
(AGENPARL) – Fri 17 October 2025 Simposio Economico “Ernesto Rossi”
Unione dei risparmi e degli investimenti
Intervento di Luigi Federico Signorini,*
Direttore Generale della Banca d’Italia
Presidente dell’IVASS
Roma, 17 ottobre 2025
Per acume, lucidità e coraggio, per il vigore polemico e l’efficacia con cui difese le
proprie idee, Ernesto Rossi è una delle figure più significative del dibattito economico
e civile italiano del dopoguerra. Animato da un riformismo radicale, da un risentimento
acuto verso il privilegio e l’ingiustizia, Rossi, a differenza di chi vedeva nell’abbattimento
dell’economia liberale di mercato l’unica via per combatterli, mantenne ferma la
convinzione che il “regime individualistico” (così lo chiamò in Critica del capitalismo1
e Abolire la miseria2), pur con tutti i suoi difetti, fosse elemento irrinunciabile per
stimolare il progresso del benessere umano e per proteggere i valori della civiltà moderna;
che andasse modificato e corretto, non abolito.
L’Italia e l’Europa non sono certo più le stesse degli anni del dopoguerra, quelli in cui uscirono
le sue opere più memorabili: Abolire la miseria, I padroni del vapore, Il malgoverno; per non
parlare del Manifesto di Ventotene, di cui redasse le tesi economiche, e che risale all’epoca
della guerra e del confino. Sicuramente, tra i tanti di cui scrisse, certi temi non sono più attuali;
certe idee o proposte non hanno, francamente, retto alla prova del tempo. Così è forse per
tutti. Tuttavia, alcuni aspetti chiave del sistema di pensiero che egli sempre vivissimamente
difese – il dinamismo creativo proprio di mercati pienamente aperti e contendibili,
l’importanza centrale, economica e civile, di un’azione pubblica impermeabile agli interessi
particolari – restano, a mio avviso, di grande attualità. Sono anzi tuttora fondamentali per le
sfide dell’Europa di oggi: un’Europa che, sul piano economico, arretra rispetto ad altre regioni
del mondo; che dispone di uno straordinario capitale umano e di abbondante risparmio ma,
ciononostante, fa fatica a finanziare l’innovazione e la crescita, ad accelerare lo sviluppo.
È in questa prospettiva che vorrei collocare il mio intervento sulla costruzione di un mercato
europeo integrato dei capitali. È naturale cominciare con qualche parola su Ernesto Rossi:
Desidero ringraziare Paolo Angelini, Andrea Colabella, Alessio De Vincenzo, Raffaele Gallo, Matteo
Gomellini, Giovanni Guazzarotti, Roberta Occhilupo e Massimo Omiccioli per molti preziosi contributi
e commenti.
E. Rossi, Critica delle costituzioni economiche, Castelvecchi Editore, Roma, 2017.
E. Rossi, Abolire la miseria, Editori Laterza, 2008, Roma-Bari, p. 5.
non tanto per ricordarne la figura (altri hanno il compito di farlo, con maggiore competenza
della mia), quanto per sottolineare quegli aspetti delle sue idee che più ci interessano.
Ernesto Rossi fu persona di alta statura intellettuale e morale. Visse in un periodo duro.
Poté perfezionare la propria formazione di economista solo in carcere, su testi reperiti
con fatica3. Il suo pensiero si era forgiato nel dialogo con Gaetano Salvemini, di cui
fu (insieme a Carlo e Nello Rosselli, finché vissero) l’allievo più amato. Da Salvemini,
da Antonio de Viti de Marco, da Luigi Einaudi aveva assorbito un rigoroso antiprotezionismo. Il suo ideale federalista trasse ispirazione dai lavori di Lionel Robbins4,
ma prima ancora dalle lettere che Einaudi iniziò a pubblicare come “Junius” sul Corriere
della Sera quando la Grande guerra non era ancora finita5. Fu molto influenzato dalla
lettura, in carcere, dell’opera di Philip Wicksteed, uno spirito che doveva sentire affine.
Li accomunava la convinzione dell’importanza di attenersi a una visione razionale e
realistica dei meccanismi di funzionamento dell’economia, di valorizzare la capacità
propulsiva dello sviluppo propria delle forze di mercato, senza compromettere in nulla
la tensione politica e morale che li spronava a battersi per obiettivi di equità sociale6.
Acquisì, da autodidatta, una solida competenza economica. Assimilò in pieno il metodo di
una disciplina che cerca di indagare con rigore logico e analitico i meccanismi produttivi
e distributivi, le forme di mercato, il benessere degli individui, il ruolo dello Stato7.
Nell’economia di mercato vedeva virtù e difetti. “Il libero gioco delle forze economiche,
Le letture delle opere di Marshall, Wicksell, Pigou, solo per citarne alcuni, si aggiunsero a quelle dei
grandi maestri italiani letti prima della prigionia, come Pareto e de Viti de Marco. Una descrizione ampia
del suo percorso di formazione, realizzata a partire dai libri di economia a lui appartenuti e donati alla
Banca d’Italia nel 2010, è in M. Omiccioli, La «strana» biblioteca di uno «strano» economista. Viaggio tra i
libri di Ernesto Rossi, Collezioni e studi della Biblioteca Paolo Baffi, Banca d’Italia, Roma, 2018. Il catalogo
del fondo librario costituitosi è presentato nel volume a cura di S. Schioppa e S. Mastrantonio, L’eredità
di Ernesto Rossi. Il fondo della Biblioteca Paolo Baffi, Collezioni e studi della Biblioteca Paolo Baffi, Banca
d’Italia, Roma, 2018. Cfr. anche A. Carparelli, “Aggiogare il mercato al carro sociale”: il pensiero economico
di Ernesto Rossi tra liberalismo, federalismo e impegno politico, Intervento alla presentazione dei volumi a
cura di S. Schioppa e S. Mastrantonio, op. cit. e M. Omiccioli, op. cit., 2019.
A. Carparelli, op. cit.
L’attualità dell’insegnamento di Luigi Einaudi, Intervento di Fabio Panetta, Governatore della Banca
d’Italia, al Convegno “L’insegnamento di Luigi Einaudi a 150 anni dalla nascita”, Sala della Protomoteca
del Campidoglio in Roma,25 marzo 2024.
E. Rossi, Abolire la miseria, Editori Laterza, 2008, Roma-Bari, pp. 19-20. “In una lettera a Einaudi del
1955 ammetteva che «fra tutti i libri di economia», quello di Philip Wicksteed era «quello che ha lasciato
una traccia più profonda nel mio pensiero»: Einaudi e Rossi, Carteggio 1925-1961, p. 511. Cfr., A. Baffigi,
Teoria economica e legislazione sociale nel testo delle «Lezioni», in A. Gigliobianco (a cura di), Luigi
Einaudi: libertà economica e coesione sociale, CSBI – Collana Storica della Banca d’Italia, Serie Saggi
e Ricerche, vol. VI, Editori Laterza, Roma-Bari, 2010, p. 71.
Scrive di lui Altiero Spinelli, ricordando gli anni di Ventotene: “Era uomo di molte letture. Conosceva le opere
fondamentali degli autori che dominavano gli spiriti della nostra generazione, ed in particolare di Marx,
di Freud, di Croce. Li aveva letti diligentemente per dovere di coscienza, ma non li aveva meditati, criticati,
confrontati, e infine accettati o respinti in tutto o in parte; semplicemente li aveva vomitati, per incapacità
anche solo di cominciare a digerire quel che a lui appariva un ragionare approssimativo, un ammassare
contraddizioni pretendendo di superarle con quella logica da giocolieri che era per lui la dialettica. Diceva di
essere nato nel secolo sbagliato, perché tutte le sue affinità elettive erano con gli illuministi del ’700, specie
inglesi e francesi, dei quali amava il parlare limpido, il ragionare preciso, il culto della razionalità. Credo che
si fosse dedicato agli studi economici soprattutto perché in essi aveva riconosciuto la scienza – del resto di
origine settecentesca – che più di ogni altra si proponeva di studiare il modo di comportarsi dell’uomo in
quanto essere razionale”. (A. Spinelli, Come ho tentato di diventare saggio, Il Mulino, Bologna, 2024, p. 303).
stimolate dal tornaconto privato – sostenne – […] presenta, nella società moderna, molti
gravi inconvenienti […] Si devono abbassare, rialzare, spostare gli argini, costruire nuovi
canali, elevare alcune dighe, demolirne altre, per regolare il flusso delle forze economiche,
scaturenti dall’impulso del tornaconto individuale, e convogliarle nelle direzioni più
rispondenti all’interesse collettivo” 8.
Einaudi, liberale classico forse meno ansioso di lui di costruire dighe e scavare canali,
ne ebbe tuttavia altissima stima e gli riservò un’amicizia che si potrebbe dire paterna.
“Sa l’economia politica meglio dei nove decimi dei professori universitari italiani”, scrisse
nel 1948 a Guglielmo Emanuel, direttore del Corriere della Sera9. Gli fu di aiuto e conforto
intellettuale negli anni della prigionia. Nell’immediato dopoguerra, sostenendo la sua
conferma alla presidenza dell’Arar10, lo descrisse a De Gasperi come uomo con “idee precise
e giuste […] la forza di carattere necessaria per tutelare esclusivamente gli interessi pubblici”11.
Rossi ingaggia soprattutto una strenua battaglia intellettuale contro monopoli privati
e posizioni di rendita, privilegi e degenerazioni clientelari. Depreca le incrostazioni
corporative che hanno garantito l’esistenza “dei ceti monopolistici […] che sfruttano i
consumatori, e fanno volatilizzare i denari dei piccoli risparmiatori”12. Dove non vi siano
condizioni che naturalmente spingono verso il monopolio (nel qual caso è meglio averne
uno pubblico, ritiene13), si batte contro le norme che inibiscono il pieno manifestarsi di
una fertile competizione economica14.
Abolire la miseria, op. cit., pp. 5, 19. Cfr. anche, E. Rossi, Critica delle costituzioni economiche, op cit.
Lettera al direttore del Corriere della Sera Guglielmo Emanuel. Archivio Storico della Banca d’Italia – ASBI,
Direttorio Einaudi, cart. 41bis, 14 agosto 1948. Si veda R. Martano, Le fonti archivistiche, in S. Schioppa e
S. Mastrantonio, op. cit., p. 108.
L’Azienda Rilievo Alienazione Residuati, costituita dal governo presieduto da Ferruccio Parri il
29 ottobre del 1945, continuerà la sua opera fino al 2 gennaio 1958. Ernesto Rossi ne sarà presidente
per tutto il periodo di attività. Cfr. A. Carparelli, Protagonisti dell’intervento pubblico: Ernesto Rossi, in
«Economia pubblica», n. 11, ottobre-novembre 1981, pp. 435-51; L. Segreto, Arar. Un’azienda statale
tra mercato e dirigismo, Franco Angeli, Milano, 2001.
Archivio Storico della Banca d’Italia – ASBI, Direttorio Einaudi, cart. 41bis.
Per un’Europa libera e unita. Manifesto di Ventotene, edizione del Senato della Repubblica, 2017 p. 21.
“… nazionalizzare le industrie naturalmente monopolistiche”, scrive nella sua Critica del Sindacalismo:
Si veda: E. Rossi, Critica delle costituzioni economiche, Castelvecchi Editore, Roma, 2017, p. 190.
“Rossi e i suoi amici del «Mondo» furono una delle anime più vivaci del movimento che portò alla
nazionalizzazione dell’industria elettrica, come reazione allo strapotere politico delle «baronie
elettriche»”: A. Gigliobianco e C. Giorgiantonio, con la collaborazione di I. Triglia, Concorrenza e
mercato nella cultura, in A. Gigliobianco e G. Toniolo (a cura di), Concorrenza, mercato e crescita
in Italia: il lungo periodo, CSBI – Collana Storica della Banca d’Italia, Serie Contributi, volume XIII,
Marsilio Editori, 2017, p. 164.
Si inserisce in questo quadro, ad esempio, la lotta per la riforma delle società per azioni: “… l’arretratezza
della normativa sulle società per azioni permette alle grandi imprese di non fornire informazioni sulle
proprie attività, favorendo l’evasione fiscale, le pratiche collusive, e il dirottamento dei profitti societari
nelle tasche dei dirigenti di vertice a danno dei piccoli azionisti”, A. Roncaglia, Ernesto Rossi, Moneta
e Credito, vol. 68 n. 272, dicembre 2015, pp. 507-515, articolo sulla testimonianza di Rossi davanti la
Commissione parlamentare di inchiesta sui limiti posti alla concorrenza, 16 gennaio 1963. Cfr. inoltre:
F. Barbiellini Amidei e C. Impenna, Il mercato azionario e il finanziamento delle imprese negli anni
Cinquanta, e G. Albareto, Concorrenza e politica bancaria, entrambi pubblicati in F. Cotula (a cura di),
Stabilità e sviluppo negli anni Cinquanta. 3. Politica bancaria e struttura del sistema finanziario, CSBI –
Collana Storica della Banca d’Italia, Serie Contributi, vol. VII, Editori Laterza, Roma-Bari, 1999.
Non agisce solo da pubblicista e studioso, ma anche da manager pubblico. Come
presidente dell’Arar si preoccupa di non falsare la concorrenza, cerca anzi di favorirla15.
In questo ruolo dà un contributo non secondario alla ricostruzione postbellica; imprime
– come è stato scritto – una “spinta decisiva alla diffusione della media e piccola imprenditoria,
da quegli anni asse portante dell’economia nazionale. In assoluto, il suo capolavoro” 16.
Nel pensiero di Rossi l’unità europea rappresenta la premessa necessaria non solo per
il dispiegarsi della crescita economica, ma anche della giustizia e della libertà in campo
politico e sociale. Al di fuori di quel quadro – pensa Rossi – vi è solo frammentazione
e impotenza, nonché il rischio costante del ritorno della guerra e di regimi totalitari.
Ma delle potenzialità economiche insite nell’apertura dei mercati egli era perfettamente
consapevole. “Una unificazione del mercato europeo che consentisse agli uomini, alle merci
ed ai capitali di muoversi senza inciampi – scrisse in Abolire la miseria – […] costituirebbe
una causa di progresso economico maggiore di quella che è stata, nel secolo scorso, la
costruzione delle ferrovie”17.
Vide dunque lucidamente in un mercato unico europeo un poderoso stimolo allo
sviluppo. L’edizione originale di Abolire la miseria è del 1946; i primi appunti, affidati
alle lettere dal carcere, risalgono addirittura al 1934-3518. Gli obiettivi che Rossi additava
furono sanciti solennemente nel 1957, quasi con le sue stesse parole, dai trattati di Roma.
Realizzarli avrebbe richiesto molto tempo. Parecchi, importanti passi avanti si sono fatti
nei quasi settant’anni trascorsi da allora; molto resta da fare.
L’Unione europea dei risparmi e degli investimenti è appunto la prossima tappa.
Vengo dunque al tema. Per inquadrarlo è forse utile ricordare alcuni semplici punti di
partenza.
Scrive nel 1949 in una nota indirizzata al Ministro del Tesoro Giuseppe Pella: “[…] quando è stato
richiesto l’intervento dell’Arar, esso non è mai servito ad affermare una tendenza monopolistica da parte
dello Stato, ma, al contrario, ha reso possibile il gioco della libera concorrenza fra i molti operatori, anche
piccoli […]” (Nota di presentazione della “Relazione Illustrativa della situazione contabile dell’Azienda”,
ASBI, Banca d’Italia, Segreteria particolare, pratt., n. 490, fasc. 1, sfasc. 4, p. 107).
G. Fiori, op. cit., p. 240. L’Arar fu coinvolto anche nella gestione degli aiuti americani (F. Fauri, Il Piano
Marshall e l’Italia, Il Mulino, Bologna, p. 225). In questo ambito, il 6 novembre del 1953 Rossi invia
a Paolo Baffi un Appunto sugli investimenti americani in Italia: “[…] Gli americani dovrebbero essere
incoraggiati a investire i loro capitali […] non alle industrie che possono dare maggiori profitti immediati
soltanto perché sono attualmente avvantaggiate dalla politica autarchica (contingentamenti, controlli
sui cambi, dazi doganali ecc.) dai privilegi loro concessi dal governo […] dalle intese monopolistiche
[…]. Altrimenti, con l’apporto dei loro capitali, gli americani contribuirebbero a distorcere sempre di
più l’economia italiana da quello che sarebbe il suo naturale sviluppo in regime di libera concorrenza,
rafforzerebbero le posizioni parassitarie degli attuali “baroni” dell’industria italiana e accrescerebbero gli
ostacoli che già incontra il faticoso processo di integrazione economica dei mercati europei”. ASBI, Carte
Baffi, Monte Oppio, pratt., n. 11, fasc. 2 – pag. 16. Sugli effetti distorsivi che Ernesto Rossi attribuisce
agli aiuti americani, cfr. P.F. Asso e G, Raitano, Struttura e operatività del credito mobiliare negli anni del
governatorato Menichella, in F. Cotula (a cura di), Stabilità e sviluppo negli anni Cinquanta. 3. Politica
bancaria e struttura del sistema finanziario, CSBI – Collana Storica della Banca d’Italia, Serie Contributi
VII.3, Laterza, Roma-Bari, 1999, p. 507 e segg.
Abolire la miseria, op. cit., pp. 23-24.
Avvertenza dell’autore in Abolire la miseria, op. cit., pp. 3-4.
Garantire un futuro prospero a noi stessi e ai nostri figli richiede una crescita robusta
e sostenibile. La crescita, a sua volta, richiede investimenti, allocati in modo efficiente.
La materia prima per gli investimenti è il risparmio, nazionale o estero.
In Europa non c’è carenza di risparmio, in particolare di risparmio privato. Dal 2010 il tasso
medio di risparmio nell’area dell’euro è stato superiore al 13 per cento, a fronte di meno
del 7 negli Stati Uniti. Durante la pandemia si è toccato un picco del 28 per cento, per
tornare attorno al valore medio negli anni successivi. L’anno scorso i risparmi dalle famiglie
europee hanno superato i 1.400 miliardi, il 15,3 per cento del reddito lordo disponibile.
Una parte non insignificante del risparmio europeo, grosso modo 300 miliardi l’anno
netti, viene investita fuori dall’Europa. È l’altra faccia della medaglia del surplus di