessario delineare il quadro normativo di riferimento, sulla cui base è stata pronunciata la sentenza di cognizione, e sulla cui base deve essere decisa anche l’odierna controversia.
21. Il nuovo ordinamento giudiziario ha introdotto due sostanziali novità ai fini del conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi:
i) il forte ridimensionamento del parametro dell’anzianità, oggi non più criterio di selezione, bensì di legittimazione alla partecipazione al concorso, cui si è accompagnata la contestuale valorizzazione dei parametri del merito e delle attitudini;
ii) la temporaneità degli incarichi direttivi e semidirettivi.
Queste novità sono state espressamente volute dalla riforma dell’ordinamento giudiziario a norma dell’art. 1, comma 1, lettera a), della legge delega 25 luglio 2005, n. 150, attuata con il decreto legislativo n. 160 del 2006 (Nuova disciplina dell’accesso in magistratura, nonché in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati), poi modificata dalla legge n. 111 del 2007.
Per quanto concerne, nello specifico, l’oggetto dell’odierno giudizio, l’incarico di Primo Presidente della Corte di cassazione rientra fra le funzioni direttive apicali giudicanti di legittimità, ai sensi dell’art. 10, comma 16, del citato d.lgs. n. 160 del 2006.
Per tale incarico, il successivo art. 12, comma 11, prevede che “oltre agli elementi desunti attraverso le valutazioni di cui all’articolo 11, commi 3 e 5, il magistrato, alla data della vacanza del posto da coprire, deve avere svolto funzioni di legittimità per almeno quattro anni; devono essere, inoltre, valutate specificamente le pregresse esperienze di direzione, di organizzazione, di collaborazione e di coordinamento investigativo nazionale, con particolare riguardo ai risultati conseguiti, i corsi di formazione in materia organizzativa e gestionale frequentati anche prima dell’accesso alla magistratura nonché ogni altro elemento che possa evidenziare la specifica attitudine direttiva”.