(AGENPARL) - Roma, 15 Novembre 2025(AGENPARL) – Sat 15 November 2025 primo piano 2/don colucccia
Davide Barbaro
Poliziamoderna ha intervistato
Don Coluccia, il sacerdote pugliese
impegnato da sempre nella lotta
alla droga nelle periferie
di Valentina Pistillo
14 POLIZIAMODERNA novembre 2025
La mia
battaglia
pesso porta un fischietto legato al rosario e rompe
il silenzio della notte parlando col megafono. Dai
lotti popolari delle periferie, il poliziotto ad honorem Don Antonio Coluccia, prete di strada che vive sotto scorta, noto per il suo impegno instancabile contro i venditori di morte delle piazze di spaccio, sbuca spesso in abito talare, armato di ottimismo, coraggio e carità
cristiana, per parlare agli ultimi. Da Roma a Milano, passando per Pianura, quadrante ovest di Napoli, quando arriva, fischia per avvisare residenti e trafficanti, infrangendo
il silenzio. Vedette, pusher e clienti si dileguano. Per diffondere un messaggio forte di legalità, solidarietà e spiritualità, nei quartieri più fragili d’Italia, quest’anno è partito anche con il progetto Radio Megafono 48, una vera e propria
stazione radio mobile: «La web radio è un presidio civico e
pastorale tra Costituzione e Vangelo nei territori controllati dai clan – spiega il sacerdote vocazionista di origine salentina, raggiunto al telefono da Poliziamoderna – sia con il
racket delle case occupate dalla malavita sia con il “welfare” della criminalità». .
In quali periferie porta avanti la sua missione?
Ho iniziato la mia attività pastorale e di denuncia scegliendo le borgate romane, come il quartiere di San Basilio, dove due anni fa abbiamo inaugurato con le Fiamme oro, come alternativa alle promesse dei clan, una palestra di pugilato, baluardo di legalità, dell’ Opera di Don Giustino. Lì vi
erano tre clan operanti e abbiamo occupato i loro territori. Poi ho proseguito con il Quarticciolo, ai palazzoni del Villaggio Falcone del VI municipio di Tor Bella Monaca, e altre
periferie che rappresentano un po’ quelle che sono le criticità della Capitale. Dovevamo dare voce ai cittadini onesti,
quelli che ogni giorno subiscono e che non possono neanche passeggiare e dormire tranquilli. Di notte, i clan fanno i
loro sporchi interessi e minano quella che è la pace sociale
del territorio. Ho continuato le mie iniziative anche grazie
alle tante donne che si ribellano per amore dei propri figli,
le “mamme coraggio”, che mi scrivono da tutta Italia. L’altro
progetto, quello della web radio a bordo di un furgone che
gira in tante città, è “Rimuovere gli ostacoli”: un’iniziativa
partita da Verona, crocevia del narcotraffico, nata per dare voce a chi non ce l’ha, per spezzare il silenzio che avvolge i quartieri più difficili e offrire un presidio sicuro di legalità. Poi ho scelto la città di Napoli, dove mi sono recato più
volte: sono stato faccia a faccia con i boss del clan di Pianura, i Clarillo-Perfetto, e li ho sfidati davanti a tanta gente, pronunciando queste parole al megafono: “La camorra
è la negazione del Vangelo e la droga è un grande bluff che
non dà futuro”. Sono tornato nelle periferie partenopee, in
particolare nella zona di via Torricelli, piena di locali occupati abusivamente, dove ho parlato con il sindaco Gaetano
Manfredi, per aprire anche qui una palestra, insieme alle
Fiamme oro, come ho già fatto a Roma. Potrebbe essere un
buon esempio in questi luoghi dove i ragazzi non hanno nulla, neanche uno spazio dove incontrarsi. Per la mia missione sono partito dalle esigenze dei territori assoggettati ai
clan, proponendo incontri anche con i volontari: mi colpisce
l’entusiasmo di tanti ma qui c’è bisogno di molta presenza.
Quali sono secondo lei gli strumenti per combattere la
droga?
Antidoti efficaci per cercare di cambiare le piazze del degrado sono partecipazione sociale e dimensione comunitaria cristiana. Inoltre, il contrasto alla droga deve essere una lotta culturale, lo sosteneva anche il giudice Rocco
Chinnici. Purtroppo cresce la cultura dello sballo come il fascino della violenza, lo vediamo con il fenomeno delle baby
gang. Ecco perché è fondamentale comunicare con i giovani, mettendo al centro il mondo adolescenziale. Oltre all’incessante lavoro di prevenzione svolto dalle forze di polizia, occorre anche andare sul territorio per scuotere le coscienze, per convincere tutti che non esiste “la guardia infame”. Dietro queste figure c’è un volto, una storia, un padre e una madre con i loro figli. E allora se i ragazzi riescono a percepire questo, diventano collaborativi. Ho avuto tante soddisfazioni nel vedere alcuni individui che hanno cambiato vita. Ricordo sempre che essere collaborativi con lo Stato e le istituzioni è un dovere morale oltre che
costituzionale.
Un’altra soluzione ai problemi è racchiusa anche nelle “4
S” di cui parlo sempre: i sostantivi chiave sono “sport e salute”. Insisto sulle palestre sociali che insegnano a crescere, grazie a valori come rispetto e disciplina. Poi c’è la S di
“spiritualità”, un rimedio per i giovani più fragili e vulnerabili. Devono riscoprire la bellezza di Gesù, poiché solo di
lui ti puoi fidare e a lui affidare. Quindi anche di un sacerdote che ti può dare un consiglio, starti vicino e “abitare” il
tuo tempo. Infine la S di “studio”, l’altro elemento necessario. Come diceva don Milani: “Se sai sei, se non sai, sarai di
qualcun altro”. Ecco, la cultura ti può salvare e ti può offrire un futuro più onesto.
Qual è il messaggio che lancia ai giovani e ai genitori?
Bisogna creare un’alternativa alla criminalità per i ragazzi. Il messaggio che dedico a loro? “La vita è stupefacente,
non la droga”. Prima Papa Francesco, poi anche Papa Leone XIV, hanno parlato di “prigione dell’anima”, riferendosi alle dipendenze da sostanze stupefacenti. C’è un altro
mondo poi, di ragazzi abbandonati che spesso vive di “like”: è il mondo dei social, del digitale che non sempre ti fa
integrare nella collettività o ti apre alla vita. Ecco, i giovani devono riappropriarsi delle proprie esistenze, delle proprie storie, per uscire fuori dal disagio. Devono riscoprire
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Davide Barbaro
l’amore per la vita, non innamorarsi della “bella vita”, quella effimera promessa
dai clan, ma di una vita bella, fatta di sacrifici, di passioni e d’impegno, quelli che
ci fanno raggiungere grandi traguardi.
Oggi i genitori non sempre possiedono gli strumenti educativi adatti, ma credo che la metodologia migliore sia quella, come consiglio sempre a tutti, di stare avanti ai figli, al pari delle istituzioni,
per indicare loro la strada da seguire; accanto, per dare protezione e dietro per
visionare la loro crescita.
Sono convinto che la politica educativa delle “3 P” sia quella più efficace: “pochi piccoli passi”, per ottenere grandi
cambiamenti.
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