(AGENPARL) - Roma, 21 Novembre 2025(AGENPARL) – Fri 21 November 2025 *Gli agricoltori lucani si preparano ad “invadere” Bruxelles il 18 dicembre
prossimo perché la PAC è un elemento essenziale per il futuro
dell’agricoltura della Basilicata e italiana e europea. ”. *In Basilicata
nel 2023 – il primo anno del quinquennio Pac in corso – le aziende agricole
hanno ricevuto in media 3.770 euro di contributi Pac contro i 7.810 euro ad
azienda della Lombardia, i 6.620 euro del Piemonte, i 6.320 euro della
Sardegna. Secondo i dati dell’Agea le aziende con oltre 100 ettari
rappresentavano il 2% delle imprese agricole italiane che hanno fatto
domanda e hanno ricevuto il 23% dei fondi Ue a disposizione. Al contrario,
le aziende con un’estensione inferiore ai 10 ettari rappresentano il 69%
delle imprese agricole italiane ma hanno ricevuto solo il 23% dei
finanziamenti comunitari.
“L’agricoltura non chiede privilegi, pretende rispetto. Non può essere una
voce residuale del bilancio Ue, perché è la condizione stessa dell’Europa:
garantisce cibo sicuro, tutela dell’ambiente, resilienza dei territori e
futuro delle comunità. Per questo, il 18 dicembre saremo in piazza a
Bruxelles, con oltre 5mila agricoltori e almeno mille trattori in arrivo da
ogni parte del continente, per ribadire che il settore è primario per un
motivo”. Un messaggio che non lascia spazio ai dubbi. Così il presidente di
Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini, ha aperto l’Assemblea annuale
2025, davanti al vicepresidente della Commissione Ue Raffaele Fitto, al
ministro Francesco Lollobrigida, ai parlamentari e ai delegati da tutta
Italia, riuniti all’Auditorium Antonianum di Roma sotto lo slogan
“Coltiviamo l’Europa, proteggiamo il Futuro”.
“Oggi siamo a una svolta pericolosa. Il rischio di un progressivo
smantellamento della Pac dopo il 2027, delineato dal nuovo Quadro
Finanziario Pluriennale, appare sempre più concreto -ha spiegato Fini-.
Questo significherebbe un taglio drastico delle risorse e la loro
dispersione in un fondo unico, destinato a generare conflitti tra comparti
e a compromettere il mercato unico. Sarebbe la fine di un sistema equo:
avremmo agricolture di serie A e agricolture abbandonate alla serie B”.
Ecco perché, ha ribadito il presidente di Cia, “rilanciamo una
mobilitazione senza tregua, finché non vedremo un cambio di passo vero, non
di facciata. Ora l’Italia assuma con forza la guida di questa battaglia
decisiva per il futuro dell’agricoltura e le istituzioni nazionali ed
europee dimostrino davvero, con fatti e non parole, di essere dalla nostra
parte”.
*SERVE UNA SCOSSA POLITICA, NO ALL’EUROPA DEI RINVII –* Nella sua
relazione, Fini ha segnalato una deriva generalizzata sempre più evidente:
“Durante la pandemia, l’Europa è stata rapida, solidale, concreta. Adesso
sembra attraversata da lentezze, divisioni, compromessi al ribasso -ha
dichiarato-. Ma la complessità globale non si governa con 27 politiche
diverse”. Cia chiede una vera Europa federale, dotata di una politica
estera, di difesa, energetica e industriale comune: “Draghi e Letta hanno
descritto con crudezza ciò che abbiamo sotto gli occhi. Senza una vera
unione politica, decisioni rapide e non ostaggio dell’unanimità, la Ue non
reggerà le transizioni demografica, tecnologica, economica e geopolitica.
Anche un’Europa a due velocità è preferibile a un’Europa immobile”.
*LA PAC È IL CUORE DELL’UNIONE. NON PUO’ ESSERE DEMOLITA – *Nessuna
politica Ue ha generato più stabilità della Pac. “È la politica più antica,
la più solida, la più europea. Ha garantito per oltre cinquant’anni
sicurezza alimentare, coesione sociale, presidio delle aree interne”, ha
sottolineato il presidente di Cia. Per questo motivo, la proposta della
Commissione è considerata “pericolosa e miope”: trasformare la Pac post
2027 in un capitolo indistinto del QFP e tagliare le risorse del 22%
indebolirebbe il settore e l’intero impianto comunitario. Il peso
dell’agricoltura nel bilancio Ue crollerebbe dal 31% al 15% e solo per
l’Italia significherebbe passare da 40 miliardi a circa 31, con 9 miliardi
di perdita netta. “Non è una riforma tecnica: è un cambio di paradigma. E a
perderci sarebbero agricoltori, cittadini e territori -ha rimarcato Fini-.
Ridurre la Pac a una voce qualsiasi del bilancio significa indebolire
l’Europa stessa”.
*PAC E COESIONE: UN APPELLO PER AGRICOLTURA E AREE INTERNE – *Il prossimo
Quadro Finanziario Pluriennale 2028-2034 e la futura Pac, insomma, “sono il
banco di prova decisivo per lo sviluppo dell’Europa in cui crediamo”, ha
detto il presidente di Cia, lanciando un appello diretto: “La Pac deve
restare fuori dal fondo unico. Va rafforzata e finanziata di più, non
ridimensionata, e va preservata nella sua autonomia, non rinazionalizzata.
Non è in gioco solo il reddito degli agricoltori, ma anche la sicurezza
alimentare e il mercato unico europeo”. Fini ha anche criticato le ultime
correzioni proposte dalla Commissione: “Si tratta di aggiustamenti
estetici, non cambia la sostanza. Non risolvono le criticità strutturali né
rispondono alle istanze del mondo agricolo”. Poi il richiamo essenziale
alle politiche di coesione: “Restare nella propria terra è un diritto
universale. Ma senza servizi, connessioni, opportunità, i giovani vanno via
e le campagne si spopolano. E senza agricoltura la coesione svanisce”. Per
questo, ha evidenziato il presidente di Cia, “non dobbiamo mettere in
competizione la politica di coesione con quella agricola né alimentare una
logica di contrapposizione per l’assegnazione delle risorse. Al contrario,
deve esistere una sinergia efficace tra le due, per sostenere la crescita
dei territori e la competitività delle imprese”. I dati parlano chiaro: il
56% della superficie coltivabile italiana si trova nelle aree interne, dove
vivono 13 milioni di persone, soprattutto agricoltori, argine contro il
dissesto idrogeologico che mette a rischio il 60% del territorio nazionale.
“Difendere queste zone significa difendere l’Italia reale”.
*SEMPLIFICAZIONE E COMPETITIVITÀ: GARANTIRE IL GIUSTO VALORE –* Per Fini
“la burocrazia è diventata il peggior nemico della produttività”, ecco
perché “la semplificazione è la parola chiave per il futuro del settore.
Non significa deregolamentare, ma rendere le regole più efficaci,
comprensibili e applicabili” perché “non possiamo più vivere in un
labirinto normativo”. Il presidente di Cia ha ribadito le priorità della
Confederazione: bene i pacchetti “Omnibus” e le proposte per semplificare
l’attuale Pac, da implementare rapidamente a livello nazionale. Servono,
quindi, misure più flessibili e digitalizzate; garantire l’accesso rapido a
fitofarmaci alternativi; accelerare l’approvazione delle nuove tecniche
genomiche (NGT). Soprattutto, bisogna risolvere uno dei problemi più
impattanti: la distribuzione equa del valore lungo la filiera. “Su questo
gli agricoltori non possono più attendere. Non può accadere più di vendere
i nostri prodotti addirittura sotto i costi di produzione. Basta al grano
sottocosto, basta subire pratiche commerciali sleali”, ha denunciato Fini.
I dati lo dimostrano: chi produce grano duro nel Mezzogiorno perde dal 2%
al 7% a tonnellata. Più in generale, su 100 euro spesi dal consumatore,
solo 7 euro arrivano all’agricoltore. “Non è accettabile che la filiera
scarichi gli squilibri sugli agricoltori. Il giusto valore non è uno
slogan: è una necessità”.
