
(AGENPARL) – Tue 30 September 2025 Comunicato stampa
Contro la fragilità del territorio rivalutare i castagni e partire con la bonifica integrale
La ricetta presentata dall’Accademia Nazionale di Agricoltura, durante la manifestazione svoltasi a Imola con rappresentanti di Centri Nazionali, Enti Parchi e Consorzi di Bonifica: avvio immediato di una nuova azione di bonifica nazionale e rivalutazione della castanicoltura, abbandonata in molte zone, come azione di tutela e sviluppo delle aree montane.
Bologna, 30 settembre 2025 – L’Italia, tra i Paesi della Comunità Europea, è quella che presenta una più elevata biodiversità ambientale sia per le diversificate condizioni climatiche e geomorfologiche sia per interventi dell’uomo dettati da accorte norme legislative. Nel secolo scorso fondamentali leggi, come la n.326 del 1923 e la n.215 del 1933, dedicate al riordinamento e riforma dei terreni montani e alla bonifica integrale, hanno permesso un progressivo incremento della copertura boschiva passata dai 4,6 agli 11 milioni di ettari attuali rendendo produttivi, al contempo, migliaia di ettari di terre paludose e malsane per l’endemia malarica. Le sistemazioni idrauliche-forestali iniziate un secolo fa, e realizzate nel tempo, si mostrano però ora fragili a causa della lenta ma inevitabile variazione climatica che sta interessando il pianeta. Questo impone azioni di adattamento con il prioritario impegno di salvaguardare le risorse primarie e di migliorare la qualità ambientale.
Il coinvolgimento di ricercatori, tecnici, amministratori ed imprenditori, che hanno partecipato al convegno “Conservazione della Biodiversità forestale e del castagno”, svoltosi a Imola dal 23 al 25 settembre presso la sede della Fondazione della Cassa di Risparmio di Imola, organizzato dall’Accademia Nazionale di Agricoltura e dal Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari dell’Università di Bologna, con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e Sicurezza Energetica, del Ministero dell’Agricoltura, Sovranità Alimentare e Foreste, della Regione Emilia-Romagna e del Comando Unità Forestali, Ambientali e Agroalimentari Carabinieri ha permesso di fare il punto sullo stato di fatto delle politiche nazionali e locali.
Bonifica integrale e rivalutazione della castanicoltura: le proposte dell’Accademia
L’Accademia Nazionale di Agricoltura, come evidenziato dal confronto unanime dei rappresentanti di Centri Nazionali per lo Studio e la Conservazione della Biodiversità Forestale, Enti Parchi e Consorzi di Bonifica, ha sollevato due proposte che ritiene chiave per approntare un nuovo modo di tutelare i territori dal dissesto idrogeologico: ripartire da una reale bonifica integrale e favorire lo sviluppo della castanicoltura su tutto il territorio nazionale.
Per il primo punto è ormai necessario comprendere che viviamo in un ambiente in cui tutto si collega, sebbene i problemi di ogni zona siano diversi, e che per prevenire frane ed esondazioni serve un lavoro sinergico e globale, che parta dalla tutela della montagna e controllo della piantumazione di specie adatte, passi dalla sistemazione di argini e pulitura dei fiumi, arrivi a un maggiore controllo del consumo di suolo, fino alla cura dei terreni agricoli produttivi. L’ecosistema naturale è complesso e il necessario equilibrio tra natura e antropizzazione umana, sempre più difficile in Italia, può ancora essere equilibrato ma necessita di una reale sistemazione forestale, idraulica e agronomica nazionale. La rivalutazione della castanicoltura, invece, riporterebbe in auge una pianta tipica delle zone collinari e montane che possiede numerose qualità: produce frutti con proprietà alimentari importanti sia da fresco che come farina, gli scarti (ricci, rami, foglie) hanno principi attivi utili dal punto di vista cosmetico e farmacologico e le caratteristiche del suo legno sono note a livello economico. Oggi l’importazione di prodotto fresco dall’estero rappresenta buona parte del mercato italiano, nonostante l’Italia sia stata tra i maggiori produttori al mondo, perciò recuperare i numerosi castagneti abbandonati in tutto l’arco appenninico da Nord a Sud unirebbe, al contempo, il controllo di numerose zone montane abbandonate a rischio frane con la ripresa di una produzione agroalimentare autoctona, portando benefici sia all’ambiente che lavoro e nuove risorse in montagna.
Il Centro Nazionale per lo Studio della Biodiversità: esempio da seguire