
(AGENPARL) – Wed 08 October 2025 Commissioni riunite
5a del Senato della Repubblica (Programmazione economica e bilancio)
e V della Camera dei Deputati (Bilancio, Tesoro e Programmazione)
Audizione preliminare all’esame del
Documento programmatico di finanza pubblica 2025
Testimonianza del Capo del Dipartimento
Economia e Statistica della Banca d’Italia
Andrea Brandolini
Senato della Repubblica
Roma, 8 ottobre 2025
Signor Presidente, Onorevoli Deputati, Onorevoli Senatori,
ringrazio le Commissioni quinta della Camera e quinta del Senato per
avere invitato la Banca d’Italia a questa audizione, nell’ambito dell’esame
del Documento programmatico di finanza pubblica (DPFP). Mi soffermerò
inizialmente sul quadro macroeconomico per poi passare all’analisi dei conti
pubblici nell’anno in corso e nei successivi.
1. Il quadro macroeconomico
Il quadro dell’economia internazionale rimane segnato da molteplici
fattori di instabilità, in primo luogo riconducibili all’inasprimento delle
politiche commerciali e, più in generale, alle tensioni geopolitiche.
Nel corso degli ultimi mesi, gli accordi siglati dagli Stati Uniti con l’UE
e altri importanti partner commerciali hanno contribuito a definire un nuovo
assetto delle relazioni commerciali, ma l’incertezza resta elevata. L’intesa
raggiunta lo scorso 27 luglio assoggetta gran parte delle esportazioni
europee di beni verso gli Stati Uniti a un dazio base del 15 per cento, oltre
13 punti percentuali in più rispetto all’aliquota media prevalente all’inizio di
quest’anno. Aumenti anche più marcati sono stati applicati dagli Stati Uniti
agli acquisti di beni dalle altre maggiori economie.
L’accordo commerciale tra Stati Uniti e UE presenta ancora margini di incertezza.
Il settore automobilistico dovrebbe essere assoggettato all’aliquota base del 15 per cento
(dal 27,5 attualmente in vigore) una volta concluso l’iter legislativo per l’eliminazione
dei dazi sui prodotti industriali statunitensi. L’aliquota del 100 per cento annunciata
di recente dall’amministrazione statunitense per i prodotti farmaceutici di marca non
dovrebbe riguardare le importazioni dall’UE, che anche per questa categoria prevedono
un’aliquota massima del 15 per cento. I dazi sui mobili (50 per cento) e sui camion
(25 per cento) potrebbero invece colpire anche i prodotti europei. Sono in corso
trattative per ridurre i dazi su una parte delle importazioni di alluminio, rame e acciaio
dall’UE. Nel complesso, l’aliquota media a cui sono soggetti i prodotti europei è più
contenuta rispetto a quella applicata ad altre importanti economie. Quelle più elevate
sono applicate alla Cina (oltre il 40 per cento), all’India (35 per cento) e al Brasile (oltre
il 30 per cento).
Le ricadute sui flussi commerciali internazionali si sono rese visibili già
nel secondo trimestre quando, esauriti gli effetti dell’anticipo degli acquisti
dagli Stati Uniti effettuati in previsione dell’inasprimento, il commercio
mondiale è diminuito. Nelle valutazioni delle maggiori organizzazioni
internazionali gran parte dell’impatto di questo più accentuato orientamento
protezionistico deve tuttavia ancora manifestarsi e peserà sulla crescita e gli
scambi globali soprattutto dalla seconda metà dell’anno in corso.
Nell’area dell’euro, il quadro congiunturale è tornato a indebolirsi dopo
la temporanea accelerazione del primo trimestre, anch’essa in buona parte
riconducibile all’anticipo delle importazioni degli Stati Uniti. Il prodotto è
cresciuto in misura modesta nei mesi primaverili e gli indicatori disponibili
non prefigurano un rafforzamento per la seconda metà dell’anno.
Nel secondo trimestre il PIL dell’area dell’euro è aumentato dello 0,1 per cento
(0,6 nel trimestre precedente). Le esportazioni nette hanno sottratto 0,2 punti percentuali
alla crescita. La domanda interna rimane debole: i consumi sono aumentati dello 0,1 per
cento e anche gli investimenti, al netto del contributo dell’Irlanda, sono aumentati in
misura contenuta. Gli indicatori per il terzo trimestre non segnalano una significativa
accelerazione: la variazione acquisita della produzione industriale, basata sui dati dei
mesi di luglio e agosto, è pressoché nulla. Gli indici dei responsabili degli acquisti sono
di poco superiori alla soglia di espansione nel settore dei servizi e oscillano attorno a tale
soglia nella manifattura. Dal lato della domanda, la fiducia dei consumatori è aumentata,
ma rimangono sfavorevoli le attese riguardo alla situazione economica generale.
Le proiezioni macroeconomiche degli esperti della BCE diffuse a
settembre indicano una crescita del PIL pari all’1,2 per cento nel 2025,
all’1,0 nel 2026 e all’1,3 nel 2027. L’inflazione si collocherebbe in media al
2,1 per cento nell’anno in corso, per portarsi su valori poco inferiori al 2 per
cento nel prossimo biennio.
In Italia, il PIL è lievemente diminuito nel secondo trimestre del 2025,
in larga parte per la caduta delle vendite all’estero, che anche nel nostro
paese erano state precedentemente sostenute dall’anticipo degli acquisti
dagli Stati Uniti. L’elevata incertezza derivante dalle tensioni commerciali e
geopolitiche ha indotto i consumatori a mantenere comportamenti di spesa
prudenti, ma non ha impedito che gli investimenti continuassero a espandersi,
favoriti dalla discesa del costo dei finanziamenti e dalle misure del Piano
Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Il mercato del lavoro ha mostrato
segnali di raffreddamento, con un sostanziale ristagno del numero di occupati
e delle ore lavorate. Gli indicatori disponibili suggeriscono una lieve ripresa
dell’attività nel terzo trimestre dell’anno, alimentata principalmente dal
settore dei servizi.
I consumi delle famiglie avrebbero ripreso a crescere, seppure in misura modesta,
anche per un lieve miglioramento del clima di fiducia. L’espansione degli investimenti
dovrebbe essere proseguita, sostenuta da condizioni di finanziamento favorevoli, e dalle
opere del PNRR. Le vendite all’estero avrebbero ripreso ad aumentare, ma in misura
contenuta e principalmente grazie a fattori di natura temporanea.
Le informazioni più recenti confermano, in sostanza, le nostre proiezioni
di giugno, che indicavano una crescita modesta sia quest’anno sia nei
prossimi, dovuta principalmente alla debolezza della domanda estera e al
persistere di un’elevata incertezza. Gli sviluppi prefigurati nel DPFP sono
coerenti con questo quadro sia nelle proiezioni del quadro tendenziale, che
collocano la crescita allo 0,5 per cento quest’anno e allo 0,7 nei prossimi
due, sia in quelle, poco più favorevoli, dello scenario programmatico.
Si tratta di prospettive che rimangono soggette a numerosi elementi di
incertezza, riconducibili in primo luogo all’instabile contesto internazionale.
Un ulteriore inasprimento delle tensioni commerciali e geopolitiche,
soprattutto se accompagnato da un forte incremento della volatilità dei
mercati finanziari, potrebbe incidere in misura particolarmente negativa sul
prodotto.
Il DPFP 2025 aggiorna i valori di alcuni indicatori di Benessere equo e sostenibile
(BES) rispetto a quanto contenuto nella Relazione BES 2025, pubblicata lo scorso
marzo dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. Degli undici indicatori per i quali è
disponibile l’aggiornamento, nel 2024 cinque risultano in miglioramento rispetto al 2023,
cinque mostrano un peggioramento, uno si mantiene stabile. In particolare, aumenta il
reddito disponibile corretto delle famiglie, mentre peggiora la disuguaglianza di reddito
(misurata sia dal rapporto tra l’ultimo e il primo quintile di reddito sia dall’indice di
Gini). Gli indicatori relativi alla partecipazione al mercato del lavoro e al grado di
conciliazione dei tempi di vita confermano il miglioramento in atto dal 2020, mentre
quelli riferibili al dominio Salute mostrano un deterioramento. Dei nove indicatori per
i quali l’Allegato fornisce previsioni per il periodo 2025-28, tre resterebbero costanti
(disuguaglianza di reddito, indice di povertà assoluta, speranza di vita in buona salute
alla nascita), cinque migliorerebbero (reddito disponibile lordo corretto pro capite,
eccesso di peso, uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione, tasso di mancata
partecipazione al lavoro ed emissioni CO2) e uno peggiorerebbe (l’indice di efficienza
della giustizia civile).
2. La finanza pubblica nel 2025
Il Documento indica per l’anno in corso un indebitamento netto al 3 per
cento del prodotto, in discesa di tre decimi di punto rispetto al livello del
2024. Il saldo primario – che l’anno scorso era tornato in avanzo (0,5 punti
percentuali del PIL) per la prima volta dalla pandemia – salirebbe allo 0,9
per cento; gli oneri per interessi resterebbero stabili.
Questi andamenti sono attribuiti a una maggiore incidenza delle entrate,
in particolare quelle contributive, solo in parte controbilanciata dall’aumento
dell’incidenza delle spese primarie. La pressione fiscale passerebbe dal 42,5
al 42,8 per cento.
Continuerebbe la crescita degli investimenti pubblici, che anche grazie a
quelli finanziati dal Dispositivo di ripresa e resilienza (DRR, la componente
principale di Next Generation EU) si collocherebbero al 3,7 per cento del
PIL, il valore più elevato dall’avvio dell’area dell’euro.
Le attese di indebitamento per il 2025 appaiono nel complesso coerenti
con i dati di cassa attualmente disponibili, nonostante l’incertezza che, come
usuale, contraddistingue queste valutazioni.
Nei primi sette mesi di quest’anno il fabbisogno delle Amministrazioni pubbliche si è
collocato a 77 miliardi, 5 in meno rispetto allo stesso periodo del 2024. Il fabbisogno del
settore statale, per il quale si dispone di dati più aggiornati, è risultato invece pari a 110
miliardi nei primi nove mesi dell’anno, un valore sostanzialmente in linea con quello del
2024. Per quanto riguarda le entrate, quelle tributarie contabilizzate nel Bilancio dello
Stato sono aumentate di circa il 2 per cento nei primi nove mesi dell’anno, mentre quelle
contributive sono cresciute di quasi l’11 per cento nel periodo gennaio-luglio, secondo
il monitoraggio del Dipartimento delle finanze e della Ragioneria Generale dello Stato.
Nei dati di competenza relativi al primo semestre dell’anno, diffusi dall’Istat il 3
ottobre, l’indebitamento netto si riduce di 0,9 punti percentuali di PIL rispetto allo stesso
periodo del 2024, al 5,0 per cento, riflettendo il buon andamento delle entrate.
Nel confronto con quanto prospettato nel Documento di Finanza
Pubblica (DFP) dello scorso aprile, il miglioramento dei conti rispetto al
2024 ora atteso dal Governo è leggermente più ampio: 0,1 punti percentuali
del prodotto per il saldo primario, 0,15 punti per l’indebitamento netto. Il più
accentuato miglioramento è spiegato in pari misura dalle maggiori entrate
(soprattutto imposte indirette) e dalle minori spese (in particolare, contributi
agli investimenti).
Per quanto riguarda queste ultime, va segnalato che la spesa effettiva per
misure finanziate da prestiti del DRR risulta più bassa di quanto previsto in
primavera per quasi mezzo punto percentuale del PIL (0,9 punti contro 1,3).
Secondo il Documento nel 2025 sarebbero inoltre effettuate spese finanziate da
trasferimenti del DRR per 0,4 punti percentuali del PIL (0,5 punti nel DFP di aprile).
Poiché per convenzione statistica a queste spese corrisponde un’entrata imputata di pari
valore, esse non determinano alcun impatto sui saldi di bilancio.
Alla fine dell’anno risulterebbero spesi (considerando quanto finanziato
sia con prestiti sia con sovvenzioni) circa 100 miliardi (di cui il 70 per cento
entro il 2024), su un totale di 194.
La spesa netta, l’aggregato di riferimento per il monitoraggio dei conti
pubblici in base alla nuova governance economica europea, crescerebbe
quest’anno dell’1,3 per cento, in linea con gli obiettivi del Piano strutturale
di bilancio di medio termine (PSBMT) e con le stime del DFP.
La spesa netta è costituita dalle uscite delle Amministrazioni pubbliche al netto delle
seguenti voci: (a) la spesa per interessi; (b) le misure discrezionali dal lato delle entrate;
(c) la spesa per i programmi dell’Unione interamente finanziata dai fondi europei;
(d) la spesa nazionale per il cofinanziamento di programmi finanziati dall’UE; (e) la
componente ciclica delle uscite per le indennità di disoccupazione (che includono le
erogazioni della Cassa integrazione guadagni); (f ) le misure una tantum; (g) altre
misure temporanee.
L’aumento della spesa netta nell’anno fa seguito a una riduzione del 2 per cento nel
2024; nel complesso del biennio 2024-25 la riduzione cumulata sarebbe dello 0,7 per
cento, in linea con quanto richiesto dal Consiglio dell’UE. Rispetto al DFP la riduzione
nel 2024 risulta leggermente meno accentuata (-2,0 per cento contro il -2,1 stimato ad
aprile).
La dinamica della spesa netta nell’anno in corso è sensibilmente inferiore
a quella delle spese primarie (3,1 per cento). La differenza è spiegabile con
l’aumento degli esborsi finanziati da trasferimenti dell’UE o cofinanziati a
livello nazionale (che salirebbero a 0,7 punti percentuali del PIL, da 0,5 nel
2024) e soprattutto con l’effetto di rilevanti misure discrezionali di aumento
delle entrate (per 0,7 punti percentuali, riviste leggermente al rialzo rispetto
alle stime di primavera).
Come già rilevato in questa sede ad aprile1, l’identificazione puntuale
e la quantificazione delle entrate discrezionali sono cruciali per monitorare
il rispetto degli obiettivi definiti dal PSBMT. È quindi essenziale fornire
un dettaglio sufficiente a ricostruire tutte le variabili che concorrono a
determinare la dinamica della spesa netta.
Il DPFP colloca l’incidenza del debito sul prodotto a fine anno al 136,2
per cento, in crescita di 1,3 punti percentuali rispetto al 2024, con una
dinamica analoga a quella prevista in primavera.
Il livello del rapporto è più basso di circa 0,4 punti percentuali rispetto a quanto
illustrato nel DFP sia nel 2025 sia nel 2024. L’incidenza del 2024 beneficia degli effetti
della revisione al rialzo del PIL effettuata dall’Istat.
L’avanzo primario (0,9 punti percentuali del prodotto) non è sufficiente
a compensare gli effetti (0,3 punti) della differenza tra onere medio del
debito e crescita nominale del PIL e soprattutto l’ampia componente
stock‑flussi (1,9 punti), a sua volta riconducibile sostanzialmente agli effetti
di cassa di agevolazioni edilizie concesse in passato e già contabilizzate
nell’indebitamento netto.
3. Il disavanzo e la spesa netta tendenziali per il triennio 2026-28
Il DPFP aggiorna le stime a legislazione vigente dei conti pubblici per il
biennio 2026-27 e ne estende l’orizzonte al 2028.
L’indebitamento netto. – Nel triennio il disavanzo si ridurrebbe in misura
sostanzialmente uniforme nel tempo, fino al 2,1 per cento del PIL nel 2028.
La spesa per interessi crescerebbe gradualmente, fino al 4,3 per cento
nel 2028.
L’onere medio del debito rifletterà ancora per alcuni anni i rendimenti di titoli a
medio-lungo termine che incorporano gli alti tassi prevalenti negli anni più recenti; molti
Cfr. Audizione preliminare all’esame del Documento di finanza pubblica 2025, testimonianza del Vice
Capo del Dipartimento Economia e Statistica della Banca d’Italia Andrea Brandolini, Commissioni
riunite 5a del Senato della Repubblica (Programmazione economica e bilancio) e V della Camera dei
Deputati (Bilancio, Tesoro e Programmazione), Senato della Repubblica, Roma, 17 aprile 2025
dei titoli a medio-lungo termine che andranno in scadenza, al contrario, sono stati emessi
in corrispondenza di tassi particolarmente bassi.
Di contro, si amplierebbe l’avanzo primario, che raggiungerebbe il 2,2 per
cento del prodotto alla fine dell’orizzonte previsivo. Nelle stime del DPFP,
il miglioramento è dovuto al forte calo dell’incidenza sul PIL delle spese
primarie sia correnti (-0,9 punti percentuali) sia in conto capitale (-0,7 punti).
I redditi da lavoro dei dipendenti pubblici contribuirebbero alla riduzione
dell’incidenza della spesa primaria corrente per 0,3 punti; in rapporto al
prodotto scenderebbero all’8,7 per cento nel 2028, uno dei valori più bassi
dell’ultimo quarto di secolo.
In termini nominali la spesa per i redditi da lavoro dipendente crescerebbe in media
dell’1,5 per cento all’anno a fronte di un aumento del deflatore dei consumi privati pari
all’1,8 per cento.
Anche i consumi intermedi calerebbero di 0,3 punti percentuali del PIL, al
7,8 per cento, il valore più basso dalla crisi economico-finanziaria. In rapporto
al PIL, la spesa per pensioni (che resta più alta della media dell’UE) e la
spesa sanitaria rimarrebbero invece sostanzialmente stabili, rispettivamente
intorno al 15,3 e al 6,4 per cento. Il rapporto tra spesa sanitaria e prodotto si
è assestato ormai da tempo (con la sola ovvia eccezione del biennio 2020‑21,
segnato dalla pandemia) su un valore contenuto nel confronto con altre grandi
economie europee.
Nel complesso, il Documento prefigura per il prossimo triennio un
aumento della spesa primaria corrente in termini reali (utilizzando il deflatore
del PIL) sostanzialmente nullo, un andamento raramente osservato in passato:
nel periodo 2010-19 la crescita, pur modesta, era stata pari allo 0,2 per cento
in media l’anno.
Per quanto riguarda la spesa in conto capitale, la continua riduzione
della sua incidenza in rapporto al PIL nell’arco del prossimo triennio sarebbe
principalmente dovuta al calo dei contributi agli investimenti privati. Questi
ultimi scenderebbero nel complesso di quasi il 35 per cento rispetto al valore
raggiunto nel 2025, anche per il venire meno degli interventi legati al PNRR.
Gli investimenti pubblici nel prossimo biennio crescerebbero del 4,5 per
cento in media l’anno, per poi contrarsi nel 2028 di quasi il 5 per cento,
anche in questo caso per effetto dell’esaurimento del PNRR. Nella media del
triennio, la spesa per investimenti in rapporto al PIL rimarrebbe comunque
su valori elevati, prossimi al 3,7 per cento.
Le entrate nel complesso del triennio diminuirebbero di 0,3 punti
percentuali del PIL.
Il calo è riconducibile in parti sostanzialmente uguali a piccole riduzioni sia della
pressione fiscale (al 42,6 per cento del PIL nel 2028) sia delle entrate non fiscali, il cui
andamento però non è uniforme nel corso dell’orizzonte previsivo, presumibilmente per
effetto della componente legata all’esecuzione del PNRR.
Rispetto alle proiezioni del DFP, le nuove stime indicano un
miglioramento del profilo di indebitamento netto per il 2026-27, per circa
0,2 punti percentuali del PIL in media all’anno, grazie a un andamento dei
conti per il 2025 migliore delle attese, mentre l’indebolimento del quadro
macroeconomico viene sostanzialmente compensato da una spesa per
interessi più contenuta.
La spesa per investimenti mostra, in rapporto al prodotto, andamenti
sostanzialmente analoghi a quanto stimato in aprile, sebbene il profilo
temporale delle spese finanziate con il DRR abbia subito rilevanti modifiche.
In particolare, gli interventi associati a tale programma previsti per il 2026
risultano ridotti di 0,2 punti percentuali di PIL per la componente a valere
sulle sovvenzioni e di un punto per quella sui prestiti. In entrambi i casi si
tratta soprattutto di investimenti: integralmente nel primo caso e per circa il
70 per cento nel secondo.
Inoltre, sempre con riferimento al DRR sono ora previste spese successive
al 2026 pari a 1,6 punti di PIL, di cui 1,2 finanziati attraverso prestiti, contro
il circa mezzo punto desumibile dal DFP di aprile (anch’esso in gran parte a
valere su prestiti). Non sono disponibili dettagli su questa diversa ripartizione
temporale delle spese associate al DRR.
Le dinamiche tendenziali (a differenza del quadro programmatico)
non incorporano gli effetti della prossima revisione del PNRR attualmente
oggetto di confronto con la Commissione e attesa dal Governo per il mese
di novembre.
La spesa netta. – Nel quadro tendenziale la spesa primaria cresce del 2,5
per cento nel 2026, dello 0,7 nel 2027 e dell’1,0 nel 2028. Per effetto degli
elementi di correzione previsti per il calcolo dell’indicatore di “spesa netta”,
la dinamica di quest’ultimo è significativamente diversa, pari all’1,7, 1,3 e
1,5 per cento rispettivamente nel 2026, 2027 e 2028.
I trasferimenti dall’UE rappresentano l’elemento che incide di più su tale
discrepanza. Nel 2026 la loro variazione contribuisce a ridurre la crescita
della spesa netta mentre nel 2027 e nel 2028 produce un effetto opposto.
Poiché i flussi comunitari possono generare oscillazioni significative, è
necessario fornire una spiegazione esplicita della loro dinamica pluriennale,
soprattutto oltre il termine del PNRR.
4. La spesa netta e il disavanzo nel quadro programmatico
La dinamica della spesa netta attesa si discosta lievemente – in eccesso il
prossimo anno, in difetto nel 2027-28 – dagli obiettivi concordati dal Governo
con la Commissione e il Consiglio dell’UE. Rispetto al quadro tendenziale,
se ne programma pertanto una lieve frenata (per 0,1 per cento) nel 2026 e
una accelerazione nel successivo biennio (rispettivamente dello 0,6 e dello
0,1 per cento).
Nel 2028 il tasso di crescita programmatico della spesa netta (1,6 per cento) resterebbe
comunque leggermente sotto al limite massimo (1,7) concordato a livello europeo.
La manovra di bilancio sarà definita dal Governo in coerenza con
questi obiettivi. Gli interventi lasceranno il disavanzo sostanzialmente
inalterato rispetto al suo valore tendenziale nel 2026; ciò è compatibile con il
rallentamento della spesa netta in tale anno solo se alcune misure espansive
avranno natura di una tantum, in modo da essere escluse dal calcolo
dell’indicatore. Si avrà una espansione moderata del disavanzo per circa 0,3
punti percentuali del PIL sia nel 2027 sia nel 2028.
Nei piani del Governo le misure espansive della prossima manovra
di bilancio ammonterebbero a circa 0,7 punti percentuali di PIL in media
all’anno. L’incremento dell’indebitamento netto rispetto al tendenziale
(in media 0,2 punti all’anno) contribuirebbe quindi solo in misura minore a
finanziarle. La maggior parte delle risorse (circa 0,5 punti all’anno) andranno
reperite attraverso aumenti di entrate e tagli alla spesa.
L’indebitamento netto rimarrebbe comunque al di sotto del 3 per cento e
si ridurrebbe gradualmente nel corso del triennio, passando dal 2,8 per cento
nel 2026 al 2,3 per cento nel 2028; l’avanzo primario passerebbe dall’1,2
all’1,9 per cento, tornando così nel 2028 sui livelli del 2019. Il saldo primario
strutturale migliorerebbe di circa 0,4 punti di PIL in media all’anno, fino a un
avanzo dell’1,7 per cento nel 2028.
Il DPFP – così come accadeva in passato con la Nota di Aggiornamento
del Documento di Economia e Finanza – dà conto dell’andamento dei
principali saldi, ma non include indicazioni sull’evoluzione programmata
della spesa primaria complessiva o delle entrate.
Lo scorso settembre le Commissioni competenti dei due rami del Parlamento
e l’assemblea del Senato hanno approvato due risoluzioni, di identico contenuto,
che impegnano il Governo a includere nel DPFP “l’articolazione delle misure
di prossima adozione nell’ambito della manovra di finanza pubblica e dei
relativi effetti finanziari”. Il DPFP in esame si limita tuttavia a fare riferimento,
tra le misure espansive, alla riduzione del carico fiscale sui redditi da lavoro, al
rifinanziamento del fondo sanitario nazionale, agli incentivi agli investimenti
privati, a misure a sostegno della natalità e della conciliazione vita-lavoro; non
si fa menzione di specifici interventi a copertura.
Infine, il quadro programmatico sembra non includere, se non in parte,
maggiori oneri per la capacità di difesa, sebbene il DPFP giudichi realistico,
sulla base degli impegni presi in sede NATO, un graduale aumento della
spesa nel prossimo triennio, fino a 0,5 punti di PIL in più nel 2028. In assenza
di misure correttive ulteriori rispetto alla manovra, una maggiore spesa per
la difesa rispetto a quella incorporata nel tendenziale condurrebbe a una
dinamica della spesa netta più sostenuta rispetto a quanto programmato.
Nel caso ciò avesse luogo in un momento in cui l’Italia non fosse più in una procedura
per deficit eccessivo, per non rientrarvi immediatamente si potrebbe rendere necessario
ricorrere all’attivazione della clausola di salvaguardia nazionale per le spese in difesa,
secondo quanto delineato dalla Commissione europea lo scorso marzo.
Secondo le stime della NATO della fine dell’agosto scorso, la spesa per difesa
dell’Italia dovrebbe raggiungere il 2 per cento del PIL nel 2025, in aumento dall’1,5
del 2024. L’Italia è tra i Paesi ad aver manifestato interesse ad accedere alle risorse
previste nell’ambito del Security Action For Europe (SAFE), uno strumento pensato per
finanziare, attraverso prestiti concessi dall’UE, programmi possibilmente congiunti di
più paesi membri per investimenti in difesa, infrastrutture a utilizzo sia civile sia militare,
cyber-security, filiere strategiche. La Commissione ha provvisoriamente allocato 14,9
dei 150 miliardi disponibili all’Italia, che dovrà presentare i propri progetti entro il 30
novembre.
5. Il debito pubblico
Secondo il DPFP, a legislazione vigente l’incidenza del debito sul
prodotto continuerebbe a salire anche il prossimo anno, per poi cominciare a
diminuire nel 2027, quando si collocherebbe al 137 per cento.
Il DPFP non definisce puntualmente la dinamica tendenziale del rapporto
tra il debito e il PIL in ogni anno dell’orizzonte 2026-28, ma illustra come
essa sia guidata essenzialmente da due fenomeni con impatti opposti: da un
lato, la componente stock-flussi continuerebbe a incidere in maniera avversa;
dall’altro, l’avanzo primario avrebbe un impatto favorevole, crescente nel
tempo.
Sulla componente stock-flussi influirebbero favorevolmente proventi da dismissioni
di asset pubblici, ma – a differenza dei precedenti documenti di monitoraggio e
programmazione – il DPFP non include le relative quantificazioni. Più in generale, come
già evidenziato in passato, considerata la rilevanza della componente stock-flussi per
la dinamica dell’incidenza del debito in questi anni, sarebbe utile disporre di maggiori
dettagli sulla sua composizione.
L’evoluzione dell’incidenza del debito nel quadro programmatico non si
discosterebbe molto dal suo andamento tendenziale. Il rapporto crescerebbe
infatti fino al 137,4 per cento nel 2026, per scendere poi al 137,3 e al 136,4
rispettivamente nel 2027 e nel 2028, registrando al termine dell’orizzonte un
valore leggermente più alto di quello atteso per l’anno in corso (e ancora di
circa due punti e mezzo superiore a quello del 2019).
Nel complesso del triennio 2026-28 gli avanzi primari contribuirebbero a
contenere la dinamica del debito per 4,6 punti percentuali del PIL. Viceversa,
sarebbero avversi sia gli impatti del differenziale tra onere medio del debito
e crescita nominale del PIL (per 1,6 punti) sia quelli della componente
stock‑flussi (3,3 punti, di cui oltre 2 nel solo 2026).
L’andamento del debito non è esente da rischi di breve periodo. Il DPFP
stima ad esempio che, a parità di altre condizioni, nel caso di un aumento
permanente e inatteso del rendimento dei titoli di Stato a 10 anni di 100 punti
base a partire dal 2026, il rapporto tra il debito e il PIL, invece di scendere
dal 2027, continuerebbe a crescere in ogni anno dell’orizzonte considerato
(collocandosi nel 2028 poco sotto al 141 per cento).
Il Documento include anche un aggiornamento dell’esercizio di sostenibilità del
debito secondo la metodologia DSA utilizzata dalla Commissione. Sulla base di tale
esercizio, il Governo conclude che il profilo della spesa netta programmato, conducendo
l’avanzo primario strutturale a un livello sufficientemente alto alla fine del periodo
di aggiustamento (intorno al 3,5 per cento del PIL nel 2031), è ancora coerente con
l’obiettivo di porre con alta probabilità l’incidenza del debito su una traiettoria
stabilmente decrescente nel medio termine.
Il quadro macroeconomico internazionale resta contraddistinto da grande
instabilità. Nel nostro paese le condizioni economiche delle imprese e delle
famiglie sono nel complesso solide, ma non mancano fattori di vulnerabilità.
In queste circostanze, l’economia italiana si mantiene su un percorso di
crescita moderata, stimata per il 2025 nell’ordine di circa mezzo punto
percentuale, dal DPFP e dai principali previsori. Nel prossimo triennio si
prevede che l’aumento del PIL resti inferiore all’1 per cento all’anno.
La politica di bilancio delineata nel DPFP rimane complessivamente
improntata alla prudenza. Vengono confermati gli impegni del Piano
strutturale di bilancio di medio termine per quanto riguarda sia la dinamica
della spesa netta sia l’avvio dal 2027 di un sentiero discendente per il rapporto
tra debito e PIL.
I risultati dello scorso anno, così come le stime del DPFP per l’anno
in corso, sono incoraggianti. L’indebitamento netto, che nel 2024 si è più
che dimezzato, scenderebbe ulteriormente quest’anno, riportandosi al 3 per
cento del PIL. Il saldo primario, tornato positivo lo scorso anno per la prima
volta dal 2019, aumenterebbe allo 0,9 per cento. Il miglioramento non è
avvenuto a scapito degli investimenti pubblici che, al contrario, si collocano
in rapporto al prodotto su livelli storicamente molto elevati.
Obiettivi credibili e andamenti migliori delle attese hanno anche
contribuito a ridurre il premio per il rischio richiesto dagli investitori:
il differenziale tra i titoli sovrani decennali italiani e tedeschi si è ridotto
di oltre 100 punti base negli ultimi due anni e di quasi 50 nell’ultimo anno.
Gli stessi fattori hanno agevolato il miglioramento delle valutazioni di alcune
importanti agenzie di rating, nonostante il difficile contesto geopolitico e
macroeconomico.
Il processo di risanamento dei conti procede, ma non è esente da rischi,
ancor più alla luce dei molti fattori di instabilità del quadro internazionale.
Un improvviso aumento dei premi per il rischio sovrano nelle economie
avanzate potrebbe avere ripercussioni negative sulle condizioni di
finanziamento e sull’attività economica. Le tensioni geopolitiche hanno
spinto il Paese, insieme ai partner della NATO, a sottoscrivere impegni a
livello internazionale che comportano un significativo aumento delle spese
per la difesa: il sentiero programmatico delineato includerebbe solo in parte
l’aumento che sarebbe coerente con tali accordi.
La dinamica della spesa netta concordata in sede europea rappresenta
un tetto massimo. In un contesto di elevata incertezza quale quello presente,
andrebbe considerata l’opportunità di costituire adeguati margini.
La manovra delineata nelle sue linee più generali nel DPFP appare
incentrata su una ricomposizione del bilancio e prevede un limitato aumento
del disavanzo nel 2027-28 rispetto all’andamento tendenziale. Il Documento
non include informazioni sufficienti per avanzare valutazioni sulle singole
misure. In ogni caso, gli interventi di copertura dovranno essere certi. Sarebbe
inoltre opportuno limitare gli incrementi di spesa o le riduzioni di entrate di
natura temporanea: hanno effetti solo transitori sulla domanda, aumentano il
livello del debito e risultano spesso difficili da rimuovere.
Una riallocazione tra le diverse poste del bilancio può favorire la
produttività e la crescita. Ciò accadrebbe, ad esempio, aumentando le
risorse a favore di investimenti, ricerca e istruzione e contestualmente
razionalizzando le spese fiscali, rimuovendo gli elementi del sistema
tributario che scoraggiano la crescita dimensionale delle imprese, arginando
l’erosione della base imponibile dell’Irpef.
Per quanto riguarda il completamento del PNRR, alla luce delle previsioni
aggiornate sulla spesa effettivamente realizzata entro la fine dell’anno in
corso, l’imminente revisione del Piano è un’importante occasione da cogliere.
Per un paese che ha un debito pubblico elevato come l’Italia, la
prudenza nella gestione delle finanze pubbliche è meritoria quanto doverosa.
Va coniugata con riforme strutturali che sostengano la crescita e l’innovazione.
TAVOLE E FIGURE
Tavola 1
Quadro macroeconomico nei più recenti documenti ufficiali
(variazioni percentuali)
DFP 2025 (1)
quadro tendenziale
DPFP 2025
quadro tendenziale
DPFP 2025
quadro programmatico
PIL reale
Importazioni
Consumi
famiglie e ISP
Spesa PA
Investimenti
Esportazioni
PIL nominale
Deflatore dei
consumi privati
(1) Il documento non include un quadro programmatico.
Tavola 2
Principali indicatori di bilancio delle Amministrazioni pubbliche (1)
(in percentuale del PIL)
Entrate
Spese
di cui: interessi
Avanzo primario (2)
Indebitamento netto
Fonte: elaborazioni su dati Istat.
(1) Eventuali mancate quadrature sono dovute all’arrotondamento delle cifre decimali. – (2) Un segno negativo indica un
disavanzo.
Tavola 3
Entrate delle Amministrazioni pubbliche (1)
(in percentuale del PIL)
Imposte dirette
Imposte indirette
Imposte in c/capitale
Pressione tributaria
Contributi sociali
Pressione fiscale
Produzione vendibile
e per uso proprio
Altre entrate correnti
Altre entrate in c/
capitale
Totale entrate
Fonte: elaborazioni su dati Istat.
(1) Eventuali mancate quadrature sono dovute all’arrotondamento delle cifre decimali.
Tavola 4
Spese delle Amministrazioni pubbliche (1)
(in percentuale del PIL)
Redditi da lavoro dipendente
Consumi intermedi
Prestazioni sociali in natura
Prestazioni sociali in denaro
Interessi
Altre spese correnti
Totale spese correnti
Investimenti fissi lordi
Altre spese in conto capitale
Totale spese in conto capitale
Totale spese
di cui: spese correnti al
netto degli interessi
di cui: spese correnti al
netto degli interessi
Fonte: elaborazioni su dati Istat.
(1) Eventuali mancate quadrature sono dovute all’arrotondamento delle cifre decimali.
Figura 1
Diagramma degli estremi e dei quartili delle previsioni di crescita del PIL (1)
(in percentuale del PIL)
Previsioni per il 2025
Previsioni per il 2026
(*) Per coerenza con le previsioni pubblicate nel Documento programmatico di finanza pubblica, si riportano per la
Banca d’Italia le stime di crescita non corrette per le giornate lavorative. Le corrispondenti proiezioni di crescita corrette
per le giornate lavorative sono 0,6 e 0,8 per cento nel 2025 e nel 2026 rispettivamente.
(1) Gli intervalli sono basati sulle proiezioni dei principali analisti privati censiti da Consensus Economics in settembre e
delle maggiori istituzioni internazionali.
Figura 2
Debito delle Amministrazioni pubbliche
(in percentuale del PIL)
Fonte: per il PIL, Istat.
Figura 3
Tasso lordo dei BOT e dei BTP decennali,
onere medio e vita media residua del debito
(valori percentuali e anni)
Fonte: per la spesa per interessi, Istat.
(1) Rapporto tra la spesa per interessi nei 4 trimestri precedenti e la consistenza del debito alla fine del corrispondente
trimestre dell’anno precedente. – (2) Rendimento all’emissione calcolato come media ponderata, sulla base delle quantità
assegnate, dei tassi composti di aggiudicazione alle aste di emissione regolate nel mese. – (3) Media mensile del
rendimento a scadenza del titolo benchmark scambiato sul mercato telematico dei titoli di Stato. – (4) Scala di destra.
Figura 4
Investimenti fissi lordi delle Amministrazioni pubbliche
Fonte: dati Istat e Documento programmatico di finanza pubblica 2025
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