(AGENPARL) - Roma, 26 Novembre 2025(AGENPARL) – Wed 26 November 2025 Commissioni riunite
II della Camera dei Deputati (Giustizia)
VI della Camera dei Deputati (Finanze e tesoro)
2a del Senato della Repubblica (Giustizia)
6a del Senato della Repubblica (Finanze)
Schema di decreto legislativo recante attuazione della delega
di cui all’articolo 19 della legge 5 marzo 2024, n. 21,
per la riforma organica delle disposizioni in materia di mercati
dei capitali recate dal testo unico di cui al decreto legislativo
24 febbraio 1998, n. 58, e delle disposizioni in materia di società
di capitali contenute nel codice civile, nonché per la modifica
di ulteriori disposizioni vigenti al fine di assicurarne
il miglior coordinamento
Audizione del Capo del Dipartimento
Vigilanza Bancaria e Finanziaria
della Banca d’Italia
Giuseppe Siani
Roma, 26 novembre 2025
Signor Presidente, Onorevoli Senatori, Onorevoli Deputati,
la Banca d’Italia ringrazia le Commissioni riunite Giustizia e Finanza della
Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica per l’invito ad esprimere le
proprie valutazioni sullo “Schema di decreto legislativo recante attuazione della
delega di cui all’articolo 19 della legge 5 marzo 2024, n. 21, per la riforma organica
delle disposizioni in materia di mercati dei capitali recate dal testo unico di cui
al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e delle disposizioni in materia di
società di capitali contenute nel codice civile, nonché per la modifica di ulteriori
disposizioni vigenti al fine di assicurarne il miglior coordinamento”.
Introduzione
Nella presente memoria, dopo brevi considerazioni sul quadro di contesto in
cui la riforma è maturata, si formulano alcune valutazioni sullo schema di decreto
legislativo in esame per quanto attiene ai compiti istituzionali della Banca d’Italia.
La riforma del Testo Unico della Finanza costituisce un passaggio
importante per favorire l’espansione del mercato dei capitali in Italia, a sostegno
dell’innovazione e della crescita economica, e per contribuire al più ampio sviluppo
del mercato dei capitali europeo.
La riforma prende avvio dalle analisi e dalle proposte formulate nell’ambito
del Libro verde su La competitività dei mercati finanziari italiani a supporto
della crescita pubblicato nel 2022 dal Ministero dell’economia e delle finanze1,
nel quale si evidenzia come il mercato dei capitali italiano sia storicamente meno
sviluppato rispetto a quelli di molte altre economie avanzate – inclusi i mercati più
dinamici dell’Unione Europea – a motivo sia di fragilità strutturali dell’ambiente
economico di riferimento, sia della presenza di vincoli di natura normativa.
In Italia, tra il 2021 e il 2024, considerando le sole imprese non finanziarie, la perdita
di capitalizzazione di mercato è stata superiore a 100 miliardi. In particolare, nel 2024
Il libro è il frutto dei lavori della Task force “Finanza per la crescita 2.0”, presieduta dal Ministero
dell’Economia e delle Finanze, a cui hanno partecipato la Banca d’Italia, la Consob e numerose
associazioni di categoria. La Task force ha sviluppato alcune proposte formulate dall’OCSE
nell’ambito di un’analisi sul mercato dei capitali italiani (OECD Capital Market Review of Italy
2020. Creating Growth Opportunities for Italian Companies and Savers).
la capitalizzazione in rapporto al PIL è scesa al 19 per cento, dal 21 del 2023, un livello molto
basso nel confronto con le altre economie avanzate, anche europee; alla fine del primo semestre
di quest’anno si è osservato un recupero dello stesso rapporto grazie al positivo andamento
dei mercati. Da dicembre 2021 a giugno 2025 il numero di società italiane quotate su mercati
regolamentati o negoziate su Multilateral Trading Facility (MTF) italiani è rimasto stabile
(a 408 imprese); a fronte di un graduale aumento (da 169 a 200 imprese) sul segmento Euronext
Growth Milan, dedicato alle PMI, si è registrata una progressiva riduzione sul listino principale
(da 218 a 191 società)2.
Sul fronte dell’innovazione, il mercato italiano del venture capital, nonostante
una crescita significativa negli ultimi anni, rimane sottodimensionato rispetto a
quello di altri Paesi europei, come Francia e Germania: in Italia gli investimenti
di venture capital in termini di PIL sono pari a meno della metà rispetto a quelli
in Francia e Germania, con difficoltà nella fase di uscita dagli investimenti
strutturalmente maggiori.
Alla fine del 2023 il patrimonio gestito dai fondi di venture capital italiani era inferiore
a 3 miliardi di euro; il numero di gestori attivi era 39, con un patrimonio medio di circa
70 milioni. A titolo di confronto, nei cinque anni precedenti, in Germania la dimensione media
degli investimenti per fondo è stata circa cinque volte maggiore; l’importo dei fondi raccolti è
stato rispettivamente 3 e 2,5 volte maggiore3.
Le analisi e le proposte formulate nel Libro verde hanno trovato una prima
attuazione con la legge Capitali (Legge 5 marzo 2024, n. 21)4 che ha anche
delegato il Governo a varare una più ampia riforma dell’ordinamento dei mercati
e degli emittenti, attraverso la revisione organica del TUF, adottando misure per
facilitare il finanziamento dell’impresa in tutte le sue fasi di crescita e per favorire
la massima diffusione delle attività di investimento privato.
I criteri di delega previsti dalla legge Capitali sono in linea con l’agenda della
Commissione europea per: sostenere la crescita e ridurre lo svantaggio competitivo
rispetto alle principali economie mondiali; promuovere l’integrazione dei mercati
dei capitali; diversificare le fonti di finanziamento per le imprese; incoraggiare la
crescita di quelle innovative; incentivare gli investimenti in venture capital.
I dati non includono le società quotate sull’MTF Vorvel (rispettivamente 20 a dicembre 2021 e 17 a
giugno 2025).
Questioni di Economia e Finanza (Occasional Papers) Number 919 – April 2025 “The Italian venture
capital market” by Raffaele Gallo, Federico Maria Signoretti, Ilaria Supino, Enrico Sette, Paolo
Cantatore and Marco Luigi Fabbri.
La legge ha rimosso o attenuato vincoli di natura normativa e operativa all’accesso e alla permanenza
sul mercato da parte delle imprese (quali, ad esempio, le semplificazioni delle procedure di ammissione
alla quotazione e le disposizioni sul voto plurimo e voto maggiorato) e semplificato alcune previsioni
in materia di intermediari (attraverso gli interventi sulla disciplina degli organismi di investimento
collettivo del risparmio in forma societaria).
Le strategie della Savings and Investment Union (SIU) e della EU Startup and Scaleup
Strategy mirano a creare migliori opportunità di investimento per i cittadini e le imprese,
favorendo l’afflusso di capitali privati, accanto a quelli pubblici, verso investimenti produttivi
e innovativi e a rimuovere gli impedimenti di tipo normativo e fiscale che ostacolano la più
efficiente circolazione dei capitali e l’accesso ai mercati all’interno della UE.
La Banca d’Italia ha fornito il proprio contributo alla riforma attraverso i tavoli
di lavoro costituiti presso il MEF. Vorrei soffermarmi in particolare su quattro
temi tenuto conto degli effetti sui compiti istituzionali della Banca d’Italia e sugli
intermediari vigilati: disciplina del governo societario; disciplina del risparmio
gestito; semplificazioni operate con riferimento ai rapporti tra Autorità e divieto di
interlocking.
Disciplina sul governo societario delle società e degli emittenti
In generale, si valutano positivamente le proposte contenute nello schema
di decreto per quanto riguarda, in particolare, il rafforzamento dell’autonomia
statutaria e la valorizzazione delle diverse forme di governo societario.
È bene ricordare in primo luogo che per le società soggette alla nostra vigilanza,
le norme del Codice civile e del TUF – come innovate dallo schema di riforma –
rappresentano le basi per i presidi rafforzati previsti dalla regolamentazione della
Banca d’Italia, volta a garantire la sana e prudente gestione dell’intermediario e la
stabilità del sistema bancario e finanziario. Apprezziamo quindi la previsione di
apposite clausole di salvaguardia della disciplina settoriale, come nel caso delle
disposizioni speciali che regolano i doveri dell’organo di controllo per le società
di capitali – quotate e non – sottoposte a vigilanza prudenziale (art. 149, primo
comma, TUF; art. 2396-quinquies, primo comma, Codice civile). Come avrò
modo di rilevare più avanti, è importante inserire queste clausole anche per le
modifiche proposte in tema di riparto di competenze tra gli organi e responsabilità
degli amministratori non esecutivi.
Inoltre, le nuove disposizioni sullo svolgimento delle assemblee
(art. 125-bis.1, TUF) introducono modalità flessibili di partecipazione dei
soci in grado di modulare i procedimenti decisionali in base alle caratteristiche
delle decisioni da assumere e alle richieste degli azionisti. A questo proposito,
è importante aver riconosciuto a una percentuale qualificata di soci il diritto di
chiedere che l’assemblea si celebri secondo lo schema tradizionale (adunanza in
luogo fisico) al fine di salvaguardare la sua funzione di sede del dibattito e di
composizione dei diversi interessi. Ciò è particolarmente rilevante con riferimento
alle banche quotate costituite in forma di cooperativa, in cui i meccanismi di
democrazia societaria caratterizzano la natura e la struttura degli intermediari.
Analogamente, con riferimento alla composizione dell’organo amministrativo,
si apprezza che l’autonomia statutaria venga orientata secondo i principi di
professionalità, rappresentatività e diversità della complessiva composizione del
collegio (art. 147-bis.1, TUF). A questo proposito, si accoglie con favore la scelta
del legislatore di estendere alla generalità delle imprese quotate l’impostazione
della normativa di vigilanza per le banche, basata su principi che le singole
imprese possono autonomamente declinare. Chiaramente, l’applicazione di questi
principi per le società quotate soggette a vigilanza prudenziale rimarrà più incisiva
e rigorosa, considerata l’importanza di un solido assetto di governo ai fini della
sana e prudente gestione.
Oltre a valorizzare nelle società quotate il controllo sui rischi complessivamente
assunti dall’impresa, la riforma introduce una norma sui sistemi di monitoraggio
continuo e sugli strumenti di controllo automatici e predittivi, prescrivendo che
essi siano “adeguati e proporzionati alla natura e alle dimensioni dell’impresa
e ai rischi ai quali essa è esposta” (art. 149-ter, TUF). La norma è di particolare
attualità ed esprime un principio generale per le società soggette a vigilanza
prudenziale.
La scelta, infine, di prevedere una disciplina autonoma per ciascuno dei
modelli di governo societario (tradizionale, monistico, dualistico) rende il quadro
normativo più chiaro per gli investitori, soprattutto internazionali, in ragione della
loro maggiore esperienza con i sistemi monistico e dualistico.
Peraltro, con riferimento alla previsione che, per le società quotate che
adottano il modello monistico, esclude la possibilità per lo statuto di attribuire
all’assemblea la competenza a nominare i membri del comitato per il controllo sulla
gestione, si fa presente che negli intermediari sottoposti a vigilanza prudenziale è
particolarmente avvertita l’esigenza di preservare e rafforzare la separatezza tra
la funzione di controllo e le funzioni gestorie, al fine di salvaguardare un sistema
di pesi e contrappesi in grado di assicurare la sana e prudente gestione. Questo
obiettivo nel modello monistico è perseguito anche attribuendo all’assemblea la
nomina dei componenti dell’organo con funzioni di controllo. Potrebbe pertanto
essere opportuno introdurre una norma che faccia salva la prevalenza delle
disposizioni settoriali in relazione alla nomina dei componenti dell’organo con
funzione di controllo nel modello monistico.
Un secondo tema rilevante, anche alla luce delle esperienze derivanti
dall’attività di vigilanza, è quello della responsabilità degli amministratori
non esecutivi, con particolare riguardo all’obbligo di agire informati previsto
dall’art. 2381, comma 6, del Codice civile. Nel testo approvato in via
preliminare dal Consiglio dei ministri, si dispone che “Nell’assumere le proprie
determinazioni, gli amministratori cui il consiglio non abbia delegato proprie
attribuzioni fanno ragionevole affidamento, anche in relazione alle loro specifiche
competenze, sulle informazioni ricevute in conformità alle previsioni della legge
e dello statuto” (art. 2381-ter, quarto comma, Codice civile).
Nel caso degli intermediari vigilati dalla Banca d’Italia va considerato che
gli amministratori non esecutivi sono tenuti a ricoprire un ruolo proattivo, non
potendosi relegare questi soggetti a meri recettori passivi di informazioni all’interno
dell’organo di amministrazione. Ciò al fine di non indebolire la loro funzione di
presidio sulle modalità di esercizio dei poteri delegati, essenziale per preservare
una sana dialettica all’interno dell’organo di supervisione strategica. In proposito,
si pensi, ad esempio, all’emersione di nuovi rischi anche qualitativi (es. cyber), che
richiedono l’attivo contributo delle diverse competenze di cui gli amministratori
sono portatori. Si riterrebbe pertanto opportuno l’inserimento, nell’art. 2381-ter,
di una clausola di salvaguardia per la disciplina settoriale, anche in linea con
il quadro regolamentare sovranazionale.
La disciplina del risparmio gestito
La normativa proposta persegue l’obiettivo di ampliare le forme di sostegno
al capitale delle piccole e medie imprese anche attraverso la riduzione degli oneri
per i soggetti vigilati. Essa si inserisce nel quadro della finalità generale del TUF
di favorire lo sviluppo del mercato dei capitali, pubblico e privato, attraverso
l’afflusso indiretto dei capitali privati verso le imprese e facilitando l’accesso alla
quotazione, che sono funzionali anche alle operazioni di uscita dagli investimenti
degli organismi di gestione collettiva del risparmio (OICR). Tutto ciò dovrebbe
favorire la crescita di un ecosistema di operatori maggiormente agili e flessibili
in grado di mobilitare maggiori risorse, soprattutto di quelle apportate dagli
investitori istituzionali, e incidere progressivamente sull’aumento della scala
dimensionale del sistema.
Le scelte operate al riguardo dal legislatore allineano il nostro sistema a
quello delle altre principali giurisdizioni europee. Mi soffermo in particolare sui
due istituti più innovativi della riforma: la società di partenariato e il regime di
registrazione dei gestori di piccole dimensioni che non superano predeterminate
soglie di attivi gestiti, i cd. “gestori sottosoglia”5.
Vale a dire i gestori di fondi d’investimento alternativi (GEFIA), che gestiscono complessivamente
attivi fino a €100 milioni; la soglia sale a €500 milioni se i fondi non fanno ricorso alla leva
finanziaria e non consentono agli investitori di esercitare il diritto di rimborso per cinque anni dopo
l’investimento iniziale.
La società di partenariato è una nuova forma di OICR di tipo societario
riservato a investitori professionali e costituito in forma chiusa, che amplia la
gamma delle soluzioni di investimento disponibili. Essa si differenzia dai modelli
già esistenti per la forma giuridica di società in accomandita per azioni, che si
ispira al modello anglosassone della limited partnership, ampiamente riconosciuto
in ambito internazionale, così da agevolarne l’utilizzo anche da parte di investitori
esteri e accrescere l’attrattività del mercato nazionale.
La società di partenariato potrà operare solo nei comparti del private equity e
venture capital, con un modello di servizio più flessibile e meno oneroso in termini