
(AGENPARL) – Tue 30 September 2025 Comunicato Stampa
SEQUESTRO DI PERSONA: il Giudice Tutelare del Tribunale di Forlì non convalida il TSO ed ordina la liberazione, ma il Sindaco e l’ospedale di Cesena la ignorano e trattengono il paziente per altri 7 giorni.
Aperta indagine per sequestro di persona. La Procura riconosce l’illegittimità, ma parla solo di “grave colpa organizzativa: il sabato l’ufficio notifiche del comune era chiuso’”.
L’Avv. Minutillo insorge contro la richiesta di archiviazione della Procura e chiede GIP la prosecuzione delle indagini oltre ad un milione di euro di danni al Comune di Cesena ed all’ASL”
CESENA, 30 SETTEMBRE 2025. Un caso che solleva inquietanti interrogativi sulla gestione dei trattamenti sanitari obbligatori e sul rispetto delle garanzie costituzionali approda davanti al Giudice per le indagini preliminari di Forlì. Si tratta della vicenda di un cittadino cesenate di mezza età, trattenuto per oltre una settimana presso il Centro di Salute Mentale di Cesena, nonostante un provvedimento chiaro ed immediatamente esecutivo del Giudice Tutelare di Forlì, dott. Danilo Maffa, avesse rigettato la richiesta di convalida del TSO disposto dal Sindaco di Cesena.
L’opposizione della difesa
Il 29 settembre 2025, l’Avv. Francesco Minutillo ha depositato formale opposizione alla richiesta di archiviazione, denunciando la gravità del caso e la pericolosità delle motivazioni adottate dalla Procura.
«La difesa del mio assistito – dichiara l’Avv. Minutillo – non può che insorgere con fermezza contro questo inquietante episodio di compressione illegittima della libertà personale, episodio che si configura, senza infingimenti e senza attenuanti, come un vero e proprio sequestro di persona, aggravato dalla qualifica pubblica dei soggetti coinvolti e dalla reiterazione consapevole dell’abuso.»
«L’aspetto ancor più sconcertante – prosegue – non è soltanto la vicenda in sé, ma le motivazioni con cui la Procura ha tentato di legittimarla. Si è sostenuto che la detenzione illegittima fosse conseguenza di un disguido burocratico: un ufficio comunale chiuso nel weekend, un medico che attende passivamente una revoca sindacale inesistente. Un alibi che rovescia la realtà: la legge attribuisce efficacia immediata al provvedimento del Giudice, e la sua inosservanza equivale ad una detenzione sine titulo.»
E ancora: «Non solo i medici hanno riversato l’addebito sul Comune, ma lo stesso funzionario comunale ha addossato la colpa alla cancelleria del Giudice, accusata paradossalmente di non avere provveduto anche ad una comunicazione telefonica. Siamo giunti a un vero e proprio capovolgimento istituzionale: la responsabilità non sarebbe di chi ha trattenuto un uomo senza titolo giuridico valido, ma del Giudice che aveva osato applicare la legge con rigore.»
La conclusione è netta: «La battaglia che stiamo conducendo – conclude l’Avv. Minutillo – non è soltanto per la libertà dell’uomo che ha subito questa ingiustizia, ma per la credibilità stessa delle garanzie che presiedono al trattamento sanitario obbligatorio. Un istituto tanto delicato non può sopravvivere se la sua applicazione è affidata a inerzie burocratiche o ad un arbitrio sanitario che considera il controllo del giudice come un fastidio da aggirare.»
«Oltre alla prosecuzione del procedimento penale chiediamo un risarcimento esemplare: un milione di euro a carico della ASL Romagna e del Comune di Cesena per avere privato illegittimamente un uomo della sua libertà personale per oltre una settimana, in spregio a un ordine chiaro e immediatamente esecutivo del Giudice Tutelare. Non è una battaglia solo per il mio assistito, ma per la credibilità dello Stato di diritto e per impedire che il TSO diventi uno strumento di sequestro mascherato da atto sanitario.»
La vicenda del TSO di Cesena
Un uomo di 53 anni, residente a Cesena, è stato trattenuto nel dicembre 2023 per oltre una settimana in regime di trattamento sanitario obbligatorio (TSO), nonostante un provvedimento del Giudice Tutelare ne avesse disposto la liberazione immediata. L’ordinanza di TSO firmata dal Sindaco Enzo Lattuca su richiesta dei sanitari del reparto di Salute Mentale di Cesena, invece di essere convalidata entro 48 ore dal Tribunale era infatti stata immediatamente rigettata dal Giudice Tutelare dott. Danilo Maffa
1. L’inizio del TSO: l’ordinanza del Sindaco
Il 1° dicembre 2023, dopo un accesso al Centro di Salute Mentale (CSM) di Cesena, il paziente veniva ricoverato presso lo SPDC dell’Ospedale Bufalini, in esecuzione di un’ordinanza di TSO firmata dal Sindaco di Cesena, Enzo Lattuca.
La richiesta, fondata su motivazioni generiche appariva sin da subito fragile e stereotipata.
2. Il rigetto del Giudice Tutelare
Il giorno seguente, 2 dicembre 2023, il Giudice Tutelare di Forlì, dott. Danilo Maffa, con il provvedimento n. 2464/2023, rigettava la richiesta di convalida.
Il Giudice Tutelare, dott. Danilo Maffa, con un decreto puntuale e motivato, aveva chiarito che non vi era alcun presupposto per disporre un TSO. Nelle sue parole veniva esclusa la presenza di comportamenti violenti o autolesivi da parte del paziente; mancava, inoltre, qualsiasi segno di una pericolosità concreta e attuale. Non vi era stato un rifiuto consapevole e ostinato delle cure, mentre il quadro clinico appariva del tutto compatibile con una gestione extraospedaliera, senza necessità di ricorrere alla misura estrema della coercizione sanitaria.In base alla legge (artt. 33 e 34 L. 833/1978), il TSO non poteva essere disposto.
Il decreto veniva notificato via PEC all’Ufficio Notifiche del Comune di Cesena alle ore 12:15 di sabato 2 dicembre. Da quel momento, il TSO perdeva ogni efficacia e il paziente doveva essere immediatamente dimesso.
3. Le 60 ore di silenzio
Eppure, incredibilmente, la PEC non venne aperta né esaminata per oltre 60 ore. L’Ufficio Notifiche era chiuso nel fine settimana e solo nel tardo pomeriggio di lunedì 4 dicembre se ne prese visione. Nel frattempo, il paziente restava trattenuto contro legge, sottoposto a trattamenti farmacologici coattivi.
4. Il medico di guardia e l’omissione
Non meno grave fu la condotta del medico di guardia in servizio il 2 dicembre, che, pur essendo stato informato dal personale infermieristico del provvedimento del Giudice, non dispose la dimissione né sollecitò il Comune o la Direzione Sanitaria che preferì rimanere in attesa passiva della della revoca del Sindaco, non considerando che il decreto del Giudice era immediatamente vincolante.
6. L’escamotage del nuovo TSO
Il 4 dicembre, invece di dare corso all’ordine di liberazione, i medici si scambiarono compulsivamente mail e messaggi per cercare una soluzione.
La trovarono in una richiesta di nuovo TSO, identico al precedente, proposto senza informare il nuovo Giudice Tutelare del rigetto già pronunciato dal collega.
Il nuovo magistrato, ignaro, lo convalidò: il paziente restò internato sino al 9 dicembre 2023, quando finalmente venne dimesso. Solo allora venne a conoscenza che il Giudice aveva già ordinato la sua liberazione sette giorni prima.
7. La denuncia e la Procura
Alla dimissione, l’uomo denunciò i fatti per sequestro di persona e abuso d’ufficio.
Le indagini confermarono l’illegittimità del TSO e misero in luce l’insofferenza dei sanitari verso il Giudice Tutelare, accusato di essere “troppo attento” e di non accettare la modulistica standard.
Per sei lunghi mesi il Nucleo di Polizia Anticrimine di Cesena ha passato al setaccio la vicenda, raccogliendo testimonianze, diari clinici e scambi di corrispondenza elettronica. Ne è emersa una trama inquietante fatta di omissioni, reticenze e un sistematico scaricabarile di responsabilità. I medici, chiamati a rispondere del mancato rispetto del provvedimento giudiziario, hanno tentato di spostare l’addebito sul Comune e sul Sindaco, accusati di non avere firmato un atto di revoca. A loro volta, i vertici della Polizia Locale hanno sostenuto che la cancelleria del Giudice Tutelare, trattandosi di un sabato, avrebbe dovuto persino ricorrere a una telefonata, oltre che alla trasmissione via PEC, per rendere effettiva la comunicazione. Così, in un crescendo di giustificazioni paradossali, la responsabilità è stata infine ribaltata sul Giudice stesso, colpevole non di inerzia, ma di avere esercitato con rigore e scrupolo il proprio dovere di controllo.
Nonostante ciò, il 5 giugno 2025 il Pubblico Ministero Dott.ssa Susanna Leonarduzzi della Procura di Forlì ha chiesto l’archiviazione del procedimento in relazione all’ipotesi di sequestro di persona, ritenendo che non vi fosse dolo, ma soltanto una “grave colpa organizzativa” dovuta al fatto che l’Ufficio Notifiche del Comune, pur avendo ricevuto la PEC il sabato mattina, non era operativo nel fine settimana e quindi non aveva preso visione del rigetto per oltre sessanta ore.
La richiesta di archiviazione del Pubblico Ministero
La Procura della Repubblica, con la richiesta di archiviazione, ha ritenuto di escludere la sussistenza di responsabilità penale per sequestro di persona a carico dei sanitari e degli amministratori coinvolti e del Sindaco di Cesena pur riconoscendo l’irregolarità del trattenimento.
Secondo il P.M., infatti:
“le indagini hanno permesso di accertare che il provvedimento di non convalida del giudice tutelare sia stato notificato la mattina di sabato 2 dicembre 2023 dalla cancelleria del tribunale sia alla pec del Comune sia all’email dell’ospedale presso cui era ricoverato il paziente”.
Quanto all’ospedale, la Procura sottolinea che:
“vi è prova non solo della ricezione dell’email, ma anche della presa visione da parte del personale sanitario in quanto, nel diario infermieristico, risulta che alle ore 12.15 l’infermiere ha visto tale comunicazione e ne abbia informato il medico di guardia. Quest’ultimo, sentito a sommarie informazioni, conferma la circostanza, ma afferma che, in assenza di un provvedimento di interruzione del trattamento adottato dall’Autorità Sanitaria Locale, ossia dal sindaco o da altri in sua vece, come previsto dalla normativa (rif. art. 35, co. 2), ha ritenuto che non vi fossero i presupposti per le dimissioni”.
Da ciò il P.M. conclude che:
“il paziente, quindi, in assenza dell’atto previsto dall’art. 35, co. 2 l. 833/78, ossia il provvedimento che il sindaco deve adottare a seguito della non convalida da parte dell’A.G. è rimasto ricoverato fino a lunedì 4”.
E ancora:
Infine, la Procura ha escluso la configurabilità del reato di sequestro di persona, sostenendo che:
“non si può che escludere, pertanto, sia la configurabilità del reato di sequestro di persona di cui all’art. 605 c.p. poiché trattasi di delitto che, in termini di elemento soggettivo richiede il dolo generico, consistente nella consapevolezza di infliggere alla vittima la illegittima restrizione della sua libertà fisica, intesa come libertà di locomozione (Sez. 5, Sentenza n. 19548 del 17/04/2013 Ud. (dep. 07/05/2013) Rv. 256747 – 01). Tale animus non può quindi dirsi ritenersi sussistente né in capo ai medici che secondo la dottrina medica hanno richiesto il TSO e che, quindi, non avevano che finalità terapeutiche, né in capo al medico di guardia che non dispone le dimissioni del paziente in assenza del provvedimento del sindaco di interruzione del TSO essendo quest’ultimo l’autorità deputata ad attivarsi in tal senso”.
Avv. Francesco Minutillo
STUDIO LEGALE
MINUTILLO & ASSOCIATI
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