(AGENPARL) - Roma, 1 Dicembre 2025A poche settimane dalla conclusione della COP30 di Belém — un vertice che ha riunito oltre 50.000 partecipanti e che si è chiuso con un generico invito a ulteriori discussioni senza proposte operative — le Nazioni Unite inaugurano un nuovo round di incontri sul cambiamento climatico. Questa volta, oltre 600 esperti provenienti da più di 100 Paesi si sono riuniti a Saint-Denis, in Francia, per avviare i lavori preparatori del Settimo Rapporto di Valutazione (AR7) dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), previsto tra il 2028 e il 2029
Il ministro francese per la Transizione ecologica, Monique Barbut, aprendo i lavori, ha definito “estremamente prezioso” il contributo degli scienziati, sostenendo che esso sia essenziale in un momento in cui “il multilateralismo sta subendo una grave erosione”. L’origine di questa fragilità, secondo Barbut, sarebbe da ricercare in un’ondata crescente di scetticismo e critica nei confronti della narrativa climatica dominante. “La disinformazione climatica dilaga sui social, sui giornali e persino nelle nostre istituzioni politiche”, ha affermato, invitando i presenti a “resistere alle pressioni” e difendere la credibilità dell’IPCC.
Nonostante queste dichiarazioni di fiducia nella scienza, il contesto globale appare profondamente diviso. In particolare, l’amministrazione Trump ha espresso ripetutamente dubbi radicali sulle teorie climatiche prevalenti. Il presidente ha più volte definito il cambiamento climatico “la più grande truffa di sempre” e “una bufala”, dichiarazioni che hanno riacceso la frattura tra sostenitori e oppositori della transizione verso un’economia a basse emissioni.
Una figura al centro di questa tensione è Katherine Calvin, esperta climatica statunitense e una degli autori principali del prossimo rapporto IPCC. Calvin è stata rimossa dal suo incarico di capo scienziato alla NASA su ordine della nuova amministrazione, alimentando ulteriori polemiche sul rapporto tra scienza, politica e indipendenza istituzionale.
Durante i lavori preparatori, l’IPCC ha ribadito alcune delle sue richieste ricorrenti: triplicare la spesa globale per contrastare la “crisi climatica”, adottare indicatori volontari per monitorare i progressi ambientali e partecipare al “Global Implementation Accelerator”, un programma pensato per accelerare l’abbandono dei combustibili fossili, ma privo di linee guida chiare su come conseguire questo obiettivo.
Ancora una volta, tuttavia, il nodo centrale resta irrisolto: non è emerso alcun consenso internazionale su come affrontare la questione dell’uso dei combustibili fossili, che costituiscono il cuore delle dispute globali. Il tema è stato rinviato al vertice COP2026, previsto in Turchia, segno del profondo stallo diplomatico sul punto più controverso della politica climatica mondiale.
Un funzionario del ministero francese della Transizione ecologica, citato in forma anonima dall’AFP, ha commentato: “Le dichiarazioni dell’amministrazione americana, secondo cui il cambiamento climatico sarebbe una bufala, continuano a sorprenderci profondamente”. Un commento che rivela quanto lo scetticismo politico non sia più un fenomeno marginale, ma un elemento che influenza concretamente i lavori internazionali.
Intanto, la COP30 si è chiusa con un appello a un mutirão, uno “sforzo collettivo”, per prevenire un disastro climatico annunciato. Anche questa dichiarazione è priva di un piano concreto, lasciando ancora una volta un vuoto tra retorica e azione.
Mentre l’IPCC avvia il lungo percorso che porterà al suo nuovo rapporto, resta irrisolta la questione centrale: la comunità internazionale continua a moltiplicare vertici e conferenze, ma senza progressi tangibili sulla definizione di una strategia comune, concreta e condivisa. E intanto, scettici e sostenitori della politica climatica continuano a scontrarsi, alimentando una polarizzazione che rischia di rendere ogni compromesso sempre più difficile.