
(AGENPARL) – Fri 19 September 2025 *COMUNICATO STAMPA DEL 19 SETTEMBRE 2025*
*Filiera moda e legalità: un tema cruciale da affrontare con consapevolezza
e con l’impegno di tutti*
Le ultime vicende che hanno avuto come riferimento una confezione e
stireria di Montemurlo ripropone ancora una volta il tema della legalità
nella filiera moda. Confindustria Toscana Nord non ha informazioni dirette
sull’azienda che è stata prima oggetto di contestazione da parte dei
dipendenti e poi teatro di violenze da parte della proprietà per reprimere
la contestazione stessa, in violazione del diritto di sciopero. Le notizie
riportate dagli organi di informazione tracciano comunque un quadro che
deve essere nettamente stigmatizzato.
Gestioni del personale all’insegna dell’illegalità e dello sfruttamento non
sono purtroppo una novità, ma a queste non possiamo e non dobbiamo
abituarci: rimangono fatti gravissimi, che compromettono la vita delle
persone e ledono l’immagine non solo di Prato ma di tutto il made in Italy.
Del tutto inammissibile il ricorso alla violenza contro lavoratori che per
qualsiasi motivo, e a maggior ragione se per rivendicare propri diritti
inalienabili, contestano il datore di lavoro. Comportamenti del genere non
hanno giustificazione e sono da condannare senza alcuna esitazione.
Confindustria Toscana Nord auspica che su quanto accaduto venga fatta piena
luce e che siano accertate le responsabilità, con adeguate sanzioni
conseguenti.
Al di là della singola vicenda rimane il nodo generale della legalità nella
filiera moda. Una filiera che, va ricordato, si estende ben oltre i confini
del distretto pratese, coinvolgendo committenze italiane e internazionali
sia sul versante del tessile che su quello dell’abbigliamento e maglieria.
L’esistenza di problemi molto gravi viene denunciata da questa associazione
da anni, soprattutto – ma non esclusivamente – in relazione al comparto
abbigliamento e al cosiddetto “distretto parallelo” di imprese straniere.
Una posizione, quella dell’allora Unione Industriale Pratese poi confluita
in Confindustria Toscana Nord (che a sua volta si è fatta continuatrice
della stessa linea), che è rimasta inascoltata per troppo tempo. Ora tutto
questo presenta un conto che viene pagato in termini reputazionali da tutto
il sistema pratese.
L’aria, va detto, negli ultimi tempi sembra un po’ cambiata. Magistratura,
forze dell’ordine, amministrazioni ed enti stanno operando con solerzia,
nonostante carenze di risorse talvolta pesanti; il contributo dato da
iniziative a livello amministrativo come l’operazione “Lavoro sicuro” della
Regione Toscana è stato molto parziale – essendo circoscritto al pur
importantissimo tema della sicurezza dei lavoratori – ma comunque
rilevante. Difficile e lungo, comunque, recuperare una situazione
trascurata per troppo tempo.
“Un quadro così complesso e difficile da scalfire ha molte implicazioni e
deve coinvolgere profondamente e senza riserve l’impegno di tutti coloro
che a vario titolo vi sono coinvolti – sostiene la presidente di
Confindustria Toscana Nord *Fabia Romagnoli *-. Le imprese sane e corrette
sono già da lungo tempo impegnate a garantire a se stesse la collaborazione
con partner produttivi altrettanto sani e corretti. Lo stanno facendo con
convinzione per senso etico e di responsabilità oltre che per la
sollecitazione della propria committenza finale, preoccupata anche delle
ricadute negative di immagine quando viene alla luce il loro ricorso
diretto o indiretto a subfornitori fuori dalle regole. Certificazioni,
audit di soggetti terzi specializzati e vigilanza però non bastano. La
vigilanza diretta verso altre aziende non può varcare certi limiti: le
imprese private non hanno i poteri ispettivi delle forze dell’ordine e
nemmeno li possono avere, in uno stato di diritto. Gli audit hanno a loro
volta significative carenze di efficacia. Cosa rimane quindi? Un’attenzione
sempre più rigorosa da parte delle imprese committenti, tutte: da quella
apicale a quelle che lungo la filiera sono nello stesso tempo subfornitori
ma anche committenti di altre aziende. In primo luogo occorre che si valuti
la congruità dei compensi richiesti: se questa non c’è è un segnale di
possibile illegalità rispetto delle norme sul lavoro, sulla sicurezza, sul
fisco o sull’ambiente. Questa attenzione elementare deve esserci in tutte
le fasi, a cominciare ovviamente dalla prima e fondamentale committenza:
cioè da chi è titolare del prodotto finale, quello che arriva ai
consumatori. Talvolta margini un po’ più magri possono garantire
subfornitori affidabili, che a loro volta hanno una filiera sana, e
consentire di non rischiare di essere implicati anche indirettamente in
situazioni di sfruttamento o comunque di non rispetto della legalità. Ma
alle aziende non può essere fatto carico totale del problema. Aziende che
lavorano per conto di altri e che sono aperte e attive, regolarmente
registrate, dovrebbero essere di default affidabili: non dovrebbe essere
necessario avere nei loro confronti una sorta di presunzione di
colpevolezza che è anche offensiva, mi sia consentito dirlo, nei confronti
delle imprese corrette. Eppure bisogna fare così, perché la situazione è
almeno in parte sfuggita di mano ai controlli dello Stato e le imprese
scorrette sono tante, troppe, e non sempre facilmente individuabili. E’ da
qui che bisogna ripartire: dal rafforzare e ampliare il sistema dei
controlli da parte delle autorità.”
“Per trovare delle soluzioni al problema dell’illegalità nelle filiere gli
strumenti e i percorsi sono in gran parte noti – aggiunge *Francesco Marini*,
presidente della sezione Sistema moda di Confindustria Toscana Nord -. Gli
attori in gioco sono le imprese private, con le loro organizzazioni e con
la possibilità di ricorrere a soggetti terzi come gli auditor, e le
autorità pubbliche: entrambe devono dare il massimo per risolvere una
situazione che rischia di minare un settore come quello della moda che ha
già dei problemi di mercato e che è un pilastro del made in Italy.
Salvaguardare la moda significa salvaguardare gli interessi nazionali. Le
aziende pratesi sono consapevoli da lungo tempo della delicatezza della
situazione: iniziative sia lontane che vicine nel tempo stanno a
testimoniarlo, dal codice etico alla promozione del DURC, fino all’impegno
per la tracciabilità attraverso la digitalizzazione. Armi, soprattutto le
prime, però spuntate, insufficienti a garantire il ricorso a subforniture
davvero affidabili, soprattutto quando si tratta di rapporti sporadici e
non continuativi. Quanto agli audit, particolarmente rilevanti nell’ambito
della responsabilità sociale, andrebbero ripensati nelle loro modalità di
attuazione e nei parametri da prendere in esame. Comunque, necessariamente,
un audit è circoscritto nel tempo e non può assicurare né continuità né
possibilità di intercettare tutti gli escamotage che possono far apparire
corretta un’azienda che non lo è. Come sezione Sistema moda di
Confindustria Toscana Nord lavoriamo costantemente ai fini della
sensibilizzazione delle imprese e dei loro interlocutori e per
l’individuazione ad esempio di soluzioni tecnologiche che favoriscano la
tracciabilità. Sul versante dell’impegno delle aziende una notizia positiva
è quella che viene dal lavoro che sta facendo Confindustria Moda, che ha
sottoscritto lo scorso maggio, con le massime autorità lombarde, il
“Protocollo per il contrasto all’illegalità negli appalti nella filiera
produttiva”: un atto importante, che rappresenta un passo avanti in tema di
trasparenza e di rispetto delle regole e che potrebbe essere esteso anche
alla realtà pratese. Anche da questo protocollo è scaturita l’opportunità
di elaborare un progetto di legge nazionale che stabilisca dei meccanismi
di tutela della legalità nelle filiere della moda. Qualcosa, insomma, si
può ancora fare come aziende, in aggiunta a un più pressante controllo da
parte dei soggetti pubblici preposti. Ma alcuni messaggi che riguardano il
mondo produttivo sono errati, primo fra tutti quello che vorrebbe
internalizzare in una unica azienda (quale, peraltro? Quella del brand
titolare del capo finito? Quella in capo alla filiera tessile?) tutte le
fasi di lavorazione. Sostenere questa tesi significa non avere le idee
chiare sul tessile in generale e sulla filiera pratese in particolare. La
nostra produzione è basata su prodotti per i quali di volta in volta
occorrono specializzazioni diverse: impossibile incorporarle tutte, pena
l’appesantimento delle aziende con macchine e specialisti di cui verrebbe
fatto uso sporadico e che oltretutto perderebbero nel tempo le competenze
sempre aggiornate rese possibili solo da un’attività costante nella loro
specifica fase. La ‘specializzazione flessibile’ della filiera pratese è da
sempre il suo punto di forza. Anche qualche sindacato lo ha ben compreso e
riaffermato.”
*Allegate foto*
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