(AGENPARL) - Roma, 30 Ottobre 2025La decisione della Corte dei Conti di negare il visto di legittimità alla delibera Cipess n. 41/2025, approvata lo scorso 6 agosto per il progetto definitivo del Ponte sullo Stretto di Messina, non è solo un intoppo burocratico: è un durissimo giudizio tecnico su un’operazione politica improvvisata e superficiale, che mette in luce le gravi carenze dell’esecutivo guidato da Giorgia Meloni. Le motivazioni dettagliate saranno rese pubbliche entro 30 giorni, ma i rilievi già emersi – e confermati da un’attenta analisi delle procedure – dipingono un quadro di irregolarità e insostenibilità che richiede un intervento urgente.
Innanzitutto, il superamento del 50% dei costi rispetto al bando originario, senza l’indizione di una nuova gara d’appalto, viola palesemente le norme europee sulla concorrenza e la trasparenza.
Il progetto, che oggi lievita a oltre 13,5 miliardi di euro – più di cinque volte la stima iniziale – è stato affidato alla Società Stretto di Messina senza adeguati controlli, ignorando varianti e modifiche sostanziali intervenute nel tempo.
La documentazione presentata è stata giudicata “insufficiente e in alcuni casi errata”, con schede di quantificazione dei costi lacunose e relazioni incomplete, che non garantiscono né la sostenibilità finanziaria né l’effettività del principio di trasparenza per un’opera di tale portata.
In secondo luogo, le criticità ambientali sono sotto gli occhi di tutti: la Valutazione di Incidenza Ambientale (VIA) è stata dichiarata negativa, ma il governo ha tentato di aggirarla invocando la procedura IROPI (motivazioni imperative di rilevante interesse pubblico), classificando l’opera come infrastruttura di interesse militare senza basi solide.
Questo escamotage non solo solleva dubbi sulla conformità alle normative UE e italiane in materia di tutela ambientale, ma ignora anche i rischi sismici e idrogeologici dello Stretto, nonché l’affidabilità delle stime di traffico che giustificherebbero l’investimento.
Mancano pareri essenziali, come quello dell’Autorità dei Trasporti, e la stima della durata dei lavori (7 anni e mezzo) appare irrealistica data la complessità del cantiere. Questi fallimenti non sono casuali: sono il frutto di un’iter accelerato e opaco, voluto dal ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini e avallato dal Governo, che ha riattivato la Società Stretto di Messina con il decreto-legge n. 35/2023 senza integrare adeguatamente la documentazione richiesta.
Il risultato? Un blocco amministrativo che espone l’Italia a contenziosi europei, sprechi di risorse pubbliche e un danno irreparabile alla credibilità del centrodestra, già minata da promesse irrealizzate come la riforma della Legge Fornero. Di fronte a questo disastro, non bastano le reazioni scomposte del Governo: Giorgia Meloni parla di “invasione dei giudici” e Salvini liquida il verdetto come “scelta politica”, rivelando un’intollerabile deriva autoritaria che minaccia lo Stato di diritto.
È inaccettabile che un organo di controllo indipendente, preposto alla tutela del denaro dei contribuenti, venga attaccato per aver svolto il proprio dovere. Questa non è difesa del progetto, ma un attacco alla separazione dei poteri, che Angelo Bonelli ha giustamente definito un tentativo di “mettersi al di sopra delle leggi e della Costituzione”. Per questi motivi, invito con fermezza Giorgia Meloni a rassegnare immediatamente le dimissioni: ha perso l’opportunità di guidare un’Italia all’avanguardia, preferendo slogan elettorali a una pianificazione responsabile. Il Paese merita un Governo capace di coniugare ambizione infrastrutturale con rigore legale e ambientale, non un esecutivo che accumula fallimenti e attacca chi li denuncia. È ora di voltare pagina, per il bene del Sud e dell’intera Nazione. Dichiarazione dell’Onorevole Marinella Pacifico, già Senatrice della Repubblica.

