(AGENPARL) - Roma, 24 Settembre 2025(AGENPARL) – Wed 24 September 2025 INDICE
Comunicato stampa
Scheda tecnica
Selezione opere per la stampa
Percorso espositivo della mostra
ESTRATTI DAL CATALOGO
Introduzione di Carl Brandon Strehlke
Beato Angelico e San Marco, dal convento al museo. Un breve inquadramento di Stefano Casciu
Gli affreschi del convento di San Marco, «opere fra le più alte uscite dalla fantasia di Fra Angelico»
di Marco Mozzo
Il maggior pittore fiorentino alla fine del tardogotico, anzi un fondatore del primo Rinascimento di
Angelo Tartuferi
APPROFONDIMENTI
Beato Angelico: uomo e artista di Ludovica Sebregondi
I restauri realizzati in occasione della mostra
La Pala di San Marco
ATTIVITÀ
Ciclo di incontri: Angelico nel tempo
Racconti di restauro
Attività a Palazzo Strozzi
Attività al Museo di San Marco
Il Maria Manetti Shrem Educational Center
Fuorimostra
Palazzo Strozzi in biblioteca
Elenco completo delle opere
disponibile online: go.palazzostrozzi.org/ba-listaopere
Beato Angelico
Firenze, Palazzo Strozzi e Museo di San Marco,
26 settembre 2025 – 25 gennaio 2026
La Fondazione Palazzo Strozzi e il Museo di San Marco a Firenze presentano Beato Angelico,
straordinaria e irripetibile mostra dedicata all’artista simbolo dell’arte del Quattrocento e uno dei
principali maestri dell’arte italiana di tutti i tempi.
L’esposizione, realizzata in collaborazione tra Fondazione Palazzo Strozzi, Ministero della Cultura Direzione regionale Musei nazionali Toscana e Museo di San Marco, mettendo in atto uno stretto dialogo
tra istituzioni culturali e territorio, costituisce uno degli eventi culturali di punta del 2025, celebrando un
padre del Rinascimento in un percorso tra le due sedi di Palazzo Strozzi e del Museo di San Marco.
La mostra affronta la produzione, lo sviluppo e l’influenza dell’arte di Beato Angelico e i suoi rapporti con
pittori come Lorenzo Monaco, Masaccio, Filippo Lippi, ma anche scultori quali Lorenzo Ghiberti,
Michelozzo e Luca della Robbia. A cura di Carl Brandon Strehlke, Curatore emerito del Philadelphia
Museum of Art, con Stefano Casciu, Direttore regionale Musei nazionali Toscana e Angelo Tartuferi, già
Direttore del Museo di San Marco, Beato Angelico rappresenta la prima grande mostra a Firenze dedicata
all’artista esattamente dopo settant’anni dalla monografica del 1955 andando a creare un dialogo unico
tra istituzioni e territorio.
Celebre per un linguaggio che, partendo dall’eredità tardogotica, utilizza i principi della nascente arte
rinascimentale, Beato Angelico (Guido di Piero, poi Fra Giovanni da Fiesole; Vicchio di Mugello, 1395
circa – Roma, 1455) ha creato dipinti famosi per la maestria nella prospettiva, nell’uso della luce e nel
rapporto tra figure e spazio. La mostra offre una occasione unica per esplorare la straordinaria visione
artistica del frate pittore in relazione a un profondo senso religioso, fondato su una meditazione del sacro
in connessione con l’umano.
L’esposizione riunisce tra le due sedi oltre 140 opere tra dipinti, disegni, miniature e sculture provenienti
da prestigiosi musei quali il Louvre di Parigi, la Gemäldegalerie di Berlino, il Metropolitan Museum of Art
di New York, la National Gallery di Washington, i Musei Vaticani, la Alte Pinakothek di Monaco, il
Rijksmuseum di Amsterdam, oltre a biblioteche e collezioni italiane e internazionali, chiese e istituzioni
territoriali.
Frutto di oltre quattro anni di preparazione, il progetto ha reso possibile un’operazione di eccezionale
valore scientifico e importanza culturale, grazie anche a un’articolata campagna di restauri e alla
possibilità di riunificare pale d’altare smembrate e disperse da più di duecento anni.
«Palazzo Strozzi torna a celebrare il Rinascimento fiorentino con la prima grande mostra dedicata a
Beato Angelico a Firenze in oltre settant’anni: un’impresa straordinaria, resa possibile grazie alla
collaborazione con il Museo di San Marco e al contributo delle più importanti istituzioni museali nazionali
e internazionali», dichiara Arturo Galansino, Direttore Generale della Fondazione Palazzo Strozzi.
«Frutto di oltre quattro anni di ricerca e progettazione, sotto la guida sapiente di Carl Brandon Strehlke
con Stefano Casciu e Angelo Tartuferi, questo progetto riafferma la centralità di Beato Angelico nella
storia dell’arte e offre nuove scoperte sulla sua storia e la sua fortuna, in dialogo con i protagonisti della
cultura figurativa del suo tempo. Con questa mostra, la Fondazione Palazzo Strozzi conferma il proprio
ruolo di promotrice di ricerca e di conoscenza. La nostra istituzione trova così la metafora perfetta del
dialogo tra tradizione e innovazione che la anima da sempre in Angelico, un artista che seppe guardare
al passato e al proprio presente, proiettando un linguaggio nuovo verso il futuro».
«La mostra rappresenta un punto di arrivo imprescindibile per gli studi e le ricerche sul Beato Angelico,
anche grazie agli importanti restauri e alle indagini scientifiche su molte delle opere esposte»,
sottolinea Stefano Casciu, Direttore regionale Musei nazionali del Ministero della Cultura. «Allo stesso
tempo è il trampolino per futuri e appassionanti nuovi sviluppi e prospettive su uno dei massimi
protagonisti dell’arte occidentale. Avere contributo, come Direzione regionale del Ministero della Cultura,
con le nostre forze scientifiche ed organizzative a un evento espositivo che resterà una pietra miliare
negli studi del Rinascimento fiorentino, è motivo di orgoglio. Ma è anche occasione per confermare la
responsabilità e l’impegno della Direzione e del Museo di San Marco nel loro ruolo istituzionale volto allo
studio del patrimonio pubblico che abbiamo in consegna, per promuovere la sua più ampia conoscenza
e valorizzazione».
Fondazione Palazzo Strozzi
Dinamico centro culturale che ha sede in un simbolo dell’architettura rinascimentale, la Fondazione
Palazzo Strozzi è un punto focale della scena artistica italiana e un polo culturale chiave nel cuore di
Firenze. Dalla sua nascita nel 2006, ha organizzato oltre 70 mostre, attirando a oggi più di tre milioni di
visitatori. Creando un vivace dialogo tra antico e contemporaneo, le esposizioni di Palazzo Strozzi
spaziano da rassegne storiche di maestri antichi, come Donatello e Verrocchio, a collaborazioni con artisti
contemporanei come Ai Weiwei, Jeff Koons, Marina Abramović, Olafur Eliasson, Anish Kapoor e Anselm
Kiefer. Questa fusione unica tra storia e presente rende Palazzo Strozzi una fucina attiva per il
contemporaneo a Firenze: un luogo dove vengono prodotti nuovi studi, ricerche e produzioni artistiche,
sempre all’insegna dell’innovazione e dell’accessibilità per il pubblico.
Museo di San Marco
Il Museo di San Marco ha sede nella parte monumentale dell’omonimo convento domenicano,
straordinario capolavoro architettonico realizzato da Michelozzo su commissione di Cosimo de’ Medici
tra il 1437 e il 1443. Al suo interno è custodita la più vasta collezione al mondo di opere del Beato Angelico
che conferiscono a San Marco un’identità unica, in cui spiritualità e arte si fondono profondamente. San
Marco è a tutti gli effetti un luogo mediceo: oltre a testimoniare il legame tra Cosimo e l’ordine
domenicano, rappresenta un punto nevralgico della Firenze del Quattrocento, crocevia di devozione
religiosa, cultura e potere politico. Fondamentale in quegli anni fu anche la figura di sant’Antonino
Pierozzi, a lungo priore del convento e poi arcivescovo di Firenze, che contribuì a fare di San Marco un
centro di riferimento per la riforma della Chiesa e per la vita intellettuale cittadina. Il percorso espositivo
comprende inoltre ulteriori opere di eccezionale valore storico e artistico, come il Cenacolo di Domenico
del Ghirlandaio, i dipinti su tavola di Paolo Uccello, Fra Bartolomeo, Giovanni Antonio Sogliani e della
Scuola di San Marco, insieme ad alcune preziose terrecotte dei Della Robbia e alla collezione del
lapidario della Firenze antica.
Beato Angelico è promossa e organizzata da Fondazione Palazzo Strozzi, Ministero della Cultura Direzione regionale Musei nazionali Toscana e Museo di San Marco. Sostenitori pubblici Fondazione
Palazzo Strozzi: Comune di Firenze, Regione Toscana, Città Metropolitana di Firenze, Camera di
Commercio di Firenze. Sostenitori privati Fondazione Palazzo Strozzi: Fondazione CR Firenze,
Fondazione Hillary Merkus Recordati, Comitato dei Partner di Palazzo Strozzi. Main Partner: Intesa
Sanpaolo.
SCHEDA TECNICA
Titolo
Beato Angelico
Firenze, Palazzo Strozzi e Museo di San Marco
Periodo
26 settembre 2025 – 25 gennaio 2026
A cura di
Carl Brandon Strehlke
con Stefano Casciu e Angelo Tartuferi
Promossa e organizzata da
Fondazione Palazzo Strozzi, Ministero della Cultura Direzione regionale Musei nazionali Toscana – Museo di
San Marco
Sostenitori pubblici
Fondazione Palazzo Strozzi:
Comune di Firenze, Regione Toscana, Città Metropolitana
di Firenze, Camera di Commercio di Firenze
Sostenitori privati
Fondazione Palazzo Strozzi:
Fondazione CR Firenze, Fondazione Hillary Merkus
Recordati, Comitato dei Partner di Palazzo Strozzi
Main Partner:
Intesa Sanpaolo
Con il supporto di:
Maria Manetti Shrem, The Jay Pritzker Fund, Gruppo Beyfin
S.p.A., AON, Officina Profumo-Farmaceutica di Santa Maria
Novella
Sponsor:
Unicoop Firenze
Partner tecnici:
Gruppo FS, Rinascente, Toscana Aeroporti, Autolinee
Toscane
Contatti
Fondazione Palazzo Strozzi
Direzione regionale Musei nazionali Toscana – Ministero della Cultura Museo di San Marco
Info e prenotazioni
SELEZIONE IMMAGINI PER LA STAMPA
Opere esposte a Palazzo Strozzi
Lorenzo Monaco (Piero di Giovanni, Don
Lorenzo; Siena, 1370 circa – Firenze, 1424)
Beato Angelico (Guido di Piero; Fra Giovanni da
Fiesole; Vicchio di Mugello, 1395 circa – Roma,
1455)
Pala Strozzi
1421-1424 circa; 1430-1432 circa
Tempera e oro su tavola
cm 277 × 283 (totale)
Firenze, Museo di San Marco, inv. 1890, n. 8509
Photo credits: Su concessione del Ministero
della Cultura – Direzione regionale Musei
nazionali Toscana – Museo di San Marco
Beato Angelico
Giudizio universale
1425-1428 circa
Tempera e oro su tavola
cm 109 × 212,5
Firenze, Museo di San Marco, inv. 1890 n. 8505
Photo credits: Su concessione del Ministero
della Cultura – Direzione regionale Musei
nazionali Toscana – Museo di San Marco
Beato Angelico
Giudizio universale (dettaglio)
1425-1428 circa
Tempera e oro su tavola
cm 109 × 212,5
Firenze, Museo di San Marco, inv. 1890 n. 8505
Photo credits: Su concessione del Ministero
della Cultura – Direzione regionale Musei
nazionali Toscana – Museo di San Marco
Beato Angelico
Pala della compagnia di San Francesco in Santa
Croce (Trittico francescano)
San Girolamo e san Giovanni Battista, con
l’angelo annunciante; Madonna col Bambino in
trono, con la Trinità; San Francesco d’Assisi e
sant’Onofrio, con la Vergine annunciata
1428-1429
Tempera, oro e argento su tavola
Madonna cm 188,7 × 81,8 × 3,5 (9)
San Francesco / Onofrio cm 170,4 × 76,5 × 3,5
San Girolamo / Giovanni Battista cm 170 × 76,7
× 3,5 (9,3)
Firenze, Museo di San Marco, inv. 1890, n. 8496
(centrale)
Photo credits: Su concessione del Ministero
della Cultura – Opificio delle Pietre Dure
Beato Angelico
Trittico francescano: Madonna col Bambino, con
la Trinità (scomparto centrale)
1428-1429
Tempera e oro su tavola
Madonna cm 188,7 × 81,8 × 3,5 (9)
Firenze, Museo di San Marco, inv. 1890, n. 8496
Photo credits: Su concessione del Ministero
della Cultura – Opificio delle Pietre Dure
Beato Angelico
Trittico francescano: predella
Prova del fuoco di san Francesco d’Assisi
davanti al sultano
1428-1429
Tempera e oro su tavola
cm 27,7 × 31,4
Altenburg, Lindenau-Museum Altenburg, inv. 91
Photo credits: © Lindenau-Museum
Altenburg, photo: Punctum/Bertram Kober
Beato Angelico
Trittico francescano: predella
Incontro tra i santi Domenico e Francesco
d’Assisi
1428-1429
Tempera e oro su tavola
cm 27,7 × 32,6
Berlino, Staatliche Museen zu Berlin,
Gemäldegalerie, inv. 61
Photo credits: Gemäldegalerie, Staatliche
Museen zu Berlin / Christoph Schmidt; Public
Domain Mark 1.0
Beato Angelico
Tabernacolo-reliquiario di Santa Maria Novella:
Funerali e Assunzione della Vergine
Primi anni Trenta del XV secolo
Tempera e oro su tavola
cm 61,8 × 38,3
Boston, Isabella Stewart Gardner Museum, inv.
P15w34
Photo credits: Isabella Stewart Gardner
Museum, Boston
Beato Angelico
Pala di San Marco
Tavola principale: Madonna col Bambino in
trono con otto angeli e i santi Lorenzo, Giovanni
Evangelista, Marco, Domenico, Francesco,
Pietro Martire, Cosma e Damiano e la
Crocifissione tra la Vergine e san Giovanni
Evangelista dolenti
1438-1442
Tempera e oro su tavola
cm 228 × 235
Firenze, Museo di San Marco, inv. 1890, n. 8506
Photo credits: Su concessione del Ministero
della Cultura – Opificio delle Pietre Dure
Beato Angelico
Pala di San Marco: predella
I santi Cosma e Damiano e i loro fratelli
vanamente condannati al rogo
Tempera e oro su tavola
cm 37,8 × 46,4
Dublino, National Gallery of Ireland, inv. NGI.242
Photo credits: Photo National Gallery of
Ireland. Licensed under CC BY 4.0
International
Beato Angelico
Pala di San Marco: predella
Deposizione di Cristo nel sepolcro
Tempera e oro su tavola
cm 37,9 × 46,6
Monaco, Bayerische
Staatsgemäldesammlungen München –
Wittelsbacher Ausgleichsfonds, WAF 38a
Photo credits: Photo Bayerische
Staatsgemäldesammlungen München
Beato Angelico
Pala di San Marco: predella
Guarigione del diacono Giustiniano (Miracolo
della gamba nera)
Tempera e oro su tavola
cm 37 × 45
Firenze, Museo di San Marco, inv. 1890, n. 8495
Photo credits: Su concessione del Ministero
della Cultura – Direzione regionale Musei
nazionali Toscana – Museo di San Marco
Beato Angelico
Pala di San Marco: pilastro di sinistra
Santo pellegrino (San Rocco?)
Tempera e oro su tavola
cm 38,9 × 13,8
Altenburg, Lindenau-Museum Altenburg, inv.
Photo credits: © Lindenau-Museum
Altenburg, photo: Punctum/Bertram Kober.
Beato Angelico
Figura sagomata di san Francesco d’Assisi
(dalla Crocifissione sagomata tra i santi Nicola di
Bari e Francesco d’Assisi di San Niccolò del
Ceppo)
1427-1430 circa
Tempera e oro su tavola,
cm 70,5 × 48,9
Filadelfia, Philadelphia Museum of Art, John G.
Johnson Collection, inv. 1917, cat. 14
Photo credits: Courtesy of the Philadelphia
Museum of Art
Pesellino (Francesco di Stefano; Firenze, 1422
circa – 1457)
Crocifissione sagomata con i santi Girolamo,
Maria Maddalena e Francesco d’Assisi
1450 circa
Tempera e oro su tavola
cm 333 × 227,5
Firenze, chiesa dei Santi Michele e Gaetano,
cappella Antinori
Photo credits: © Leo Bastreghi
Beato Angelico
Madonna dell’Umiltà e cinque angeli
1425 circa
Tempera e oro su tavola
cm 98,6 × 49,2
Barcellona, Museu Nacional d’Art de Catalunya,
inv. 7 (1986.10) (prestito a lungo termine dalla
Collezione Thyssen-Bornemisza, Madrid)
Photo credits: © Museo Nacional ThyssenBornemisza, Madrid
Beato Angelico
Cristo come Re dei Re
1447-1450
Tempera e oro su tavola
cm 55 × 39
Livorno, cattedrale di San Francesco, inv. n.
Photo credits: Bridgeman Images
Beato Angelico e bottega
Annunciazione di Montecarlo
Annunciazione e Cacciata dal Paradiso
terrestre; Isaia (pennacchio); Sposalizio della
Vergine, Visitazione, Adorazione dei Magi,
Presentazione di Gesù al tempio, Funerali della
Vergine (predella)
1432-1435
Tempera e oro su tavola: cm 195 × 158 (tavola
principale); cm 16 × 30 (ciascuno degli
scomparti della predella)
San Giovanni Valdarno, Museo della Basilica di
Santa Maria delle Grazie
Photo credits: Foto Scala, Firenze
Beato Angelico
Trittico di Cortona
San Matteo e san Giovanni Battista, con l’angelo
annunciante; Madonna col Bambino in trono e
quattro angeli, con la Crocifissione;
San Giovanni Evangelista e santa Maria
Maddalena, con la Vergine annunciata;
Storie di san Domenico (predella)
1437 circa
Tempera e oro su tavola, cm 187 × 240 (esclusa
la predella), cm 34,5 × 245,5 (predella)
Cortona, Museo Diocesano del Capitolo
Photo credits: Foto Scala, Firenze
Beato Angelico
Pala di Perugia
Tavola principale: San Domenico e san Nicola di
Bari; Madonna col Bambino in trono e quattro
angeli; San Giovanni Battista e santa Caterina
d’Alessandria
1437-1443 circa
Tempera e oro su tavola; cm 102 × 75,1
(pannello sinistro), cm 126,3 × 78,5 (pennello
centrale), cm 101,8 × 76 (pannello destro)
Perugia, Galleria Nazionale dell’Umbria, invv.
92, 91, 93
Photo credits: Su concessione del Ministero
della Cultura – Musei Nazionali di Perugia Direzione regionale Musei nazionali Umbri Galleria Nazionale dell’Umbria, Perugia / Foto
Tecnireco
Beato Angelico
Pala di Bosco ai Frati
Tavola principale: Madonna col Bambino in
trono, e i santi Antonio di Padova, Ludovico di
Tolosa, Francesco d’Assisi, Cosma, Damian e
Pietro Martire
Predella: Santi Domenico, Bernardino da Siena
e Pietro; Cristo in pietà; Santi Paolo, Girolamo e
Benedetto
1450-1452
Tempera su tavola
cm 174 × 174(tavola principale); cm 26 × 174
(predella)
Firenze, Museo di San Marco, inv. 1890, nn.
8503, 8507
Photo credits: Su concessione del Ministero
della Cultura – Direzione regionale Musei
nazionali Toscana – Museo di San Marco
Opere al Museo di San Marco
Beato Angelico
Crocifissione
1418-1420 circa
Tempera e oro su tavola, cm 63,8 × 48,3
New York, The Metropolitan Museum of Art,
Maitland F. Griggs Collection, Lascito di
Photo credits: The Metropolitan Museum of
Art, New York
Beato Angelico e
Lorenzo di Credi (Firenze, 1456/1460 -1537)
Pala di Fiesole
1420-1423; 1501
Tavola principale: Madonna col Bambino in
trono con otto angeli e i santi Tommaso
d’Aquino, Barnaba, Domenico e Pietro Martire
Tempera e oro su tavola
cm 212 × 234,5
Fiesole, chiesa di San Domenico
Photo credits: © Foto Giusti Claudio, Firenze
Beato Angelico
Madonna col Bambino in trono e dodici angeli
1422-1423 circa
Tempera e oro su tavola
cm 37,5 × 29,7
Francoforte sul Meno, Städel Museum, inv. n.
Photo credits: Städel Museum, Frankfurt
Beato Angelico
Pala di San Pietro Martire
Madonna col Bambino in trono tra i santi
Domenico e Giovanni Battista, Pietro da Verona
e Tommaso d’Aquino; nei quadrilobi delle
cuspidi Angelo annunciante, Dio che invia lo
Spirito Santo alla Vergine, Vergine
annunciata; nei triangoli superiori Predica di san
Pietro Martire, Martirio di san
Martire
1422-1423 circa
Tempera e oro su tavola; cm 152 × 172
Firenze, Museo di San Marco; inv. 1890, n. 8769
Photo credits: Su concessione del Ministero
della Cultura – Direzione regionale Musei
nazionali Toscana – Museo di San Marco
Beato Angelico
Crocifissione con la Vergine, Maria Maddalena e
Giovanni Evangelista
Tempera e oro su tavola
cm 59,7 × 34,2
cm 63,8 × 38,1 con cornice
Oxford, The Ashmolean Museum, University of
Oxford, inv. WA2024.83
Acquistato con l’aiuto di Lord Lupton CBE, The
National Heritage Memorial Fund, David e Molly
Lowell Borthwick, Art Fund, con un contributo
della Wolfson Foundation, The Headley Trust, la
famiglia Emmett Barrie e Deedee Wigmore,
John Booth CVO, Dott. Anthea Hume, Patrons
of the Ashmolean Museum, Lord e Lady
Sassoon, Ian e Caroline Laing, un dono in
memoria di David Boyle, Mrs Rosamond Brown,
Henry Oldfield Trust, James and Shirley
Sherwood Foundation, Christian Levett, Chris
Rokos, molti altri generosi donatori alla
campagna e quelli che vogliono essere anonimi,
2024.
Photo credits: © Ashmolean
Museum, University of Oxford
Beato Angelico e collaboratori
Antifonario
1440-1442 circa
Membranaceo
mm 515 × 375
ff. I, 260, I’
Nove iniziali figurate, numerose
iniziali filigranate
Firenze, Biblioteca Medicea
Laurenziana, Corale 43,
inv. 208164Firenze, Biblioteca Medicea
Laurenziana
Photo credits: Su concessione del Ministero
della Cultura – Biblioteca Medicea
Laurenziana.
Beato Angelico
Annunciazione
1443 circa
affresco
Firenze, Museo di San Marco, dormitorio,
corridoio nord
Photo credits: Su concessione del Ministero
della Cultura – Direzione regionale Musei
nazionali Toscana – Museo di San Marco
Beato Angelico
Cristo deriso, la Vergine e san Domenico
1438-1439 circa
affresco
Firenze, Museo di San Marco, dormitorio,
corridoio est, cella 7
Photo credits: Su concessione del Ministero
della Cultura – Direzione regionale Musei
nazionali Toscana – Museo di San Marco
Beato Angelico
Trasfigurazione
1438-1439 circa
affresco
Firenze, Museo di San Marco, dormitorio,
corridoio est, cella 6
Photo credits: Su concessione del Ministero
della Cultura – Direzione regionale Musei
nazionali Toscana – Museo di San Marco
IL PERCORSO IN MOSTRA
La mostra Beato Angelico si sviluppa attraverso le due sedi di Palazzo Strozzi e del Museo di San Marco
con un totale di oltre 140 opere tra dipinti, disegni, miniature e sculture provenienti dai più importanti
musei e collezioni italiane e straniere.
A Palazzo Strozzi il percorso si snoda attraverso otto sezioni, cronologiche ma anche tematiche, che
ripercorrono la produzione dell’artista. Al Museo di San Marco il percorso si sviluppa nella grande sala al
pianterreno che porta il nome dell’artista, dove sono presentati i suoi esordi, e nella Biblioteca, con due
sezioni dedicate ad Angelico miniatore e ai codici umanistici un tempo qui custoditi. Un dialogo diretto si
intreccia naturalmente con gli affreschi che improntano gli spazi del convento.
PERCORSO A PALAZZO STROZZI
Sala 1: Santa Trinita
Nel primo Quattrocento la chiesa vallombrosana di Santa Trinita divenne un centro di riferimento per il
mecenatismo privato a Firenze. Famiglie come i Bartolini Salimbeni, gli Strozzi e gli Ardinghelli
promossero un ampio rinnovamento architettonico e decorativo che coinvolse il complesso, rendendolo
un laboratorio per la sperimentazione artistica.
Intorno al 1420 la cappella Bartolini Salimbeni fu trasformata in un ciclo unitario dedicato alla Vergine.
Lorenzo Monaco vi eseguì gli unici affreschi noti della sua produzione e la pala d’altare raffigurante
l’Annunciazione, capolavoro della maturità.
Poco dopo, Palla Strozzi avviò un programma decorativo che trasformò la sagrestia in cappella funeraria
della famiglia con due altari. Commissionò l’Adorazione dei Magi a Gentile da Fabriano e affidò ad
Angelico la pala con la Deposizione iniziata da Lorenzo Monaco.
Nel contesto del rinnovamento della chiesa si inserisce anche l’esecuzione del polittico della cappella
Ardinghelli di Giovanni Toscani al tempo di un matrimonio con gli Strozzi.
Santa Trinita rappresenta un raro esempio di committenza articolata, in cui culto, memoria dinastica e
linguaggi artistici si intrecciano.
Le opere esposte testimoniano la convivenza tra il gusto narrativo del gotico internazionale e le prime
aperture alla nuova arte rinascimentale.
Sala 2: Il nuovo linguaggio
Il linguaggio figurativo si rinnova profondamente nella Firenze del primo Quattrocento. Una nuova
sensibilità tra devozione e rappresentazione prende forma e significato nei luoghi legati alla vita religiosa
e assistenziale della città.
In questo quadro si inseriscono le commissioni del convento domenicano di Santa Maria Novella, del
monastero camaldolese di Santa Maria degli Angeli, della confraternita di San Francesco presso Santa
Croce e dell’ospedale di Santa Maria Nuova. Questi contesti generano opere che coniugano tradizione
e innovazione, rivolgendosi a una comunità composta da frati, monaci, suore, confratelli e laici.
Angelico è una figura chiave di questa stagione. Nei suoi dipinti, insieme a quelli dei collaboratori, l’eredità
della tradizione si unisce alle novità rinascimentali: l’oro e i colori brillanti si fondono con una nuova
attenzione allo spazio, ispirata all’esperienza di Masaccio ma declinata in modo più misurato. Ne deriva
un linguaggio limpido e costruito con cura.
Le opere esposte mostrano come questo linguaggio si sia sviluppato nei diversi ambiti cittadini,
contribuendo a ridefinire le forme della pittura religiosa nel primo Rinascimento fiorentino.
Sala 3: San Marco
La sala è dedicata al rinnovamento del convento di San Marco a Firenze, voluto da Cosimo de’ Medici,
che ne aveva promosso l’affidamento ai domenicani osservanti di Fiesole e ne sostenne la
trasformazione in uno dei principali centri spirituali e culturali della città. Il complesso divenne il fulcro
dell’attività artistica di Angelico.
La pala, eseguita tra il 1438 e il 1442 commissionata da Cosimo e suo fratello Lorenzo per l’altare
maggiore della chiesa, rimossa e smembrata già nel 1678-1679, è qui eccezionalmente ricomposta con
17 delle 18 parti oggi note: il pannello centrale, le scene della predella con episodi della leggenda dei
santi protettori medicei Cosma e Damiano e i pilastri laterali con figure di santi. L’assetto originario è
illustrato nel pannello con la ricostruzione, basato sull’analisi dei supporti lignei e su recenti indagini
radiografiche.
Qui Angelico realizza la prima vera pala rinascimentale, che univa la monumentalità del nuovo formato
quadrato alla chiarezza narrativa della predella. Le figure si dispongono in uno spazio concepito come
una vera architettura, pensato in relazione alla funzione liturgica dell’opera.
Nella sala è inoltre esposta la Pala di Annalena, eseguita su committenza medicea, anche se ancora si
discute sulla collocazione originaria.
Sala 4: La Crocifissione Sagomata
Fra Tre e Quattrocento le croci e le Crocifissioni sagomate dipinte ebbero un ruolo significativo nella
devozione dell’Italia centrale. Destinate a chiese, monasteri e confraternite, univano pittura e scultura in
un’immagine sagomata e plastica che simulava una presenza reale sull’altare, amplificando l’impatto
visivo e favorendo la partecipazione del fedele.
Capostipite del gruppo di opere qui esposte è la Crocifissione di Lorenzo Monaco, oggi in San Giovannino
dei Cavalieri, in cui la raffinatezza cromatica e la cura formale si fondono a un’intensa umanità, ponendo
un modello destinato a influenzare a lungo. La tipologia, con figure aggiunte ai lati di Cristo trovò
particolare fortuna nelle confraternite di fanciulli, come San Niccolò “del Ceppo” e Sant’Antonio di Padova,
che univano formazione religiosa, pratiche devozionali e attività educative.
La Crocifissione del Ceppo traduce la lezione di Angelico in un’immagine di forte valenza spirituale,
divenuta punto di riferimento per opere successive. La Crocifissione di Pesellino rielabora il modello
accentuandone l’intensità espressiva, segno della capacità di questo linguaggio di rinnovarsi e
mantenere intatta la propria forza nel tempo.
Sala 5: Volti santi
Nelle tavole realizzate per corporazioni, ospedali, spazi conventuali e ambienti domestici, Angelico e i
suoi seguaci svilupparono due filoni iconografici distinti ma complementari: la Madonna dell’Umiltà e
l’immagine isolata di Cristo.
Nelle prime, la Vergine è raffigurata seduta in terra, in contrasto con i troni maestosi delle pale d’altare.
Diffusa già nel Trecento, questa iconografia traduceva in immagini accessibili il tema dell’umiltà mariana,
caro all’ordine domenicano. Elementi come l’hortus conclusus, il giardino recintato simbolo della purezza
della Madonna, gli angeli reggicortina, drappi preziosi e iscrizioni bibliche fondono il linguaggio teologico
con motivi di splendore cortese, esaltando insieme umiltà e regalità.
Angelico introdusse la visione di Cristo sofferente come Re dell’Apocalisse, ispirata a icone di culto
romane e a modelli fiamminghi. Il volto frontale, coronato di spine e reso con minuzia naturalistica, ha un
impatto diretto, amplificato dalle iscrizioni tratte dai Vangeli e dall’Apocalisse. Repliche e adattamenti
eseguiti da collaboratori come Benozzo Gozzoli e Benedetto Bonfigli diffusero queste immagini in formati
ridotti, adatti alla contemplazione privata o collocati in tabernacoli domestici e celle conventuali.
L’immediatezza di queste immagini rendeva queste opere strumenti di meditazione e preghiera, capaci
di suscitare una partecipazione intensa e personale.
Sala 6: Le grandi committenze
Il prestigio delle famiglie si afferma nel Quattrocento anche attraverso la commissione di pale d’altare, in
cui devozione e rappresentanza si intrecciano. L’Annunciazione è uno dei temi più celebri di Angelico,
declinato in tavole, come quella oggi a San Giovanni Valdarno esposta in questa sala, oltre che negli
affreschi di San Marco e, spesso, nelle sezioni superiori dei polittici. Nella sala sono presenti anche opere
di Giovanni di Paolo, Bernardo Rossellino e Filippo Lippi, che testimoniano alcune delle molteplici
interpretazioni date nel Rinascimento al soggetto dell’Annunciazione.
A Cortona, il mercante Giovanni di Tommaso di ser Cecco, tra i promotori della nuova chiesa di San
Domenico, ottiene nel 1432 il patronato su una cappella e affida ad Angelico un trittico con la Vergine col
Bambino e i santi protettori della famiglia. Il formato, di tradizione tardogotica, è studiato per armonizzarsi
a Perugia, simile a quello della Pala di Fiesole (prima della trasformazione di Lorenzo di Credi del 1501,
presentata a San Marco) e al Trittico francescano (esposto qui a Strozzi nella Sala 3).
Sala 7: Roma
Tra il 1445 e il 1455 Angelico alternò lunghi soggiorni a Roma a periodi a Firenze, vivendo tra gli anni più
fruttuosi della sua carriera. Chiamato da Eugenio IV, che aveva ammirato a Firenze gli affreschi di San
Marco, nel 1446 decorò la cappella del Sacramento in Vaticano, oggi perduta ma nota forse grazie a
disegni su pergamena purpurea e a opere ispirate a quel ciclo, come il trittico del Giudizio universale,
entrambi esposti in questa sala.
Dopo un intervallo come priore a Fiesole (1450-1452), Angelico tornò a Roma, dove per Niccolò V
affrescò la cappella Niccolina (1448), dedicata ai protomartiri Stefano e Lorenzo: un manifesto
dell’umanesimo cristiano, in cui architetture ispirate all’antica Roma e alla “nuova Roma” fiorentina
incorniciano episodi di carità e martirio.
In quegli anni Angelico lavorò anche per il cardinale Juan de Torquemada, insigne teologo domenicano,
autore di un vasto programma iconografico a Santa Maria sopra Minerva, per il quale Angelico dipinse
due tavole con la Crocifissione, qui esposte, oltre a una pala di cui sono presentate nella sala due predelle
con storie di Cristo.
Alla morte, il 18 febbraio 1455, Angelico fu sepolto alla Minerva, celebrato come “secondo Apelle” e
“gloria dei pittori”, appellativi che ne sancirono la fama eterna.
Sala 8: I Medici
Per Cosimo de’ Medici Angelico realizzò opere fondamentali per la sfera privata e pubblica della famiglia.
Alla morte del committente, il legame con l’artista fu raccolto dal figlio Piero “il Gottoso”, che intorno al
1450 gli affidò la decorazione dell’Armadio degli Argenti alla Santissima Annunziata: trentacinque tavole
con scene della vita di Cristo, destinate a custodire preziosi ex voto, in cui la minuzia narrativa si unisce
alla monumentalità delle prove romane, arricchita da riferimenti fiamminghi e classici cari al gusto di
Piero.
Alla stessa fase appartiene la Pala di Bosco ai Frati, per il convento francescano in Mugello, terra
d’origine della dinastia, in cui i santi Cosma e Damiano alludono ai patroni medicei; la presenza di san
Bernardino nella predella la colloca dopo il 1450, anno della sua canonizzazione. Le opere qui riunite
documentano il ruolo della committenza medicea negli ultimi anni di attività di Angelico. Completano il
percorso i ritratti marmorei di Piero e del padre, emblema della celebrazione dinastica promossa dalla
famiglia.
Zoom su Angelico
All’interno del percorso espositivo a Palazzo Strozzi, una sala speciale ospita un grande schermo che
raccoglie le immagini condivise sui social network dai visitatori con l’hashtag #ZoomSuAngelico. Il social
wall trasforma la mostra in un racconto corale di sguardi e dettagli, creando un dialogo partecipativo tra
i pubblici e i capolavori di Angelico.
Il progetto Zoom su Angelico è sviluppato dalla Fondazione Palazzo Strozzi e dalla Fondazione CR
Firenze.
PERCORSO AL MUSEO DI SAN MARCO
Gli esordi
La sala, che abitualmente accoglie alcune delle opere attualmente esposte a Palazzo Strozzi, è dedicata
agli esordi di Angelico e al contesto artistico in cui si formò. Si apre con la Pala di Fiesole, dipinta in forma
di trittico intorno al 1420-1423, al suo ingresso come frate domenicano nel convento
di San Domenico. L’opera testimonia l’eccezionale livello raggiunto dal pittore poco più che
venticinquenne. Un pannello illustra un proposta di ricostruzione del complesso, trasformato in pala
quadra rinascimentale da Lorenzo di Credi nel 1501, con i dipinti dei pilastri e della predella oggi dispersi
in vari musei.
Sulla parete lunga di fronte all’ingresso è esposta una selezione di opere attribuite agli inizi di Angelico,
ordinate cronologicamente: dalla Tebaide, databile al 1415-1420, alla tavola di predella con
l’Imposizione del nome al Battista, eseguita intorno al 1428-1430. La sequenza mostra l’evoluzione
dell’artista, che da massimo esponente del tardogotico fiorentino giunge ad affiancare Masaccio nel ruolo
di fondatore della pittura rinascimentale, come evidenzia il confronto in fondo alla sala tra la Pala di San
Pietro Martire e il Trittico di San Giovenale di Masaccio.
Sull’altra parete lunga è esposta una serie di opere di artisti che dialogarono con Angelico: da Starnina
al Maestro della Madonna Straus, da Lorenzo Ghiberti a Lorenzo Monaco e Masolino da Panicale.
In fondo alla sala si erge l’imponente Tabernacolo dei Linaioli, eseguito da Lorenzo Ghiberti e Angelico
tra il 1432 e il 1436.
Tabernacolo dei Linaioli
Negli anni Venti del Quattrocento Angelico diede una svolta decisiva alla propria evoluzione culturale e
stilistica, prendendo come principale riferimento l’arte di Lorenzo Ghiberti e, al tempo stesso,
confrontandosi in modo originale e di altissimo livello con il rinnovamento della pittura promosso da
Masaccio. Nel 1433 ricevette la commissione per il Tabernacolo dei Linaioli (per l’Arte dei mercanti di
lino), la cui cornice marmorea era stata disegnata da Ghiberti.
Chiostro di Sant’Antonino
Nel chiostro l’affresco San Domenico in adorazione del Crocifisso capolavoro di Beato Angelico, raffigura
l’abbraccio del santo alla croce, il dolore del volto e l’abbandono tristemente estatico degli occhi
simboleggiano l’amore e il dialogo continuo con Gesù che san Domenico professava come motivo
conduttore della vita domenicana.
Il luogo dove si trova l’affresco fu donato nel 1628 dal priore di San Marco, Fra Girolamo Soderini, alla
famiglia Fabbroni che vi stabilì il proprio sepolcreto. In questa occasione furono aggiunte l’incorniciatura
marmorea attualmente visibile, intervento che ridusse purtroppo la superficie originaria dell’affresco di
Angelico, e una lapide a suggello del monumento funebre della famiglia. Il pittore Cecco Bravo completò
la decorazione realizzando ai lati le figure di Maria e san Giovanni dolenti e alcuni angeli reggifestone.
Sala del Capitolo
L’affresco della sala con la Crocifissione con i santi è il più grandioso, sia per dimensioni che per
concezione, che Angelico ha lasciato a San Marco.
Nella scena, oltre ai consueti astanti, è inserita una moltitudine di personaggi: i santi patroni della famiglia
Medici, della città e del convento; il fondatore dell’Ordine domenicano, i Padri della Chiesa e i fondatori
degli altri principali Ordini monastici. La raffigurazione è dominata dai tre crocifissi con Gesù al centro e
i due ladroni ai lati. In origine le figure si stagliavano contro un cielo blu con uno straordinario effetto di
profondità che oggi, caduta quasi completamente l’azzurrite originale, possiamo solo immaginare.
Sotto la Crocifissione, in una serie di medaglioni, sono effigiati i rappresentanti illustri della famiglia
domenicana, come frutti di un tralcio di vite retto al centro da san Domenico.
Il Dormitorio e le celle
Il primo piano accoglie il dormitorio, con 44 celle dislocate lungo tre corridoi: erano le stanze dei frati,
destinate al riposo e alla preghiera individuale. Fu edificato da Michelozzo di Bartolomeo tra il 1437 e il
1443 mentre Angelico, coadiuvato da collaboratori, realizzò gli affreschi delle celle e delle pareti esterne,
ovvero l’Annunciazione, San Domenico in adorazione del Crocifisso e la Madonna delle ombre. Le celle
del Corridoio est (o ˝Corridoio dei chierici˝), riservato ai frati più anziani, furono affrescate con Storie di
Cristo, immagini dal profondo significato spirituale e simbolico.
Segue il Corridoio sud (o ˝Corridoio dei novizi˝) riservato ai frati giovani: nelle celle gli affreschi presentano
variazioni sul tema, caro ai domenicani, del Crocifisso con san Domenico in preghiera.
Tornando verso l’ingresso, si apre sulla sinistra il Corridoio nord (o ˝Corridoio dei laici˝). Le celle sono
decorate con storie tratte dai Vangeli ma dalla vena più narrativa. La prima cella fu forse quella di
sant’Antonino Pierozzi (1389-1459) al tempo del suo priorato.
Proseguendo oltre la Biblioteca, si arriva alla doppia cella di Cosimo de’ Medici (1389-1464), promotore
della ristrutturazione del convento, che qui risiedeva nei suoi momenti di ritiro spirituale. In essa soggiornò
anche papa Eugenio IV, quando presiedette nel 1443 alla consacrazione della chiesa di San Marco.
La Biblioteca
Tra il 1441 e il 1444, al termine dei lavori per il nuovo convento di San Marco e grazie ancora alla
munificenza di Cosimo de’ Medici, Michelozzo di Bartolomeo (Firenze 1396-1472) realizzò quella che
può essere considerata la prima biblioteca pubblica moderna.
Nel 1808, con l’occupazione francese, il patrimonio librario iniziò a disperdersi; nel 1867, con le
soppressioni del Regno d’Italia, i volumi rimasti furono divisi tra la Biblioteca Medicea Laurenziana e la
Biblioteca Nazionale.
In occasione della mostra Beato Angelico, la biblioteca ospita due sezioni: una dedicata ad Angelico
miniatore, l’altra ad Angelico e la biblioteca di San Marco, con numerosi codici nuovamente esposti nella
loro sede originaria.
Cuore della biblioteca di San Marco era la raccolta di Niccolò Niccoli, umanista fiorentino che lasciò i suoi
manoscritti a Cosimo de’ Medici e a un gruppo di amici perché fossero accessibili a studiosi scelti.
Comprendeva testi sacri e profani in latino e greco, ma anche opere in ebraico e arabo, spaziando dagli
autori classici a trattati teologici e patristici. Molti volumi ebbero un ruolo centrale nei dibattiti culturali e
religiosi del tempo, come i testi greci usati al Concilio di Ferrara-Firenze per sostenere l’unione delle
Chiese o la Legenda aurea che ispirò episodi dipinti da Angelico. Altri, come la Naturalis historia di Plinio,
univano sapere enciclopedico e splendida miniatura.
Questi codici, oggi nuovamente esposti a San Marco, testimoniano l’ampiezza degli interessi di Niccoli e
l’impatto della sua biblioteca sulla cultura umanistica e sull’immaginario artistico di Angelico.
Angelico miniatore
Parallelamente alla pittura, Angelico si dedicò alla miniatura con esiti di straordinaria importanza. La sua
arte si fonda su illustri precedenti: la tradizione camaldolese fiorentina di Santa Maria degli Angeli, portata
a vertici di fastosità da Lorenzo Monaco, e da altre botteghe cittadine, come quella di Mariotto di Nardo,
dai quali Angelico trasse motivi ornamentali, impianto della pagina e sobrietà compositiva,
reinterpretandoli in chiave personale.
Il più antico codice miniato noto di Angelico è il Graduale 558 di San Domenico a Fiesole, eseguito nei
primi anni Venti del Quattrocento, che segnò una svolta nella miniatura fiorentina, introducendo una
nuova naturalezza narrativa, intensita espressiva e spazialita luminosa. Vi si intrecciano la delicatezza di
Masolino e l’eleganza di Ghiberti.
Altre opere straordinarie comprendono il Messale 533, i Salteri di San Marco e l’Antifonario 43.
Innovatore, Angelico sperimentò costantemente forma, colore e luce, ideando e supervisionando
personalmente i programmi illustrativi, pur avvalendosi di collaboratori secondo l’uso dell’epoca. Questa
attività, in costante scambio con la pittura, contribuì a formare allievi e miniatori come Benozzo Gozzoli,
Domenico di Michelino e Zanobi Strozzi, segnando a lungo la miniatura fiorentina.
ESTRATTI DAL CATALOGO
Introduzione
Carl Brandon Strehlke
Estratto dal catalogo della mostra edito da Marsilio Arte
Guido di Piero, nato verso la fine del XIV secolo, durante la giovinezza fu testimone delle grandi
trasformazioni avvenute a Firenze nell’architettura, nella scultura e nella pittura e del fervore religioso
che, nel 1417, accompagnò la fine dello scisma d’Occidente. Poco più tardi, nei giorni in cui Martino V, il
nuovo papa della Chiesa unificata, risiedeva nel convento domenicano fiorentino di Santa Maria Novella,
Guido di Piero si unì al movimento osservante dell’ordine domenicano a Fiesole, prendendo il nome di
Fra Giovanni. Conosciuto dopo la morte come Beato Angelico, il pittore dovette confrontarsi sul piano
artistico con il grande Masaccio, scomparso prematuramente, del quale va considerato uno spirito
artistico complementare. Angelico era inoltre in costante dialogo con gli altri grandi suoi contemporanei,
Filippo Brunelleschi, Lorenzo Ghiberti, Donatello, Luca della Robbia e Filippo Lippi, l’altro frate artista,
più giovane (ma dell’ordine carmelitano). Angelico avviò a Fiesole una prolifica bottega che produceva
pale d’altare non solo per la chiesa del suo convento ma anche per altre dell’ordine e per molti committenti
esterni, sia laici sia religiosi. Il fervore per le opere di Beato Angelico nell’Ottocento era tale che, durante
le soppressioni napoleoniche, molte delle sue pale d’altare furono smontate e disperse. Questa mostra
riunisce numerose parti superstiti di quelle commissionate da Palla Strozzi per Santa Trinita, da Cosimo
e Lorenzo de’ Medici per San Marco, dalla compagnia di San Francesco, detta “del Martello”, per Santa
Croce e da importanti committenti femminili: le suore domenicane osservanti per il convento di San Pietro
Martire e la nobildonna Elisabetta Guidalotti per San Domenico a Perugia. Le storie contenute nei pannelli
delle predelle di queste pale mostrano un grande e abile pittore partecipe dell’arte del tempo, che aveva
anche la sorprendente capacità di distillare le storie sacre in quella che Pio XII avrebbe definito una
narrazione semplice e lineare, modellata sullo stile degli evangelisti, come dimostrato da molti dei dipinti
di questa esposizione. La fama di Angelico conobbe una grande rinascita a metà del XX secolo – in
particolare nel 1955, in occasione del cinquecentenario della morte –, caratterizzata da molti nuovi studi
basati su ricerche archivistiche e su analisi tecniche, culminati in due esposizioni monografiche quasi
identiche, una in Vaticano, inaugurata da Pio XII, l’altra al Museo di San Marco a Firenze. La nostra
iniziativa ha portato ad allestire nel capoluogo toscano la prima grande esposizione monografica sul frate
pittore dai tempi di quella mostra nel convento, divenuto un museo in gran parte dedicato ad Angelico,
dove i visitatori possono ammirarne gli affreschi sia negli spazi comuni sia nelle celle del dormitorio, con
un’esperienza del tutto simile a quella dei confratelli che condividevano quegli spazi con lui. Grazie a un
programma continuo di ricerche, restauri e importanti mostre sugli affreschi, le tavole e i manoscritti
conservati nel museo – sotto la guida e grazie all’impegno illuminato ed erudito dei suoi ex direttori, il
compianto Luciano Bellosi, seguito da Giorgio Bonsanti, Magnolia Scudieri, Marilena Tamassia e Angelo
Tartuferi, uno dei curatori dell’attuale progetto – il mondo intero oggi dispone di un’inestimabile quantità
di informazioni scientifiche e acute interpretazioni dell’opera e della vita di Angelico e dei suoi
collaboratori, di cui noi non possiamo che essere grati. Nel 1970, in un meraviglioso saggio intitolato Il
beato propagandista del Paradiso, Elsa Morante si chiedeva: «Ha partecipato, Guido di Pietro, alla
rivoluzione?». Si riferiva alla rivoluzione delle arti durante il Rinascimento. In questa mostra intendiamo
affermare che sì, Fra Giovanni vi ha partecipato.
Beato Angelico e San Marco, dal convento al museo. Un breve inquadramento
Stefano Casciu
Estratto dal catalogo della mostra edito da Marsilio Arte
Il Museo di San Marco, “luogo” di Beato Angelico
Come è stato osservato, gli affreschi di Angelico a San Marco «per secoli sono stati fondamentalmente
al di fuori del dibattito culturale» a causa della loro «reclusione conventuale». Ciò non ha impedito che
venissero citati e apprezzati dai biografi, da Giorgio Vasari a Filippo Baldinucci, e ricordati nella letteratura
su Firenze, in quella di viaggio e nelle guide. Nonostante la clausura (che sicuramente impediva del tutto
l’accesso alle donne), San Marco e gli affreschi di Angelico, oggetto in Francia, Inghilterra e Germania di
una precoce rivisitazione in chiave mistica e religiosa, sono ricordati da Friedrich von Schlegel, John
Ruskin, Alexis-François Rio, Alexandre Dumas, Hippolyte Taine, e da Jacob Burckhardt, che grazie ai
frati visitò il pianterreno del convento e sette celle del dormitorio. Alla metà dell’Ottocento anche artisti
francesi si interessarono ad Angelico: Édouard Manet nel 1857 trasse disegni dalla Crocifissione del
capitolo ed Edgar Degas, che visitò San Marco nel 1858, copiò più volte l’Incoronazione della Vergine
del Louvre. La prima campagna fotografica dedicata agli affreschi fu realizzata dai Fratelli Alinari nel
1867, riproducendo quelli del capitolo e di tre celle. Il turning point per San Marco, con conseguenze
dirette sulla conoscenza e la fama delle opere di Angelico, fu l’apertura, il 15 ottobre 1869, del “Museo
fiorentino di San Marco”. A questo esito si giunse passando attraverso due successive soppressioni del
convento domenicano (quella napoleonica del 1808-1810 e quella sabauda del 1866-1867); dal tentativo
di demolizione totale del complesso da parte dei francesi, nel 1812, sventato da una mobilitazione
cittadina guidata da Giovanni degli Alessandri; dal ritorno dei frati domenicani nel 1817 e dalla loro nuova
cacciata nel 1866; dall’uso scriteriato degli spazi, concessi variamente e in ordine sparso all’Accademia
di Belle Arti come luogo di raccolta di beni artistici sequestrati, alle truppe sabaude in attesa del re d’Italia
a Firenze, al Ministero delle Finanze, all’Accademia della Crusca e ad altri ancora. In sintesi estrema, per
tutto l’Ottocento il convento di San Marco, non ancora museo, suscita principalmente attenzione, e quindi
protezione dai vari tentativi di manomissione anche definitiva, non tanto per le opere di Beato Angelico,
conosciute ma ancora non così apprezzate, bensì come luogo di memorie storiche e religiose della
Firenze del Quattrocento, soprattutto in ambito domenicano, con figure importanti come sant’Antonino e
Fra Girolamo Savonarola, senza escludere i legami con Cosimo il Vecchio e Michelozzo, in primis per
l’architettura della biblioteca. Sono gli studi storici di Padre Vincenzo Marchese, residente a San Marco
dal 1841 al 1851, incentrati sulla storia domenicana, a riportare l’accento su Beato Angelico e, anche
tramite le riproduzioni a incisione, sulle sue opere. La stessa istituzione, nel 1869, del Museo di San
Marco, il primo tra quelli nazionali nati dalle soppressioni, venne tuttavia ancora motivata principalmente
dalla rilevanza delle memorie domenicane, di Savonarola fra tutti, sulla base di un’interpretazione
risorgimentale e post-unitaria di questa figura. In rapida successione però, a partire dagli anni Novanta
dell’Ottocento, grazie a direttori del museo quali Enrico Ridolfi, Guido Carocci e Giovanni Poggi, si
rafforza sempre più la centralità a San Marco di Beato Angelico e del suo ciclo di affreschi, nel frattempo
sottoposti anche a importanti “restauri”, come quelli di Gaetano Bianchi del 1868, all’epoca molto
contestati in città. Con l’arrivo nel museo di molte altre opere su tavola di Fra Giovanni di diversa
provenienza, oltre che di dipinti di altri artisti domenicani della cosiddetta “scuola di San Marco”, nel 1917
venne realizzata da Giovanni Poggi una vera e propria “pinacoteca angelichiana”, stabilendo l’immagine
monografica di San Marco come “museo di Beato Angelico” che, attraverso varie fasi, è giunta fino a oggi
nella percezione dei visitatori. Su questa linea, nel 1955 San Marco fu la sede fiorentina della prima
grande mostra monografica su Angelico, avviata in Vaticano. E la mostra odierna, promossa e
organizzata insieme alla Fondazione Palazzo Strozzi, rafforzerà ancora questa visione. Ma in realtà,
ormai da vari decenni, grazie a nuovi apporti di opere, nuovi allestimenti, studi e ricerche su tutti gli aspetti
della storia del complesso domenicano e delle collezioni artistiche in esso conservate ed esposte (tra le
quali non si deve dimenticare il cosiddetto “Museo di Firenze antica”, che raduna centinaia di reperti dagli
edifici del centro medievale della città, distrutto a partire dal 1885), il Museo di San Marco non è più
“soltanto” un luogo dedicato a Beato Angelico, per quanto egli ne sia a tutti gli effetti il nume tutelare.
Gli affreschi del convento di San Marco, «opere fra le più alte uscite dalla fantasia di Fra Angelico»
Marco Mozzo
Estratto dal catalogo della mostra edito da Marsilio Arte
Nella sua Cronaca del convento fiorentino di San Marco, databile entro il 1444, il priore Giuliano Lapaccini
attribuisce con queste parole a Fra Giovanni da Fiesole, soprannominato tradizionalmente Beato
Angelico, l’appena compiuta impresa decorativa degli ambienti del complesso domenicano: «[…] la
tavola dell’altare maggiore e gli affreschi del Capitolo, del primo chiostro e di tutte le celle del piano
superiore e il Crocifisso del Refettorio sono stati tutti dipinti dal medesimo frate domenicano di Fiesole,
maestro considerato sommo nell’arte pittorica in Italia, chiamato frate Giovanni di Pietro del Mugello,
uomo di grande modestia e vita religiosa».
Angelico visse e lavorò a San Marco negli anni immediatamente successivi al trasferimento che, per
volere di papa Eugenio IV, vi aveva compiuto parte della comunità osservante del convento di San
Domenico a Fiesole, dove Fra Giovanni operava in qualità di “frate dipintore” fin dai primi anni Venti del
XV secolo. A San Marco la sua attività si svolge in concomitanza con la riedificazione della chiesa e del
convento, attuata a partire dal 1437 dall’architetto e scultore Michelozzo di Bartolomeo grazie all’impulso
economico dei benefattori dell’ordine domenicano a Firenze: i banchieri Cosimo de’ Medici, pater patriae,
e suo fratello Lorenzo, scomparso prematuramente nel 1440. Ormai si è concordi nel circoscrivere questo
cantiere pittorico tra il 1438 e il 1443, con un lieve e probabile prolungamento dei lavori nel 1445 per
completare alcune parti marginali durante il breve soggiorno fiorentino che Fra Giovanni, rientrando da
Roma, trascorse nel mese di luglio a San Marco. L’incarico comprendeva l’esecuzione della grande pala
per l’altare maggiore della chiesa, opera completata entro il 1443; gli affreschi del primo chiostro,
ribattezzato oggi “di Sant’Antonino”; la monumentale Crocifissione della sala capitolare, databile tra il
1441 e il 1442; quella realizzata per il refettorio grande, andata perduta nel Cinquecento a seguito dei
lavori di ampliamento; infine gli interventi al primo piano, in gran parte eseguiti nel biennio 1441-1443: gli
affreschi delle quarantaquattro celle del dormitorio, tripartito nei settori riservati ai chierici, ai novizi e ai
conversi, e le iconiche scene dell’Annunciazione, di San Domenico in adorazione del Crocifisso e della
Madonna col Bambino in trono e santi (la cosiddetta Madonna delle ombre), distribuite lungo i corridoi a
levante e a settentrione. Si tratta di anni cruciali per la storia dell’arte del primo Rinascimento fiorentino,
durante i quali il rivoluzionario linguaggio di Beato Angelico, tra i protagonisti assoluti di questa stagione
a cavallo tra Masaccio e Piero della Francesca, avrebbe raggiunto la piena maturazione artistica, grazie
in linea di massima i dettami imposti dalla corrente osservante dell’ordine religioso sulla base di quanto
prescritto dalle Costitutiones domenicanae, il sistema di regole che imponeva ai frati predicatori uno stile
di vita rigoroso e umile. Se era consuetudine decorare gli spazi comunitari (come il capitolo, il refettorio
o il chiostro) con immagini sacre rispondenti in molti casi alle destinazioni d’uso degli ambienti, non così
scontata era la loro presenza in quelli individuali, le celle dei frati, anche se le Constitutiones consentivano
il ricorso a immagini di piccole dimensioni raffiguranti la Crocifissione, la Vergine o san Domenico.
Pertanto, l’idea di affrescare l’interno di ogni cella con un’immagine di grandi dimensioni apparve
sicuramente innovativa e “moderna” agli occhi dei confratelli. L’assenza di documenti archivistici a
riguardo non ci permette di fare chiarezza su quale sia stato il peso dell’artista nella definizione di un
simile programma iconografico. Possiamo supporre che l’esperienza di Fra Giovanni, quale pittore già
affermato non solo all’interno della comunità domenicana, possa aver influito nella decisione finale, che
difficilmente venne presa in totale autonomia, senza l’approvazione dei suoi diretti superiori. Un
programma, quindi, che doveva rispecchiare le attese di chi aveva dato fiducia al frate pittore, in primis i
priori Cipriano da Raggiolo (1435-1439) e più tardi sant’Antonino Pierozzi (1439-1444), poi arcivescovo
di Firenze dal 1446, senza trascurare le sollecitazioni esterne provenienti dal mecenatismo mediceo e
dalle novità architettoniche michelozziane. Il tema della partecipazione o meno di allievi e collaboratori
dell’angelicus pictor, dell’identificazione delle loro mani, così come dell’estensione dei loro eventuali
interventi, è oggetto di una lunga vicenda critica che continua ad animare il confronto degli specialisti,
con giudizi a volte anche contrapposti sul diverso grado di autografia. Se l’ideazione unitaria del ciclo non
è mai stata messa in dubbio, come hanno ben chiarito con accenti differenti molti studiosi, un’analisi più
dettagliata delle singole scene, non solo dal punto di vista stilistico ma anche tecnico-esecutivo (ad
esempio attraverso la comparazione ravvicinata delle giornate), ha permesso di comprendere meglio il
modus operandi del cantiere di San Marco, paragonabile non tanto al lavoro di una vera e propria bottega,
quanto piuttosto a una «struttura organizzata di collaboratori», come ha bene sottolineato Magnolia
Scudieri. In assenza di fonti documentarie attendibili, permangono interrogativi sugli artisti coinvolti da
Fra Giovanni nel cantiere fiorentino. Tra i nomi ormai acclarati dalla bibliografia di riferimento vanno
segnalati almeno Battista di Biagio Sanguigni e Zanobi Strozzi, entrambi suoi conoscenti e assistenti fin
dai tempi di San Domenico, e il giovane Benozzo Gozzoli, tra gli allievi prediletti e in seguito tra i suoi
principali collaboratori.
Il maggior pittore fiorentino alla fine del tardogotico, anzi un fondatore del primo Rinascimento
Angelo Tartuferi
Estratto dal catalogo della mostra edito da Marsilio Arte
Le opere realizzate da Guido di Piero, il futuro Beato Angelico, all’incirca nel decennio precedente il suo
ingresso nell’ordine domenicano, intorno al 1420, «rendono comunque il loro autore, quand’anche non
avesse proseguito la propria attività trasformandola in senso rinascimentale, il più importante pittore
fiorentino alla fine del periodo gotico». Fu al culmine di un’intensa stagione di rinnovati studi angelichiani
che Giorgio Bonsanti, uno degli interpreti più acuti dell’artista, mise nero su bianco questa spiazzante
verità critica. Ed è proprio così, non ce n’è per nessuno, né per Piero di Giovanni, meglio conosciuto
come Lorenzo Monaco, né per Gherardo di Jacopo, detto Starnina, e neanche per il pur grandissimo
Masolino! Oggi non abbiamo difficoltà ad ammettere che l’esordio tardogotico di Guido di Piero costituisce
un elemento non secondario della sua grandezza, che inoltre ne rimarca la diversità rispetto a Masaccio,
presentatosi invece come un “Giotto rinato” – vale a dire come un innovatore assoluto e radicale – fin
dalla sua prima comparsa sulla scena artistica. Comune a entrambi è invece, fino a oggi, la ricerca da
parte nostra dei loro maestri, questione che non di rado ha acceso il dibattito critico in misura maggiore
rispetto alla definizione delle componenti culturali alla base dei loro esordi. All’interno di questa mostra
straordinaria – la più grande in assoluto per numero di opere autografe riunite –, la sezione dei dipinti su
tavola allestita al Museo di San Marco si propone l’obiettivo di offrire, non soltanto agli studiosi ma anche
al pubblico certamente vasto dell’artista domenicano, una visione critica aggiornata sul periodo più
controverso della sua attività.
L’opinione degli studiosi è ancora oggi tutt’altro che concorde riguardo ad argomenti cruciali, quali l’anno
presumibile della venuta al mondo di Guido di Piero in Mugello o quello del suo arrivo a Firenze,
l’individuazione dei principali punti di riferimento per la sua formazione artistica e, ultimo e più importante,
le opere a lui attribuibili e la loro datazione nel corso del secondo e del terzo decennio del Quattrocento
APPROFONDIMENTI
Beato Angelico: uomo e artista
Ludovica Sebregondi
Guido di Piero, poi Fra Giovanni da Fiesole
Vicchio di Mugello, 1395 circa – Roma, 1455
Intorno al 1469 viene definito Angelicus pictor dal confratello Fra Domenico da Corella quando
nel Theotocon tratta il complesso della Santissima Annunziata di Firenze e il mecenatismo di Piero de’
Medici, e nella Chronica tardoquattrocentesca del domenicano Fra Girolamo Borselli è per la prima volta
detto «Beatus vir».
“Angelico” diventerà nome proprio del frate, che il 3 ottobre 1982 viene beatificato da Giovanni Paolo II.
Lo stesso pontefice nel 1984 lo proclama patrono universale degli artisti.
Guido di Piero, “Guidolino” come pare fosse chiamato da giovane per il fisico minuto, nasce secondo la
tradizione intorno al 1395 nel popolo (cioè parrocchia) di San Michele a Moriano di Rupecanina,
Podesteria di Vicchio in Mugello, un territorio su cui i Medici esercitano una forte influenza. La
provenienza era importante, se Antonio Manetti lo definisce, intorno al 1472, «per nazione di Mugello».
Si inurba a Firenze e il 31ottobre 1417 «Ghuido di Piero dipintore» viene ammesso nella compagnia di
disciplinati, cioè flagellanti, di San Niccolò, con sede nei sotterranei del Carmine, nell’Oltrarno fiorentino.
A presentarlo è «Batista di Biagio miniatore» cioè Battista di Biagio Sanguigni, che diventerà poi suo
collaboratore. Abita, come Sanguigni, nel popolo di San Michele Visdomini, in una posizione strategica
vicina al Duomo, alla bottega in cui Ghiberti lavorava alla porta Nord del Battistero, e al monastero
camaldolese di Santa Maria degli Angeli, centro culturale e spirituale, dove ancora operava il pittore e
miniatore Lorenzo Monaco. È possibile che Guido abbia collaborato con lui, ipotesi oggi condivisa dalla
maggior parte degli storici dell’arte, sebbene per lui abbia avuto un ruolo importante anche Gherardo
Starnina.
L’anno successivo Guido, non ancora religioso, riceve il saldo di 7 fiorini per una tavola, perduta, eseguita
nell’ambito di un progetto affidato ad Ambrogio di Baldese per la cappella Gherardini nella chiesa di Santo
Stefano al Ponte.
Non esiste documentazione su di lui dal giugno 1419 al giugno 1423. La chiamata alla vita religiosa di
Guido di Piero potrebbe risalire proprio tra il 1419 e il 1420, quando si suppone sia entrato, analogamente
al fratello minore, Benedetto, un copista, come novizio tra i domenicani osservanti, forse su impulso del
maestro generale dell’ordine domenicano, Fra Leonardo Dati, col quale era stato in rapporto per opere
destinate a Santa Maria Novella, ricordate da Vasari e oggi perdute.
I domenicani osservanti tra Fiesole e Cortona
Il piccolo insediamento di San Domenico di Fiesole, fondato nel 1405-1406 da Fra Giovanni Dominici
secondo la riforma osservante, era stato abbandonato dai frati domenicani, costretti a lasciarlo a causa
delle tensioni legate allo Scisma d’Occidente (1378-1417) e della fine del sostegno del governo fiorentino
a papa Gregorio XII – deposto a Pisa nel 1409 – al quale Dominici era strettamente legato.
Dopo un breve passaggio a Foligno, la comunità si stabilì nel 1413 nel convento di Cortona, prima
comunità osservante in Toscana, fondata dallo stesso Dominici nel 1391, che vi aveva istituito anche un
noviziato.
Fra Antonio Pierozzi, detto Antonino per la corporatura gracile, allievo di Dominici, era entrato come
novizio a Cortona nel 1405, ne fu priore dal 1418 al 1421 e successivamente guidò i conventi di San
Domenico di Fiesole (1421-1424) e di San Marco a Firenze (dal 1439). Nominato arcivescovo di Firenze
nel 1446, morì nel 1459 e fu canonizzato nel 1523.
Sotto la sua guida, i lavori per la costruzione della nuova chiesa di Cortona ricevettero un impulso
decisivo. In questo contesto – segnato dall’influenza di Fra Giovanni Dominici e degli ideali da lui
trasmessi ad Antonino – fu proprio quest’ultimo a guidare Guido nel suo noviziato.
Durante questo periodo – della durata di uno o due anni, a seconda dell’età e della prontezza
nell’apprendere – non era consentito dipingere: il giovane doveva dedicarsi alla preghiera e allo studio
dei testi sacri. Non si conosce con certezza la data della sua professione religiosa, in occasione della
quale assunse il nome di Fra Giovanni.
Nel novembre 1417, con l’elezione di Martino V che pose fine allo Scisma, i frati ottennero il permesso di
rientrare stabilmente nel convento fiesolano, e forse Angelico vi seguì Antonino nel 1421.
Il convento di Fiesole
Il convento di Fiesole fu la “casa” di «Frate Giovanni che si disse da Fiesole, perché fu frate in Santo
Domenicho», spiega Antonio Manetti; Angelico vi abitò ed ebbe bottega (vedi oltre) per gran parte della
vita ricoprendovi più volte il ruolo di vicario e priore.
