
(AGENPARL) – Tue 23 September 2025 CONFARTIGIANATO IMPRESE SARDEGNA
COMUNICATO STAMPA 22 SETTEMBRE 2025
DIGITALIZZAZIONE – Le imprese sarde investono (troppo poco) in
tecnologie e innovazione. Giacomo Meloni (Presidente Confartigianato
Sardegna): “Progressi significativi ma urgente sostenere le attività
produttive nel loro percorso di innovazione”.
Le imprese sarde continuano a investire, ancora troppo poco, in
tecnologie digitali e innovazione. Nel 2024 le realtà isolane che
hanno effettuato almeno un investimento in ambito digitale, quindi in
tecnologie innovative, modelli organizzativi e processi aziendali,
sono state 1.161 con una crescita registrata, tra il 2023 e 2024,
dello 0,4%.
La flebile crescita dell’Isola risulta essere l’ottava nella
classifica nazionale, aperta dal +3,1% della Basilicata e dal 2,4%
della Sicilia, contro una media nazionale del +0,6%, chiusa dal -2,4%
dell’Umbria.
E’ questo ciò che emerge dall’analisi dell’Ufficio Studi di
Confartigianato Imprese Sardegna, su dati Istat, relativa alla
digitalizzazione delle imprese tra il 2023 e 2024.
Nel dettaglio il 30,9% delle piccole imprese ha introdotto almeno
un’innovazione di prodotto nel mentre è più diffusa l’innovazione di
processo, rilevata nel 50,2% dei casi. L’analisi dice anche come solo
il 29,3% delle attività sarde abbia investito in formazione del
personale (Isola terz’ultima in Italia) e come il 52,7% delle figure
professionali con competenze digitali elevate sia difficilmente
rintracciabile sul mercato regionale (media italiana 53,5%). Dal
dossier emerge anche come le imprese artigiane, con dipendenti, che
utilizzino tecnologie legate all’uso dell’Intelligenza Artificiale
siano circa 1.200.
“Negli ultimi anni le imprese hanno compiuto progressi anche se ancora
insufficienti per affrontare crisi e nuovi mercati – osserva Giacomo
Meloni, Presidente di Confartigianato Imprese Sardegna – quindi è
evidente quanto sia ancora fondamentale sostenere le attività
produttive nel loro percorso quotidiano di innovazione, rinnovamento e
ricerca”. “Solo così l’intero sistema economico dell’isola potrà
diventare sempre più efficiente e pronto ad affrontare i cambiamenti
improvvisi – prosegue Meloni – come quelli che stiamo vivendo in
questi giorni e ai quali dovremo imparare ad adattarci”.
Secondo un’indagine di Unioncamere e Centro Studi Tagliacarne, a
livello nazionale, 35% delle imprese meridionali ha in programma di
realizzare investimenti 4.0 nei prossimi tre anni per colmare il gap
digitale, contro il 32,8% della media dell’intero Paese. Più
difficoltà a recuperare terreno sulla digitalizzazione mostrano,
invece, le imprese femminili delle quali appena il 30% punta ad
investire in queste tecnologie entro il 2027. A pianificare nuovi
investimenti 4.0 sono soprattutto le imprese manifatturiere (40,6%) e,
più in generale, le realtà produttive di grandi dimensioni (67,6%).
Aumentare l’efficienza interna e/o ridurre i costi è il principale
obiettivo che spinge oltre la metà delle aziende ad investire in
questa direzione. Tuttavia, la carenza di competenze interne
aziendali costituisce per il 27,7% delle imprese il principale
ostacolo ad introdurre tecnologie 4.0.
La propensione al rinnovamento delle realtà produttive sarde,
purtroppo ancora insufficiente, è certificata anche dalla residuale
quantità di brevetti depositata presso le Camere di Commercio. Nel
2023 quelli registrati furono solo 7 mentre nell’anno precedente ne
risultarono depositati 12, con un calo del -43,26%. In generale, in
Italia queste registrazioni sono cresciute passando dalle 4.773 del
2022 alle 4.780 del 2023, con un incremento percentuale dello 0,13%,
ovvero + 6 depositi.
“Non è più tempo di chiedersi se sia conveniente innovare – rimarca
il Presidente – oggi la vera domanda è: qual è il costo del non farlo?
Le imprese che rimandano la transizione tecnologica stanno già
affrontando conseguenze significative in termini di perdita di
competitività. Innovare non significa soltanto adottare nuove
tecnologie, ma anche investire nella formazione del personale e
nell’aggiornamento delle competenze interne”. “È necessaria una
strategia chiara, condivisa e orientata a diffondere la cultura
dell’innovazione, accompagnando le imprese nei processi di
trasformazione tramite incentivi mirati, formazione adeguata e
politiche di supporto efficaci – conclude Meloni – oggi più che mai,
innovare richiede anche una guida solida, capace di evitare sprechi e
di indirizzare correttamente gli investimenti. Le risorse aziendali
sono limitate, e non possono essere sprecate: un errore strategico, in
questo contesto, è un lusso che nessuno può permettersi”.
Secondo gli studi di Confartigianato, una elevata propensione
all’innovazione da parte delle imprese genera diversi effetti positivi
sull’economia. L’innovazione di processo determina metodi di
produzione più efficienti e un aumento della produttività.
L’introduzione di nuovi prodotti e servizi stimola e amplia la
domanda, sia interna che sui mercati internazionali. Le imprese che
innovano differenziano la gamma produttiva e migliorano la posizione
competitiva. Le modifiche dei processi produttivi possono generare
nuove opportunità occupazionali, soprattutto in segmenti ad elevata
qualificazione. Le imprese innovative sono più attraenti per gli
investitori, attivando un flusso di capitali che può stimolare
processi di crescita e ulteriori innovazioni. Nuovi prodotti e
processi innovativi nei settori della sanità, della tecnologia
digitale e dei trasporti portano a miglioramenti nella qualità della
vita dei cittadini, riducendo i costi di famiglie e imprese. Le
imprese orientate all’innovazione effettuano interventi e pratiche più
sostenibili. L’innovazione può spingere alla creazione di nuove
filiere produttive, favorendo una maggiore diversificazione
dell’offerta, più orientata a prodotti innovativi, e riducendo la
dipendenza da comparti più tradizionali. Sui driver di nuova
imprenditorialità si veda una nostra analisi su Spirito artigiano. Un
sistema di imprese orientato all’innovazione ha un più rapido
adattamento ai cambiamenti del mercato e risulta più resiliente nelle
fasi cicliche recessive. L’attività di ricerca e di innovazione delle
imprese, inoltre, determina un aumento della qualità intrinseca dei
prodotti del made in Italy, fenomeno caratterizzato da un migliore
design, una più alta qualità delle materie prime e l’introduzione di
nuove funzionalità.
Le piccole imprese attente all’ambiente nei percorsi innovativi.
Vi è una diffusa conciliazione tra innovazione e salvaguardia
dell’ambiente. Il 37,9% delle piccole imprese che hanno innovato hanno
intrapreso azioni a basso impatto ambientale. Nel 33,8% delle piccole
imprese l’implementazione di innovazioni si è tradotta in effetti
ambientali positivi in fase di produzione e nel 27,1% in benefici
ottenuti nella fase di consumo e utilizzazione dei beni e servizi. Gli
interventi più frequenti hanno riguardato il minor consumo di energia
e la riduzione delle emissioni di CO2. A seguire si collocano la
sostituzione di materiali tradizionali con materiali meno inquinanti o
pericolosi, la riduzione dell’inquinamento atmosferico, idrico, sonoro
e del suolo, riciclaggio dei materiali e dei rifiuti, riciclo
dell’acqua e dei prodotti a fine vita. Più limitato è l’impegno nella
tutela della biodiversità.
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