(AGENPARL) - Roma, 3 Dicembre 2025Il giorno 28 Novembre si è tenuto a Pescasseroli, l’incontro territoriale “Verso il Piano di Sviluppo Socio Economico del Parco”. Virgilo Morisi, presidente dell’Associazione Iura Civium ad Bonum Naturae, è intervenuto all’incontro facendo notare che “il lupo perde il pelo ma non il vizio”. Quest’antico proverbio è quanto mai attuale se applicato all’Ente di gestione del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise (PNALM). Sarebbe il caso di dire, afferma Morisi: “niente di nuovo sul fronte occidentale, siamo – infatti – alle solite! L’esclusione degli allevatori e della gente del territorio, da questo incontro e da ogni altro processo decisionale, è ormai diventata pratica odiosa e quanto mai abituale, nonostante gli innumerevoli tentativi di noi allevatori di portare la nostra voce ai tavoli decisionali”. Il Parco continua ad imporre le proprie ricette, trite e ritrite, di gestione territoriale, mai attingendo alle esperienze di coloro che, con e nel territorio, vivono da generazioni. In tal modo, il Parco mette in atto comportamenti illegittimi a danno dei residenti, rodendo i fondamenti della vera partecipazione, ed imponendo soluzioni ‘top-down’ che ne ledono la sua stessa reputazione ed onorabilità.
Le comunità si vedono pesantemente penalizzate da tutto ciò e da gestioni scellerate che omettono la stessa legge quadro per i Parchi (394/91). Chi opera sul territorio, meriterebbe particolare rispetto viste tutte le difficoltà e limiti a cui l’allevamento estensivo è soggetto, proprio all’interno di un parco che dell’omissione dei diritti, ne ha fatto la sua triste bandiera. Le attività agrosilvo-pastorali soffrono e sono in crisi in quanto, ormai, non più sostenibili per i troppi divieti che prostrano la categoria. Questa difficoltà di vivere e continuare a interagire con il proprio territorio, a causa delle continue vessazioni burocratiche, non farà altro (come è già avvenuto) che causare lo spopolamento dei borghi e l’esodo della popolazione locale. A pagarne le ennesime conseguenze è la biodiversità stessa non più sapientemente curata, ma abbandonata al degrado di una gestione monopolista che ha posto natura e cultura su due binari diversi e tremendamente distanti. Si perché gli ultimi allevatori estensivi e transumanti continuano ad essere osteggiati, essendo ormai l’unica categoria, all’interno dei Parchi, che si sta battendo per la legalità ed il diritto al godimento dei domini collettivi. Soltanto per questo, gli allevatori meriterebbero un plauso. Purtroppo ciò non avviene, e il Direttore del Parco non perde occasione per screditare questa categoria additando, costantemente, gli allevatori di presunte illegalità. Afferma Morisi “chi copre un ruolo dirigenziale così importante dovrebbe provare a trovare una quadra tra gli interessi del Parco e quelli degli allevatori estensivi, invece di cavalcare l’onda distruttiva delle polarizzazioni ideologiche. Quando le norme dello Stato sono disapplicate nella più totale impunità, ciò significa che la nostra stessa democrazia è a rischio e che l’equilibrio simbiotico uomo-natura (che da tempi immemorabili ha caratterizzato i nostri territori) è destinato a sfaldarsi inesorabilmente”.
È ormai risaputo che le sottoscriventi associazioni [ETS Iura Civium ad Bonum Naturae, Comitato Allevatori e Agricoltori del Territori Molise (CAAT) e Alleanza dei Pastori Aurunci e Ciociari (APAC)] e ben 110 rappresentanti delle comunità locali – appartenenti alle tre regioni del territorio del PNALM – hanno, da tempo, promosso un ricorso presso il Tar Abruzzo, avverso al piano per il Parco. Per i non addetti ai lavori, il ‘Piano del Parco’ è lo strumento previsto dalla legge quadro sulle aree protette (legge n. 394/1991) per tutelare i valori naturali ed ambientali, nonché storici, culturali, antropologici tradizionali del territorio dei parchi nazionali. Il PNALM si estende per circa 50.500 ettari, comprendendo 12 Comuni in Abruzzo, 7 nel Lazio e 5 nel Molise; gran parte del territorio di detti Comuni ha riconosciuta e documentata natura di demanio civico. In alcuni casi, l’estensione dei territori di demanio civico è così vasta da coprire la quasi totalità della superficie del territorio comunale. Ciò nonostante, i ‘sedicenti’ dirigenti del PNALM sembrano aver ignorato tutto questo, tenendo in minima considerazione il legittimo diritto dei residenti all’uso di terreni gravati da uso civico ed oggi ‘strangolati’ dalle logiche di protezionismo ortodosso ed oltranzista dello stesso Parco. Va ricordato che la presenza degli usi civici è essenziale per lo svolgimento di attività di natura agrosilvopastorale che costituiscono fonte di sostentamento economico per le comunità locali degli abitanti. Sfortunatamente il Parco, nel corso degli anni, ha demonizzato e ostacolato tali attività, con particolare riferimento all’allevamento brado di bovini ed equini.
Il ricorso contro il piano del Parco, presentato al TAR, parla chiaro: lo svolgimento delle attività agrosilvopastorali “non si pone di certo in contrasto con la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, ma, anzi, contribuisce a garantirne – cosi come è stato sino ad oggi – un’efficace e duratura preservazione, essendo proprio l’interdipendenza tra attività antropica ed ambiente naturale che, nei secoli, ha determinato la costruzione del paesaggio, dovendo la stessa essere perciò mantenuta, proprio a tutela del patrimonio naturale, oltre che socioeconomico, delle aree interessate”.
Nel ricorso contro il piano del Parco presentato dagli allevatori di tre regioni e dalle loro rispettive organizzazioni, viene anche segnalato che “i diritti di uso civico spettanti alle comunità locali gravano anche su importanti estensioni di terre di proprietà privata che, a loro volta, usufruiscono del medesimo regime di tutela”. In questo senso, il caso di Pescasseroli è esemplare. Qui – com’è affermato nel ricorso: “terreni oggi di natura privata, sui quali però residua il gravame di uso civico, sono presenti in tutto l’ambito territoriale e, di conseguenza, i diritti di uso civico si estendono oltre la percentuale di territorio demaniale, facendo sì che, escluse le aree edificate e quelle a stretto servizio di esse e della vita urbana dei centri abitati presenti nel Parco, praticamente tutto il restante territorio, che sia di natura demaniale civica o no, è soggetto ad uso civico”.
Il ricorso presentato dalle associazioni degli allevatori e messo a segno dall’illustre avvocato di fama internazionale, Prof. Vincenzo Cerulli Irelli, non fa nessuno sconto al Parco. Anzi, smantella ogni certezza di presunta legalità, dimostrando che il procedimento che ha portato alla stesura del Piano è illegittimo, perché afflitto “da gravi ed insanabili vizi”. Tra le varie inosservanze, al Parco viene contestato, di non aver assolto all’obbligo di effettuare, in sede istruttoria, un attenta ricognizione della qualitas dei terreni ricompresi nel suo perimetro (cioè l’analisi delle varie classificazioni : demanio statale, demanio regionale, demanio comunale, demanio civico, terreni allodiali, terreni allodiali gravati da diritti di uso civico). Ciò era, infatti, d’obbligo nella fase progettuale della proposta del Piano.
Inoltre, già nell’osservazione n. 41 del 10/10/2022, a firma dello stesso Virgilio Morisi, veniva evidenziato che “in tutte le centinaia di pagine del cumulo di elaborati del ‘progetto’ di Piano del PNALM non viene trattato, neanche minimamente, l’obbligo che l’Ente Parco ha di fare salvi i diritti reali e gli usi civici delle collettività locali, che sono esercitati secondo le consuetudini locali (comma 5 art. 11 L. 394/1991)… e non si riconosce alcun ruolo ai titolari della proprietà di larghissima parte del territorio dell’area protetta, neanche con un minimo accenno”. Tra le tante doglianze e motivi, nel ricorso primeggia la mancata predisposizione del PPSE (Piano di Sviluppo Socio-Economico). Quest’ultimo doveva essere redatto “contestualmente al piano per il parco” così come stabilito dalla 394/91 (legge quadro sui parchi) che riporta in più articoli (art 14 e art 11 bis ) tale obbligo e che non permette interpretazioni personalistiche. Infatti, è proprio dal PPSE che derivano le analisi socio-economiche che, mediante il PP (Piano del Parco) vanno tramutate in norme. Quest’ultime dovrebbero essere soggette ad attente valutazioni affinché, ciò che è stato previsto nel PPSE, possa essere realizzato a beneficio delle comunità residenti, in attuazione della legge quadro sui parchi.
Tali discrepanze sono state esplicitamente palesate da Morisi durante l’incontro “Verso il Piano di Sviluppo Socio Economico del Parco” tenutosi a Pescasseroli. Nel corso di tale evento, Morisi ha fatto presente che, a differenza del PNALM, sia il Parco Nazionale dei Monti Sibillini che il Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano hanno correttamente predisposto il proprio PPSE contestualmente al Piano per il Parco. Dice Morisi “se il PNALM vuole rappresentare l’eccezione alla regola, può prendersi, allora, la briga di intraprendere questa strada pericolosa, ma nulla lo esonererà dalle conseguenze legali che il ricorso al TAR, prima o poi, attiverà”.
Altra annotazione gravissima è che gli stakeholders invitati all’incontro sono stati scelti tra quelli particolarmente allineati alle politiche del Parco e, quindi, graditi alla dirigenza. Lascia di stucco, la scelta degli organizzatori dell’evento di invitare ad esporre un allevatore proveniente da un altro comune del Parco, escludendo invece quelli di Pescasseroli, i quali – più di qualsiasi altro – conoscono le problematiche del territorio che il PPSE dovrebbe discutere. Così, Morisi, rappresentante degli allevatori estensivi del suddetto comune, ha dovuto partecipare all’evento senza invito, soltanto perché, ormai da anni, è in polemica aperta con la dirigenza del PNALM, per la sua malsana gestione del territorio, nonché della fauna selvatica che in esso sussiste. Parlare di becera censura sarebbe un eufemismo, ovviamente tale riottosità alla verità è stata incentivata dalla complicità di sindaci compiacenti; ciò, tra l’altro, ha colto in evidente imbarazzo la presidente della Camera di Commercio dell’Aquila-Teramo, anch’ella presente all’incontro. Insomma ancora una volta la dirigenza del PNALM ha mostrato la sua inadeguatezza istituzionale, depotenziando e snaturando, a priori, un evento potenzialmente foriero di dibattiti costruttivi, confronti partecipativi ed orizzontali. Insomma un’altra occasione sprecata per correggere il tiro, ammettere i propri errori, ed intraprendere la strada dell’ascolto e del confronto trasparente. In conclusione del suo intervento, Morisi ho chiesto che fossero fermati i lavori del PPSE, in attesa del pronunciamento della magistratura sul ricorso legale, presentato dalle tre associazioni di allevatori.
Intanto il ricorso al TAR, presentato dagli allevatori, continuerà a seguire il suo iter burocratico e ad evidenziare il contesto totalmente anomalo che ha caratterizzato la stesura del Piano del Parco come, ad esempio, un processo di zonazione che, come riportato nel ricorso, “ha precluso in numerose aree e significativamente limitato in altre le tradizionali attività agrosilvopastorali da parte dei ‘cives’…imponendo vincoli che si traducono e si risolvono in un illegittimo mutamento di destinazione d’uso”. La difesa legale degli allevatori parla chiaro, si prefigura per il PNALM la “violazione e/o falsa applicazione della legge 16 giugno 1927 n. 1766 e successive integrazioni, della legge 20 novembre 2017 n. 168, del regime ‘demaniale’ a tutela delle terre in uso civico quale delineato dalla giurisprudenza della Corte di cassazione e della Corte costituzionale. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 11, comma 5, della stessa Legge 394/1991”.
Gli allevatori non si fermano qui, oltre al ricorso al TAR, si stanno già organizzando per chiedere al commissariato agli usi civici competente, la reintegra delle terre civiche sottratte dal Parco alle comunità locali. Ciò rappresenterà un percorso giudiziario parallelo che, senza ombra di dubbio, rafforzerà le rivendicazioni delle comunità locali, per troppo tempo sottratte alla tutela della Costituzione Italiana.
ETS Iura Civium ad Bonum Naturae
Comitato Allevatori e Agricoltori del Territori Molise (CAAT)
Alleanza dei Pastori Aurunci e Ciociari (APAC)



