
(AGENPARL) – Fri 17 October 2025 Intervento del Presidente Gay
Assemblea dell’Unione industriali Torino
Torino 17 ottobre 2025
Ringrazio i Ministri per essere intervenuti in una giornata così
importante.
Autorità civili e militari,
care colleghe e cari colleghi.
Grazie a nome mio, della nostra squadra di presidenza e di tutti i
colleghi della nostra Unione per essere qui oggi così numerosi.
Ringrazio chi è qui con noi dalle territoriali piemontesi, saluto il
Presidente Amalberto e le colleghe e i colleghi delle associazioni
datoriali e sindacali.
Caro Presidente, caro Emanuele, grazie a te e ai colleghi della
squadra di presidenza per esserci.
Saluto il Sindaco Lo Russo e il Presidente Cirio e le loro giunte con le
quali lavoriamo quotidianamente.
Benvenuti all’Assemblea dell’Unione Industriali Torino!
Il video che avete appena visto non è finito in questa sala.
Questo video inizia qui.
Inizia qui perché abbiamo una certezza: la nostra ambizione e il
nostro impegno sono gli stessi con cui ci siamo lasciati un anno fa.
Noi abbiamo lavorato e lavoriamo con questo obiettivo: mettere in
campo ogni sforzo e ogni energia per contribuire a rendere la nostra
città e il nostro territorio luoghi di crescita e innovazione.
Luoghi dove l’intelligenza industriale – che vuol dire creatività,
passione, tecnica, innovazione – possa continuare a crescere ed
esprimersi al suo massimo potenziale.
SCENARIO INTERNAZIONALE
Possiamo dire che è stato un anno da montagne russe.
Intorno a noi, nulla è più sicuro e conosciuto. Abbiamo riaperto il
dizionario della guerra e non possiamo che guardare con
preoccupazione agli sviluppi nei teatri di conflitto internazionali.
Penso a ciò che accade in Ucraina e alle tensioni crescenti nei paesi
dell’Unione Europea e della Nato.
In Israele e a Gaza, finalmente il dialogo e il confronto hanno portato
a un accordo di pace in quelle terre martoriate dal dolore e dalla
perdita di vite umane.
Il nostro auspicio è che sia un vero nuovo inizio per israeliani e
palestinesi. E siamo orgogliosi di sapere che l’Italia intende portare il
suo contributo, con le proprie forze di peacekeeping.
Noi saremo sempre dalla parte della pace.
Al di là dell’Atlantico si sta imponendo un nuovo codice nel linguaggio
diplomatico. Le alleanze si riconfigurano e si rinsaldano. La
diplomazia economica non è più l’unico strumento per garantire la
pace.
Il commercio globale cresce meno del Pil mondiale. Il sistema
economico è più chiuso e diffidente.
L’accordo europeo con gli Stati Uniti sui dazi al 15% ha evitato scenari
decisamente più gravi, anche se già così stimiamo una perdita per
l’Italia di 23 miliardi di euro e 445 milioni di export per Torino.
Ma quello che più ci preoccupa è la costante incertezza di quello
che è e che sarà. Lo scenario è un potenziale stallo per le nostre
aziende e per le nostre esportazioni.
Zaino sulle spalle, dobbiamo creare nuove partnership con l’India,
l’Africa, i paesi del Caucaso, sfruttare al meglio le opportunità
dell’accordo con il Mercosur. Dobbiamo portare i nostri prodotti e il
nostro saper fare industria nel mondo, ma anche attrarre nuovi
investimenti nel nostro territorio.
Per crescere, però, la sola politica commerciale non basta.
Come ha ribadito il Centro studi Confindustria, senza il PNRR oggi
saremmo in recessione.
Per fortuna, in Italia godiamo di stabilità politica: per noi imprenditori
è essenziale e deve essere il punto di partenza per costruire il nostro
futuro.
Ma, in queste ore, stiamo vedendo la crisi politica e finanziaria della
Francia, e quella economica della Germania.
Se i paesi fondatori sono in crisi e non lavorano insieme, è l’Unione
europea a essere in crisi.
L’EUROPA CHE VOGLIAMO
Dopo la stagione straordinaria del Next Generation EU, l’Unione
fatica a competere con Stati Uniti e Cina e a trovare una sua identità.
Per ottant’anni, l’Europa ha garantito pace, libertà e democrazia. Ma
vivere nel passato non è quello che vogliamo e non è quello che
possiamo permetterci.
Non lo vogliono i nostri 480milioni di cittadini e i nostri tanti
giovani, che devono poter contare su un continente forte che pensi
al loro futuro.
E allora dobbiamo ricordarci che l’Europa siamo noi. È nostra la
responsabilità di prendere le decisioni giuste per invertire la
rotta.
Noi siamo europeisti convinti, senza “se” e senza “ma”.
Per questo diciamo che dobbiamo riformare le politiche, non i
princìpi.
Mentre gli Stati Uniti e la Cina hanno investito nelle nuove tecnologie
con decisione, l’Europa ha indebolito la propria industria. E purtroppo
continua a non considerarla per quello che è: le fondamenta su cui
costruire sviluppo, integrazione e benessere.
Ci bloccano la frammentazione, la tanta burocrazia, regimi fiscali
diversi: è questo che impedisce alle start up di scalare, alle imprese
di commerciare e crescere, ai capitali di muoversi liberamente.
Alcuni passi avanti li stiamo facendo: penso alla difesa, alla più
recente strategia europea sull’intelligenza artificiale e sulle
nuove tecnologie.
Ma serve più Europa e più libertà economica. Ecco perché
crediamo che il “28° regime europeo” vada attuato subito, per dare
quella spinta necessaria all’imprenditorialità.
Per anni abbiamo detto che l’America inventa, l’Europa regola e
la Cina copia. Oggi non è più così e noi, purtroppo, siamo fermi
a guardare quello che stanno facendo gli altri.
E allora vale la pena ricordare che pochi giorni fa è stato assegnato il
Premio Nobel all’economia a tre economisti, tra i quali Philippe
Aghion, per aver spiegato la crescita economica guidata
dall’innovazione e il ruolo della tecnologia.
Aghion ha lavorato ampiamente a quel Rapporto Draghi che spesso
abbiamo citato in questo anno. Basterebbe questo per confermarci
che senza innovazione non possiamo crescere.
Se vogliamo dimostrare un vero e sincero apprezzamento per il
lavoro svolto da Mario Draghi ed Enrico Letta, passiamo dalle
parole ai fatti.
Ora, non domani.
ITALIA, BILANCIO SOLIDO MA CRESCITA FRAGILE
Un tempo ci preoccupavano le nostre finanze pubbliche. Oggi
riconosciamo al Governo di aver adottato una linea di responsabilità
nella politica economica.
Per questo il mercato ci premia e ci premierà.
Ma occorre fare attenzione. Il rispetto dei vincoli comunitari non
deve diventare il motivo per non fare. Perché l’obiettivo del “3%”
non può essere la giustificazione per non agire.
La crisi della crescita italiana non è un fatto congiunturale. Non è solo
colpa dei dazi o della guerra. O della pandemia.
Nel 2012, il nostro compianto Giorgio Squinzi inaugurava la sua
presidenza con una fotografia che, in tantissime sue parti, resta
ancora attuale. La bassa crescita, lo “zero virgola” di cui ci
lamentiamo, era presente oggi come allora.
Siamo di fronte a un bivio che non consente più tentennamenti
o incertezze. Una crescita dello 0,5% non è una vera crescita.
Lo sappiamo: l’industria viene discussa più come problema che come
risorsa.
Si parla di transizioni da accompagnare, di vincoli da rispettare, di
standard da raggiungere, di produttività da riconquistare. Ma ci
dimentichiamo sempre di dire una cosa: questo settore vale 510
miliardi di euro, il 23,4% del PIL nazionale. Il doppio della
Francia.
Qui, a Torino, vale il 26% del Pil.
Cosa significa? Significa lavoro. Sono 4 milioni di occupati che
hanno una produttività e una retribuzione pari a 1 volta e mezza
la media. È il cuore dell’economia.
L’industria e il made in Italy sono il nostro patrimonio, che, se cresce,
fa crescere tutti gli altri settori. Se cresce, ci rende una comunità forte,
inclusiva, accogliente e capace di cose straordinarie.
Vogliamo essere ambiziosi o continuare a difenderci?
Dobbiamo decidere che risposta dare a questa domanda.
Il Presidente Orsini e tutti noi abbiamo dato una risposta: il Piano
industriale per l’Italia. A chi chiede come si fa a tornare a crescere,
noi rispondiamo: con gli investimenti.
Oggi, invece, investiamo troppo poco. Dieci anni fa gli investimenti
pesavano appena il 17% del Pil, oggi sono ancora fermi al 22%.
E non investiamo abbastanza dove servirebbe, cioè nella nostra
intelligenza industriale. Gli investimenti in impianti e macchinari sono
scesi dal 37 al 32 per cento. Gli investimenti immateriali, cioè
software, brevetti e i risultati della ricerca, oggi i più importanti, sono
fermi al 7%.
Pensare che questo possa essere il nostro passo è inaccettabile.
Dobbiamo cambiare strategia e orientare i nostri sforzi dove creiamo
valore per oggi e per domani:
Impresa
Innovazione
Infrastrutture
Competenze
Al nostro Paese serve una politica industriale con una visione almeno
triennale, perché noi imprenditori i nostri piani industriali li facciamo
così: non valgono solo per due mesi o un anno.
Il Vice Presidente Salvini e il Ministro Urso, che ringraziamo ancora
per aver partecipato, ci hanno anticipato cosa ci sarà nella nuova
legge di bilancio.
Permettetemi qualche considerazione. Nei decenni passati, ci sono
state manovre da oltre 50 miliardi. Quest’anno sono solo 18. Più o
meno come nel 2014.
E voglio dirlo chiaramente. Noi condividiamo l’esigenza di aiutare le
famiglie assicurando loro un intervento sull’IRPEF.
Però, bisogna essere consapevoli di una cosa: l’IRPEF possiamo
tagliarla, se c’è qualcuno capace di creare occupazione e di
assicurare salari adeguati. Cioè, se le nostre imprese saranno
messe nelle condizioni di fare e fare bene.
Nel documento programmatico di bilancio è invece chiaro che le
risorse per imprese e competitività sono poche, direi pochissime.
Appena lo 0.3% del PIL su tre anni, pari a circa 7 miliardi di euro.
E in questo quadro, la misura principale sarà il ripristino del
superammortamento per i beni materiali, con una dotazione di 4
miliardi di euro per il triennio che verranno recuperati da fondi PNRR.
E va benissimo aver optato per uno strumento chiaro, semplice,
accessibile e ben noto alle imprese.
Ma non è pensabile di fare sviluppo e crescita con queste
risorse. Tanto più se, come sembra, sarà destinato ai soli beni
materiali.
In un momento in cui ci affanniamo per recuperare i ritardi in
innovazione e intelligenza artificiale, come possiamo prescindere
dalla digitalizzazione per far crescere l’industria e l’economia del
nostro paese?
E va benissimo il rifinanziamento di ZES e contratti di sviluppo, ma ci
preoccupa l’ipotesi che non venga rifinanziato il credito sulla ricerca
e sviluppo; e che non venga confermata la riduzione della
tassazione sulle imprese e per la patrimonializzazione.
Tutti interventi che abbiamo chiesto con forza perché aiutano le
imprese a essere più competitive e a fare investimenti. Non ha senso
disperdere risorse su incentivi che non generano crescita, ma
sostengono solo la spesa corrente. Hanno un respiro corto e
un’efficacia limitata.
Gli equilibri di finanza pubblica non si tengono senza
investimenti e senza crescita.
Solleviamo un punto: una politica economica prudente dovrebbe fare
i conti con il recupero dell’evasione fiscale, che dovrebbe avere
carattere strutturale non limitato a interventi una tantum. L’evasione
la paghiamo tutti, imprenditori e cittadini onesti, sottraendo
risorse preziose per la crescita e l’inclusione.
L’evoluzione tecnologica corre veloce: siamo partiti dall’intelligenza
artificiale generativa, oggi parliamo della seconda fase, quella degli
agenti e tra poco ci confronteremo con quella fisica, fatta di robotica
e umanoidi.
L’intelligenza artificiale cambierà il modo in cui tutte le imprese
operano, anzi lo sta già facendo.
Servono scala, competenze e supporto strategico per far sì che
le PMI l’adottino massivamente, ben oltre l’8% di oggi.
Infine, il costo dell’energia resta un nodo cruciale. Sono urgenti
interventi mirati e Confindustria è al lavoro su più fronti.
Come pensiamo di competere se i nostri costi di produzione non sono
allineati? Se non rendiamo facile insediare nuovi stabilimenti
industriali e ampliare gli esistenti?
Come pensiamo di competere nelle nuove tecnologie se i costi
energetici non ci permettono di costruire data center e centri di
sviluppo all’avanguardia?
Questo passa anche dall’avere infrastrutture energetiche.
Servono reti resilienti, interconnesse, e maggiori investimenti in
trasmissione e stoccaggio per garantire continuità produttiva e
competitività.
Ci serve una politica energetica che valorizzi un vero mix di
risorse. Investiamo nelle rinnovabili, senza dubbio, ma anche in
prodotti carbon neutral come idrogeno e nucleare.
Il nucleare è una delle risorse in grado di garantirci stabilità e
competitività: per questo, dobbiamo continuare a investire per
beneficiare di un prodotto che, peraltro, viene utilizzato in
abbondanza a pochi chilometri da qui.
Fare scelte coraggiose serve a creare valore per tutti i cittadini,
quelli di oggi e quelli di domani.
TORINO È L’ITALIA
Tutti noi, imprenditori e manager, nella nostra città, facciamo i conti
ogni giorno con questo scenario.
Qui a Torino è già da tempo il momento del coraggio.
Il settore automotive e la filiera di cui siamo protagonisti hanno
sofferto e soffrono. Tra il 2019 e il 2024, la Cina ha prodotto 6 milioni
di veicoli in più e l’Europa 3,8 milioni in meno, il Giappone 1,2 milioni
in meno, gli Stati uniti 70mila in meno.
L’altro ieri la Camera di Commercio di Torino insieme alla nostra Anfia
ha presentato i dati sulla filiera dell’automotive, che nel 2025 in
Piemonte ha perso oltre 1 miliardo di euro e 1500 posti di lavoro. E il
2026 temiamo vada nella stessa direzione.
E allora dobbiamo reagire in fretta, non possiamo più perdere tempo.
Dobbiamo recuperare il sacrosanto principio di neutralità
tecnologica.
Solo così sosterremo la nostra filiera metalmeccanica.
Possiamo dare vita a una nuova industria torinese della mobilità:
auto, microcar, droni, fino alla soft mobilty.
La domanda di cambiamento e accessibilità può diventare una nuova
risorsa per la nostra industria.
Abbiamo la filiera, il know how, l’ingegneria e allora abbiamo
bisogno che tutti si prendano degli impegni chiari.
LA NUOVA INDUSTRIA – L’INNOVAZIONE
Noi vogliamo cogliere le opportunità.
Riscopriamo insieme un ottimismo industriale che ha consentito
alle nostre aziende di essere protagoniste di diverse filiere, dall’auto
allo spazio, dal tessile alla gomma plastica, dall’alimentare all’ict,
dalla cultura all’edilizia.
Siamo spesso più bravi a indicare i nostri limiti, che a valorizzare
i nostri pregi.
Torino è la “fabbrica d’Italia che non si arrende”.
In dieci anni le aziende di Torino sopra i 5 milioni di fatturato
sono cresciute del 37% e i dipendenti del 24%.
È come se ogni anno nascesse un nuovo piccolo isolato industriale,
con 62 mila persone in più che sono entrate in azienda tra il 2014 e il
2023.
Le immobilizzazioni – ossia gli impianti, i robot, i software – sono
cresciuti del 57%: stiamo parlando di miliardi di euro di tecnologia
nuova che pulsa intorno alla città.
È il segnale che nessuno sta “divorando” il presente, ma stiamo
investendo sul domani.
Quindi va tutto bene? No. Il segno meno davanti ai numeri ci dice
che c’è molto da fare e dobbiamo farlo!
È l’innovazione di prodotto e non solo l’efficienza dei processi
che consentiranno di essere competitivi.
Tra il 2025 e il 2030 l’83% della crescita della domanda mondiale
avverrà in soli 7 settori che comprenderanno:
aerospazio e difesa,
robotica,
chip,
tecnologie energetiche,
medicina,
nanomateriali,
alimentazione.
E la robotica è un campo in cui sappiamo già di poter essere leader.
Torino è la terza città europea per investimenti in robotica. Dopo
Berlino e Monaco.
Noi possiamo essere la città dove uomo e macchina convivono
in un prodotto industriale di eccellenza.
Nessuno più di noi sa cos’è l’industria metalmeccanica, nessuno
più di noi sa cos’è l’industria tecnologica. Il nostro tessuto
industriale eterogeno può aprire a opportunità eccezionali.
La tecnologia non è solo un acceleratore. Un semplificatore. O un
modo per fare le stesse cose con meno risorse.
Possiamo e dobbiamo continuare a puntare sull’Intelligenza
artificiale.
Per le nostre imprese vuol dire più creatività, ancora più innovazione
fino a creare prodotti nuovi che prima non esistevano. Nella robotica,
in campo sanitario partiamo dai nostri dati, costruiamo progetti
condivisi per le filiere.
Le nostre fabbriche sono piene di donne e uomini e di macchine
progettate e prodotte da queste donne e questi uomini, per destinare
le persone a impieghi sicuri ad alto valore aggiunto.
La sicurezza sul lavoro è una delle nostre priorità. Ma sappiamo
bene che non si garantisce solo con le regole, ma anche con
l’innovazione e con la cybersicurezza.
Mettiamo insieme università, poli di innovazione, centri di
competenza e hub. Vogliamo essere il baricentro del mondo nelle
applicazioni dell’Intelligenza artificiale nell’industria. Sfruttiamo tutto il
nostro know-how nel quantum, nel super calcolo e nella manifattura!
Siamo in grado di farlo, facciamolo ancora meglio!
Noi vogliamo essere progetto pilota per l’Italia e la sua nuova
industria. Vogliamo essere centro sperimentale per il volo dei droni
in ambito civile, per il trasporto prima di merci e poi di persone.
Ancora, vogliamo essere centro sperimentale per la medicina del
futuro legata a spazio e alla ricerca applicata.
L’economia dello spazio non è solo economia della difesa. Le
applicazioni in campo duale, destinate a impieghi in ambito civile,
sono tantissime e riguardano l’agricoltura, l’energia, le
telecomunicazioni e molto altro.
Noi siamo centro di eccellenza mondiale per i velivoli militari, per
l’elettronica di bordo e lo spazio. I più grandi programmi mondiali nella
difesa o i programmi europei di esplorazione lunari ci vedranno
protagonisti. Avere una infrastruttura fisica, come la città
dell’aerospazio, in cui collaborare con il Politecnico e le imprese della
filiera è un catalizzatore strategico.
Potrebbe essere la base per costruire qui, a Torino, una moderna
industria europea dei droni a uso civile, made in Italy. Si tratta di
un mercato che secondo alcune stime varrà 40 miliardi di dollari entro
la fine del decennio. Quando, tra poco, sarà produzione di massa, noi
saremo il miglior territorio dove realizzare questa industria.
Non dobbiamo sprecare neanche un secondo, perché ogni
ritardo è un vantaggio perso!
La rivoluzione tecnologica comporta una rivoluzione che è
anche culturale: comporta connettere scuola e lavoro, formazione
continua e imprenditoria, per superare il “mismatch delle
competenze” e affrontare l’inverno demografico. È uno dei nostri
punti di forza ed è una chiave di volta per la trasformazione.
Dobbiamo superare tutte le resistenze che ancora ci sono per
rafforzare la collaborazione tra sistema educativo e sistema
produttivo, con forme concrete di alleanza scuola/lavoro, incluse le
academy ITS, quelle di filiera e aziendali.
Crediamo sia fondamentale rafforzare il percorso di integrazione e
inclusione dei migranti nelle nostre aziende e nei luoghi di
lavoro. È un tema su cui ci siamo impegnati direttamente e su cui
intendiamo continuare a tenere alta l’attenzione.
L’IA ci impone di migliorare la cultura della formazione anche
all’interno delle nostre imprese e molto possiamo fare per chi oggi è
in cerca di lavoro.
Le tante richieste di cassa integrazione – lo sappiamo – in media le più
alte del paese, sono indice di un patrimonio industriale ancora
consistente, in questo momento in difficoltà. Per questo, rafforzare
le politiche attive serve a riqualificare il personale con programmi di
formazione verso le professioni più richieste e più difficili da trovare.
GIOVANI E NUOVA IMPRENDITORIA
Abbiamo università di eccellenza che ogni anno laureano
giovani qualificati e vogliosi di realizzare il loro sogni.
Dalla ricerca dei nostri atenei, può nascere un mondo di possibili start
up pronte a diventare grandi.
Mobilitare le risorse, il venture capital, per far scalare le nostre
aziende più promettenti dovrebbe essere un impegno di tutti gli attori
del territorio.
Non dobbiamo avere paura delle nostre capacità. Pensare in
grande è quello che dobbiamo e sappiamo fare.
I giovani sono il nostro presente e a loro dobbiamo prima di tutto
l’attenzione delle nostre scelte. Sapranno ripagarci con uno
straordinario entusiasmo, fuori e dentro i cancelli delle
fabbriche, fuori e dentro le porte degli uffici.
È questo il vero antidoto all’inverno demografico che abbiamo di
fronte: opportunità, accoglienza e crescita.
Giovani, donne e uomini, che devono trovare in questa città un posto
dove diventare professionisti. In questo senso, il modello urbano e di
servizi deve fornire condizioni concrete per vivere sul nostro territorio,
insieme a un’offerta di lavoro adeguata alle loro capacità e
aspettative.
E dobbiamo aumentare l’inclusione e assicurare alle donne di
poter accedere al mercato del lavoro, creando tutte le condizioni
necessarie. Per noi è un valore e una responsabilità.
Una comunità giovane, fatta di ragazze e ragazzi con gli occhi
aperti sul mondo, è ciò che serve a questa città per valorizzare
la sua tradizione e abbracciare la modernità.
I NODI DA SCIOGLIERE – LA DIMENSIONE DI IMPRESA
Perché questa visione diventi realtà, dobbiamo sciogliere alcuni nodi.
Non possiamo permetterci di nascondere la polvere sotto il tappeto.
L’innovazione, la capacità di retention dei talenti, la creazione di
nuovo valore industriale richiede dimensioni di impresa adeguate. La
crescita dimensionale sarà un requisito per stare nel futuro da
protagonisti.
Abbiamo scelto di dare vita al servizio “Destinazione crescita” che
parte dall’esperienza della mappa della crescita di Piccola
industria di Torino. Ci aspettiamo l’alleanza del settore finanziario e
bancario.
Le banche vivono il territorio e condividono con noi l’interesse per
imprese che crescono. La nostra proposta è questa: promuoviamo la
crescita dimensionale insieme, è un vantaggio per tutti ed è
un’assicurazione sul futuro di Torino. È il migliore dividendo che si
possa pagare.
I NODI DA SCIOGLIERE – LE INFRASTRUTTURE E I PROGETTI
DELLA CITTÀ
Ma la crescita non è un fatto individuale. È un esercizio
collettivo.
È la sintesi dell’impegno di tutti, dalle istituzioni alle imprese.
Non bastano i talenti, se manca la determinazione.
E noi vogliamo vedere determinazione nel completamento dei
progetti che la città aspetta da anni. Inutile pensare che si possa
crescere, contando solo sulla forza delle imprese.
Dobbiamo essere onesti e sinceri tra di noi, dircelo chiaramente:
vogliamo o no essere una città e un paese industriale?
Vogliamo continuare ad attrarre investimenti dall’estero? Far sì che i
nostri giovani trovino soddisfazione ed opportunità nel nostro
territorio?
Perché se, come mi auguro la risposta è un “sì”, allora dobbiamo
prendere impegni chiari e definitivi.
La città è un cantiere aperto. Sono tanti i progetti in corso che
renderanno Torino più bella, più vivibile, più a misura di giovani e
attrattiva. Penso ai cantieri di Corso Palermo, al Restyling di Torino
Esposizioni, a tutti i recuperi di spazi abbandonati e ora riconsegnati
a servizi e ai luoghi di lavoro.
Penso al nuovo piano regolatore, che potrà e dovrà essere una leva
di sviluppo per crescere in maniera coerente ma costante, ambiziosa
e inclusiva.
Ma alcune infrastrutture, quelle fondamentali per agganciarci al
resto dell’Italia e dell’Europa, sono in costante ritardo. Le date
sono spostate sempre in avanti. Il collegamento con Genova avrebbe
dovuto essere concluso nel 2024, forse lo sarà nel 2026.
Quello con Lione prevede l’inizio dei treni nel 2033, ma l’inflazione dei
costi potrebbe richiedere stanziamenti in bilanci oltre il 2033.
Le autorità nazionali ed europee devono assumersi un impegno sulla
data, perché altrimenti rivedremo i fotogrammi dello stesso film di
sempre, sui ritardi e rinvii.
Bene che ci sia una ZES unica italiana, dove in 60 giorni si abbiano i
permessi e le risposte, perché la certezza del diritto è fondamentale
per fare impresa.
Io ho sempre considerato Torino una Zona Economica
Straordinaria.
Un posto dove esserci è un punto di orgoglio.
Ecco perché accoglierei con entusiasmo tutte le misure
straordinarie che possono aiutarci a rendere più semplice fare
impresa. Ma serve prima di tutto la capacità istituzionale e
amministrativa di prendersi gli impegni, e portarli a casa.
Vorremmo che anche il Parco della Salute e della Scienza, insieme
al raddoppio del Bioindustry Park, possa generare occasioni di
crescita non solo per il settore della salute, ma anche per l’industria e
la ricerca e sviluppo.
Dobbiamo avere una data certa per l’inizio dei lavori.
Così coinvolgeremo gli investitori privati in un disegno di Torino al
centro dell’innovazione medicale.
Le opportunità non aspettano, scelgono altri luoghi.
Noi abbiamo la responsabilità di proporre, è il nostro compito: ma
le scelte sono della politica, delle istituzioni locali, regionali,
nazionali!
Lavoriamo bene insieme e siamo contenti dello spirito di leale
collaborazione che abbiamo costruito con le istituzioni.
Sono e siamo convinti che il “Partenariato Pubblico Privato” sia
la risposta giusta per unire opportunità, competenze e velocità.
Per attrarre i privati bisogna essere conseguenti: mettiamo
insieme delle date, delle scadenze e rispettiamole.
Noi datoriali con la Camera di Commercio siamo sulla stessa pagina
da scrivere, siamo protagonisti della stessa Torino del nostro video.
Abbiamo qui la tanto citata concordia istituzionale, Sindaco,
Presidente, rendiamola il nostro “whatever it takes” per portare
orgogliosamente Torino e il Piemonte alla ribalta del mondo!!
IL RUOLO DELL’UNIONE INDUSTRIALI TORINO
Viviamo un tempo che non concede pause. Torino ha già dimostrato
di saper rinascere dalle crisi: oggi deve farlo ancora, con
determinazione e con lo stesso orgoglio industriale che l’hanno resa
grande.
Se cadiamo, sappiamo rialzarci, più forti e determinati.
L’industria torinese ci crede.
Sa che può guidare la modernità, innovare, generare valore
sostenibile. È il momento di recuperare e alimentare quell’ottimismo
industriale che ha sempre distinto la nostra città: la convinzione
che dal fare, dal pensare, dal progettare insieme possa nascere
il futuro.
Insomma, un posto dove l’industria c’è ma certamente la nuova
industria continuerà ad esserci e troverà casa.
Sicuramente qualcuno dirà che siamo troppo ambiziosi, troppo
presuntuosi, ma permettetemi: guardate il vostro vicino di posto,
pensate alla vostra azienda… vogliamo solo poter fare quello che
meglio ci riesce: INTRAPRENDERE!
Con passione, fiducia e concretezza, continuiamo a scrivere
insieme la prossima stagione dell’intelligenza industriale
torinese.