(AGENPARL) - Roma, 17 Novembre 2025(AGENPARL) – Mon 17 November 2025 Costruire la legalità economica: istituzioni, riforme, tecnologia
Intervento di Fabio Panetta
Governatore della Banca d’Italia
Inaugurazione dell’Anno di Studi 2025-26
Scuola di Polizia Economico-Finanziaria
Lido di Ostia, 17 novembre 2025
È per me un onore prendere la parola in questa sede, dinanzi a un Corpo che, da oltre
due secoli e mezzo, rappresenta una colonna portante della sicurezza e della tutela
della legalità nel nostro paese.
La storia della Guardia di Finanza si intreccia con quella della costruzione di uno Stato
moderno e giusto: una storia di disciplina, dedizione e servizio alla collettività.
Desidero esprimere la più sincera gratitudine, mia e della Banca d’Italia, a tutte le
donne e a tutti gli uomini della Guardia di Finanza per il quotidiano impegno per il
rispetto della legge in campo economico e finanziario, essenziale per la credibilità
delle istituzioni e per la reputazione dell’Italia nel mondo.
L’economia irregolare è un fenomeno antico e diffuso, che rappresenta una sfida
cruciale per la nostra società1. La sua portata, le sue cause e i suoi costi sono noti. Ciò
che più conta, oggi, è comprendere i progressi compiuti e trarne insegnamenti utili
per il futuro.
Mi soffermerò dunque su questi aspetti – soprattutto sul ruolo delle riforme, della
tecnologia e delle Forze dell’ordine – e richiamerò, infine, il contributo che la Banca
d’Italia offre a questo impegno comune.
In questo intervento, il termine “economia irregolare” viene riferito all’insieme dell’economia
non osservata – costituita dalle attività economiche che sfuggono all’osservazione statistica
diretta (cfr. anche la nota 2) – e delle attività “osservate” condotte dalla criminalità organizzata. In
letteratura, tale termine non ha un’interpretazione univoca e indica genericamente l’insieme delle
attività economiche che non rispettano la legge.
Un fenomeno dalle radici profonde
In Italia l’economia irregolare ha dimensioni significative. Secondo le stime dell’Istat,
quella non osservata2 nel 2023 generava un valore aggiunto pari a 218 miliardi di euro e
al 10 per cento del PIL; il peso economico della criminalità organizzata è invece difficile
da quantificare e privo di una valutazione ufficiale (fig. 1)3.
Figura 1
Una rappresentazione del PIL: economia regolare e irregolare (1)
ECONOMIA
NON OSSERVATA
economia osservata (A)
di cui: gestita dalla criminalità (A1)
economia non osservata (B1+B2+B3)
di cui: sommerso non gestito dalla criminalità (B1)
sommerso gestito dalla criminalità (B2)
economia illegale (B3)
ECONOMIA
IRREGOLARE
ECONOMIA GESTITA
DALLA CRIMINALITÀ
(1) La figura ha finalità meramente illustrative. Le dimensioni delle diverse aree al suo interno non hanno corrispondenza con la quantificazione effettiva dei
fenomeni. Inoltre, nel caso del cerchio rosso, che si riferisce al complesso delle attività – osservate e non osservate – gestite dalla criminalità, non esistono
stime attendibili.
Questi fenomeni comportano costi sociali ingenti e incidono sull’intera economia
nazionale – nel Mezzogiorno come nel Centro Nord, sebbene con intensità diverse.
Quasi la metà dell’economia non osservata è localizzata nel Nord Italia, circa un terzo
nel Mezzogiorno. Se rapportata al valore aggiunto di ciascuna area, l’incidenza è
inferiore al 10 per cento al Nord e superiore al 16 nel Mezzogiorno4.
Il termine “economia non osservata” fa riferimento a un aggregato statistico ufficiale che comprende
l’economia sommersa (prevalentemente generata da sottodichiarazione del valore aggiunto e
dall’impiego di lavoro irregolare) e le attività illegali (attività produttive relative a beni e servizi illegali,
o che, pur riguardando beni e servizi legali, sono svolte senza autorizzazione o titolo).
L’area attribuita all’economia criminale nella figura 1 non è rappresentativa della dimensione del
fenomeno, ed è utilizzata a fini puramente illustrativi.
Commissione per la redazione della Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e
contributiva, Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale. Anno 2025, 2025. Sul peso
della criminalità organizzata, cfr. S. Mocetti e L. Rizzica, La criminalità organizzata in Italia: un’analisi
economica, Banca d’Italia, Questioni di economia e finanza, 661, 2021.
Il lavoro sommerso alimenta lo sfruttamento e penalizza le fasce più vulnerabili della
popolazione, spesso costrette ad accettare condizioni di vita e di lavoro degradanti e
prive di tutela. L’azione delle mafie, fondata su violenza e intimidazione, compromette la
libertà di impresa, ostacola la partecipazione civica e indebolisce la fiducia nelle istituzioni.
Anche i costi economici dell’economia irregolare, diretti e indiretti, sono considerevoli.
Tra i primi spicca la sottrazione di risorse al bilancio pubblico dovuta all’evasione fiscale,
che riduce la capacità di spesa dello Stato e accresce gli oneri per i contribuenti onesti,
con effetti negativi sull’equità e sull’efficienza del sistema tributario.
I costi indiretti sono anch’essi rilevanti: l’economia irregolare distorce la concorrenza e
l’allocazione delle risorse, scoraggia gli investimenti in capitale umano e fisico e rende
il territorio meno attrattivo per iniziative imprenditoriali, nazionali ed estere. Deprime
inoltre la produttività delle imprese e riduce la crescita potenziale del Paese5.
I territori dove la criminalità organizzata è più radicata registrano ritardi nello sviluppo,
un più basso livello di occupazione e un minore dinamismo imprenditoriale. Nel medio e
nel lungo periodo, essi subiscono una perdita di prodotto pro capite stimata nel 16 per
cento6.
La diffusione dell’economia irregolare riflette un intreccio complesso di fattori economici,
istituzionali e culturali7. Incidono la complessità delle norme e l’onerosità del prelievo
fiscale, peraltro in un tessuto produttivo frammentato8. Una maggiore inclusione
finanziaria e condizioni equilibrate di accesso al credito rendono invece l’informalità
meno attraente. Restano decisivi il senso civico e la credibilità delle istituzioni9.
Questo intreccio di cause richiede interventi coordinati su più fronti.
Le imprese regolari maggiormente esposte alla competizione al ribasso innescata dall’economia
irregolare mostrano livelli di attività più bassi, minori investimenti e minori salari: la loro produttività
si riduce in una misura stimata tra il 10 e il 20 per cento; i loro fatturati diminuiscono di circa 1,1
euro per ogni euro dichiarato in meno dalle imprese che evadono; cfr. G. Ulyssea, Firms, informality,
and development: theory and evidence from Brazil, “American Economic Review”, 108, 8, 2018,
pp. 2015-2047; M. Amin e C. Okou, Casting a shadow: productivity of formal firms and informality,
“Review of Development Economics”, 24, 4, 2020, pp. 1610-1630; R.K. Goel, U. Mazhar e R. Ram,
Informal competition and firm performance: impacts on input- versus output performance, “Managerial
and Decision Economics”, 43, 2, 2022, pp. 418-430; I. Di Marzio, S. Mocetti ed E. Rubolino, Market
externalities of tax evasion, CESifo Working Paper, 11896, 2025.
P. Pinotti, The economic costs of organized crime: evidence from Southern Italy, “The Economic Journal”,
125, 586, 2015, pp. F203-F232.
F. Schneider e D.H. Enste, Shadow economies: size, causes, and consequences, “Journal of Economic
Literature”, 38, 1, 2000, pp. 77-114.
Le imprese più piccole subiscono in misura maggiore il peso degli adempimenti amministrativi, sia
per i costi diretti sia per lo sforzo gestionale che richiedono. Di un contesto economico parcellizzato
risente anche l’attività di controllo, che risulta più onerosa e complessa.
J. Slemrod, Cheating ourselves: the economics of tax evasion, “Journal of Economic Perspectives”, 21,
1, 2007, pp. 25-48; G. Barone e S. Mocetti, Tax morale and public spending inefficiency, “International
Tax and Public Finance”, 18, 2011, pp. 724-749.
Il primo, e di gran lunga il più decisivo, riguarda le politiche di sviluppo economico: in un
contesto produttivo dinamico, sorretto da infrastrutture moderne – materiali e immateriali –
e capace di offrire lavoro e opportunità, l’economia sommersa e la criminalità perdono
terreno. Dove l’impresa può crescere, il credito è accessibile e le regole sono chiare, la
convenienza della legalità supera l’attrattiva dell’informalità e dell’attività illecita.
In passato ho più volte riflettuto sulle condizioni necessarie per rilanciare la crescita
dell’economia italiana – investimenti, capitale umano, capacità amministrativa e
innovazione – e non mi soffermerò oggi su questi aspetti.
Intendo piuttosto richiamare l’importanza di politiche che uniscano la fermezza dell’azione
giudiziaria, la forza degli incentivi economici e l’intelligenza della tecnologia, entro un
contesto istituzionale solido ed efficiente.
I danni profondi provocati dall’economia informale e dalla criminalità – e i benefici,
economici ma anche morali e civili, che deriverebbero dal loro ridimensionamento –
richiedono un impegno deciso e un investimento generoso di risorse umane e finanziarie.
Un decennio di progressi
Dal 2011 l’incidenza dell’economia non osservata sul PIL è diminuita di 2 punti percentuali
(fig. 2.a). La quota dei lavoratori irregolari è scesa di oltre un punto, al 10 per cento. L’evasione
fiscale in rapporto al prodotto si è ridotta di quasi un terzo, al 4 per cento (fig. 2.b)10.
Figura 2
Incidenza dell’economia non osservata e dell’evasione fiscale sul PIL
(valori percentuali)
(a) economia non osservata
(b) evasione fiscale (1)
Fonte: per l’economia non osservata, Istat (Conti nazionali); per l’evasione fiscale, Commissione per la redazione della Relazione sull’economia non osservata e
sull’evasione fiscale e contributiva (Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale. Anno 2025, 2025).
(1) L’evasione fiscale è misurata come divario tra imposte effettivamente versate e imposte dovute in regime di perfetto adempimento degli obblighi tributari
(cosiddetto tax gap). Il dato non include l’evasione contributiva.
Commissione per la redazione della Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e
contributiva, 2025, op. cit.
Questi progressi riflettono la trasformazione del sistema economico e il rafforzamento
della capacità operativa della Pubblica amministrazione.
In primo luogo, il tessuto produttivo si è consolidato. La crescita della dimensione
media (fig. 3.a) e il miglioramento delle condizioni economico-finanziarie (fig. 3.b)
hanno reso le imprese più solide e meno vulnerabili alla contaminazione dell’economia
non osservata11.
Parallelamente, la quota di società di capitali con relazioni bancarie ha superato i
due terzi (fig. 3.c), grazie alla maggiore solidità di banche e imprese e all’aumento
delle garanzie pubbliche sui prestiti concesse dopo la pandemia. La produttività del
settore privato è aumentata, sostenuta da miglioramenti interni alle aziende e da una
riallocazione dell’attività verso le realtà più dinamiche; è stata, inoltre, alimentata da un
contesto istituzionale più solido, nonché dalle misure di liberalizzazione dei mercati e
di semplificazione amministrativa dello scorso decennio12.
Figura 3
Struttura dimensionale e condizioni finanziarie del sistema produttivo
(valori percentuali)
(a) quota di occupati in imprese
medio-grandi (50+ addetti)
(b) indebitamento (1)
(c) imprese con relazioni bancarie (2)
Fonte: Banca d’Italia (Conti finanziari), Istat (Asia) e Cerved.
(1) Leva finanziaria. – (2) Quota di società di capitali con relazioni bancarie.
In secondo luogo, le riforme e gli investimenti in tecnologia – sostenuti anche dal
Piano nazionale di ripresa e resilienza – hanno reso il settore pubblico più efficiente e
Per ulteriori dettagli, cfr. A. Accetturo et al., Le recenti dinamiche della produttività e le trasformazioni
del sistema produttivo, Banca d’Italia, Questioni di economia e finanza, 953, 2025.
E. Ciapanna, S. Mocetti e A. Notarpietro, The macroeconomic effects of structural reforms: an empirical
and model-based approach, “Economic Policy”, 38, 114, 2023, pp. 243-285; A. Cintolesi, S. Mocetti e
G. Roma, Productivity and entry regulation: evidence from the universe of firms, Banca d’Italia, Temi
di discussione, 1455, 2024.
digitale13, soprattutto dopo la pandemia14. Tra il 2019 e il 2022 la quota di enti locali
in grado di erogare almeno un servizio interamente online è salita dal 47 al 73 per
cento; circa il 37 per cento dei Comuni con più di 60.000 abitanti e 18 Regioni hanno
effettuato o pianificato per il triennio 2022-24 investimenti in strumenti innovativi di
intelligenza artificiale o tecniche di analisi di big data15.
I risultati sono tangibili: i tempi medi di pagamento dei fornitori del settore pubblico si
sono ridotti da oltre 40 a meno di 30 giorni (fig. 4.a), mentre quelli di aggiudicazione
degli appalti si sono dimezzati, a poco più di due mesi16.
Anche la giustizia civile mostra progressi: le cause pendenti da oltre tre anni sono
scese a poco più di 200.000, da 600.000 di dieci anni fa, e la durata dei processi
relativi a contratti – cruciale per l’attività d’impresa – si è ridotta di quasi un terzo
(fig. 4.b)17.
Figura 4
Indicatori sul funzionamento della giustizia civile e della Pubblica amministrazione
(giorni)
(a) tempi di pagamento
della Pubblica amministrazione (1)
(b) durata dei processi
in materia di contratti
1.200
Fonte: Ministero dell’Economia e delle finanze e Ministero della Giustizia.
(1) Dati disponibili dal 2019.
M. Cannella, M. Mancinelli e S. Mocetti, La qualità del contesto istituzionale: come varia tra le regioni
e nel tempo, Banca d’Italia, Questioni di economia e finanza, 944, 2025.
E. Ciapanna et al., I risultati dell’indagine IDAL sulla digitalizzazione delle Amministrazioni locali,
Banca d’Italia, Questioni di economia e finanza, 916, 2025.
Istat, Pubblica amministrazione locale e ICT. Anno 2022, Statistiche report, 23 febbraio 2024. Il dato
è riferito all’insieme delle Regioni e delle Province autonome.
Questo effetto riflette in ampia misura l’obbligo di ricorrere a piattaforme digitali per la gestione
degli appalti pubblici; cfr. A. Frigo e S. Mocetti, The effects of digitalization on the functioning of
the public sector: evidence from e-procurement, Banca d’Italia, Questioni di economia e finanza,
938, 2025.
La riduzione della durata dei processi ha riguardato il complesso dei procedimenti civili. Tali
progressi riflettono, oltre che il processo di digitalizzazione, l’impegno volto a ridurre il tasso di
litigiosità, a ottimizzare la presenza dei Tribunali sul territorio e ad aumentare il personale qualificato
a supporto dei giudici.