(AGENPARL) - Roma, 24 Ottobre 2025Il VII Congresso nazionale di Meritocrazia Italia, presso il Teatro Rossini di Roma, è entrato nel vivo con la prima sessione e il primo corner di approfondimento del macrotema Il Governo del Merito. Due i temi trattati nel mattino di venerdì con la moderazione del giornalista Rai Daniele Rotondo: Una nuova legge elettorale: necessità, non più opzione e La deglobalizzazione nell’era digitale. Il tutto, preceduto da un premio attribuito al conduttore di Report Sigfrido Ranucci per aver creato con la sua informazione il presupposto per conoscere e approfondire fatti e dinamiche importanti della nostra nazione.
La nuova legge elettorale è un cavallo di battaglia di Meritocrazia Italia, come attestato dagli interventi di apertura del segretario nazionale Annamaria Bello, del consigliere responsabile della struttura attuativa ed esecutiva Alessandro Serrao e della vicepresidente Manuela Lampitella. Per Bello l’importanza della legge elettorale sta nel suo fisiologico mettere in comunicazione i due vasi – politica e cittadini – di cui la democrazia si alimenta. Serrao ha sottolineato che in democrazia le decisioni devono essere prese non in forza di un’investitura, bensì di un consenso conquistato con impegno quotidiano, escludendo la polemica e affermando il primato della dignità umana e della giustizia. Lampitella, citando il titolo del congresso, ha rimarcato che il merito non esiste senza libertà di scelta. «Sono decenni che assistiamo a riforme elettorali concepite per l’autoconservazione dei partiti. E con la riduzione dei parlamentari si è allontanata la politica dai territori che avrebbe dovuto rappresentare. Per cui sempre più persone sono convinte che il loro voto non serva a nulla. È per questo che qui oggi presentiamo il Meritocraticum, la nostra riforma elettorale».
Riforma che è stata presentata nel dettaglio dal capo gabinetto di Meritocrazia Italia Paolo Patrizio. Sette i punti: base integralmente proporzionale, sottoscrizione obbligatoria del programma elettorale, voto di preferenza plurimo, divieto di candidatura in più collegi, assenza di liste bloccate, soglie molto basse (5% per le coalizioni e 2% per le liste), premio di maggioranza su base scalare in proporzione all’esito del voto.
Tutto ciò per scongiurare, come ha ricordato Alessia Fachechi, responsabile dei Ministeri di MI, «che ricapiti quello che capitò nel 2018: «la coalizione di centrodestra raggiunse il maggior gradimento ma il maggior numero di voti andò a un partito che correva da solo, per cui dopo un anno l’opposizione divenne maggioranza. Poi si ricorse a un governo tecnico e non si giunse a fine legislatura. Con una continua migrazione dei parlamentari da un gruppo all’altro».
I politici, intervenuti numerosi, hanno detto la loro. Da remoto la senatrice Dafne Musolino (Italia Viva) ha detto che pur con le migliori intenzioni di partenza anche i movimenti autonomisti e civici alla prova dei fatti si trovano a dover fare i conti con una gestione della rappresentatività che tiene conto del modo in cui il governo distribuisce il suo potere. Prova ne sia che alle elezioni regionali le preferenze ci sono eppure l’astensionismo dilaga. Il senatore Andrea Paganella (Lega) ha fatto eco coi dati delle Europee 2024, in cui l’affluenza fu appena del 49% nonostante il sistema proporzionale con preferenze. «A creare la disaffezione è che le promesse della campagna elettorale non vengono realizzate. Dunque nella nuova eventuale legge elettorale le colonne devono essere due: un sistema che consenta una rappresentatività importante, e che garantisca la governabilità». L’On. Carmela Auriemma (M5S), da remoto, ha fatto presente che chi va a votare è ormai qualcuno che ha un interesse diretto, espressione degli apparati, che rappresentano il 40%. Mentre il voto libero non c’è quasi più. «La legge elettorale pare un tecnicismo ma in realtà è il cuore della democrazia, a patto però che la politica sappia mettersi in connessione con l’elettorato».
L’On. Alessandro Battilocchio (FI) ha affermato che tutti i partiti stanno facendo approfondimenti su una prossima legge elettorale, e contributi come quello di MI sono preziosi, mentre l’On. Alessandro Urzì (FDI) ha sottolineato come anche in politica competenza, responsabilità e genuinità possano fondersi in un mirabile unicum.
L’altro tema, oggetto del primo corner, ha visto Paolo Marino, Ceo Hyperverse Italia ed esperto di comunicazione, affermare che forse è finita la leggenda di un mondo totalmente interdipendente. «In realtà ci sono molte interdipendenze, ma abbiamo riscoperto la possibilità di essere locali». Da remoto Ugo Grassi, ordinario dell’Università Parthenope, ha fatto eco parlando di “globalizzazione gentile”, ossia fondata su valori forti e chiari, a maggior ragione visto che secondo lui la nostra crisi parte da lontano, è principalmente dovuta a un grave caos nell’ordinamento. Enea Franza, direttore Consob, ha confermato citando «lo spostamento forzato o meno delle attività produttive da un paese all’altro, che ha creato grandi sacche di povertà in paesi ex ricchi». Poi è venuto il turno di approfondimenti settoriali. Raffaella Pergamo, direttore area politiche agricole di MI, ha ricordato che nell’agricoltura dipendiamo ancora molto dall’estero, molto a causa delle politiche economiche e dei cambiamenti climatici, per cui dobbiamo deglobalizzare per ritrovarci, ritrovare il nostro cibo e le nostre tradizioni. Andrea Di Gregorio, coach, counselor e master trainer in PNL, ha fatto una riflessione filosofica sul pensiero, che è la sorgente di tutto, dunque anche della globalizzazione, ma – si è chiesto – «quello che pensiamo è veramente dettato da una nostra coscienza o è l’esito di qualcosa che ci è stato inculcato nel passato?», e ha esortato a liberarsi dalle maschere, che sono causa di tantissimi condizionamenti. Gabriele Gobbo, docente e consulente in comunicazione digitale, così ha esortato: «Cerchiamo di usare prodotti locali se vogliamo deglobalizzare. Se l’antivirus arriva dalla Russia e il Firewall dalla Cina, proteggere le nostre infrastrutture diventa difficile. Martedì è crollato un piccolo punto del cloud di Amazon e Internet si è bloccata. Usiamo dunque risorse europee». E Gennaro Terracciano, ordinario di diritto amministrativo all’Università Foro Italico: «Bisognerebbe parlare di Glocal, cioè di portare al mondo il locale, per controllare la globalizzazione. La risposta politica è stata l’autarchia, l’autosufficienza ma dobbiamo fare in modo che ciò non accentui ancor più le differenze territoriali». Paola Panza, coordinatrice nazionale di MI, ha dichiarato che la deglobalizzazione è la vera sfida del nostro tempo, una sfida fra innovazione e identità, che deve partire dalle tipicità dei territori per essere vinta.
Sul piano economico, Francesco Tufarelli, direttore generale della Presidenza del Consiglio dei ministri, ha detto che la nostra sfida è riqualificare i posti di lavoro, e in tal senso il PNRR è un cannone di risorse per esigenze già individuate da 15 anni. Marouan El Mansoub, presidente della Camera di commercio del Marocco in Italia, ha elogiato il Made in Italy quale marchio più potente al mondo, anche se i numeri purtroppo non lo dicono ancora ma la qualità sì. Marisa Tiberio, presidente Federmoda, avverte di non porre comunque fine alla globalizzazione, che ha portato anche grossi benefici. «Ci vuole un nuovo umanesimo che metta al centro le persone».
A chiosa, fra la sessione e il corner, un’intervista al Presidente di Meritocrazia Italia Walter Mauriello, che da un lato esorta a non sublimare la genialità («un vero genio è 1% genialità e 99% lavoro», ha dichiarato), dall’altro elogia un movimento che muove da un concetto «di prospettiva mondiale, perché la meritocrazia è di tutti. Ma la politica l’ha capita la meritocrazia? Secondo me no. Meritocrazia significa soprattutto soffrire, capire quanto bisogna sudare per pagare una bolletta, per cercare di far andare avanti il tessuto familiare in un mondo caotico. I cittadini non vogliono star chiusi in uno schema, vogliono essere liberi di ottenere qualcosa a seconda delle loro competenze, punto. È questo che manca allo sviluppo dell’inventiva, della gioia di produrre e di creare. Noi siamo qui precisamente per costruire una società in cui ci sia libertà di propagare le energie positive di ciascuno, e di costruire su di esse».
