(AGENPARL) - Roma, 14 Novembre 2025La posizione dell’organismo datoriale: “Necessari apertura dei piani di transizione 4.0 e 5.0 a commercio e servizi, mantenimento della compensazione per il credito d’imposta, più risorse per i rinnovi contrattuali e impegno sul fronte salariale e formativo”
“Bene prudenza e austerità, ma resta la debolezza sul fronte della crescita reale; occorrono gli investimenti e il sostegno alle micro e piccole imprese, cuore produttivo e occupazionale del Paese“. Nicola Patrizi, presidente FederTerziario, esprime la posizione FederTerziario sulla Manovra 2026, sottolineando come le micro e piccole imprese, che rappresentano l’ossatura del Made in Italy e quindi il motore dell’export e dell’innovazione diffusa, restino “le più esposte all’aumento dei costi operativi, alla pressione fiscale e alle tensioni dei mercati globali ed è proprio su di loro che devono concentrarsi le politiche economiche: la Legge di Bilancio deve essere uno strumento di crescita, non solo di stabilità“. Le soluzioni si rintracciano negli interventi suggeriti dall’organismo datoriale: sostegno all’innovazione, potenziamento e semplificazione della ZES, abolizione del prelievo forzoso sui Fondi interprofessionali, tutela del potere di acquisto e crescita dei salari reali, mantenimento della compensazione del credito d’imposta e un piano per la riduzione dei costi dell’energia.
Dai Piani di transizione 4.0 e 5.0 per commercio e servizi alla ZES unica con criteri compensativi efficaci fino alla formazione
FederTerziario apprezza la coerenza del Governo nel perseguire l’equilibrio dei conti, ma avverte che il rigore contabile deve diventare il fondamento di una strategia industriale di medio periodo. “Servono interventi strutturali per rilanciare la produzione e l’innovazione, sostenendo i settori più esposti alla competizione internazionale e accompagnando la transizione digitale ed energetica“, prosegue Patrizi. Tra le priorità, FederTerziario chiede una semplificazione nell’accesso agli incentivi dei Piani Transizione 4.0 e 5.0, estendendoli anche al commercio e ai servizi, nonché un rafforzamento delle garanzie pubbliche e private per sostenere la liquidità delle imprese. “Senza un piano industriale capace di premiare chi investe e chi innova, la manovra rischia di restare un esercizio contabile senza impatto reale sull’economia“, sottolinea il Presidente. Di rilievo positivo l’impostazione pluriennale del finanziamento della ZES Unica, considerata un’occasione strategica per la coesione territoriale, la crescita e l’attrazione di investimenti, soprattutto nel Mezzogiorno. “La ZES Unica può diventare il principale motore di riequilibrio territoriale, ma deve essere dotata di strumenti finanziari stabili e di meccanismi di compensazione efficaci” afferma Patrizi che poi aggiunge: “Chiediamo che venga rivista la stretta sulla compensazione dei crediti d’imposta, escludendo gli investimenti ZES dal divieto di compensazione. In caso contrario, si penalizzerebbe gravemente la competitività dei territori del Sud e le imprese impegnate nei programmi di sviluppo locale“. Restando sul tema delle compensazioni fiscali, FederTerziario, inoltre, ribadisce la propria contrarietà alla restrizione di questo sistema che rischia di ridurre la liquidità delle piccole imprese e frenare nuovi investimenti. “Molte aziende hanno maturato crediti d’imposta grazie agli investimenti in innovazione, digitalizzazione e interventi edilizi con sconto in fattura” sottolinea Patrizi. Sulla formazione, uno dei temi cardine dell’azione di FederTerziario, si sottolinea l’urgenza di un piano strutturale per la formazione continua. L’organismo datoriale chiede di incrementare il contributo obbligatorio per la formazione continua, oggi pari allo 0,30% ex art. 25, comma 4, Legge 845/1978, portandolo almeno allo 0,50%, in linea con gli standard europei, al contempo Nicola Patrizi evidenzia la necessità di “abolire il prelievo forzoso sulle risorse dei Fondi interprofessionali perché si tratta di una misura che sottrae risorse preziose alla formazione e alle politiche attive del lavoro, penalizzando proprio le imprese che investono nelle competenze“.
Questione salariale e caro energia: servono risposte urgenti
A fronte di alcuni aspetti positivi della Manovra – revisione dell’IRPEF sui redditi medio-bassi, incentivi alle assunzioni stabili per giovani e donne e conferma della detrazione al 50% per la riqualificazione degli immobili – restano criticità sulla decontribuzione e detassazione del lavoro, con imposta sostitutiva del 5% sui rinnovi contrattuali 2025-2026 che “risulta di entità modesta e selettiva in quanto non estesa a tutti i lavoratori“. Resta inoltre aperta la questione salariale: “Non può essere risolta con interventi temporanei o limitati” dichiara il Segretario Generale, Alessandro Franco. “Serve un patto tripartito tra Governo, imprese e sindacati per costruire un meccanismo stabile di tutela del potere d’acquisto e crescita dei salari reali. Una misura più equa e di maggiore impatto sarebbe la detassazione di tutti gli elementi annuali del salario, come premi di produttività, straordinari e tredicesime“. Altro capitolo irrisolto riguarda il caro energia che resta ancora una delle principali criticità per artigiani e microimprese. Per il Consigliere Confederale, Giuseppe Mallardo, “servono misure strutturali, non soluzioni tampone. È urgente un piano nazionale per la riduzione dei costi energetici, che potenzi le comunità energetiche, incentivi l’autoproduzione e riequilibri la fiscalità energetica. Le piccole imprese non chiedono sussidi, ma condizioni eque per competere, con energia accessibile, credito agevolato e meno burocrazia“.


