
(AGENPARL) – Tue 30 September 2025 *COMUNICATO STAMPA*
*L’origine e il suo oltre
*/a cura di Gabriele Perretta/
Ulisse Gallery dal 9 ottobre 2025
Sarà la mostra di Agostino Bonalumi, Antonio Corpora, Piero Dorazio,
Salvatore Emblema, Achille Perilli e Romanoleli ad aprire la stagione
dell’Ulisse Gallery di Roma. L’allestimento, raccoglierà opere e cifre
poetiche sostanziali come: intersezioni, seconda pelle, principio di
svelamento, forme geometriche, colori brillanti, formalismo, astrattismo
classico, estroflessione, introflessione, detessiture e orizzonti quantici.
L’evento è stato curato da Gabriele Perretta, il quale spiega lo spirito
della mostra con le seguenti parole: “L’astrattismo del secondo
novecento si pone lungo una ideale linea orizzontale, dalla quale si
staccano verso l’alto e verso il basso apici e riccioli vari. Queste
direttive originarie simbolizzerebbero l’unione dei valori del mondo
esterno, materialista e visivo con i valori del mondo interno, intimo e
metasensibile. Ecco allora l’arte della conciliazione quantica. Oltre a
queste suggestioni visuali rinvenibili in tutti gli artisti coinvolti,
la mostra proporrà ai visitatori la produzione di Romanoleli, arricchita
da tecniche miste che uniscono tessuto, pittura, scultura, volumetrie,
toni terrosi, tocchi brillanti di azzurri saturi, grigi cronici e
indefiniti, abitati da curve di verde. Gli equilibri precari della
tensione sostenuta da Romanoleli si confrontano con il principio di
svelamento a cui tutti gli artisti astratti alludono, spingendosi a
distinguere una “tecnica pittorica altra”, senza l’uso esclusivo dei
pennelli, per prediligere l’esperienza plastica e modellizzatrice della
materia. All’origine c’è un gruppo di maestri dell’astrattismo: Agostino
Bonalumi, Antonio Corpora, Piero Dorazio, Salvatore Emblema, Achille
Perilli, come tracce dell’astrattismo del secondo dopoguerra e poi c’è
Romanoleli a confronto con tutti loro”.
Una vera e propria miniera di suggerimenti e incoraggiamenti a cui
attingere per condurre anche oggi una ricerca attuale e vibrante sui
corpi della “forma astratta”. E qui non siamo lontani dal titolo della
mostra «L’origine e il suo oltre!» ovvero un focus dall’approccio
“originale” sull’inesauribile carica innovativa dell’arte aniconica, che
ha solcato il XX e il XXI secolo fino ad approdare ai nostri giorni. Il
percorso espositivo delle opere, continua col dire il curatore,
“rappresenta: l’evoluzione del linguaggio visivo degli astrattisti della
generazione post-guerra – che prima rielaborano, studiano, e poi
ritornano alla pittura con segni rinnovati – e le esperienze della
neoavanguardia testimoniano questo approdo cruciale, vissuto da
un’intera generazione di autori, in una visività fortemente
sperimentale, pronta ad accogliere al suo interno tutto ciò che prima
gli era assolutamente precluso, compresa l’irrazionalità, la
contraddizione, l’insensatezza, il divertissement. Il messaggio che
L’origine e il suo oltre ci consegna, attraverso la coniugazione del
punto d’inizio della forma e del suo “di la dà”, è questo: occorre
trasformarsi per essere ancora nel principio, conservare la meraviglia,
perché nella fase quantica non c’è tanto nostalgia, regressione,
irresponsabilità ma soprattutto un fondamentale «nucleo salvifico» di
immaginazione e creatività nel disporsi verso il futuro. La pittura,
insomma, (quella tradizionale, canonica, classicamente impostata)
subisce, a partire dagli anni Cinquanta, un processo di metamorfosi,
simile a quello tra materia e antimateria. Non scompare, ma si trasforma
in qualcos’altro, in qualcosa di potenzialmente esplosivo, in
un’anti-pittura dalla carica dirompente, sfuggente e instabile come le
particelle di antimateria, e come quest’ultima difficile da imbrigliare.
Una pittura spuria, contaminata dal contatto con le cose, naturali o
artificiali, depotenziata nello stile, costruita per stratificazione
oggettuale, o depauperata nel segno fino ai limiti del disturbo
morfemico fine a se stesso. L’obiettivo del punctum nativo, negli anni
Sessanta, fu quello di attingere all’«origine» delle cose, eliminando le
sedimentazioni della storia, il punto di arrivo del nuovo secolo è,
invece, «l’indeterminazione quantica», l’approdo ad un linguaggio
stratigrafico totalmente dilacerato, ridotto a sovrapposizioni, monconi
di sfoglie galleggianti nello spazio, «feti visualistici» azzerati dalla
loro stessa presenza: una non-forma (quantica e geometrica) come esito
estremo (ma non esiziale) dell’entanglement!”