
(AGENPARL) – Sat 27 September 2025 Buongiorno,
di seguito forniamo alle redazioni un’interessante intervista, rilasciata
da Alessio Boni, per eventuali pubblicazioni per cui ringraziamo
anticipatamente.
Nelle date di lunedì 29 e martedì 30 settembre 2025 il Teatro Comunale di
Ferrara si trasformerà in un luogo di emozione e poesia con Concerto a due
Per Puccini
.
Sul palco l’attore e regista, affezionato allo storico Teatro di Ferrara, e
Alessandro Quarta, eccellente violinista del panorama musicale. Un viaggio
intenso, tra goliardia, passione e genio ma anche tragicità, che restituirà
la grandezza di un artista immortale.
Nella speranza di far cosa gradita, inviamo in allegato, per comodità di
pubblicazione, anche foto di Alessio Boni e dello spettacolo.
Ringraziando come sempre per l’attenzione, auguriamo buon lavoro
A presto
Alessio Boni e il suo Puccini: «Porto sul palco le parole che non scrisse»
«Aveva un animo rock, un vero innovatore!» Così Alessio Boni definisce
Puccini, e afferma: «Tutti possiamo conoscere le opere… ma la vita, quella
no: resta un segreto che solo pochi sanno guardare e ammirare». L’attore e
regista, nato a Bergamo nel 1966, è uno dei più noti attori italiani di
teatro, cinema e televisione. Celebre per la sua versatilità, ha
interpretato ruoli classici e contemporanei, una presenza carismatica e
intensa sul palcoscenico e sullo schermo. All’Abbado, lo spettacolo Concerto
a due per Puccini, con Alessio Boni e Alessandro Quarta, regia di Boni
stesso e Francesco Niccolini, fonderà parola e musica, che si incontrano
per restituire la complessità di un artista che non si prendeva mai troppo
sul serio, pur restando uno dei grandi innovatori della musica italiana. Di
seguito l’intervista ad Alessio Boni, che ha molto caro il Teatro Comunale
di Ferrara, e ci regala delle parole appassionate.
Lei ha interpretato Puccini anche per la tv, ed ora per il teatro. Dunque,
se dovesse descriverlo in poche parole quali userebbe?
«Eh, difficile, vista la personalità di questo artista. Ma direi goliardico,
talentuoso e drogato di vita. Era un uomo bohémien, andava a caccia,
giocava d’azzardo, amava le macchine, i suoi amici e odiava litigare. Aveva
un’aria austera. Lui era serioso, ma dal punto di vista della sua bravura
nella musica classica. Bisogna distinguere questo suo aspetto caratteriale
da quello goliardico. Era una persona seriosa che non si prendeva mai
troppo sul serio. È un ossimoro no? E poi… che tenacia! Veniva spesso
bistrattato. Ma, si sa, i veri geni vengono compresi sempre dopo. Lui aveva
un animo rock, un vero innovatore! Era considerato all’avanguardia».
Com’è nata l’idea di questo spettacolo teatrale?
«È nata l’anno scorso, in occasione del centenario della morte di Puccini,
nel 1924. Lo spettacolo è nato al Teatro del Giglio di Lucca. Per
l’occasione, si è scelto di riproporre la collaudata coppia artistica
composta da me e Alessandro Quarta, già apprezzata in Molière. Dunque,
saremo noi due sul palco, con la mia voce, i miei occhi sul leggìo e
Alessandro, al piano e al violino. Trattasi di uno scriptum semplice, ma
che messo in scena diventa esponenziale. È un vero e proprio excursus dalla
nascita alla morte di Puccini. Insieme ad Alessandro abbiamo passato dieci
giorni nel mio casale in Toscana, a provare. Era fondamentale trovare una
quadra. Si chiama Concerto a due, dobbiamo essere un tutt’uno, è
fondamentale. Io leggo, lui suona. È un equilibrio. Lui segue me, io seguo
lui».
È stato difficile mettere in scena la vasta complessità di un artista come
Puccini?
«Sì, perché io non sono neanche un dito di Puccini. Devi metterti a cento
metri indietro e lasciare vivere lui, cercando di rievocarlo. Non deve
essere un’imitazione fine a sé stessa. Le cose più importanti di questo
uomo sono le sue sconfitte, che l’hanno reso umano. Volevamo portare in
scena il vissuto di dolore, non solo il trionfo. Un animo umano ha il sole
come la luna. Il fuoco dell’attenzione è sull’uomo: l’uomo oltre il genio.
Tutti possiamo conoscere le opere… ma la vita, quella no: resta un segreto
che solo pochi sanno guardare e ammirare».
Il tessuto narrativo è costruito a due. È stato complesso trovare un
equilibrio tra parola e partitura?
«È stato facile perché ho un Alessandro Quarta vicino. Ha sensibilità
teatrale e ci eravamo già conosciuti su Molière. È stimolante. La sua
musica mi fa cambiare tono ed enfasi. La vera forza è nell’essere
sincronizzati. Siamo come Stanlio e Ollio, come Sandra e Raimondo».
Quanta importanza ha l’interpretazione personale in uno spettacolo
concertistico di questo tipo?
«È tutto. Ci sono solo luci e leggìo. L’interpretazione è la vera forza,
con la musica che mi sostiene. La lettura troppo spesso viene presa
sottogamba. Eppure, è più esigente dello spettacolo stesso: la devi
dominare, conoscere in profondità. Nella lettura, invece, sei solo. È lì
che conta la tua preparazione: devi sapere in anticipo ogni parola, sapere
dove cadono gli accenti, padroneggiare ogni pausa. Devi impararla a
memoria, perché solo così puoi restituirne la forza. Qui non c’è spazio per
la spettacolarizzazione: c’è solo la voce, nuda e potente, che regge
l’intero peso del testo».
C’è stato un momento in cui ha detto “questo è il cuore dello spettacolo”?
«Sì, quando Puccini se ne va. Quando scopre la malattia. Mi colpisce, mi
disarma. Tutti siamo fragili davanti alla morte ed è drammaticamente
emozionante. Mi strazia anche solo leggendolo. Poi lo sento dentro, io sono
del ‘66 e lui è morto a 66 anni. Lo porto dentro e mi fa pensare a tante
cose. Mi ha colpito… e quando muore sento di perderlo. Era speciale. Il suo
vero lusso era andare a caccia con gli amici e dire barzellette davanti ad
un lago. Non era da tartine ma da pane e salame! È dalle cose semplici che
esce la poesia».
Pensa che Puccini possa parlare al presente con la stessa forza emotiva di
un tempo?
«Il melodramma non è più in auge come un tempo. Credo però che abbia una
forza speciale per chi fa musica, per chi sogna di comporre. Inoltre, la
sua biografia può insegnare tanto a chiunque. Il vero insegnamento è la sua
tenacia. Ha ricevuto numerose critiche, ma la sua forza d’animo l’ha
salvato. In tutte le sue opere sono sempre le donne a emergere come vere
protagoniste. Certo, Puccini era amante delle donne, ma collocarle al
centro della scena, dar loro la voce, è un atto artistico. Le eleva a Muse,
innalzandole a simboli universali di bellezza, dolore, forza e fragilità.
In questo sta la sua grandezza: Puccini costituisce un passaggio
fondamentale tra tradizione e modernità».
Ha progetti futuri in programma?
«Sì, tra i miei prossimi impegni ci sarà un lavoro su Claudio Magris, e
subito dopo tornerò a immergermi nella mia Iliade, premiata al Festival del
Cinema di Venezia. È raro che in quel contesto venga premiato il teatro, è
stato speciale e magico. Siamo ormai al terzo anno di questo viaggio epico,
un percorso faticoso ma straordinario, che continua a darmi energia e
senso».
Intervista realizzata da Ludovica Zambelli in collaborazione con l’Ufficio
comunicazione del Teatro Comunale di Ferrara
*Ufficio stampa /// Fondazione Teatro Comunale di Ferrara*
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