 (AGENPARL) - Roma, 31 Ottobre 2025
 (AGENPARL) - Roma, 31 Ottobre 2025Le dichiarazioni della vicesindaca Emily Clancy sugli alloggi destinati agli ex occupanti di via Don Minzoni e la presenza dell’eurodeputata Ilaria Salis tra gli attivisti, delineano una fotografia nitida: Bologna vive una crisi del welfare che si manifesta con particolare evidenza proprio nel campo dell’abitare.
La città, in questi ultimi giorni, ha mostrato con chiarezza un fenomeno che scuote dalle fondamenta il suo modello di welfare: il mobilitarsi dei professionisti del sociale, sempre più spesso costretti a operare fuori dai canali istituzionali per rispondere a bisogni che il sistema pubblico non riesce più a intercettare. Psicologi, educatori, assistenti e mediatori scelgono di operare fuori dai canali istituzionali, dentro reti solidali e spazi autogestiti, mettendo a disposizione le competenze maturate in anni di lavoro per rispondere dove il sistema pubblico non riesce più ad arrivare.
Confabitare, associazione proprietari immobiliari, sottolinea emblematicamente il caso dello sgombero di via Michelino, dove gli assistenti sociali del Comune erano assenti, non per indifferenza, per mesi avevano tentato, senza successo, di trovare una sistemazione alle famiglie occupanti, ma le proposte erano state giudicate inadeguate. Pochi giorni dopo, parte di quelle stesse famiglie si è spostata nello stabile di via Don Minzoni, occupato illegalmente da alcuni collettivi e in quel contesto di illegalità, professionisti del sociale e studenti di servizio sociale hanno scelto di prestare aiuto, collaborando con gli occupanti al di fuori dei canali istituzionali per far fronte all’emergenza.
Le stesse dinamiche emergono nelle parole della vicesindaca Clancy, che parla di assegnazioni “nel rispetto delle liste Acer” ma riconosce che molte situazioni vengono gestite in emergenza, con una regia ancora frammentata. È la prova che la città reagisce a posteriori, ricomponendo i pezzi di un sistema che non riesce a prevenire le crisi.
Molte delle persone che occupavano lo stabile sono state trasferite in alberghi o in strutture temporanee, tornando ancora una volta sotto la responsabilità dei servizi sociali. “Un giro completo – commenta Alberto Zanni, presidente nazionale di Confabitare – che mette a nudo il paradosso del sistema: le stesse professionalità che un mese fa non avevano strumenti per intervenire si ritrovano ora a gestire l’emergenza, ma solo dopo il clamore mediatico”.
Per Confabitare, questo non è un episodio marginale, ma un segnale politico e culturale profondo: quando il welfare sopravvive grazie al volontariato, la crisi non è più solo economica, è strutturale. E’ evidente che gli stessi servizi sociali, composti da figure professionali spesso fragili e sottoposte a forte pressione, si trovano a lavorare senza fondi adeguati e bloccati dalla burocrazia, in una condizione di crescente frustrazione e rischio di burnout, perché faticano a vedere risultati concreti del proprio impegno.
Viviamo in una città dove anche i ruoli si confondono: chi lavora nel sociale si ritrova accanto ai collettivi, chi occupa rivendica diritti e il Comune rincorre soluzioni tampone. È una spirale che non giova a nessuno, né ai cittadini né agli operatori.
Gli assistenti sociali, oggi in profonda crisi, sono parte integrante del sistema di welfare e ne condividono la stessa fragilità, e sempre più spesso studenti e professionisti del sociale scelgono di mettere gratuitamente a disposizione le proprie competenze fuori dalle strutture pubbliche, cercando di colmare con l’impegno personale i vuoti lasciati dalle istituzioni.
Per l’associazione, che tutela la proprietà immobiliare e promuove da anni la fiducia reciproca tra proprietari e inquilini, la vera emergenza non è solo la mancanza di alloggi, ma la crisi di fiducia che attraversa il sistema: tra chi affitta e chi dovrebbe garantire i contratti, tra istituzioni e cittadini, tra operatori sociali e amministrazione.
“Il problema non riguarda solo il numero di case disponibili – precisa Zanni – ma la qualità delle relazioni che tengono insieme il sistema. Un welfare moderno deve garantire efficienza e responsabilità, valorizzare le competenze dei professionisti e promuovere una collaborazione reale con il privato sociale. È in questa direzione che Bologna deve guardare, se vuole ricostruire fiducia e stabilità”.
 
		