(AGENPARL) - Roma, 15 Novembre 2025(AGENPARL) – Sat 15 November 2025 DIREZIONE COMUNICAZIONE E IMMAGINE
UFFICIO STAMPA
Oltre 105mila negozi sfitti, il maggior numero in Lombardia (9.447) e Veneto (9.118). Confcommercio porta a Bologna “inCittà – Spazi che cambiano, economie urbane che crescono”, il 20 e 21 novembre a Palazzo Re Enzo per parlare di desertificazione e proposte per la rinascita dei centri urbani.
CONFCOMMERCIO: SENZA INTERVENTI DI RIGENERAZIONE URBANA, ENTRO IL 2035 SCOMPARIRÀ UN QUINTO DEI NEGOZI ITALIANI
Negli ultimi dodici anni l’Italia ha registrato una riduzione di oltre 140mila attività di commercio al dettaglio, tra negozi e attività ambulanti, con cali particolarmente accentuati nei centri storici e nei piccoli comuni. Un trend che, senza nuove ed efficaci politiche di rigenerazione urbana e senza interventi per riutilizzare gli oltre 105mila negozi sfitti (un quarto dei quali da oltre un anno), è destinato ad aggravarsi ulteriormente con il rischio di perdere, da qui al 2035, altre 114mila imprese al dettaglio. In pratica, oltre un quinto delle attività oggi esistenti sparirebbe con gravi conseguenze per l’economia urbana, la qualità della vita e la coesione sociale. Questo è confermato anche dall’analisi della densità commerciale, cioè il rapporto tra numero di negozi e abitanti, che evidenzia come molte città medio-grandi del Centro-Nord sarebbero quelle più esposte a questo fenomeno, mentre per alcuni Comuni del Mezzogiorno il calo sarebbe più contenuto, soprattutto per la riduzione dei residenti e il minor ricorso agli acquisti online. Confcommercio, anche attraverso il progetto Cities, propone un’Agenda Urbana Nazionale da definire insieme a Governo, Regioni e Comuni, per rigenerare i centri urbani valorizzando le economie di prossimità e le imprese del terziario di mercato. L’obiettivo è creare un quadro stabile e integrato delle politiche urbane, armonizzando i Distretti Urbani dello Sviluppo Economico e promuovendo strumenti condivisi contro la desertificazione commerciale e per una logistica urbana sostenibile.
E’ quanto emerge da un’analisi dell’Ufficio Studi di Confcommercio in vista dell’iniziativa nazionale “inCittà – Spazi che cambiano, economie urbane che crescono”, dedicata al futuro delle città e delle economie urbane, organizzato dalla Confederazione che si terrà a Bologna, a Palazzo Re Enzo, il 20 e 21 novembre prossimi (qui il programma dell’evento).
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Il confronto con il 2012 evidenzia la scomparsa di quasi 118mila imprese del commercio al dettaglio in sede fissa e di circa 23mila attività ambulanti, per una riduzione totale di oltre 140mila unità, risultato di un eccesso di chiusure rispetto alle aperture. Le cause sono riconducibili a una crescita insufficiente dei consumi interni, al cambiamento dei comportamenti di spesa dei consumatori e alla diffusione delle tecnologie digitali che hanno favorito gli acquisti online. Non a caso, nello stesso periodo le imprese attive operanti prevalentemente su internet o nella vendita per corrispondenza sono aumentate di oltre 16mila unità (+114,9%).
Per quanto riguarda il commercio al dettaglio in sede fissa, le contrazioni più rilevanti si registrano nei seguenti comparti: distributori di carburante (-42,2%), articoli culturali e ricreativi (-34,5%), commercio non specializzato (34,2%), mobili e ferramenta (-26,7%), abbigliamento e calzature (25%).
Tab. 1 – Imprese attive del commercio al dettaglio e dei servizi di alloggio
e ristorazione in Italia (migliaia; var. %)
commercio non specializzato (supermercati, discount, grandi magazzini, …) 54,8 36,1 -18,7 -34,2
tabacchi 30,9 31,1 0,2 0,6
commercio specializzato alimentare 80,8 76,2 -4,6 -5,7
distributori di carburante 21,7 12,5 -9,2 -42,2
computer e telefonia 11,5 12,1 0,6 4,9
mobili e ferramenta 79,1 58,0 -21,1 -26,7
articoli culturali e ricreativi 47,9 31,3 -16,5 -34,5
Farmacie 18,5 21,6 3,1 16,9
altro commercio specializzato (vestiario, calzature, …) 206,1 154,7 -51,4 -25,0
commercio al dettaglio in sede fissa 551,3 433,6 -117,8 -21,4
ambulanti 93,8 70,9 -22,9 -24,4
altro commercio (internet, vendita per corrispondenza, …) 14,0 30,0 16,1 114,9
totale commercio al dettaglio 659,1 534,5 -124,6 -18,9
bar 127,5 103,1 -24,4 -19,1
ristoranti 143,8 168,3 24,5 17,1
alberghi 24,4 22,1 -2,3 -9,5
altre forme di alloggio (bed&breakfast,…) 22,5 43,1 20,7 92,1
servizi di alloggio e ristorazione 318,1 336,6 18,5 5,8
Fonte: elaborazioni Ufficio Studi Confcommercio su dati Centro Studi Tagliacarne (CST).
Diverso risulta l’andamento dei servizi di alloggio e ristorazione, che nel 2024 contano quasi 337mila imprese, registrando un incremento del 5,8% rispetto al 2012, pari a circa 18mila unità. Il comparto della ristorazione mostra una crescita significativa (+17,1%), sostenuta da tre fattori: l’aumento delle presenze turistiche, italiane e, soprattutto, straniere; la diffusione di nuovi modelli di consumo (delivery, asporto) che hanno progressivamente sostituito larga parte dei pasti domestici; le modifiche amministrative ai codici di attività che hanno comportato una migrazione di numerose imprese dai bar tradizionali, in calo del 19,1%, ai bar con somministrazione, riclassificati come ristoranti.
Per quanto riguarda l’alloggio, si osserva una contrazione degli alberghi tradizionali (-9,5%), a fronte di una crescita molto sostenuta delle altre forme ricettive (B&B, affittacamere, case vacanza), aumentate del 92,1% tra il 2012 e il 2024. Questo sviluppo, favorito dalla diffusione delle piattaforme digitali e dalla ricerca di soluzioni più flessibili da parte dei turisti, ha tuttavia effetti ambivalenti: da un lato, intercetta nuova domanda e sostiene l’economia urbana; dall’altro, se non governato, può alimentare tensioni sociali presso la comunità che popola la destinazione. Una crescita troppo rapida e concentrata di tali attività rischia quindi di compromettere l’equilibrio tra funzioni residenziali e turistiche, minando la qualità della vita urbana.
Proiezioni al 2035
Per valutare l’evoluzione futura del settore, è stato fatto un esercizio di estrapolazione delle recenti tendenze osservate su un orizzonte temporale fino al 2035, simulando uno scenario che ipotizza la prosecuzione delle dinamiche osservate nel periodo 2012-2024 senza l’adozione di nuove politiche di rigenerazione urbana. In tale ipotesi, la riduzione delle imprese del commercio al dettaglio (negozi e ambulanti) arriverebbe fino al 21,4%, equivalente a circa 114mila unità in meno (tab. 2).
Tab. 2 – Proiezioni al 2035 in assenza di nuove politiche di rigenerazione urbana
proiezioni al 2035 var. % contributi di ciascuna variabile
var %
bar -17,7 -2,6
ristoranti 15,5 3,0
alberghi -8,7 -0,4
altri alloggi (B&B, …) 81,9 -0,4
omnicanalità (integrazione con vendite online) 101,6 1,8
redditi reali 6,4 0,7
trend -23,6 -23,6
sede fissa + ambulanti -21,4
Nota: le proiezioni al 2035 sono state calcolate ipotizzando che, nel periodo 2025-2035, la variazione media annua di ciascuna variabile coincida con quella osservata nel periodo 2012-2024.
Fonte: elaborazioni Ufficio Studi Confcommercio su dati CST, Istat-Archivio ASIA e MEF.
Per valutare appieno l’impatto di tale declino sui servizi offerti ai cittadini è stata considerata – ipotizzando lo stesso scenario – anche la dinamica demografica della popolazione attraverso l’analisi sulla densità commerciale (tab. 3), ovvero il numero di imprese attive ogni mille abitanti, da cui emergono forti differenze territoriali: i comuni medio-grandi del Centro-Nord sono quelli più esposti, mentre per alcune città medio-grandi del Mezzogiorno il calo medio sarà più contenuto, ma legato anche alla riduzione di popolazione per l’emigrazione verso il Nord di persone in cerca di migliori opportunità occupazionali e alla minore propensione agli acquisti online.
In assenza di interventi, città come Ancona (-38,3%), Trieste (-31,1%) e Ravenna (-30,9%) rischiano di perdere circa un terzo ed oltre delle proprie attività di vicinato, con gravi effetti sulla vitalità dei quartieri e sulla qualità dei servizi per i residenti.
Tab. 3 – La densità commerciale nei comuni italiani: confronto 2012-2024 e proiezioni al 2035 (imprese attive ogni mille abitanti)
imprese popolazione residente
i 10 comuni con la più bassa densità commerciale
Fiumicino 7,3 5,2 4,0 -17,6 6,3
Trento 7,2 5,4 4,0 -23,0 3,5
Cinisello Balsamo 5,7 4,8 4,1 -13,7 1,1
Sesto San Giovanni 6,7 5,1 4,1 -23,6 -5,1
Ancona 11,0 6,8 4,1 -38,3 1,3
Trieste 9,1 6,3 4,4 -31,1 -1,1
Ravenna 9,3 6,4 4,5 -30,9 -0,6
Novara 9,3 6,6 4,5 -29,9 2,7
Lodi 8,9 6,4 4,5 -25,5 4,8
Reggio Emilia 8,1 6,1 4,5 -23,2 2,4
i 10 comuni con la più alta densità commerciale
Cosenza 15,4 13,2 10,9 -20,7 -4,3
Trapani 14,6 13,3 11,0 -27,3 -12,3
Nuoro 13,8 12,2 11,6 -19,2 -15,1
Frosinone 15,7 13,8 12,0 -18,4 -6,0
Cagliari 14,9 13,7 12,7 -11,5 -4,6
Crotone 11,4 11,7 12,8 0,6 -8,3
Lanusei 16,5 14,4 13,2 -21,1 -14,3
Andria 19,5 16,2 13,7 -19,7 -5,3
Vibo Valentia 16,1 14,5 13,7 -15,9 -11,5
Lecce 17,8 15,7 14,1 -12,3 -2,8
Nota: la densità commerciale è calcolata come numero di imprese attive del commercio al dettaglio (in sede fissa e ambulante) ogni mille abitanti. Nel 2024, tra i 122 comuni considerati, Cinisello Balsamo, Sesto San Giovanni e Fiumicino presentano i valori di densità commerciale più bassi.
