
“Le motivazioni alla base della proposta di Regolamento del Digital Networks Act”, dichiara Stefano Conti Segretario Nazionale UGL Telecomunicazioni, “ravvisano una mancanza di investimenti e di innovazione nel settore europeo delle comunicazioni elettroniche che ha delimitato un gap concorrenziale con i colossi statunitensi ed orientali; anche se i dati parlano di un calo di investimenti, siamo comunque nell’ordine complessivo di una spesa di oltre 57 mld di euro e di una copertura FTTH della popolazione in Europa che ha raggiunto il 70,5%, superando addirittura gli Stati Uniti (54,8%). Il problema reale, a nostro avviso, riguarda la bassa marginalità economica tra gli operatori e per quel che concerne l’Italia, un calo di ricavi negli ultimi anni nell’ordine di circa 1 mld di euro”.
“Non comprendiamo la ratio di tale proposta” prosegue Conti, “dopo che per decenni l’Europa ha promosso il principio della concorrenza come un valore estremo ed assoluto, creando spesso in Italia disequilibri nel sistema e crisi occupazionali, mentre ora vira su se stessa provando ad imporre un mercato dominato da pochi campioni paneuropei in una sorta di oligopolio controllato”.
“Come abbiamo avuto modo di scrivere già a luglio nella consultazione pubblica promossa dalla Commissione Europea, la nostra più grande preoccupazione è rivolta alla tenuta dei posti di lavoro che con un simile scenario potrebbe rappresentare un elevato rischio per migliaia di lavoratori dei numerosi piccoli e medi operatori ISP, aziende di installazione, produttori di dispositivi, fornitori di cloud e dell’indotto che rappresentano: operatori di telecomunicazioni che, è giusto ricordare, hanno contribuito e contribuiscono tuttora alla diffusione della banda ultralarga, dei servizi Internet o data center in tutta Italia. Senza dimenticare che essendoci privati dell’unico campione nazionale italiano (con la divisione di Tim e Fibercop), poter competere in futuro con altri player europei tedeschi e francesi, che avranno accesso ai nostri mercati, renderà instabile anche l’occupazione diretta ed indiretta dei grandi operatori nostrani”.
“Non occorrono grandi cambiamenti nelle regole, quanto invece ricercare una soluzione per costringere gli Over The Top come Amazon, Google, Meta, a contribuire agli investimenti sulla Rete; se giuridicamente e politicamente la soluzione è chiaramente complessa da trovare, si deve provare quanto meno ad imporre agli OTT di versare le imposte in tutti gli Stati membri dove sono presenti, impedendo il ricorso ai vari paradisi fiscali presenti anche in Europa”, conclude il sindacalista.
