(AGENPARL) - Roma, 24 Ottobre 2025Soltanto un’impresa italiana su cinque, secondo numeri Istat (Imprese e Ice – Anno 2024), ha pianificato investimenti per tecnologie di intelligenza artificiale nel biennio 2025-2026 e attualmente appena una su dieci utilizza software o sistemi di IA per almeno una delle sette tecnologie considerate, (ad esempio text mining, riconoscimento vocale, generazione del linguaggio naturale, elaborazione immagini, machine learning, process automation, movimentazione robot, etc…). A incidere sul bilancio sono soprattutto le realtà numericamente più contenute: andando nel dettaglio del mondo produttivo nazionale, infatti, le migliori performance sull’utilizzo dell’AI arrivano dalle grandi imprese (da 250 addetti in su) che toccano quota 32,5%, mentre le piccole (10-49) non arrivano al 7%, dato statistico che raddoppia con le medie (50-99 addetti e 100-249 addetti). In questo quadro dinamico e in fase di definizione, che però registra l’urgenza di un miglioramento delle prestazioni delle pmi, per i Fondi interprofessionali si prospetta un ruolo decisivo come acceleratori della transizione tecnologica attraverso il finanziamento di percorsi mirati all’acquisizione di competenze sull’AI per imprenditori e lavoratori. A partire da queste considerazioni si è strutturato l’intervento di Egidio Sangue, direttore di FondItalia (Fondo Formazione Italia), all’evento “Quando la GenAI incontra la formazione” che si è tenuto ieri alle 18 all’associazione Civita, che ne è stata anche promotrice in collaborazione con la Fondazione Kainon e Rome University of Fine Arts – RUFA nell’ambito del Ciclo di appuntamenti “Quando l’IA Generativa incontra…”, dedicato ad affrontare gli impatti dell’Intelligenza Artificiale nel mondo dei beni culturali e delle imprese creative, attraverso testimonianze di esperti, operatori, artisti e creativi.
“In Italia abbiamo un problema chiamato produttività – evidenzia il direttore –. Oggi i lavoratori hanno in media 49 anni e la realtà è che non c’è un ricambio in vista. Questo significa che dobbiamo investire per aumentare le competenze dei lavoratori attuali. In questo l’AI può sicuramente essere utile anche per agevolare le micro, piccole e medie imprese che faticano a investire anche per ragioni di disponibilità e di accesso al credito o ai finanziamenti. Da anni il nostro impegno è rivolto soprattutto a questo segmento del mondo produttivo italiano, che poi numericamente costituisce circa il 90% del totale, e sappiamo quanto queste realtà fatichino a stare al passo con la trasformazione digitale e quindi necessitano di soggetti aggregatori per accompagnarle nell’adozione di soluzioni di intelligenza artificiale“.
Tra i fattori di digitalizzazione che potrebbero incidere positivamente sulla competitività nel corso del biennio 25-26 spiccano al primo posto “agevolazioni, finanziamenti incentivi pubblici a sostegno della digitalizzazione” (57,8%) e quindi, subito al secondo posto, lo sviluppo e il consolidamento di competenze tecnologiche attraverso la formazione degli addetti già presenti nell’impresa (38,1%). Elementi che, assieme alla denatalità e all’incalzare delle mansioni potenzialmente sostituibili con l’AI, consegnano ai Fondi interprofessionali un ruolo strategico che si articola su più fronti, anche impegnandosi a stimolare il dibattito sotto il profilo geopolitico in relazione alla proprietà degli algoritmi che consentono il funzionamento dei sistemi di intelligenza artificiale.
“C’è una sfida – avverte il direttore – che dovremo affrontare: chi oggi detiene i dati, le capacità di calcolo e gli algoritmi che fanno funzionare l’AI, di fatto possiede l’AI. E attualmente le AI sono statunitensi o cinesi. Questo pone un problema geopolitico di non poco conto. Per questo è necessario costruire un’AI non dico italiana, ma europea“.
