
C’è chi colleziona francobolli, chi vinili, e chi… tavole d’accusa.
Sì, perché a quanto pare, nel grande circo della burocrazia iniziatica, c’è chi ha deciso che il modo migliore per onorare la tradizione sia riscoprire il fascino perduto dei documenti in serie. Peccato che non fosse un laboratorio di storia contemporanea, ma un tribunale interno in pieno delirio amministrativo.
E così, lo scrivente, reo di non aver detto “presente!” a un invito mai ricevuto, si ritrova catapultato nella lista dei 341 peccatori massonici, tutti in un unico foglio, senza distinzione alcuna: un’unica condanna prefabbricata, come ai bei tempi in cui l’uniformità era virtù e il pensiero critico un vizio da correggere.
Nel documento d’accusa, redatto con l’eleganza di un modulo per il gas, si legge che “l’ultimo invito rimaneva inevaso”. Peccato solo che l’interessato avesse risposto via PEC, quella diavoleria moderna che per alcuni sembra ancora un mistero esoterico.
La risposta non è mai arrivata, ma in compenso è giunta una citazione derisoria di una lettera di terzi, perché l’ironia, si sa, è l’ultima difesa del burocrate quando è a corto di argomenti.
A quel punto, il protagonista – con la pazienza di un santo e la precisione di un notaio – invoca la legge sulla privacy. Ma chiedere trasparenza in certi ambienti è come chiedere una finestra in un bunker: tutti ti guardano come se avessi bestemmiato in loggia.
Non pago della farsa, lo scrivente decide di rivolgersi anche al Garante per la privacy, con tanto di PEC certificata, firma digitale e, probabilmente, un sospiro di esasperazione allegato in PDF.
Nel frattempo, la Tavola d’accusa continua a fluttuare negli uffici, tra timbri stanchi e faldoni ingialliti, come una reliquia di un’epoca in cui la burocrazia era considerata un’arte sacra.
E allora, davanti a tanto teatro, la conclusione è inevitabile:
dimissioni immediate e invocazione solenne del diritto all’oblio, cioè il sogno proibito di chiunque sia finito nel database degli incompresi.
La vicenda si chiude così: tra la tragicommedia e il grottesco.
Un rito senza iniziazione, un’accusa senza prove, un procedimento senza logica.
E mentre gli estensori del verbale lucidano le loro penne d’oca, lo spettatore non può che chiedersi:
ma siamo nel 2025 o in un remake di “1984 – Edizione Massonica”?
Quando la burocrazia diventa un sacramento, la ragione diventa un eretico.